Christopher. Il ritorno
Sapevo fin dal primo istante che tornare non sarebbe stato semplice. Nessuna porta spalancata, nessun aiuto, davanti a me solo sabbia, deserto e l'impossbilità di un'impresa che mi era stata offerta solo perché nessuno aveva avuto il fegato di farsi avanti.
Avevano paura. Tutti. Di fallire. Trasformare un libro erotico in un film senza farlo diventare un porno non era cosa da poco per gli pseudo artisti che si facevano chiamare registi.
Io non avrei fallito. Lo sapevo io e lo sapeva anche il produttore, Albert. Aveva sempre avuto fiuto, lui; non per l'arte ma per i soldi. Sapeva riconoscere a prima vista la gallina dalle uova d'oro anche se fosse stata ricoperta di melma. Lei, la scrittrice, Sunny-non-so-cosa, in questo caso era in bella vista, aveva anche già avuto un discreto successo.
Niente di che. Il vero successo avrebbe potuto assaporarlo con me, se avesse avuto il coraggio di mettersi in gioco come non aveva ancora fatto fino a quel momento.
Lo avrei scoperto subito, di persona. Ufficialmente ero venuto a casa di questa scrittrice per prendere il suo nuovo manoscritto, in realtà volevo solo guardarla negli occhi e capire se ne valeva la pena.
Suonai al campanello una volta e aspettai. Due volte. Tre. Sorrisi. Forse non era destino. Per me era sufficiente aver fatto il tentativo. Se lei non c'era, meglio. Equivaleva ad una rinuncia.
Ultimo tentativo e poi via.
«Non compro niente e non voglio nessuno tra i piedi.»
Sollevai un sopracciglio sorpreso. Di certo non mi aspettavo che ad aprirmi arrivasse un paraplegico. Lo osservai con attenzione. Aveva un viso familiare. Ero certo di averlo già visto da qualche parte, solo non riuscivo a ricordare dove. Ero stato lontano dal palcoscenico troppo a lungo. Un attore? Un modello? Ormai non aveva importanza. La sua carriera, qualunque fosse stata, sembrava finita. Ce lo aveva scritto in faccia. Ma se pensava di impietosirmi aveva sbagliato indirizzo. Sorvolai sul suo modo di fare scorbutico.
«Sunny c'è?»
«No.»
Perfetto. Era la risposta che cercavo. Sorrisi e gli voltai le spalle.
Lui stava già richiudendo la porta ancora più felice di me di terminare il nostro incontro quando il mio cellulare iniziò a squillare.
«Christopher? Sono Sunny Morgan. Avevamo un appuntamento. Ho avuto un contattempo e sono un po' in ritardo. Le dispiace aspettarmi per una decina di minuti? C'è mio fratello in casa. Si attacchi pure al campanello se non le apre.»
In ritardo. Come ogni donna che si rispetti. Però aveva senso dell'umorismo e anche una bella voce. Forse valeva la pena vedere com'era di persona.
«Getterò giù la porta a spallate allora, Sunny. »
La sentii ridacchiare prima di salutare con un semplice: «A più tardi.»
Ed io tornai sui miei passi. La porta era già di nuovo serrata, non rimaneva che risuonare. Però questo fratello aveva deciso di essersi sforzato già troppo per quel giorno e non ne voleva sapere di tornare sui suoi passi. Seguii il consiglio di Sully.
Quando la porta si spalancò lo sentii apostrofarmi: «Ancora tu? Si può sapere che vuoi?»
«Rifarti i connotati?» dissi bloccando la porta con un piede prima che potesse chiudermela in faccia.
«Avresti il coraggio di prendertela con un disabile?» mi provocò divertito.
«Con un disabile no. Con uno stronzo sì.»
Ci squadrammo negli occhi per alcuni interminabili istanti. Lui capì che facevo sul serio e credo che abbia apprezzato qualcosa di me.
Mosse le ruote della sedia per farsi da parte e borbottò: «Entra.»
Con un cenno del capo mi indicò una stanza sulla destra. «Il salotto è di là. Sono certo che già sai che non ti farò compagnia. Dovrai aspettare mia sorella da solo. »
Scomparve poco dopo nella direzione opposta.
Fai come se fossi a casa tua, pensai mentre entravo in quella sala e mi guardavo intorno.
Non dovetti aspettare molto. Dopo dieci minuti arrivò di corsa una trafelata Sunny.
«Ti ha lasciato solo? Appena becco Ryan gliene dico quattro!»
Poggiò la borsetta in un angolo e mi venne incontro.
«Piacere» disse allungando la mano. Strinsi quelle dita sottili, fresche, morbide tra le mie.
Carina, pensai. E giovane. Troppo per i miei gusti. Forse però la sua giovane età aveva i suoi lati positivi. Sarebbe stato un deterrente per non gettarsi nel mio letto.
«Posso offrirti qualcosa?» chiese affaccendandosi intorno ad un mobile bar ben rifornito.
Rifiutai e lei si innervosì. Non se lo aspettava e adesso non sapeva più cosa fare per tenere le mani impegnate. Non mi stupii. Facevo a tutte quell'effetto. La osservai guardarsi intorno per qualche istante. Stava pensando che sarebbe stata una buona idea sedersi, era solo incerta sul dove. Vicino a me? Davanti a me?
Alla fine preferì rimanere in piedi.
«Ho molto sentito parlare di lei, Christopher» disse.
«Ah sì?»
Lei ridacchiò. «Certo! La sua fama la precede.»
Ecco spiegato il motivo del suo nervosismo. Accavallai le gambe e mi poggiai meglio allo schienale del divano.
«E lei è una donna che basa il suo giudizio sui pettegolezzi?» chiesi.
Arrossì di rabbia, forse di dispetto, e si irrigidì. «Assolutamente no!»
«Bene. Anch'io farò lo stesso» gettai lì disinvolto.
«Ha sentito parlare di me?»
C'era speranza nella sua voce, mista ad una nota di paura. Voleva la fama, la cercava, ma non sapeva ancora gestirla. La tenni un po' sulle spine, poi risposi: «Si tranquillizzi, Sunny. Non ho mai sentito parlare di lei e se anche lo avessi fatto preferisco guardare in faccia le persone con cui lavorerò.»
La delusione fu il primo sentimento che le si dipinse sul volto, almeno finché non afferrò appieno il significato della mia frase. Fu divertente vederla spalancare occhi e bocca.
«Lavorerà? Non le ho ancora dato il manosvritto, non lo ha letto, non... »
La bloccai alzandomi in piedi, mi avvicinai e la guardai dritta negli occhi.
«Non sono venuto per il manoscritto, sono qui per lei.»
Mi guardò incantata, affascinata, ammalita, già in mio potere.
Sbuffai, insoddisfatto di me stesso. Era così semplice ricadere nei vecchi comportamenti. Il mio carattere di merda era sempre lì, pronto a balzare fuori come un leone sulla gazzella. Mi ero ripromesso di tenerlo a bada. Invece eccomi di nuovo pronto a provocare, ingabbiare e sedurre. Era istinto per me. La belva da tenere al guinzaglio perché troppo pericolosa.
«Adesso che l'hai vista sai dov'è l'uscita.»
Ci voltammo entrambi verso la porta, la ragazza di scatto, io con maggior lentezza. Avevo già sentito le ruote della carrozzella svivolare sul pavimento.
«Ryan!» squittì Sunny, rossa in viso. «Non essere maleducato!»
Sorrisi tra me. Il fratello mastino sputava fiamme dagli occhi, non solo dalla bocca. E aveva ragione a farlo. Tutte le donne erano in pericolo con me. Sempre.
«Non si preoccupi, Sunny. Suo fratello ha ragione. Mi spedica il manoscritto per posta. Mi farò sentire io.»
Uscendo lanciai un'ultima occhiata a questo Ryan. Avevo la sensazione che avrei continuato a ritrovarmelo tra i piedi e difficilmente le mie sensazioni mi tradivano. Non sarebbe stato semplice, certo, non lo era mai con le persone, con quelle insoddisfatte ancora meno. «A presto, Sunny» salutai. «Non è necessario accompagnarmi. Conosco la strada.»
Li lasciai a loro stessi con Sunny che già protestava: «È il mio lavoro, Ryan!»
«Il tuo lavoro prevede che quel tipo ti entri nelle mutande?»
Ridacchiai e chiusi l'uscio dietro di me. Avevo gettato fin troppo scompiglio quel giorno e ora avevo altro a cui pensare.
Presi il cellulare e chiamai. «Fatto, Elena.»
Mi sembrò di sentirla ridere al telefono, ma avrei potuto sbagliarmi. Con lei non si sapeva mai.
«Com'è la scrittrice?» mi chiese.
«Giovane.»
«Anche bella scommetto» aggiunse.
«Forse.»
«Allora ti piace!»
Sospirai. Che importanza aveva? Non avevo intenzione di scoparmela, non avevo intenzione di scoparmi nessuna e questo lei lo sapeva. «Hai fatto progressi?»
«Sì, mi sono data da fare» la sentii dire soddisfatta.
«Allora?»
«Ho dovuto scavare un po' ma credo di aver trovato il misterioso finanziatore che Alfred voleva tenerti nascosto.»
Una vera investigatrice, Elena, con risorse fuori dal comune. La migliore di tutta la California.
«Dimmi tutto.»
«Si fa chiamare Madame Moore.»
Moore, Moore. Anche questo nome mi era familiare. Ma certo! La modella! Era famosa un tempo. Tanto tempo fa. Era uscita dal giro e non si sapeva più niente di lei. Perché finanziare un film? Perché il mio? Inutile perdere tempo in congetture, meglio andare subito al sodo.
«Credi di riuscire a fissarmi un appuntamento con lei?»
«Di persona? Non credo. In genere rimane nell'ombra.»
Sbuffai. Certo rimanere nascosti è sempre più semplice che metterci la faccia.
«Fai un tentativo. Voglio sapere cosa vuole da me e dal mio film.»
«E se non accetta di incontrarti?»
«La estromettiamo, semplice, no?»
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