Arleen. Piani pericolosi
Martedì 17 luglio
«Proprio non riesci a stargli lontano tu vero?» disse una voce alle mie spalle mentre cercavo di distrarre i miei pensieri accompagnando delle tartine ad un ottimo vino rosso.
Tutta la mia sicurezza vacillò con il bicchiere che tenevo in mano, il mio stalker era alle mie spalle e non sarei riuscita a fuggire al suo confronto.
Doveva essere furioso, doveva essere arrivato al limite se aveva deciso di palesarsi con così poca attenzione ai miei occhi.
Mi bastò voltarmi a guardarlo per vedere tutta la sua disperazione in ogni centimetro di pelle. La sua doveva essere una vera e propria ossessione se si era spinto così oltre ed era pronto a farlo ancora.
«Non posso controllare quello che fa, è un uomo libero» cercai di rispondere con controllata freddezza.
«Già, libero» disse stritolando il suo bicchiere di copertura quasi a romperlo tra le dita.
«Lo preferiresti in galera?» chiesi per provare ad indagare le sue folli idee.
«L’unica prigione che lo tormenta adeguatamente è quella della sua testa, sapere che sono lì, in agguato, pronto a portargli via tutto quello a cui tiene» disse guardando Kaylee.
«Lui non tiene a lei» dissi allarmata che potesse sfogarsi su di lei.
«Oh, lo so.»
Smise di guardare fisso la sua accompagnatrice e rivolse a me quello sguardo che non aveva nulla da perdere. «Ma ha degli amici, Ryan, Jona, Iris, credo che li conosca anche tu.»
Non so se aveva colto il suo punto debole ma di sicuro aveva colto il mio.
«Nessuno di loro è come me, nessuno è riuscito a creare davvero un legame con lui che non sia io. Sfogati su di me, ma lascia stare loro.»
Sembravo la protagonista di qualche film d’azione, quella disposta a tutto pur di difendere il suo grande amore. Per quanto cercassi di allontanare Matt dalla mia testa mi ritrovavo al centro di qualche clichè cinematografico.
«Vuoi offrirti come agnello sacrificale per quell’insulso ragazzo?»
«Non era chiaro? Verrò con te, farò quello che vuoi, ma è un piano che va attuato con calma, non possiamo fare casini qui adesso, dimmi un posto e ci ritroveremo lì, se qualcuno mi ferma dirò che sto andando a casa e che sono stanca.»
«Come faccio a sapere che non scapperai?»
«Mi sembra che tu fino ad ora mi abbia sempre trovata no?» dissi prendendo l’uscita della sala mentre lui rimaneva lì fermo a sorseggiare il suo drink per non creare sospetti.
Non lo so nemmeno io che cosa avevo fatto, sapevo solo che volevo in qualche modo chiudere la storia. Non avevo davvero più niente da perdere, ero rimasta praticamente sola se non per quei piccoli e flebili legami che avevo costruito nell’ultimo mese, ed era per loro più che per Matt stesso che la folle idea mi era venuta in mente. L’aver avuto per l’ennesima volta due di picche dal gigolò non aveva comunque aiutato, se voleva o non voleva qualcosa da me non sarebbe stato più per i suoi fantasmi, se fossi riuscita a chiudere la storia del mio stalker non avrebbe più avuto scuse a riguardo.
Il messaggio di Kevin arrivò al mio telefono sotto forma di messaggio sconosciuto con l’indirizzo al quale sarei dovuta andare.
Cominciai a camminare cercando un modo qualunque per avvisare Matt di ciò che mi stava succedendo. Combattevo ad ogni passo con le idee che mi inondavano il cervello. Un secondo volevo tenerlo fuori da tutta la situazione, l’attimo dopo cercavo un modo per lasciargli dei messaggi cifrati in modo che mi venisse a prendere.
I pensieri confusi cercavano di uscire dal mio volto sotto forma di lacrime, ma li rigettavo dentro come una arena colma di leoni.
Mi venne solo un pensiero sensato, solo una persona alla quale mi sarei potuta rivolgere.
Aprii la app nel telefono per le chiamate non tracciabili, stavo indossando i vestiti da spia senza rendermene conto, ma mi sarebbero serviti.
Pregai con tutta me stessa che Jona rispondesse alla chiamata.
«Ho bisogno di aiuto, urgente» dissi appena rispose, senza nemmeno dargli il tempo di fare nulla. Non sapevo neanche se mi stesse ascoltando, io avevo cominciato a parlare e dovevo farlo in fretta se volevo cancellare ogni traccia prima che Kevin fosse arrivato. «Tra 15 minuti incontrerò lo stalker, quello che mi perseguita, ho bisogno che tu venga qui e faccia delle foto, tante, mi serve materiale per quello che ho in mente, non possiamo più fargliela passare liscia. Ho tutto sotto controllo, ma ho bisogno di te, di quelle foto, che le mandi alla polizia domani stesso, se va tutto bene mi risentirai. Ti voglio bene.»
La sua risposta fu semplice e secca «Arrivo.»
Guardai l’orologio e decisi che avevo tempo per un’altra piccola e breve chiamata. Digitai il numero di casa di Kaylee sapendo che sarebbe stata l’unica a capire la situazione e tenere a bada Matt.
Non avevo mai aspettato con ansia una segreteria telefonica, e quando il “bip” suonò riversai di nuovo tutta la mia adrenalina sotto forma di vulcano di parole. «Kaylee sono io, Arleen. Ho bisogno che tu tenga buono Matt, che non lo faccia andare fuori di testa per quello che sta per accadere. Ho la situazione sotto controllo, te lo giuro, fidati di me. Non fare niente, non fare assolutamente nulla di nulla o tutto sarà vano. Ci sentiamo presto amica mia.»
Mentre cancellavo ogni traccia dal mio cellulare, ripensavo a quello che stavo facendo, cercavo forza nelle mie motivazioni e pregavo, pregavo che tutto fosse andato per una volta come la mia mente lo aveva programmato.
Jona sarebbe arrivato in tempo? Avrebbe trovato il modo per fare delle foto compromettenti? Kaylee avrebbe ascoltato il messaggio? Lo avrebbe tenuto per sè o condiviso con Matt? E quest’ultimo, sarebbe riuscito a reggere tutto senza crollare?
Smisi di farmi le domande nel momento il cui Kevin arrivò all’incontro. Spensi ogni ragionamento concentrando tutte le mie forze nel piano che avevo architettato in quegli ultimi minuti.
«Non sei scappata» disse avvicinandosi.
«Sono una donna di parola» risposi cercando di costruire attorno a me uno scudo di sicurezza.
«Parola o no voglio il tuo cellulare e verificare che non abbia armi» disse avvicinandosi.
«Non sono una spia e neanche una serial killer» sbuffai mentre le sue mani sul mio corpo si assicuravano che dicessi la verità.
«Bene, andiamo.»
Tirò fuori dalla tasca posteriore una pistola e puntandomela addosso mi spinse a camminare guardandomi verso un palazzo abbandonato lì vicino.
«Per prima cosa voglio spaventare il tuo ragazzo» disse una volta dentro indicandomi una sedia e brandendo delle corde.
La pistola puntata su di me e le mie mani che praticavano legature sul mio corpo tutt’altro diverse da quelle che ero solita fare.
Lui si preoccupò solo di sistemare gli ultimi dettagli prima di scattare la foto che avrebbero dato via al delirio, o forse no se tutto fosse andato secondo i piani.
Mi tolse la benda dalla bocca ed io cominciai pian piano a farmi strada dentro la sua testa.
«Ti manca molto tua figlia?» chiesi dopo qualche minuto di silenzio.
«Ti ha raccontato tutto?» rimandò lui stupito.
«No, non l’ha fatto, l’ho letto su un dossier, hanno fatto delle indagini su lui e l’ho letto.»
«E gli sei stata ugualmente vicina. Te la sei cercata.»
«Che importa ora? Tanto non mi farai del male. Vuoi farlo soffrire, vuoi che si senta in colpa per quello che mi sta accadendo» mi fermai guardando il telefono vibrare impazzito sul tavolo. «E ci stai riuscendo a quanto vedo. Ma non sei un assassino, tu non uccidi le persone. So che non faresti mai ad un altro genitore quello che hai passato tu, perché io sono la figlia di qualcuno, lo sai sì?»
La pistola tremava verso il pavimento perché la sua mano stava accusando tutta la rabbia che aveva in corpo.
«Posso trovare un modo per farti avere la tua vendetta» aggiunsi attirando la sua attenzione.
«Slegami e te ne parlo.»
Rimasi ferma mentre lui allentava le corde dalle mie estremità.
«Dimmi quello che hai in mente.»
«Lasciami andare» dissi davanti ai suoi occhi increduli. «Lasciami andare via di qui, sparisco, Matt non mi vedrà mai più e vivrà con il rimorso di essere la causa della mia scomparsa.»
«E come posso essere certo che tu non lo avviserai o non ti farai viva in nessun modo con lui?»
«Puoi sempre tornare al piano originale e prendertela con una qualsiasi delle persone per cui mi sono offerta di fare da scambio o cercare me, oppure puoi divertirti a vedere Matt combattere con il mio fantasma.»
«Sei sadica lo sai? È già una piccola vendetta sapere che tutto questo piano viene dalla tua mente, quella della donna per il quale patirà le pene dell’inferno.»
Passò qualche secondo a compiacersi della mia idea prima di dirmi che ci stava.
«Mi hai convinto, ma voglio che Matt, la polizia o chiunque scopra per primo questo posto, pensino che sia successo un casino» disse sfoderando uno stiletto.
Era una richiesta più che logica secondo la sua testa e fui anche sollevata che non volesse usare la pistola per ferirmi.
«Se non ti dispiace faccio da sola, sono un medico, so come ferirmi senza uccidermi o essere costretta ad andare al pronto soccorso.»
Di fronte al mio sangue sparso ovunque, Kevin si convinse ulteriormente del mio piano.
Mi accompagnò alla stazione e si assicurò che partissi diretta come avevo detto, lontano da lì.
In realtà c’erano ancora molti buchi in quello che avevo architettato, dove andare e cosa fare tra le prime.
Scesi la fermata dopo e cominciai a fare l’autostop diretta al primo motel, non avevo molte scelte.
Presi una camera ad ore e finalmente tocca il letto a chiusura di una serata davvero da manicomio.
Sarà stata quasi l’alba quando provai a chiudere gli occhi con la tv accesa per non aver paura dei rumori di sottofondo.
Mi svegliai con la stessa che parlava, non so che ore fossero, so solo che le notizie al telegiornale erano di mio profondo interesse.
Un volto a me conosciuto veniva riempito di flash fuori del grande palazzo da dove eravamo entrati insieme.
Lessi i sottotitoli che scorrevano.
“miliardario causa un incidente e fugge: indagato per omissione di soccorso”
Non potevo crederci e non volevo crederci, non che conoscessi così bene il mio nuovo capo, ma non lo vedevo a combinare una cosa del genere.
Avevo bisogno di parlargli, volevo saperne di più e volevo sapere di Matt.
Dal telefono del motel chiamai la prigione di stato spacciandomi per il suo avvocato.
«Felice di sentire la sua voce, avvocato» marcó lui che probabilmente sapeva bene di non averne uno.
«Sono… ehm… Miss A» dissi consapevole di non poter dire il mio nome per un controllo eventuale delle chiamate.
«Che piacere sentirla, tutto bene?» disse con un guizzo di felicità che mise subito a tacere.
«Oddio sì. Anche se nessuno deve sapere che … che mi sono fatta viva, nessuno Llanos.»
«Ho ben capito, stia tranquilla avvocato.»
«Di chi sarebbe l’incidente che hai causato?»
«Cose vecchie, di mesi fa, lo so che sono cose che si dicono ma non sono stato io.»
«Beh, la verità verrà fuori prima o poi.»
«Ha un avvocato da consigliarmi... avvocato? Mi servirebbe qualcuno giovane, in gamba e preparato.»
«Conosco una ragazza che studiava giurisprudenza, ha anche abitato per un periodo nel tuo hotel, e poi dai, credo che tu la conosca, ha una parte nella pellicola dove recito…»
«Iris» rispose lui conciso. «Ci penserò. Grazie signorina avvocato, mi raccomando sia prudente.»
«Lo sono, tieni duro anche tu» conclusi prima di chiudere la chiamata.
Giovedì 19 luglio
Continuai a guardare il telegiornale in ansia per l’unica notizia che stavo aspettando e che non ne voleva sapere di passare.
Erano ormai ore che facevo zapping in tv e ne la notizia della mia scomparsa, né quella dell’arresto di Kevin erano apparse sullo schermo.
Cominciavo a perdere le speranze, a pensare che tutto fosse stato vano, che non sarei potuta più tornare a San Diego e che per il bene di tutti sarei dovuta scomparire davvero come avevo detto a Kevin.
Dopotutto era il mio piano finale e sembrava dovessi metterlo in atto.
Dormivo profondamente quando qualcuno bussó energicamente alla porta.
Mi alzai alla ricerca di qualsiasi cosa per difendermi ma sarebbe comunque stato vano. Avevo ancora la benda sul braccio dove mi ero ferita e le varie ammaccature di un incidente ancora troppo recente.
Guardai nello spioncino e vidi quella bellezza unica di Kaylee impeccabile dietro alla porta.
Aprii senza pensarci e la feci entrare dentro all’istante.
«Che cazzo ci fai qui?» sbraitai alla sua vista.
«Sono anche io felice di vederti Arleen» rispose ironica.
«Potresti aver compromesso tutto, se Kevin sapesse che mi hai trovata potrebbe prendersela con Matt o con qualcun altro.»
«Calmati» disse tirando fuori la sua parte fredda. «Il tuo piano manca di corpo. Le foto da sole non costituiscono nulla, può sempre dire che sia stato uno scherzo o peggio, potrebbe imputare tutto a te, dire che è stata tutta una tua idea. Serve altro.»
«Altro tipo, Kaylee? Sai non ero molto lucida in quel momento, ha minacciato di prendersela con te.»
«Potevi lasciarlo fare e sarebbe già morto e questa storia lo sarebbe con lui.»
«Scusa se non sono una spietata killer!»
«Tranquilla, non puoi mica essere perfetta. Ma devo risolvere questa cosa, così poi potrai aiutarmi con la storia di Gonçalo.»
«Come posso aiutarti con la storia di Gonçalo?»
«Arleen, so tutto.»
Bastarono quelle parole per catapultare la mia testa a in un flashback che aveva rimosso.
Andrew ed io, la moto, l’incidente, e poi la sua fuga con me a seguito, prima di finire in ospedale e perdere definitivamente ogni mia speranza di futuro.
Avevo sempre pensato a me, che fossi io l’unica vittima dei suoi gradi di troppo, non mi ero mai guardata alle spalle, neanche letteralmente.
Adesso Kaylee chiedeva il mio aiuto e tutto come un puzzle riprese forma nella mia testa.
C’era qualcuno dietro di noi, qualcun altro ci aveva rimesso la vita dove io avevo perso ogni mia futura progenie.
«Dimmi cosa vuoi fare con Kevin.»
Il suo viso prese la forma di una geniale idea, anche se a me faceva paura.
Mi gettò sul letto un fascicolo, al’interno un fascicolo di una ragazza, mi fu facile capire chi fosse anche per la totale somiglianza con il padre.
«Speriamo di farlo rinsavire. Come hai dimostrato tu vuole vendetta, cerca di far soffrire Matthew, ma non sa neanche lui come. Non sa neanche cosa fare e cosa può placare la sua sete. Per adesso vede Matt disperato, e funziona, ma fino a quando? Dobbiamo trovarlo e fargli avere questo.»
«E come pensi di trovarlo?»
«Con il segnale del tuo cellulare, quel sadico se lo porta dietro per godere di ogni messaggio e chiamata che Matt prova invano a farti.»
Il pensiero di aver davvero fatto del male a Matt mi convinse a tentare il suo piano.
Mi cambiai con dei vestiti che mi aveva gentilmente portato, quella ragazza era sempre pronta a tutto.
«Kaylee» dissi una volta in auto. «Sai che tra me e Gonçalo non c’è nulla vero?»
«Certo» disse con voce disinteressata sgassando verso San Diego.
Forse la mia frase era stata vana, ma avevo bisogno di dirglielo, avevo bisogno di saperla sempre dalla mia parte, in fondo era l’unica amica vera che avevo.
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