Arleen. Favori

Venerdì 6 luglio

Ormai era lavoro, e grazie a Gonçalo era un lavoro ben retribuito, unire piacere e dovere non era cosa per tutti, ed io potevo ritenermi più che fortunata.


Stavo per scendere nel sotterraneo dell’hotel per la serata quando l’ascensore si aprì mostrando in compagnia del mio capo l’ultima persona che pensavo di vedere a quell’ora, e poco dopo la seconda.

Lo sguardo di Gonçalo era furioso, non solo con Jona, ma anche con Matthew che ci aveva raggiunti.

Ma più dei due uomini fortunatamente gli interessava altro visto che se ne andò di fretta.

Feci finta di non ascoltare Jona parlare di me in quel modo, in fondo era ubriaco e speravo che anche Matthew facesse lo stesso, io per il fatto che non avrei saputo come portarlo a casa senza spendere i soldi che non avevo, e lui speravo non avesse sentito la parola con la M, anche se era palese in tutto il mio vestiario cosa fossi.

Mi avvicinai a Jona e mi passai il suo braccio sulle spalle. «Allora me la dai una mano?»


«Sì, certo» rispose Matt smettendo di guardarmi e dandosi da fare.
«

Che ci fai qui?» mi chiese qualche passo dopo.


«E tu?» chiesi di rimando.

«Mi ha chiamato un'amica preoccupata, anche se non so come faccia a sapere che conosco Jona.»

«Avrà indagato su di te» dissi scherzando.

Smise di parlare, finché arrivato alla macchina si accorse che non gli avevo ancora risposto.

«Non mi hai detto che ci facevi qui.»

«Non è abbastanza chiaro? Faccio la Mistress, sono una Mistress» confessai mentre spingevo Jona oltre lo sportello.

«Fare non è essere» appuntó sorridente.

Lo fulminai con lo sguardo e salii in macchina insieme all’ubriaco.

Accompagnammo Jona a casa, fortunatamente il ragazzo non replicò la scena vista pochi giorni prima con Veronika, anzi, si addormentó con la testa sulle mie gambe.

Il viaggio si svolse in assoluto silenzio, non potevo abbandonare Jona, anche se mi sentivo strana nella macchina di Matthew, sarà stato il momento, ma sentivo vibrazioni diverse da quelle dell’ultimo viaggio insieme a Ryan e Veronika.

«Volevo solo scusarmi» sbiascicó triste Jona mentre lo accompagnavamo in casa. «Dovevo farle capire che è stato uno sbaglio, capisci?»

«Sì, sì Jona, ci penseremo domani mattina, per stasera meglio che vai a dormire» gli dissi mentre accompagnata dall’altro uomo lo misi a letto.

«Dormi con me?» chiese speranzoso.

«Tu dormi, io arrivo» dissi allontanandomi.

Chiusi la porta della stanza di Jona e mi rivolsi all’uomo che era ancora lì, intento ad ammirare le foto.

«Puoi andare, Jona non ha bisogno di tutti e due» dissi sbrigativa.

«Cherí, non pensare neanche per un secondo che possa lasciarti qui da sola.» Cosa pensava? Che uccidessi Jona nel sonno o che lo violentassi?

«E perché? Siamo adulti io ed il tuo amico, e poi non faremmo nulla che non sia già stato sperimentato.» Vidi il suo volto mutare alla mia fredda confessione e cercai di puntare ad altro: «Comunque il divano è tutto mio.»

«Ed io dove dovrei dormire?»

Forse sperava di dividere il giaciglio con me.

«Non è un mio problema, per me puoi anche dormire abbracciato a Jona.»

«Oppure potrei aspettare che ti addormenti e fartela pagare. A proposito, non mi devi delle scuse?»

Si avvicinò cercando il contatto che io non gli diedi modo di attuare.

«Ricordami il momento in cui ho detto che te le avrei fatte» dissi facendo eco alle parole dette da lui il giorno prima.

«Per esserti indifferente ricordi bene le mie parole» continuava ad insinuare ed io non volevo certo dargli soddisfazione.

«Ricordo anche la tua eccitazione sotto le mie mani se è per questo. Devo ammettere che non è stato facile lasciarti in quelle condizioni.»

«Di la verità, avresti voluto fare altro» chiese malizioso cascando nel mio tranello verbale.

«Avrei voluto avere la reflex di Jona per farti una bella foto, ma ahimè mi sono dovuta accontentare del cellulare.»

«Mi hai scattato delle foto?» chiese tra l’arrabbiato ed il lusingato.

Sghignai. «Penso che non ti convenga scoprirlo» dissi sventolando la coperta sul divano.


Cercai nell’armadio una maglietta di Jona che mi facesse da pigiama e mi diressi in bagno per cambiarmi.
Quando uscii vidi Matthew e rimasi impietrita per un secondo, non perché stava trafficando con il mio cellulare, ma perché la sua tenuta da notte era con addosso solo gli slip.
Era bello, bello che il mio corpo ed il mio cervello facevano a lotta cercando di capire perché eravamo in quella situazione.

Il mio cervello però vinceva sempre, soprattutto se accompagnato da quell'enorme dose di orgoglio che mi portavo sempre dietro.
Lo lasciai armeggiare con il telefono mentre io mi godevo il suo lato B, e non solo quello. Tutto in quel corpo trasudava sesso, era come se fosse vestito di feromoni, ovunque puntassi il mio sguardo ne venivo attratta, la pelle abbronzata, il fisico statuario, e sì, anche il culo da modello.
Mi immaginai per un secondo di arrivargli da dietro, spingerlo sul divano e gettarmi su di lui, levarmi la maglietta appena indossata e lasciare che i nostri spiriti bollenti si scottassero l’uno con l’altro.
Come avrei voluto strappargli di dosso quel piacere che uomini come lui, come Andrew, si erano sempre presi da me.

Lì, sulla poltrona, sotto di me, sotto al tocco delle mie mani che avevamo già appurato ammaliante per lui, ce l’avrei potuta fare, avrei potuto condurre il gioco, stringere la sua faccia da schiaffi tra le mie dita, lasciare che si perdesse nei miei occhi, avrei potuto essere padrona del suo corpo, e decidere come e quando prendermi quello che volevo.
Ma non ero poi così sicura che le cose sarebbero andate esattamente come i miei pensieri le stavano dirigendo.

Matthew si voltò verso di me come se avesse sentito tutto il mio perverso ragionamento.
«Volevo verificare le tue foto ma hai il pin, cos’è, la data di nascita di tua madre?» mi prese in giro.

Mi avvicinai tranquilla anche se tranquilla non ero, non poteva sapere che con quella semplice frase aveva rotto tutti i miei sogni peccaminosi.

Arrivai da lui e gli presi il telefono dalle mani. «No, quella della morte di mio fratello.»

Lo avevo messo a tacere con la verità, spesso la verità ci rende liberi, ma io in quel momento di ulteriore memoria avrei voluto dicesse qualcosa, magari qualcosa di giusto, ma non arrivò mai.


Sabato 7 luglio

Mi svegliai presto, i raggi del sole e lo scomodo giaciglio non mi permisero una serena dormita, tanto valeva darsi da fare.

Matthew dormiva tutto raggomitolato nella poltrona, presi la mia coperta e gliela posi sopra prima di andarmi a fare una doccia e cambiarmi.
Mi sistemai al meglio e mi misi in cucina cercando di tirare magicamente fuori dal frigo di un single una colazione per tre.

Tra un gesto ed un altro svegliai i belli addormentati che quasi insieme mi raggiunsero in cucina.

«Sei diversa da ieri sera» affermò quello che tra i due avrebbe dovuto essere il più sveglio.

«Avevo i vestiti nella borsa, ma l’impellenza del momento non mi ha permesso il cambio, se vuoi vedermi ancora vestita in quel modo sai dove trovarmi.»

«Voi due a casa mia, che mi sono perso?» disse Jona fermo sullo stipite della porta.

Stavo per rispondere, ma Matt mi anticipò: «Ieri usciti da casa di Ryan sei andato da Gonçalo probabilmente per vendicarti, ma eri talmente ubriaco che gli hai fatto pena e mi hanno chiamato a soccorrerti.»

Jona mi guardò cercando di capire perché non ero nella versione di Matt.

«Quando hai visto lui, hai preferito fossi io a portarti a casa e non ti biasimo, insomma, la differenza è sostanziale, comunque prendi queste che ti sentirai meglio» dissi passandogli due compresse.

«Sei un angelo» affermò sedendosi accanto all’amico.

«Lo so. Ora ci vuoi spiegare perché ti è servito il nostro aiuto?»

Guardava il bicchiere d’acqua come se fosse stato qualcosa di più forte dove rifugiarsi.
«Delle foto di una ragazza nuda tra le mie lenzuola sono finite in mano non solo sue ma anche di Gonçalo che a quanto pare ci tiene parecchio a lei e me l’ha fatta pagare.»

Ed ecco l’uomo che avevo sempre saputo nascondersi nella figura di Jona, quello che si portava a letto le donne e le immortalava per collezione, anche se, non so perché, quella aveva il sentore di coincidenza.

«Ma vuoi farti perdonare da lei o vuoi picchiare a morte Gonçalo? Perché per la prima ho un’idea, per la seconda invece non ho nessuna intenzione di aiutarti visto che lavoro per lui.»

Quattro occhi improvvisamente mi guardavano fissi.
«Dimmi la tua idea» disse Jona spinto dalla curiosità.

«Beh, mandale le tue foto, quelle che ti ho fatto a casa mia, nudo per nudo, se davvero ci tieni a lei le strapperai un sorriso.»

La forchetta con cui Matt mangiava la sua colazione rigò il piatto con un suono che arrivò dritto alle nostre orecchie.
«Devo andare, grazie per la colazione» si alzò massaggiandosi il collo e stirandosi la schiena.

«Peccato, sarebbe potuta essere una buona scusa per farti fare uno dei miei famosi massaggi.»

«Un’altra volta, ragazzina» disse con un tono di voce che non sapeva per nulla del suo solito.

«Ci si vede nel pomeriggio» dissi attirando di nuovo tutta la sua attenzione.

Mi guardava come se non sapesse di cosa stessi parlando.

«Christopher presenterà il cast in diretta nazionale, vuoi mancare proprio tu che sei il protagonista?»

Si sedette di nuovo appoggiando la giacca appena presa. «Vuoi dire che tutti i nomi del cast verranno annunciati in televisione?» chiese scandendo bene ogni parola per renderla di facile comprensione.

«Sì» risposi con una faccia che sapeva di ovvio.

«Allora mi serve il tuo aiuto.»

Sabato pomeriggio

Arrivai all’hotel giusto il tempo di cambiarmi con qualcosa di più adatto. Un vestitino nero lucido che terminava con una gonna ampia al ginocchio, avevo sempre creduto nella bellezza del minimal.

La sala conferenze era pronta. Il palco ben addobbato e lo spazio per le telecamere aspettavano solo di sapere dettagli succosi su questa famigerata pellicola, ed io ero pronta ad investirmi del ruolo di protagonista, sì, ma non ancora del film che avremmo girato, ero pronta a trasformarmi in Cat Woman, ladra professionista.

Mi guardai bene attorno prima di chiudermi dentro la stanza vuota.
Per fortuna il foglio era lì in bella vista insieme alla scaletta della conferenza.
Presi l’elenco definitivo del cast e lo misi in borsa, Matt mi avrebbe dovuto un favore, non c’era altro che volevo sapere, era un’occasione troppo bella per lasciarmela sfuggire, anche se forse avrei compromesso la partenza del film.


Uscendo mi mischiai alla folla impaziente di entrare, nessuno avrebbe sospettato nulla ed io ormai l’avevo fatta franca.

Mi sentii un po’ male quando vidi Christopher impallidire in diretta alla mancanza di quel foglio vitale per la sua dichiarazione, ma sorrisi quando lo vidi uscirne magistralmente.
«David, l’uomo che interpreta David vi farà innamorare, i suoi occhi bucheranno lo schermo e vi arriveranno dritti nel cuore, come poteva essere da meno il nostro protagonista, vi assicuro che non vi deluderà e vi consiglio, donne, di lasciare i vostri mariti a casa quando lo andrete a vedere. Fidatevi» continuò strizzando l’occhio alla telecamera.
«Mia... Mia è una ragazza molto tormentata come lo è nel libro, anche lei ha una bellezza particolare e sarà di certo all’altezza, troverete nell’attrice la stessa battaglia interiore che anche la Mia del libro ha dovuto sopportare, una ragazza tenace fuori ed arrendevole tra le braccia di David. E per ultimo, la nostra focosa Cloè»
tesi le orecchie per sentire le parole che mi avrebbe rivolto. «Cloè sarà davvero la donna che farà cambiare strada a David, ve ne accorgerete nel primo fotogramma che la ritrarrà, sarà l’anima forte e fragile che ogni ragazza e donna cova dentro di sè aspettando l’uomo per cui valga la pena dimostrarsi se stessa.»

«Fragile io?» commentai ad alta voce facendo sorridere la ragazza che guardava la conferenza accanto a me.

«Questo è quello che succede quando una persona ti conosce meglio di te stessa.»

La guardavo interrogativa. Mentre Christopher continuava la sua conferenza attirando lo sguardo di tutti, io guardavo quella ragazzina cercando di capire dove l’avessi già vista.

«Kaylee» disse tendendomi la mano e continuando a guardare il palco.

«Arleen» dissi afferrandola. «Ma non so perché credo tu già lo sappia.»

Mi sorrise. «Io so tutto, sono pagata per sapere tutto.»

Quella frase suonò nella mia testa come nemica di tutte le cose che non sapevo, soprattutto una.

«Quindi sai tutto di tutti. Anche dell’uomo che farà David.»

«Soprattutto di lui» sottolineò.

«Ho bisogno di sapere anche io» dissi concisa arrivando al punto.

«Si da il caso che io tenga particolarmente al mio lavoro, non cambio bandiera al miglior offerente. Tuttavia, c’è qualcosa che tu puoi darmi ed anche senza molti sforzi» disse gettando un’occhiata ai due energumeni che controllavano la porta. «Vedi, quei due potrebbero anche farmi uscire, ma se non loro ce ne sarebbero altri pronti a bloccarmi all’entrata dell’hotel. Tu…» continuò prendendomi sottobraccio. «Mi aiuterai ad uscire di qui, mi porterai a prendere un po’ d’aria ed io ti dirò tutto quello che ti serve.»

Mi dipinsi sul volto un sorriso soddisfatto al pensiero di tutti i succosi particolari che avrei saputo sul mio nemico. Altezzosa e fiera portai Kaylee fuori dall’hotel di Llanos, nessuno come aveva previsto si era interposto tra noi, anche se gli sguardi che avevamo addosso non erano pochi.

Davanti ad un bel bicchiere di vino scoprii in Kaylee una ragazza molto diversa da quella che il suo aspetto rimandava, era sicuramente più piccola di me, ma sapeva tenere la conversazione talmente alta da non sentirne il divario.
Scoprimmo tra un sorso ed un altro di essere più simili di quello che credevamo, stesse compagnie e stessi giri.

«Come abbiamo fatto a non incontrarci prima?» mi aveva chiesto al termine della nostra conversazione.

«Non lo so, forse perché due donne come noi insieme possono fare molti più danni che separate.»
Mi sorrise e ci salutammo, voleva ancora un po’ d’aria prima di tornare da quello che mi aveva confessato essere il suo compagno nonchè mio capo.

Lei poteva stare lontano dall’hotel ancora un po’, ma io no, io avevo diversi appuntamenti in serata.
Non ero pronta a tornare lì dentro, non ero pronta ad incontrare lo sguardo di Matt adesso che sapevo dei suoi fantasmi, come non ero assolutamente dell’umore per svolgere il mio lavoro serale, ma dovevo farlo.

Poco dopo aver varcato l’ingresso ed essere arrivata davanti all’ascensore una mano mi afferrò stretta e mi portò lontano da lì, l’unica che aveva l’autorità per farlo.

«Io e te dobbiamo parlare» disse non appena chiuse la porta di una delle tante stanze del suo hotel.

«Di?» chiesi non sapendo a quale delle tante cose si riferisse.

«Che cosa stai combinando? Cosa mi stai nascondendo, Arleen?» disse marcando il mio nome come a ribadire che mi conosceva bene.

«Nulla» risposi con quella che mi sembrava la verità.

«Sai che ho occhi ovunque in questo posto vero? Perché hai rubato il cast e dove hai portato Kaylee?»

«Se ti dico la seconda puoi chiudere un occhio sulla prima?»

Sapevo che era di Kay in fondo che gli importava.
Fece segno di sì con la testa.
«Bene. L’ho portata a bere un bicchiere di vino, la vedrai tornare presto, voleva solo schiarirsi le idee» dissi aprendo la porta ed uscendo dalla stanza.

«Ed il cast?» disse ancora sorridendo della mia frase.

«Pensa che ti devo un favore.» Cavalcai l’onda della sua positività, sapere che Kaylee sarebbe tornata lo faceva in qualche modo stare bene, ognuno ha il suo tallone d’Achille e lei era il suo.


Domenica 8 luglio

Aver saputo il nome dei demoni di Matt non mi aveva dato la giusta soddisfazione, anzi, aveva sicuramente rotto qualcosa.
Ci pensai per diverse ore prima di incamminarmi verso il locale dove lavorava. Potevo sembrare sciocca ad inseguirlo, forse ai suoi occhi persino disperata, ma avevo bisogno di vederlo fuori da ogni legame che ci univa.

Nel bar il bancone era un’ottima barriera tra noi due, senza ruoli in un film, senza Jona, senza conoscenze o accidenti vari che ci facevano trovare nello stesso posto, al bar eravamo solo io e lui.

«Buongiorno» disse con un sorriso sghembo appena mi vide. «Che ti porto?»

«Rosso» dissi ancora come la prima volta. «Un frullato rosso» specificai sorridendo.

Posò il bicchiere davanti a me accompagnandolo con un "grazie", poi continuò: «Mi sono reso conto di non averti più ringraziata per la conferenza, non so cosa e come tu abbia fatto, ma dirti grazie mi sembra giusto.»

Adesso che sapevo tutto quello che stava dietro al favore, riuscivo a percepire anche i sentimenti che gli si attanagliavano in testa. Sembrava quasi umano, ma dovevo ammettere che non mi piaceva vederlo così.

«Non penso che un grazie basti, sai ho dovuto chiedere mooooolti favori» terminai la mia allusione bevendo un sorso di quel delizioso concentrato di frutta.

«E come ti aspetti che li ripaghi questi “mooooooolti favori”?» sorrise appoggiandosi al bancone.

«Semplice» dissi scendendo dallo sgabello. «Se lo vuoi sapere davvero ti aspetto in bagno.»

Presi le mie cose e mi diressi verso la toilette, di mattino il locale non era così frequentato e nessuno avrebbe disturbato il mio piano.
Arrivò dopo pochi minuti, ero certa lo avrebbe fatto, ma mi stupii lo stesso della velocità.

Il sorriso con cui si presentò alla soglia del bagno mi diede la forza per continuare il mio gioco.
Chiusi la porta dietro di noi e mi fiondai sulle sue labbra respirando passione. Non stavo giocando, non solo, parte di quella passione era vera, bastava spegnessi il cervello per rendere il gioco più verosimile.

Lo spogliai famelicamente e lasciai che lui spogliasse me.
I nostri corpi si sfiorarono più volte in quel ritmo pazzo che stavo dettando.
Quando entrambi fummo in intimo e poco più, tirai fuori il cellulare e scattai una foto dall’alto che ci ritraeva entrambi così come eravamo.

«Ecco, adesso ho davvero una tua foto compromettente, ma non sarà facilmente separabile dalla mia» dissi indossando di nuovo i vestiti.

Speravo avesse capito il mio messaggio: nulla che potesse scoprire su di me, così come io su di lui, volevo si mettessero in mezzo al nostro rapporto.

«Se fai il bravo te ne mando una copia» dissi sventolando il telefono apprestandomi ad uscire.

«Ragazzina?» mi chiamò.

Sapeva che odiavo quel nomignolo come sapevo che lo facesse apposta. Sorrisi perché con quel nome aveva risposto alla mia tacita richiesta.
«Sì?» dissi mentre mi avviavo ad uscire dal bagno.

«Hai preso i miei pantaloni.»

Guardai tra le mie cose come se non me ne fossi accorta. «Buona giornata “ragazzino”» dissi infilandoli definitivamente in borsa.


Sorrisi ed uscii dal locale, stavo decisamente meglio di quando ero arrivata. Non so perché quelle fermate al bar erano sempre terapeutiche.


Domenica sera

Che il cast fosse o no annunciato, non cambiava che il party per l’inizio delle riprese si sarebbe tenuto, ospitando non solo noi ed i nostri accompagnatori, ma anche tutti coloro che avrebbero lavorato dietro le quinte.
Una marea di gente ben vestita riempiva l’attico dell’hotel Parco dei Principi, ed io non ero assolutamente fuori tono.

Guardandomi attorno vidi molti visi conosciuti, Ryan e sua sorella, ma anche Veronika, ed in un angolo ben lontano dal padrone di casa sedeva Jona anche se non sembrava molto contento di essere lì, Christopher non poteva mancare visto che il party era suo, ma un viso mi stonò particolarmente: Iris. Sfoggiava un gioiello molto eccentrico, lo stesso che le avevo visto indossare alla mostra, anche il vestito era molto simile e le dava uno slancio davvero di classe, sì, ma cosa c’entrava lei con lo spettacolo? Forse aveva solo accompagnato qualcuno.

La mia curiosità si spinse fino a cercare il suo nome sul foglio che avevo rubato.
Mi ritirai in un angolo a trafficare con quel foglio spiegazzato che tenevo ancora in borsa.
Accanto al nome di Mia c’era quello di Iris, non poteva essere una coincidenza, eppure ero sicura di aver visto “Veronika” quel giorno ed il fatto che lei fosse lì avvalorava la mia tesi, voleva scambiare il ruolo di Mia, ma non lo aveva ancora detto alla ragazza.

Guardai Iris bere da un flute insieme a Kaylee, e lì mi ricordai dove potevo averla vista. Era serena e sicura di sè, come se tutte le sue preoccupazioni facessero parte del passato, sembrava molto diversa nonostante fossero trascorsi solo pochi giorni dal nostro primo incontro.

Cercai con lo sguardo Veronika, bella, era davvero bella, non so chi avesse fatto quel lavoro di restauro ma stava bene, i pochi lividi rimasti erano coperti magistralmente da del fondotinta che le dava una tonalità di colore rendendola un po’ meno fantasmina.

Era bella sì, ma anche lei non dava per niente l’idea di essere una sottomessa.

Ci avrei pensato io.

Mi avvicinai a lei e la presi per mano senza avvertirla del contatto. Sobbalzò per poi rilassarsi quando vide che ero io ad averla afferrata.

«Vieni» le dissi trascinandola via da un Ryan che mi guardó davvero male.

Mi slacciai i choker che avevo messo per la serata, un filo di corda che girava tre volte attorno al mio collo e poi lasciava che i capi puntassero verso la scollatura. Lo tolsi e lo allacciai al collo di Veronika, le donava davvero molto, anche se con i capelli così sciolti non lo esaltava.
Senza chiederle di nuovo il permesso afferrai da dietro la sua chioma e la legai in una mezza coda. Adesso sì che sembrava la Mia del libro che avevo letto.

«Sei determinata a ricoprire questo ruolo?»

Mi guardò con i suoi occhi neri e rispose con un flebile: «Sì.»

«Allora fidati di me.»

La trascinai per mano ad attraversare tutto il salone fino a Christopher, con lei al seguito allontanai da lui le persone con cui stava parlando.

«Io non so che piani tu abbia per questa pellicola, se per qualche motivo ritieni qualcun’altra più capace di lei, ma una cosa voglio che tu la sappia. Per girare la scena tra Mia e Cloè, non avrai mai una chimica più grande di questa.»

Detto ciò presi il volto di Veronika tra le mani e le stampai il nostro secondo bacio.
Probabilmente lei aveva capito che da quello sarebbe potuta dipendere tutta la sua carriera, perché sentii tutta la sua passione sulle labbra.

Un bacio vorace, un bacio possessivo, un bacio che lasciava spazio a tutto quello che volevo dimostrare, lei era la mia chimica, non so cosa ci legasse, ma quella ragazzina era mia, la sentivo mia.

Le nostre mani si accarezzavano mentre i nostri profumi si univano insieme creando una nuova fragranza.
Sentivo brividi diversi da ogni cosa mai provata, non era amore né sesso, non la desideravo così carnalmente come facevo con un uomo, ma la volevo, adoravo sentire le sue labbra soffici sulle mie, era come se in quell’attimo lei con me fosse diversa, come se fosse una Veronika diversa da quella di Ryan, persino un’altra persona, come io lo ero con lei.

Il gioco era il mio, vero, ma lei giocava senza risparmiarsi. Percorsi il suo braccio nudo solleticandolo con la mia mano finchè non arrivai al suo volto e con quella lieve carezza lo assicurai ancora a contatto con il mio. La sua mano rispose posandosi sul mio fianco ed io le sorrisi sulle labbra per un secondo ponendo una breve pausa al nostro bacio.

Ryan mi avrebbe ammazzata e forse avevo compromesso anche il mio ruolo nel film, ma tra le labbra di Veronika avevo di nuovo trovato la pace da tutti i miei demoni, e speravo che il mio gesto non sembrasse così folle fuori come lo era nel mio cervello.

Christopher guardava noi che ci guardavamo a vicenda; feci durare il bacio tanto quanto il suo pensiero ci mise per essere maturo.

Quando lo vidi prendere aria mi staccai dalla ragazza ed aspettai quello che aveva da dirmi.

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