12. È meglio così.

[ 27 Luglio 2017 – New York ]


Le ferie erano un miraggio per chi aveva un'attività da mandare avanti. Più grande era questa attività, più impegno e serietà dovevi metterci. Alexa non era esente da quelle dinamiche; come modella poteva prendersi ampi margini di riposo fra un lavoro e l'altro, ma come imprenditrice non vedeva mai veramente uno stacco che fosse uno. Tanto più che era reduce da un periodo in cui aveva delegato moltissimo a Lara e lei era stata più vicina a Mja – ed era inutile nasconderlo, si era vissuta quella relazione con Alexander a fondo, in ogni dettaglio, compresi quelli negativi.

Era seduta alla scrivania del suo ufficio, la schiena adagiata completamente allo schienale della sua poltrona e c'era Lara dall'altro lato della stessa che parlava di una serie di cifre e altri dettagli che lei stava ascoltando con un orecchio solo.

Alexa era una donna tanto capace, arguta e con un innegabile e spiccato senso per gli affari quando si trattava di lavoro, tanto quanto era assurdamente fragile ed inquieta nella sua vita privata, tanto da rasentare l'isterismo soventemente. Riusciva a scindere le due parti della sua personalità in una maniera tanto netta quanto destabilizzante. Ogni volta che la sua vita privata cadeva a picco, i suoi affari decollavano e la portavano a vette sempre nuove di successo. Per esempio, più la storia con William andava di merda, più lei si affermava come super modella inizialmente, poi come designer ed imprenditrice poi. Era come se la sofferenza in amore le portasse spirito e concentrazione necessari a brillare negli affari.

La vita in qualche modo doveva pur ricompensarla.

Erano passate due settimane abbondanti da quella serata al Terrance e no, non aveva sporto denuncia né fatto scoppiare nessuno scandalo. Si era, però, ritirata dalla vita degli Hamilton. Pensava, sperava, che così facendo quello che era successo potesse placarsi, che Alexander potesse tornare alla sua vita solita e che lei potesse tornare alla sua vita solita. Si stava solo illudendo, lo sapeva benissimo, ma ci provava con un'ostinatezza degna di un premio Nobel.

Aveva creduto alle parole di Alex? Ovviamente sì. Non aveva motivo di non credergli, ma c'era quella vocina interiore che ripeteva a pappagallo le parole di Jake: "non sarai mai la prima per nessuno".

Non voleva dargli credito, non voleva attribuire un peso maggiore di quanto quelle parole non meritassero. Però erano lì, rimescolavano il suo animo e non poteva dargli torto. Non era mai veramente stata la prima per nessuno, quel tipo di amore che ti stravolge la vita e che te lo ricordi finché hai fiato nei polmoni. Non sentiva di esserlo mai stata.

Guardava Mja e Thomas, vedeva quante difficoltà stavano affrontando e superando pur di stare insieme, lo sentiva sulla pelle quel magnetismo incredibile che ti lasciava senza fiato e non poteva fare a meno di chiedersi se quello che provava per Alexander era quel tipo di amore. Ci doveva pensare bene perché lei non era assolutamente capace di essere lucida e presente a sé stessa quando si parlava di lui.

«Quindi alla fine serve solo che tu fissi la data dello shooting.» la voce di Lara si era fermata: Alexa guardava verso le vetrate dell'ufficio, aveva lo sguardo perso in chissà che pensiero ed aveva appoggiato sul bracciolo il gomito sinistro e le dita della mancina stavano sfiorando con aria distratta la punta dei suoi capelli. «Sicuramente Mister Unicorno sarà disposto a disperdere la sua polvere glitterata sul set per fare in modo che pure le farfalline e le fatine trallallà diano il meglio in foto.»

«Mh mh. Sì. Va bene.» quasi meccanicamente aveva risposto Alexa.

«Sai, pensavo come scenografia no? Un grande pene gigante. Con uno smile in cima. Per me è simpatico. Della serie che pubblicità del cazzo.»

«Sì sì.» vacua, per poi voltarsi a guardarla. «Cos'è che hai detto?» vagamente allucinata.

«Ecco, pensavo non ti saresti più ripresa. Alexa, sei qui ma non ci sei qui.» si era indicata la tempia con le dita della destra. «Che succede?»

«Mah, niente. Stavo solo riflettendo su alcune cose.» si era fermata perché un'altra delle assistenti che erano di turno aveva bussato alla porta.

«Miss Evans?» titubante, nel ricercarne la figura.

«Dimmi, Olivia.» almeno il nome delle sue segretarie se lo ricordava. Poi stop, fine.

«C'è Miss Hamilton qui per lei. Non ha un appuntamento, ma ha detto che è disposta ad attendere pure tutta la giornata se necessario.» si era schiarita la voce. «Sembra piuttosto agguerrita.» Olivia era quella più "tenera" delle sue segretarie, Lara era quella sua personalissima che la seguiva ovunque ed era pari a un pitbull, mentre Melanie era quella ferma e risoluta, compensandosi ed accordandosi bene col carattere più mite di Olivia. Spaventare Olivia era facile, così come lo era riuscire a farsi voler bene da lei.

Alexa aveva espirato, lanciando una vaga occhiata al suo IPhone: scoppiava di notifiche che non si azzardava nemmeno ad aprire. «Lasciala pure passare.» aveva diretto lo sguardo su Lara. «Finiamo domani. Intanto per lo shooting segna tu una data opportuna e niente cazzi sulla scenografia.» segno che l'aveva ascoltata, nonostante tutto.

«Bene, vado a chiamare un nano che fa motocross. Sicuro darebbe quel tocco di esotico che ci serve!»

«Esci di qui prima che ti lanci la mia Louboutin in fronte, scellerata.»

Lara era uscita ridendo, soffermandosi sull'uscio. «Vi faccio arrivare i caffè, al solito.» anticipando Alexa, teneva la porta aperta e cedendo il passo a Mja. «Miss Hamilton, è sempre un piacere vederla.» le aveva sorriso, aspettando che lei entrasse.

«Oh, ciao Lara. Ti vedo in forma. Potrei avere dell'acqua fresca, per favore?» Mja era di casa lì, ed ovviamente era trattata con tutti i riguardi del caso. «Fa un caldo esagerato. Vi giuro. C'è la savana fuori. Non sto mentendo.»

«Certamente. A fra poco.» Lara aveva abbozzato una risata e fatto un cenno del capo, richiudendo la porta dietro di sé.

Alexa si era alzata, aggirando la scrivania ed andando incontro a Mja. Era sempre impeccabile, anche e soprattutto al lavoro: la sua camicetta con una stampa animalier in toni non troppo scuri si sposava con la gonna leggera che arrivava a metà coscia, a completare il tutto dei sandali neri semplici ma d'effetto.

Era la solita Alexa, bellissima e col sorriso apparentemente solare. Apparentemente, perché Mja la conosceva bene e sapeva, davvero, cosa stesse passando. Le era andata incontro, flettendosi in avanti per poterla abbracciare e baciare sulle guance.

«Sei sempre bellissima.»

«Sei troppo buona, tu non stai lievitando, io sì.» si era accarezzata il pancione, quello che Alexa guardava da lontano senza mai osare toccarla.

Lara aveva bussato nuovamente. «Avanti.» aveva concesso all'assistente che era rientrata con un vassoio con due caffè e dell'acqua fresca per Mja, più il gelato che proprio Miss Hamilton aveva portato, aggiungendoci dei cucchiaini e tovagliolini. Aveva depositato tutto sul tavolino davanti al divano per poi lasciarle sole.

«Vieni. Ci mettiamo comode.» recuperato il cellulare dalla scrivania, l'aveva scortata fino al divano, lasciando che prendesse posto come meglio credeva.

Lei si era, invece, piazzata all'angolo sinistro e seduta a tre quarti verso Mja in modo da poter parlare il più comodamente possibile.

Mja, invece, aveva preso il controllo della situazione. Come primissima cosa aveva disposto nuovamente gli oggetti sul vassoio, componendo uno schema altamente lineare e preciso, tipo roba da fare invidia a un architetto. Dopo di che aveva piazzato fra le mani di Alexa una delle coppette di gelato, ficcandoci in maniera un po' minacciosa il cucchiaino dentro e fissandola.

«Mangia.»

«Ma io...»

«Non importa. Non sei a dieta oggi. Mangio io e mangi pure tu.» l'aveva esortata, tornando a sedersi con la sua di coppetta in mano. «Tu mangi, io parlo e mi ascolti attentamente. Okay? Okay.»

«Okay.» era un pelino destabilizzata, ma aveva raccolto un po' di limone mescolandolo con la fragola, evitando per adesso le creme: cercava di limitare i danni, capite.

«Tu lo ami?» aveva chiesto diretta Mja.

Lei, che si era appena azzardata a mangiare un cucchiaino di gelato, si era immediatamente strozzata. Della serie che proprio le si era chiusa la gola e gli occhi avevano iniziato a lacrimarle mentre tossiva. Alla fine un po' dell'acqua destinata a Mja era stata costretta a berla lei.

«Bhoze moy.» aveva mormorato mentre Mja continuava a mangiare il gelato.

«Sto aspettando.» serafica lei poi.

Aveva tirato su col naso, dandosi una sistemata. «Sì.» aveva risposto immediatamente. «Sì che lo amo, Mja. Ti pare che se non avessi provato un sentimento vero e forte ci sarei finita a fare quello che ci ho fatto?» aveva posato il gelato, non voleva strozzarsi nuovamente. In mano aveva un fazzolettino, lo stesso con cui si era tamponata il viso per darsi una sistemata.

«Dovevo chiedertelo. Non posso sempre presumere io le cose.» le aveva puntato il cucchiaino contro. «E dimmi, se lui fosse single, completamente, e domani ti chiedesse di rendere ufficiale la vostra relazione, accetteresti?»

Era un interrogatorio questo e non lo sapeva? Non ne aveva idea. Si era mossa un po' a disagio sulla seduta, gelata da quella domanda. Aveva abbassato lo sguardo verso quel cellulare. «Non lo so...»

«Alexa, ti prego. Sono incinta e mezza rintronata. Parla come si deve dai.» 

Mja aveva capito benissimo, voleva solo che lei tirasse fuori tutto, ma proprio tutto. Perché non c'erano segreti fra loro due, anche ciò che era accaduto con Jake lei glielo aveva raccontato a Mja. Si era presa il suo tempo, glielo aveva detto con accortezza e il più delicatamente possibile. E aveva accompagnato quella confessione con l'aggiunta del perché fra lei e Alex sarebbe finita. Forse prima ancora che iniziasse sul serio, che si dessero davvero una possibilità come coppia.

Aveva espirato, fissandola. «Ho detto che non lo so.» si era concessa una pausa. «Essere una Hamilton è difficile. Richiede una forza che non sono sicura di avere.» lo aveva ammesso controvoglia, ma forse perché non era in dubbio la sua forza, quanto più la voglia di rinunciare a tutto per essere qualcosa di nuovo, che non aveva minimamente previsto.

Mja la stava osservando, annuendo blandamente: chi meglio di lei poteva comprendere appieno quelle parole senza travisarle? Nessuno. Anche perché lei era un'Hamilton che stava con Anderson, non immaginava nemmeno che razza di pressione doveva subire ogni santo giorno. «Tu però lo ami e lui ti ama. Non c'è niente che possa limitare questo. Il mio consiglio, Alexa, è di pensare... ma non pensare a quello che vorrebbe dire stare con uno come lui, ma domandarti se riusciresti a vivere senza di lui e tornare alla tua vita di prima.» si era fermata, guardandola. «Come se lui fosse stato una parentesi, come quando lui non c'era. Ci riusciresti?»

Mja aveva depositato quella domanda fra loro due con grazia, ma l'effetto che aveva avuto su Alexa era stato esattamente quello di una granata a deframmentazione esplosa in una cristalleria: devastante.

Non stava piangendo, era difficile che Alexa piangesse. Piuttosto le pizzicavano gli occhi, il naso le diventava rosso e sembrava fragile come una bambina persa chissà dove. Non stava rispondendo, ma aveva abbassato lo sguardo e chinato appena la testa in avanti, fissando con ostinazione il fazzoletto che aveva in mano.

«Io me lo sono domandata, al tuo posto. Un sacco di volte. Per qualche tempo ho creduto che Thomas fosse stato una parentesi e basta, ma poi mi sono resa conto che non solo non era una parentesi ma che senza di lui...» aveva smosso la mano a sottolineare l'ovvio, ossia la sua pancia: senza Thomas era come una metà incompleta, che anelava a riabbracciare l'altro e diventare l'unico che erano destinati ad essere. «Sai, Alexa, io avrei potuto cercare Thomas in altri mille uomini, ma non l'avrei mai trovato e io so che se tu cercassi Alex, nemmeno in tutti i tuoi follower troveresti qualcuno che gli somiglia...» Mja aveva il dono di parlarle con delicatezza e riportala sui binari giusti per scindere le paure dalla realtà. «La verità è che avrei potuto vivere la mia vita, sì, anche senza di lui ma che avrei sempre avuto la sensazione di essere incompleta come persona, come donna, come tutto...» si era stretta un po' nelle spalle «...e sono disposta a qualsiasi compromesso, tranne che ad un'altra donna, mi pare evidente.»

«Sì, Mja. Ma lui è sposato. Sta ancora con Ashley. Capisci?»

«Stava.» l'aveva corretta. «Ed era sposato.» aveva fatto una smorfia di disgusto. «E poi che credi? Guarda che ci sono dei compromessi che ti daranno diritto di fare richieste speciali. Lascia fare.» con aria quasi vissuta, lei.

«Mja!» aveva quasi riso, ma non aveva dimenticato nulla del discorso precedente. Anzi.

Alexa non parlava, si era silenziata nuovamente; Mja invece mangiava con una certa soddisfazione il suo gelato, mescolando come una bimba felice i gusti alla frutta con le creme, facendone uscire un mix improbabile, ma era risaputo che le papille gustative di una donna incinta erano molto relative: non era buono ciò che era buono, era buono ciò che era commestibile e facilmente raggiungibile.

Le stava lasciando tempo per capire da sé le cose. «Io tra qualche giorno non so se augurare ad Alex tanta felicità o tanta pazienza.» aveva interrotto il silenzio altrui, rimettendosi un po' più dritta e litigando con un cuscino per stare più comoda.

Solo allora Alexa aveva rialzato la testa, fissandola. «Perché?»

«Perché è il suo compleanno, tesoro. Gli farò gli auguri e qualcosa dovrò pur augurarglielo, no? Mica pace e bene generici. Non sono mica un prete, io.» ironica a modo suo, si era fermata a guardarla.

«Mh.» pensosa. «E quando sarà?»

«Il quattordici agosto. Credo proprio lo festeggeremo negli Hamptons. Sai, abbiamo le case lì, è molto carino. Dovrei proprio portatici una volta.» 

Mja, quando voleva, era astuta come una volpe. Il miracolo capitava una volta ogni tot, quasi sempre con Alexa e mai in relazione alla sua, di vita. Tali miracoli, inaspettati come lampi di genio improvvisi, avvenivano sempre sulle vite altrui - o meglio, in questo caso specifico, su quella della sua migliore amica.

Alexa non era stupida, aveva colto l'allusione. «Ci penserò.» aveva concesso.

Mja si era sporta verso di lei, battendole una carezza sulle mani. «Prenderai la decisione giusta, lo so.» incoraggiante. «E ora, per favore, aiutami ad alzarmi che devo andare al bagno. Non vorrai che macchi il tuo bellissimo divano vero?»

Alexa aveva riso, scavallando le gambe e sollevandosi piano per aiutarla ad alzarsi. Una volta in piedi Mja si era massaggiata piano i reni, sapeva benissimo dov'era il bagno personale di Alexa, ma prima di muoversi le aveva sorriso. «Devo dire però che mi manchi come vicina.» pausa. «Dovresti sbloccarlo, sai? Anche a lui manchi.» e con quest'ultimo consiglio si era diretta al bagno, lasciando Alexa da sola con i suoi pensieri e il suo cellulare.

Una volta sola Alexa aveva fissato il suo IPhone, silente. Poi aveva allungato la mano e aveva ricercato il contatto di Alexander. Pochi tocchi e l'aveva sbloccato, senza fare null'altro. Gli aveva solo concesso nuovamente accesso alla sua vita.

Perché le cose iniziavano sempre da piccoli passi, no?

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