11. Io non ci ho capito niente.

La scena che aveva davanti aveva un ché di surreale. In piedi, davanti a lei, Alex e Garrett stavano parlando di quanto accaduto; non aveva avuto la minima percezione di quanto Garrett avesse visto fino a che non lo aveva sentito parlare con Alexander.

Estremamente dettagliato in quel resoconto che snocciolava all'amico e socio, raccontava dal primo momento in cui aveva messo piede nel locale fino a che non aveva beccato Jake e, successivamente, era intervenuto per evitare che le cose andassero oltre.

L'aveva poi riportata all'appartamento di Alex. Era disturbante la sensazione di appartenenza che scattava non appena varcava la soglia di quella penthouse, come se il suo cervello riconoscesse automaticamente, quella, come casa. Peccato che il suo cervello era anche saturo di tante di quelle cose che non riusciva a disciplinare. Se ne stava, quindi, in silenzio mentre osservava i due uomini davanti a sé.

Si era sfilata le scarpe ed era seduta sul divano; gambe accavallate, le mani intrecciate in un nodo nervoso al centro del grembo e cercava di capire di più dalla loro conversazione, ma non le era possibile: quei due parlavano in un modo che a lei non era concesso comprendere.

Alex nemmeno la guardava, era teso e tutto l'atteggiamento della sua figura lo trasmetteva. Era anche vestito in maniera elegante, come se fosse uscito per chissà quale evento.

Dov'era stato? Chi aveva visto? Perché si era fatto così bello per qualcuno che non era lei?

Tutte domande che pressavano nel cervello per poter uscire, ma che non vedevano ancora la luce. 

Ad un certo punto la porta dell'appartamento si era aperta ed era apparsa Meredith. Anche lei era vestita in maniera elegante, come se fosse reduce da un appuntamento galante. Ed era incredibilmente seducente con quell'abito in seta scivolata verde smeraldo.

«Signori.»

Garrett l'aveva solo inquadrata, mentre Alex la guardava teso. «Allora?» aveva chiesto.

«Ho dovuto scomodare il proprietario e pretendere che venisse di persona il prima possibile. Gli ho spiegato la situazione e i possibili risvolti negativi che la vicenda avrebbe potuto causare.» dalla borsetta aveva tirato fuori una pennetta usb e un cd, depositandoli sul primo mobile disponibile. «Sono le uniche copie, Michael ha provveduto a bonificare i server. Nessuno, a parte noi, ha visionato i filmati.»

Solo ora, dopo aver parlato, aveva indirizzato lo sguardo su Alexa. La stava scandagliando da testa a piedi come se cercasse chissà cosa. «Ha segni visibili?» chiedendolo ad Alex.

«Non credo. Non gliel'ho chiesto.»

«Che io abbia visto, no.» era intervenuto Garrett.

«Qualcuno di voi due si è preso la briga di parlarle da che è stata portata qui?» palleggiava lo sguardo fra loro due. C'era stato un attimo di silenzio durante il quale nessuno dei due uomini le aveva risposto. «Bene.» si era sfilata il soprabito leggerissimo e l'aveva abbandonato sulla poltrona insieme alla borsetta, dopo aver estratto il telefono.

«Alexa.» L'aveva richiamata in modo che avesse la sua attenzione e lei aveva alzato lo sguardo verso l'amica. «Vieni. Andiamo di là. Devo controllare che tu non abbia segni addosso.»

«Non ne ho.»

«Permetti che dia un'occhiata io?» aveva insistito, porgendole la destra in un moto rassicurante.

Alexa aveva fissato la mano di Meredith e poi aveva ricercato lo sguardo di Alexander: non la stava nemmeno guardando, fissava un punto lontano.

Aveva deglutito annuendo piano e, sfiorando la mano di Meredith, si era alzata. 

Alexa non si era nemmeno accorta di essere arrivata in camera da letto, la sua e di Alex, se non quando Meredith aveva chiuso la porta alle loro spalle.

«Lo so che non stai bene ora, ma devi fidarti di me Alexa.» Meredith le si era avvicinata, facendole una carezza appena accennata sulla spalla. «Ora ci spogliamo, così posso controllarti. Se troverò dei segni, dovrò fotografarli. Mi dai il tuo consenso?»

Alexa aveva annuito, cercando di non cedere alle emozioni che la stavano assalendo.

«Mi serve che tu lo dica, Alexa. Per favore.»

Aveva deglutito, tirando su col naso. «Sì, ti do il mio consenso.»

«Bene. Procediamo.»

Era abituata ad essere spogliata e vestita da mani estranee, ciò a cui non era abituata era la delicatezza fredda di Meredith. Le aveva scostato i capelli, controllato ogni singolo centimetro di pelle, ritrovando solo al polso destro l'ombra vaga di un livido che stava iniziando a formarsi, lì dove Jake l'aveva stretta. Non se ne era accorta.

«Tieni il polso così.» 

Mentre Meredith scattava le foto, lei si sentiva quasi violata. Era una sensazione così strana che non riusciva pienamente ad elaborarla. Ciò che era chiaro, era il suo sforzo di reprimere una crisi di pianto isterico che era lì, premeva, spingeva per uscire e devastarla.

Meredith doveva aver capito qualcosa perché aveva posato il cellulare e si era diretta verso la cabina armadio per cercarle qualcosa da mettersi. C'erano ben pochi vestiti lì dentro, ma era riuscita a recuperare una maglietta sicuramente di Alexander e un paio di shorts, ritornando da lei ed invogliandola ad indossarli.

«Vieni, siediti qui con me un attimo.» l'aveva guidata verso la sponda inferiore del letto, ignorando le urla ovattate di Alexander che arrivavano dal salone. «Come tuo legale, mi sono assicurata che la tua immagine pubblica restasse intatta e che tu non fossi ricattabile in nessun modo. È mio dovere informarti, in quanto mia cliente, che per ottenere la completa distruzione di quel materiale che ho consegnato ad Alexander, ho dovuto pagare il proprietario del Terrance. Ha firmato un accordo di non divulgazione, che domani verrà depositato.» una pausa. «Alexa, ho bisogno che tu mi dica se comprendi o meno ciò che sto dicendo.»

Aveva inspirato. «Sì, Mer. Ti sto seguendo.»

«Alexander non desidera che questa storia venga resa pubblica.» ma il tono lasciava intendere che ci fosse un "ma" non pienamente espresso.

«Ma?»

«Ma in quanto tuo legale, Alexa, se è tua intenzione di sporgere denuncia, io non farò alcunché per impedirtelo. Abbiamo le prove, ti rivesti e andiamo al primo comando di polizia a denunciare l'accaduto. Tuttavia, sei una persona oltremodo celebre e anche Jake lo è. Comprendi da te che una denuncia comporterebbe l'esposizione mediatica della vicenda.»

Aveva sbuffato una risata amara. «E quindi andrei al macello volontariamente.»

«Verrebbe fuori la tua relazione con Alexander.»

«Già.» e lui era sposato, aveva aggiunto mentalmente.

«Farei in modo di massacrare Jake.» le aveva accarezzato il viso e poi la mano.

«Lo so.» ma non voleva. Non se la sentiva, non tanto per sé stessa ma per Alexander.

Meredith aveva preso un respiro e si era alzata, fronteggiandola mentre si appoggiava al mobile che faceva da comò. «Alexa.»

Aveva rialzato lo sguardo, posandolo su Meredith. «Dimmi.»

«Qualunque sarà la tua decisione, non cambierà le cose. Tu stai con un Hamilton, adesso, e le cose non possono essere come erano prima, soprattutto per te. Perché per loro, vedi, è tutto molto semplice.» aveva sciolto l'intreccio delle braccia, posando la mancina contro il fianco, la destra che gesticolava appena. «Per loro è sempre semplice. Sono maschi, bianchi, privilegiati. Hanno potere, soldi e conoscenze nelle loro mani. Ne avranno sempre più di quanto noi possiamo immaginare. E non parlo solo degli Hamilton. Parlo di Thomas e dei miei fratelli. Il mondo gira così, purtroppo.» aveva preso una pausa. «Noi donne che scegliamo di vivere al loro fianco siamo chiamate a prendere una decisione. Possiamo decidere di essere ciò che siamo lontane da loro e soffrire. Oppure possiamo scegliere di essere noi stesse con loro, accettando il compromesso che la loro posizione comporta.»

Alexa stava contraendo la mascella, aveva abbassato lo sguardo sulle proprie mani, sul polso che stava divenendo livido.

«Anche io ho scelto.»

«Per te è diverso, Mer. Garrett e Michael sono i tuoi fratelli.»

«E chi ti ha detto che stessi parlando di loro?»

Alexa aveva rialzato lo sguardo, fissandola. «Come scusa...?»

«Io parlavo di Daniel.»

Kaboom. Come le dava Meredith le notizie nessuna mai. 

«E hai deciso che...»

«Ho fondato la mia carriera sui compromessi. Una volta chiusa la porta non esiste altro. Esistiamo io e lui. E forse questo tu dovresti tenerlo bene a mente, Alexa. Prima che la tua sanità mentale e fisica ne risentano nuovamente. Sono il tuo avvocato, ma ricordatelo che sono e sarò sempre dalla tua parte. Sono tua amica.» Meredith non era una donna che concedeva la sua amicizia tanto facilmente, era uno squalo che nuotava in mezzo ad altri squali ed aveva imparato a fidarsi solo di sé stessa, del suo istinto e di quelle poche persone di cui, ad oggi, era socia.

Le aveva fatto una carezza sul viso. «Chiamami se hai bisogno.» si era però fermata prima di uscire dalla stanza. «Mja non sa nulla, deciderai tu se dirglielo o meno. Okay?»

Aveva annuito ancora una volta. «Va bene...» 

Quando aveva rialzato lo sguardo Meredith era sparita. Aveva lasciato la porta aperta e dal salone non arrivava più alcun rumore.


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Aveva un po' timore che lui se ne fosse andato, doveva dire la verità. Si era presa qualche minuto per struccarsi completamente e levarsi qualunque cosa di dosso, restando solo con i vestiti che Meredith le aveva recuperato. Non aveva molta voglia di uscire da quella stanza, affrontare il mondo che lì fuori la stava aspettando. 

Affrontare lui e la sua rabbia.

Si era obbligata a muoversi, l'aveva fatto con quei passi silenziosi che l'avevano portata in salotto senza creare alcun rumore. Si era fermata lì, appoggiando la spalla destra contro la parete che dal corridoio portava al salotto. Alexander era lì, aveva in mano un bicchiere con qualcosa al suo interno che sembrava whiskey. Era in piedi vicino alle vetrate panoramiche che rimandavano una vista mozzafiato su Manhattan, le maniche della camicia erano arrotolate fino ai gomiti e i capelli sembravano spettinati per le troppe manate che vi aveva dato.

Quasi come se lui avesse sentito una qualche vibrazione particolare, aveva smosso il bicchiere che teneva nella destra e scrollato le spalle. «Intendi starmi lontana ancora per molto?»

«Non ti stavo evitando.»

«Avrei detto il contrario.» si era portato il bicchiere alla bocca, senza ancora guardarla.

Lei, di contro, aveva avanzato di qualche passo, quelli necessari ad accostarsi allo schienale del divano. «Io non te le dico le cazzate.»

Alexander si era girato, fissandola. «Sul serio?»

L'intonazione della sua voce l'aveva fatta drizzare di colpo, fissandolo. «Sì, che fai dubiti?»

«Non lo so Alexa. Se appena litighiamo tu poi vai da mio fratello, proprio non lo so

L'intensità con cui aveva pronunciato quelle parole l'aveva colpita come una mazzata dritta nello stomaco, causandole una nausea improvvisa. «Non sono andata da lui. Ma ti senti?»

«Sì che mi sento, Alexa. E allora, dimmi. Perché cazzo eri con Jake. Dopo tutto quello che sta facendo e che sta combinando. I problemi che ci sta dando. Spiegami il perché.»

«Io...» aveva boccheggiato appena. «Mi ha chiamata e ha detto che gli serviva aiuto per Mja. Gli ho creduto.»

«A JAKE.» aveva tuonato, stringendo la mano contro il bicchiere. «Ti rendi conto di quanto tu sia stata ingenua?»

«Non c'è bisogno che mi urli contro, Alex. Lo so anch'io. Guarda che c'ero io lì stasera, eh.»

«Non ci saresti dovuta nemmeno andare. Tu in quella situazione non ti ci dovevi proprio mettere.»

«Lo so. Alex...» la destra era andata alla fronte, strofinando i polpastrelli contro la stessa. «Lo so.»

«No. Tu non sai niente. Non hai la più pallida idea di quello che ho dovuto fare e che sto facendo per risolvere la cosa.»

«Tu Alexander?! Lì c'era Garrett. A fermare tuo fratello c'era lui. A risolvere la questione c'era Meredith. IL MIO AVVOCATO.» aveva contratto la mascella. «Non c'eri tu. Tu non ci sei mai pubblicamente. Ci sono solo io e io me la devo sbrigare da sola.»

«Evidentemente non ci riesci così bene. E lo sai.» la stava fissando. «Anche se non ci sono pubblicamente, lo sai che al tuo fianco ci sono comunque.»

«NO, NON LO SO.» l'aveva urlata quella risposta. «E tu dov'eri Alexander? Con Ashley?» il veleno era uscito senza che lei lo potesse – o volesse – controllare.

«No.» la stava fissando. «Ero con Mja. Poi è arrivato Thomas.»

Aveva sbuffato una risata amara, asciugandosi un paio di lacrime scappate al suo controllo. «Certo. Se non è Ashley, è Mja. Se non è Mja è il tuo lavoro. E se non è nessuna di queste cose, ne resta solo un'altra.»

«Che stai dicendo.» era quasi confuso ora.

«Tua moglie.» ecco. Lo aveva detto.

L'espressione di Alexander si era indurita per un lungo istante, stava soppesando la sua risposta. «Chi te lo ha detto?»

La risata che ne era uscita era quasi isterica. «Ecco cosa ti preoccupa: chi me lo ha detto.» aveva scosso la testa. «Cioè tu sei sposato e vieni a fare la morale a me!»

«Lexi, non sai di che parli.»

«Ma io non so mai di che parlo!» aveva alzato le spalle in un misto tra la risata isterica e il pianto. «Tu non mi dici MAI niente. Io so solo ciò che tu vuoi che io sappia e sono briciole rispetto alla tua vita e al tuo mondo. Io pensavo di dover "combattere" contro Ashley. Che poi anche qui...» si stava muovendo per superare il divano e fronteggiarlo. «Perché cazzo in una relazione bisogna combattere per queste cose? Per farsi scegliere? No. Io non devo combattere un'altra donna, è una cosa che non esiste. Sei tu che dovresti scegliermi e non lo fai.»

«Quindi è giusto per te dirmi che non ti scelgo. Sei proprio sicura di quello che dici?»

«Sì.»

Aveva indicato le pareti della casa. «E questa l'ho comprata per far cosa, esattamente?» retorico. «Doveva essere nostra, non per un poco. Ma per sempre.»

«Ma a me non importa, non me ne faccio nulla dell'ennesimo appartamento se poi sei sposato. Cioè tu sei sposato, hai una fidanzata e poi hai me.» era stravolta. «Come. Cazzo. Fai.»

«Io non sono sposato, Lexi.» aveva espirato pesantemente.

«NON MENTIRE CON ME.» era esplosa. «Kelly Hamilton chi è.»

Si era raggelato a quel nome. «Lexi, fermati. Davvero.»

«Perché. Che fai? Mi lasci?!» aveva tirato su col naso. «Seriamente. Che fai te la scopi e poi vieni da me e mi dici che mi ami? Poi chiami Ashley e fai il fidanzatino perfetto? E poi mantieni tutto segreto lasciando che gli altri ripuliscano i casini e mettendo a tacere la gente? Si usa così in famiglia? Tuo fratello mi ha messo le mani addosso e mi ha detto che sono una delle tante e che non avrebbe fatto differenza.»

Solo il fracasso del bicchiere che impattava contro la vetrata l'aveva fermata in quel fiume di parole.

Alexander aveva le vene del collo ingrossate, l'espressione furente e, al contempo, controllata e lucida come una bestia che stava trattenendosi dallo sbraitare.

Alexa faticava a respirare e a pensare lucidamente, il petto si abbassava ed alzava in un ritmo quasi dettato dal panico. Non sapeva esattamente dove guardare, se lui, il bicchiere rotto, la vetrata oppure andarsene, scappare.

Alexander si era passato una mano contro il viso, stropicciandolo ed espirando pesantemente.

«Non sono sposato. Lo ero.» aveva ripreso a parlare. «Kelly è la mia ex moglie e se non mi credi chiama Thomas. Chiedigli i dettagli del mio divorzio, è lui che ha curato la mia procura.» una pausa. «Non credere che ciò che Jake abbia fatto mi lasci indifferente perché non è così. Se non sono ancora uscito da quella porta diretto a casa sua per spaccargli la faccia è solo perché tu sei qui.»

A quel punto lei aveva iniziato a tremare visibilmente e lui si era avvicinato. 

L'aveva presa per le spalle e abbracciata con quei tocchi che solo lui poteva lasciarle addosso. Rassicurante, accogliente, solido. Aveva appoggiato la fronte contro la sua testa mentre lei piangeva piano contro il suo petto.

Non avevano più parlato, lui l'aveva presa in braccio e, una volta alla sua altezza, l'aveva baciata piano sul viso. Avevano entrambi bisogno di un attimo di pace e, per questo, lui si era diretto verso la loro camera, chiudendo la porta con un tocco del piede e puntando verso il letto.

Tutto il resto poteva aspettare, lei no. Non voleva che aspettasse un solo altro minuto. 

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