09. Love Boat.

Era stata indecisa fino all'ultimo momento, ma alla fine puntuale come solo lei sapeva essere era arrivata a casa di Mja, pronta per quella gita in barca.

Erano salpati presto e Alex l'aveva messa al corrente della sorpresa che aveva programmato per Mja e Thomas. Ecco perché lei era essenziale: doveva distrarre Mja e fare in modo che non si rendesse conto di dove stessero andando. E questo aveva fatto per tutto il tempo, intrattenendola con i suoi aneddoti e a suon di cibo su cibo. Aveva scoperto che Mja aveva un debole per la sua cucina e ne approfittava.

Suo padre era uno chef stellato, perché prima ancora di essere Alexa Evans lei era la figlia di Jeremy Evans, colui che aveva fatto della carne una filosofia di vita. A Los Angeles e in tutta la costa occidentale, suo padre possedeva una miriade di ristoranti e lei, per poter passare più tempo possibile col padre, si era sempre infilata in cucina e aveva imparato i trucchi del mestiere.

Cucinare era ancora la sua isola felice, era quell'atto d'amore che le piaceva fare e Mja se lo meritava tutto. Era la sua comfort zone, Mja. Finché c'era lei, si sentiva al sicuro. Certo, ogni volta che Alex la guardava le sembrava di sentire ancora le sue mani addosso, fra i suoi capelli, il sapore di quel bacio che le fotteva il cervello. Era ancora tutto estremamente vivido, fin troppo per i suoi sensi.

Ma Mja ora non c'era, era scesa sotto coperta per riposare ed erano rimasti solo lei, Michael nella zona dei comandi dello Yatch e Alexander. Si era da poco spostata verso quella specie di cambusa all'aperto per cercare una bottiglietta d'acqua; i capelli erano ancora un po' umidi poiché si era data una rinfrescata dopo l'esposizione al sole, quella specie di abito fatto in cotone leggerissimo e quasi trasparente si posava contro il suo corpo aderendo ai punti in cui il bikini era ancora un po' bagnato. Bianco con delle applicazioni in turchese e oro rosa, ricalcava le linee di un caftano ma era privo di maniche, arrestandosi poco sopra la mezza coscia.

Dava le spalle al resto dello yatch e un brivido si era impossessato di lei quando aveva sentito l'aria spostarsi e il profumo di Alexander lambirle tutti i sensi, mandandoli in allarme.

Le spalle si erano appena contratte, espirando pesantemente mentre il viso di Alex indugiava fra i suoi capelli, una mano glieli stava scostando scoprendo la nuca e lì lasciando un bacio.

«Mja dorme.» la sua voce era un sussurro mentre le mani di Alex le stavano carezzando i fianchi da dietro.

«Lo so.» una pausa. «Ma io cercavo te.»

Un gemito le era scappato dalle labbra, di quelli un po' arresi per intenderci. «Alex, però. Lo sai.»

Lui stava arricciando la stoffa di quell'abitino e le sue mani erano approdate sulla pelle lasciata scoperta dal bikini. «E tu invece lo sai quanto io voglio te?» le sue dita percorrevano quel doppio laccetto posto sui lati, lambendo il perimetro della parte inferiore del bikini, carezzando il basso ventre e puntando verso il Monte di Venere.

Le tremavano appena le gambe mentre lui la toccava, se le sentiva proprio deboli tanto che si era ancorata al bordo del ripiano, socchiudendo le palpebre e respirando pesantemente.

«Ma non è giusto manco per il cazzo. Ne abbiamo parlato ieri.»

Lui aveva sbuffato una risata contro la pelle della sua spalla, il suo bacino premeva appena contro le sue natiche e lei poteva sentire indistintamente l'effetto che gli faceva. Questo non aiutava nemmeno un poco.

«No, tu hai detto cose e io ti ho spiegato perché era inutile fare finta di niente.» quasi a rimarcare il concetto era sceso con le dita, solcando la stoffa del bikini ed approdando al centro esatto della sua femminilità. Una carezza che veniva ripetuta con una lentezza estenuante, scoprendo parzialmente la zona dove il suo piercing (un vertical hood) era nascosto alla vista e a chiunque – tranne a lui, era evidente oramai. Così com'era evidente la pulsazione di puro piacere che le provocava quel tocco e che si rifletteva in lui, in quell'eccitazione che stava diventando sempre più sfacciata contro il corpo femminile. «Cristo, però, Alexa.»

«Tu. E io che dovrei dire!?»

Le sue mani si erano staccate dal suo corpo, permettendole di girarsi e ritrovandosi uno di fronte all'altra.

Era bellissimo, lui. Non c'erano fronzoli in quel look che lo vestiva con un'eleganza tipica di chi è nato e cresciuto in un lusso non scontato, ma imponente. La camicia di lino bianca aveva i primi tre/quattro bottoni slacciati e si posava sul costume a pantaloncino che arrivava a mezza coscia di un blu scurissimo, i Clubmaster schermavano lo sguardo.

Si era appoggiata contro il bordo del mobile con le natiche, la destra si era allungata verso quegli occhiali per sfilarglieli e poterlo guardare negli occhi senza barriere o filtro alcuno. Lui, di contro, aveva ripreso ad arricciarle la stoffa del vestito tirandola verso l'alto, sfilandoglielo lentamente e lasciandolo cadere per terra.

Il cuore di Alexa aveva preso a battere come un dannato nella sua cassa toracica. Era come un'esplosione che non aveva fine, semplicemente.

Le sue mani erano corse alla camicia di lui, l'indice agganciato a quei bottoni ancora allacciati. Non parlavano con la voce, ma si parlavano con lo sguardo in quel momento. Bottone dopo bottone, glieli stava slacciando tutti, aprendo la camicia e la visione sì, l'aveva lasciata un po' senza fiato.

Non sapeva dire esattamente cosa in Alexander le piacesse così tanto. Non era capace di specificare cosa, in lui, decretasse così tanto potere su di lei.

La cosa più disturbante di tutte sapete quale era? Era che si sentiva legata a lui esattamente come un tempo si era sentita legata a William.

Inesorabilmente. Totalmente. Completamente.

Era questo il cazzo di dramma che viveva, enfatizzato dal fatto che lui fosse un uomo impegnato e fosse il fratello della sua migliore amica. Ma lui aveva il potere di farle spegnere momentaneamente il cervello, il solo modo in cui la guardava era così destabilizzante ed erotico che non aveva difesa alcuna contro Alexander.

Aveva fatto scivolare la camicia di Alex lungo le sue braccia e si erano ritrovati con addosso solo i loro costumi da bagno, nascosti dalla penombra offerta dalla copertura dello yatch.

«Non dobbiamo...» la mano di lui che risaliva la schiena le aveva mozzato il respiro.

«No?» con un gesto delle dita si era impossessato della chiusura posteriore del reggiseno del bikini, sganciandolo e facendo sì che la stoffa allentasse la sua presa contro il seno. Glielo stava sfilando lentamente, facendolo ricadere per terra senza che lei opponesse realmente resistenza.

Le sue mani erano corse alle cosce di Alexa e l'aveva sollevata, infilandosi al centro esatto delle stesse e poggiandola sopra il bancone, eguagliando così la differenza d'altezza. «Ma io voglio.» glielo ripeteva mentre depositava baci un po' ovunque: viso, collo, scendendo verso il seno.

I bacini, a stretto contatto, creavano una frizione elettrica che la stava facendo sciogliere istante dopo istante.

«Alex.»

«Io ti voglio.» glielo stava ripetendo mentre scendeva, flettendosi davanti a lei. Le mani avevano ancorato la stoffa del tanga del bikini, facendola scorrere lungo quelle gambe infinite. «Ripetilo.» le stava depositando baci lungo l'interno coscia, risalendo fino alla sua intimità. Senza alcuna indecisione, ma con tutta la calma di questo mondo, aveva iniziato a baciarla.

«Cos-» la destra era impattata contro la sommità del microonde lì poggiato, la mancina era corsa alla sua bocca per evitare che le scappasse un gemito urlato.

Lui l'aveva attirata di più a sé, aveva lappato quella pelle delicata soffermandosi maggiormente lì dove c'era il piercing per poi guardarla dal basso verso l'alto. «Il mio nome.» una pausa. «Lo devi urlare.»

Respirava a fatica, boccheggiava sotto quei baci, il piacere la stava inondando come una marea non prevista e fuori da ogni controllo umanamente concepibile.

Non la stava baciando, lui se la stava mangiando in quel preciso momento. Senza vergogna alcuna, con un desiderio che sembrava quasi brutale tanto era irruento. Esattamente come il suo che si stava affacciando senza alcun pudore sotto quei baci.

Si era staccato da lei per rialzarsi, senza mai abbandonarla però. Era appiccicato a lei, aveva fatto calare il proprio costume da bagno e lasciava che ora i due bacini, completamente nudi, si sfiorassero in quella carezza sconcia e quanto mai desiderata.

«Alex...» non sapeva manco più lei come si chiamava ed era alquanto curioso perché avevano lo stesso nome solo declinato in due forme diverse.

«Non sento.» e nel dirlo, aveva diretto la punta smussata della sua erezione verso l'imbocco della sua femminilità, guidandola in un affondo netto e secco, atto a colmarla in un colpo solo. Le sfiorava la bocca con la propria, una mano si era staccata dai fianchi femminili solo per risalire verso il collo, affondare fra i capelli biondissimi dell'altra e guidarle il capo affinché non si spostasse troppo: voleva vederla in faccia, voleva i suoi occhi, voleva la sua bocca, voleva il suo respiro affanno e spezzato dai gemiti. Voleva tutto.

Lei aveva gli occhi lucidi, era completamente persa in quella fusione che si era creata. Era come se la sua anima, la sua essenza più profonda, si fosse fusa con l'altro e ora stessero volando verso cime altissime di piacere mai toccato prima. Erano un intrico nato da desideri controversi, da voglie non propriamente accettabili. Erano come due mondi che non si sarebbero mai dovuti toccare e, invece, ora erano così fottutamente fusi l'uno nell'altro e stavano da Dio insieme.

Non c'era più resistenza in lei, lo aveva accolto come si accoglie una liberazione. Lo stava amando nel silenzio dettato dai suoi gemiti soffocati, in quei baci che li stavano consumando. Era come se avesse deciso che se lui poteva darle solo quel poco, allora quel poco sarebbe stato suo. Non sentiva di starsi accontentando, era un pensiero lontanissimo da lei in quel momento. Sentiva che lui la stava un po' guarendo. Si sentiva così dannatamente desiderata. Lei, Alexa, non ciò che era pubblicamente, simbolicamente.

Continuava a baciarlo con quella specie di remissività mai veramente completa perché, nel momento stesso in cui lo baciava, poi sul finale un po' scappava e questo, per Alexander, era terribilmente erotico.

Aveva quasi stretto i capelli biondissimi nella sua mano, la teneva ferma col capo contro il proprio viso mentre gli affondi si susseguivano con una certa impetuosità: non aveva fretta lui, ma era smanioso, come se non fosse mai abbastanza con lei.

«Lo capisci ora?» contro le sue labbra, questo.

La sua mano si era posata contro il viso di Alex, carezzava quella linea della mandibola come se fosse persa in chissà che pensiero. «Dimmelo tu.» mentre gli leccava quelle labbra che sapevano ancora di lei.

Sbuffava quasi, lui, in quel misto di controllo e non controllo che albergava in lui. «Che siamo una cosa sola.»

Non aveva risposto, lei. Lo aveva solo fissato in quegli occhi scuri – il suo personalissimo inferno e paradiso – mentre il piacere era arrivato impetuoso, portandola a gettare la testa all'indietro ed aggrapparsi un po' scoordinatamente a lui.

Il suo nome lo aveva quasi urlato, ma era stato tutto coperto dal frastuono di quel microonde che si schiantava al suolo, testimone sacrificato a quel momento di completo sbandamento che entrambi avevano appena vissuto.


I love your lies in the dark
Love tearing up a broken heart
Over, over, and again


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Ci aveva messo qualcosa come tre quarti d'ora per riprendersi del tutto da ciò che era successo. Sperava, in cuor suo, che nessuno avesse sentito, visto, niente. Che nessuno si fosse accorto di quanto successo. Aveva cercato di eliminare ogni traccia di quell'irruenza e si era controllata più e più volte. Voleva accertarsi di non avere segni addosso di quella passione che, ancora, la lasciava senza parole.

Alex l'aveva guardata in un modo completamente diverso dopo che l'avevano fatto. In realtà, si erano guardati in maniera diversa, consapevoli che da quel punto non c'era più ritorno. Avevano superato una soglia di non ritorno, un confine che non doveva essere toccato e non importava quante giustificazioni si dessero nella testa, la realtà dei fatti era che non dovevano farlo.

Aveva incassato le rassicurazioni di Alex ascoltandole solo con un orecchio, come se un nuovo peso – del tutto differente da quello che si era portata dietro negli ultimi mesi – si era formato sul suo petto.

Si era estraniata, però, per cercare di rimettere in ordine la sua testa e il suo cuore, perché se Mja l'avesse vista in quelle condizioni avrebbe capito tutto e lei non se lo dimenticava che sua sorella aveva bisogno di tranquillità, che non erano i suoi problemi a doverla angosciare.

Stava tagliando altra frutta, aveva fatto tutto in maniera automatica lasciando viaggiare le mani mentre la testa cercava di dare un senso a ciò che aveva nel cuore, senza molto successo.

«Alex??» la voce di Mja l'aveva strappata alle sue elucubrazioni.

Si era affacciata e le aveva sorriso nella maniera migliore possibile. «Dormito bene? Ti stavamo aspettando, vieni: ho fatto altre fragole!» le aveva mostrato la ciotolina ed invitata con un gesto a raggiungerla.

«Che farò quando dovrai ripartire e nessuno mi preparerà le cose?» Mja aveva chiesto con fare teatrale, provocandole una risata.

«Ti faccio fare un corso di cucina, oppure ti mando lo Chef migliore che conosco.» non suo padre, quello nemmeno le rispondeva più al telefono, figurarsi. Aveva posato la ciotola e si era allungata per porgerle una mano ed aiutarla a salire i gradini.

«Fallo fare ad Alex, così lo schiavizzo visto che si è appropriato di casa mia.» aveva fatto una smorfia, iniziando a guardarsi intorno, notando che erano in un porto di cui non riconosceva la città. «Dove siamo?»

Calma, Alexa. «E allora lo facciamo fare a lui.» aveva dissimulato, ignorando di pari e patta la sua domanda sul dove fossero. «Andiamo. Davanti c'è l'ombra.» si era mossa scortandola verso prua, dando quindi le spalle al molo – dettaglio essenziale ai fini della sorpresa.

«Dov'è mio fratello?» stava chiedendo, mentre guardava tutto il cibo che Alexa aveva preparato. «Alexa, ma non ti sei riposata neanche un momento?»

"Sapessi, Mja. Sapessi che cazzo ho combinato non ti preoccuperesti così tanto per me. Fidati".

Era questo ciò che avrebbe dovuto dirle, invece le aveva piazzato in mano l'ennesima coppetta di panna e fragole. «Tu non preoccuparti, io mi rilasso così. E poi mi ha aiutata Alex, non ho mica fatto tutto da sola!» aiutato nella misura di fissarla e saltarle addosso appena il momento è stato propizio, ma non glielo aveva detto questo.

«Tu e Alex...» il tono di Mja era diventato scivoloso e lo sguardo era quello attento da detective che lei sfoderava a comando. «...avete fatto amicizia.»

Stava sudando freddo internamente e doveva ringraziare ogni divinità esistente al mondo che avesse i suoi Givenchy calati sul viso, che le nascondevano lo sguardo allucinato e colpevole. «Abbiamo un amore in comune, no? Essere amici è il minimo che possiamo fare per aiutarti.» il tono voleva essere noncurante e leggero, ma dentro c'era una voce che urlava "bugiarda" come una sirena antiaerea.

Mja lo sapeva che negli affari di cuore, lei, era estremamente sfigata. Non era mai stata fortunata in tutta la sua vita e ne era uscita così malconcia dalla sua ultima relazione, dal casino che ne era emerso, che non voleva più saperne. Il solo pensiero di uscire con qualcuno le dava un'ansia sociale che non era esplicabile. E forse qualcuno poteva anche trovare in quella sorta di intrallazzo segreto con Alexander una spiegazione, ossia che lui non sarebbe mai stato libero e quindi era l'alibi perfetto per avere una relazione non relazione. Mja però aveva la delicatezza di non farle un interrogatorio.

«Mh mh.» stava mangiando una fragola e rideva, nascondendolo senza molto successo. «Il minimo.»

«Cosa ti ridi!» poteva apparire scandalizzata, in realtà era panico. Aveva capito tutto? Glielo si leggeva in faccia che aveva fatto sesso con suo fratello? Che era una poco di buono? Ecco, il disastro.

«Fare amicizia con mio fratello è la cosa più difficile che una persona possa tentare di fare nella sua vita, a meno che non decida lui di avvicinarsi.» le stava, implicitamente, dicendo che aveva capito tutto.

Sotto quegli occhiali lei era avvampata. «Mh, boh. Non lo so. Sarà stato spinto dalle circostanze?»

«Sarà.» le sorrideva, però. Non era pronta a ucciderla, forse. Non si poteva mai sapere.

«Vado a prendere il frullato. Aspettami qui.» come liquidava Alexa Evans i discorsi, nessuno mai. Si era avvicinata e le aveva posato un bacetto sulla testolina bionda, prima di allontanarsi con il panico che aveva preso possesso di tutto il suo corpo.

Se Thomas non si sbrigava ad arrivare, lei era una donna perlopiù morta, se lo sentiva vividamente. 

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