Capitolo Due: No tomorrow
Il "molo" era un luogo isolato, nascosto tra le ombre della zona industriale che si affaccia sul fiume Han. Raggiungere questo posto significava immergersi in un labirinto di viadotti in disuso e capannoni abbandonati. La maggior parte del giorno era silenzioso e incuteva un certo timore, ma di notte lo scroscio dell'acqua sopperisce sotto il rombo emesso dai motori da corsa. Yoongi pensò di non aver visto mai nulla di più squallido in vita sua nel momento esatto in cui aveva messo piede fuori dal taxi e si era ritrovato nel nulla più totale. Inizialmente, non riusciva a capire da dove provenissero tutti quei rumori ma poi un paio di ragazzi spuntarono da una serie di container arrugginiti e dunque prese a camminare in quella direzione. Infatti, l'ingresso era nascosto proprio dietro di essi e fu facile intuire il motivo di tanta segretezza: una volta dentro, si apriva un vasto spazio aperto circondato da recinzioni arrugginite e graffiti sbiaditi. Il terreno era irregolare e sporco, con tracce di quello che sembrava essere olio che macchiavano il pavimento. Il chiarore fioco dei lampioni creava un'atmosfera surreale, con ombre e luci che si alternavano, allungandosi per poi accorciarsi ad ogni movimento. Sembrava quasi come se fosse appena entrato dalle porte dell'inferno e quelle sulle mura fossero le anime dei dannati che si dimenavano nella loro lenta e costante agonia. Sospirò, facendo qualche altro passo sul terriccio, guardandosi intorno. Al centro dell'arena si trovava un'enorme pista da corsa, una lunga striscia di asfalto sporco e segnato dalle impronte delle gomme. C'era un gruppo di ragazzi riunito attorno alla linea di partenza, accalcandosi intorno alla pista, intenti a scommettere su chi avrebbe vinto, sventolando banconote e varie carte da gioco di cui Yoongi non capì l'utilizzo. Il tutto circondato da tre auto da corsa che si stavano sfidando in quella che ai suoi occhi era una gara con molteplici potenzialità di finire in tragedia.
Yoongi cercò di scrutare la folla, alla ricerca di Jimin, ma gli era difficile riuscire anche solo a distinguere due corpi da uno solo in quel momento. Si avvicinò a quella che sembrava essere una zona perimetrata. Questo spazio era situato strategicamente accanto alla linea di partenza, con una vista privilegiata sulla pista e sulle auto che sfrecciavano a tutta velocità. C'erano alcuni divani e poltrone imbottiti, sparsi lungo il perimetro; luci al neon colorate che regalavano un'area da club esclusivo all'ambiente. Al centro della zona si ergeva un piccolo palco dove era montato un dj-set, gestito da una ragazza bruna con enormi occhiali neri posati sul suo piccolo naso adunco. Un banco bar era posizionato al limite sinistro del quadrato, e al centro c'era una folla di ragazzini intenti a ballare, mentre altri prestavano attenzione alla gara che si stava svolgendo immediatamente sotto di loro. Un luogo vibrante e pieno di energia, dove l'adrenalina delle corse si fonde con il divertimento della musica e del ballo: praticamente tutto quello che poteva mettere in pericolo il suo cliente.
L'ansia e la preoccupazione presero possesso del suo stomaco ma cercò di rimanere calmo e lucido. Si fece spazio tra la folla a gomitate, arrivando vicino ad uno dei divanetti dove gli parve di vedere un viso familiare. Si accigliò, avvicinandosi al ragazzo seduto sul cuscino imbottito mentre ridacchiava in compagnia di quelli che parvero essere suoi amici.
«Hoseok!» lo chiamò con il suo nome, avvicinandosi a grandi falcate al tavolino basso davanti a lui, guardandolo con rabbia e apprensione. Il moro si voltò di scatto verso quella voce così alta da sovrastare persino il volume assordante della musica che ronzava nell'aria. I suoi occhi si sgranarono nel riconoscere la nuova guardia del corpo del suo migliore amico. "Cazzo" fu l'unica cosa che riuscì a pensare in quella situazione, alzandosi di scatto dal divanetto. Non riuscì a dire niente che fu subito interrotto dal corvino.
«Dove si trova?» disse solo, tenendo i suoi occhi pieni di ira e collera incollati ai suoi.
«I-io...» balbettò in risposta Hoseok, deglutendo rumorosamente, guardandosi intorno, cercando di trovare una via di fuga da quella situazione.
«DOV'È?» urlò ancora Yoongi, stringendo i pugni con talmente tanta forza da sbiancarsi le nocche. Il ragazzo sembrò andare ancora di più nel panico, spostando lo sguardo su una SF90 verde petrolio che sfrecciava lungo la pista, inserendosi in una curva spericolata, virando con un esperto testa a coda che fece girare lo stomaco al maggiore non appena seguì lo sguardo del più piccolo, raggiungendo la testolina bruna di Jimin che sbucava dal parabrezza. Era completamente impazzito?
«Ma siete fuori di testa?» urlò Yoongi al ragazzo con gli occhi completamente sgranati. «È minorenne! Non potrebbe neanche salirci su quella cazzo di macchina!» Non lasciò neanche il tempo ad Hoseok di rispondere che si lanciò verso la pista da corsa, facendosi spazio per poter raggiungere le transenne che lo dividevano dall'asfalto. Un paio di ragazzi continuavano a sventolare una carta da gioco con delle banconote, facendolo accigliare, confuso su cosa stesse accadendo lì, ma decise che in quel momento, capire cosa fosse tutto quello era l'ultimo dei suoi problemi: doveva tirare via da lì Jimin immediatamente. Non poteva interrompere la corsa, questo era poco ma sicuro, quindi si vedette costretto ad aspettare e sperare che finisse il prima possibile. Osservò con occhi ricolmi di rabbia quell'involucro di metallo che sfrecciava sull'asfalto quasi non toccasse terra. Quando aveva accettato quell'incarico non si sarebbe mai aspettato di ritrovarsi in una situazione del genere. Insomma: era un ragazzino! Come poteva immaginare che il figlio di un ministro potesse essere immischiato in quella che sembrava a tutti gli effetti una congrega clandestina?
Il suo cervello lavorava a 400 km/h manco fosse una di quelle auto da corsa in gara, cercando di metabolizzare tutte quelle informazioni e di rimanere lucido per poter risolvere al più presto quella situazione. Il suo respiro si fermò non appena una bandierina rossa fu alzata in aria, segnando la fine della gara. Tutte e tre le auto avevano sorpassato la linea di partenza e si erano fermate a qualche metro da essa. Gli occhi del corvino erano dritti sulla SF90 dalla quale, qualche secondo dopo, uscì uno Jimin entusiasta della sua vittoria, avvicinandosi al banco posizionato al margine della pista che gli porse un rotolo di banconote.
«La vittoria se l'aggiudica ancora una volta la regina di cuori! Ormai il suo è un record con ben 19 vittorie consecutive!» all'udire di quel numero, Yoongi non potette far a meno di sgranare gli occhi. Aveva rischiato la vita 19 volte!? E suo padre non ne sapeva assolutamente niente!?
Lo seguì con lo sguardo, mentre il ragazzo si avvicinava ad un tipo con indosso una canotta nera che prelevò i soldi dalle sue mani, regalandogli un baciamano che voleva risultare galante ma che agli occhi di Yoongi era sembrato viscido e adulatore. Non attese altro e scavalcò le transenne con un salto agile, raggiungendo il ragazzo con grandi falcate, afferrandogli il polso e tirandolo verso di sé. Jimin sussultò, pronto ad imprecare contro chiunque fosse stato, finché non incrociò gli occhi con quelli del maggiore, spalancandoli come se avesse appena visto un fantasma. «Tu che ci fai qui?» chiese sconvolto. Come aveva fatto a trovarlo? Era sicuro che nessuno lo stesse seguendo e poi si era accertato che tutti fossero a dormire prima di uscire. Che lo stesse sorvegliando a sua insaputa?
«Potrei farti la stessa domanda» disse serio la guardia del corpo, prima di tirarlo via, cercando di farsi spazio tra la folla. Il moro lo seguì, ancora troppo intontito dalla sua vista, prima di puntare i piedi a terra e divincolarsi dalla sua forte presa, guardandolo arrabbiato, quasi fosse lui la persona ad aver subito un torto dall'altro. «Mollami e tornatene a casa!»
«Tu sei pazzo se pensi che ti lasci qui un minuto di più» disse stringendo i denti Yoongi, voltandosi a guardarlo dritto negli occhi. Aveva istantaneamente incominciato a darle del tu, era fin troppo arrabbiato per preoccuparsi dei formalismi. «Ringrazia che non chiami la polizia» aggiunse, riprendendogli il polso e costringendolo ad uscire fuori, ritornando nello spiazzale deserto sul quale era arrivato. Ma ancora una volta il più piccolo riuscì a liberarsi dalla sua presa, grugnendo per la frustrazione. «Quando capirete che non sono un bambino e che posso badare a me stesso!?» chiese ad alta voce, con tono intriso di rabbia repressa.
«Questo lo chiami badare a te stesso!? Sfrecciare a duecento chilometri orari su una pista clandestina è badare a te stesso?» gli chiese furioso Yoongi, prima di sospirare e passarsi una mano tra i capelli. «Tu forse non lo capisci, ma la mia responsabilità è assicurarmi che tu sia al sicuro. È questo il mio lavoro e quello che ho appena visto là dentro è tutto tranne che sicuro Jimin!»
«Ma io non ho mai chiesto di esserlo!» Rispose con la stessa rabbia il più piccolo, stringendo i pugni lungo i propri fianchi. «Voglio poter essere me stesso senza alcun tipo di controllo, riesci a capirlo questo, si o no?»
«Tu pensi che questo sia essere libero?» disse scuotendo il capo Yoongi, prima di alzare gli occhi al cielo, sorridendo ironico. «Mi sa che hai un concetto contorto di libertà».
Jimin scoppiò a ridere, voltando il capo a guardare le luci dei lampioni risplendere di vita propria sull'acqua, danzando con essa. Aveva sempre desiderato di essere una di quelle sfere brillanti che viaggiavano alla velocità più alta che si potesse raggiungere... senza controllo.
«Sì... sicuramente abbiamo due concetti diversi di libertà» gli rispose, tornando a guardarlo negli occhi. Rimasero a fissarsi nelle iridi per qualche secondo, riflettendo entrambi sulla loro idea personale di quello che significava essere liberi e su quanto fosse distante da quella dell'altro. La libertà... un concetto così ampio, così intangibile, eppure così essenziale per l'essere umano. È la possibilità di scegliere, di agire secondo la propria volontà, senza costrizioni esterne. Ma infondo... quanto si poteva essere effettivamente liberi? Ci troviamo intrappolati in una rete di doveri, aspettative, e convenzioni sociali. La società ci impone limiti, regole da seguire, ruoli da interpretare. Ma la vera libertà non sta nell'assenza di regole, bensì nella capacità di scegliere come rispondere ad esse. Probabilmente quello era il modo di reagire di Jimin che d'altro canto pensava che essere liberi significasse non solo avere il diritto di esprimere le proprie opinioni, ma anche il coraggio di farlo. Significava non essere schiavi delle nostre paure, dei nostri pregiudizi, delle nostre abitudini. Voleva dire poter seguire il proprio istinto. Ma fino a che punto?
«Lo capisco...» disse Yoongi ad un certo punto, prendendo alla sprovvista Jimin che schiuse le labbra, rimanendo in silenzio per qualche secondo, prima di chiedere. «Che cosa capisci?»
«Capisco che questo è il tuo modo per evadere... anche se ancora non so da cosa scappi. Ma la libertà è anche responsabilità. È la consapevolezza che le nostre azioni hanno delle conseguenze, e che dobbiamo accettarle, per quanto siano scomode».
Il più piccolo sorrise, scuotendo il capo, guardandolo dritto nelle iridi, come se avesse appena raccontato una barzelletta che gli era risultata molto divertente. «Tu non sai proprio niente invece... In questo mondo... nel mio mondo... la libertà diventa una sfida. Ma è una sfida che vale la pena affrontare. Perché senza libertà non c'è progresso, non c'è speranza, non c'è vita. E io, per quanto difficile possa essere, scelgo di essere libero».
Quelle parole colpirono il maggiore dritto nel segno, facendolo indietreggiare di qualche passo, prima di prendere un grosso respiro e avvicinarsi a lui, afferrandogli la mano con fare rassicurante. «Jimin... torniamo a casa. Giuro che non dirò nulla a tuo padre... ma devi permettermi di proteggerti» disse Yoongi serio, accarezzandogli la pelle con fare paterno.
«Non mi serve la tua protezione se significa tenermi segregato in quella casa» continuò il più piccolo, scuotendo il capo, osservando le sue dita attorno al suo polso, prima di tirarlo via dalla sua presa, iniziando ad incamminarsi verso la strada, stringendosi nelle proprie spalle. Yoongi prese un grosso respiro, voltandosi a guardarlo, rimanendo ad osservare la sua schiena per pochi secondi, prima di iniziare a camminare dietro di lui, premurandosi di lasciare 5 passi di distanza tra loro, in segno di comprensione. Tenne gli occhi su di lui per tutto il tempo, con le mani in tasca. Aveva la camicia sbottonata sul collo e tenuta fuori dai pantaloni neri, segno della fretta che aveva avuto nel vestirsi. Ancora non poteva credere a quello che era accaduto. Gli pareva di essere stato catapultato in un romanzo per ragazzine, era tutto così surreale che quasi pensò di stare ancora dormendo. Il lato positivo di tutta quella situazione era che aveva capito che non poteva sottovalutare Jimin e che il ragazzo era immischiato in qualcosa di molto più grande di lui, solo che ancora doveva rendersene conto. Ciò significava che il suo compito sarebbe stato decisamente più arduo del previsto. Doveva rafforzare i controlli su di lui, nonostante sapesse che fosse l'ultima cosa che il ragazzo desiderava ma di certo non poteva lasciare che corresse quel tipo di pericoli mentre era sotto la sua protezione. Se fosse successo qualcosa la responsabilità sarebbe ricaduta tutta su di lui e non poteva assolutamente permettere che accadesse qualcosa al ragazzo.
Arrivati in camera del più piccolo, si chiusero la porta alle spalle e il maggiore parve prendere un sospiro di sollievo. Ora che il suo problema principale era risolto, erano rimaste tante domande senza risposta che desiderava porre al minore. In più, bisognava mettere le cose in chiaro perché quella doveva essere la prima e l'ultima volta che lo andava a recuperare. Si sedette sulla poltrona in pelle, poggiando il capo su di essa, passandosi entrambe le mani sulle tempie.
«Adesso... vuoi spiegarmi che cos'era quello che ho visto?» chiese d'un tratto, prendendo un respiro ricolmo di pazienza.
«Non c'è bisogno che ti spieghi niente» disse mentre si spogliava senza alcuna vergogna, dando le spalle all'uomo che tenne gli occhi su di lui, percorrendo la linea dei suoi fianchi, prima di distogliere lo sguardo e puntarlo fuori dalla finestra.
«Quel tipo ti ha chiamato regina di cuori. Che significa?» continuò, anche se aveva l'impressione che sarebbe stato molto difficile tirare fuori qualche informazione dal ragazzo che sembrava ancora profondamente in collera nei suoi confronti.
Il più piccolo continuò a fare silenzio, mentre si infilava una camicia da notte, andando poi a sedersi davanti la sua toletta per struccarsi e dedicarsi alla sua skin-care serale.
«Jimin...» lo chiamò ancora Yoongi, chiudendo gli occhi e sbuffando appena irritato. «Sto cercando di mantenere la calma, credimi. Ma ti ho trovato alla guida di un'auto da corsa e non hai manco 18 anni. Penso di meritarmi uno straccio di spiegazione no?»
«Non sono affari tuoi. A questo ci arrivi?» chiese stizzito il minore, tenendo gli occhi sul proprio riflesso mentre si detergeva il viso.
Il corvino sospirò, alzandosi e avvicinandosi alla parete dove era sistemata la toletta, poggiandosi con una spalla contro di essa, prendendo ad osservare le varie polaroid che erano appese con uno spago e delle puntine inchiodate nell'intonaco. Rappresentavano momenti diversi; eppure, riuscì ad intuire che la mano che le aveva scattate fosse la stessa. «Le hai scattate tu?» chiese dunque, provando ad intraprendere un'altra conversazione per metterlo a suo agio.
Gli occhi del più piccolo si alzarono per raggiungere le varie foto appese al muro, prima di tornare a prestare attenzione al proprio riflesso. «Sì».
«Dove?» chiese ancora il più grande, continuando ad osservarle una ad una.
«Ovunque trovassi qualcosa di tanto bello da essere immortalato» continuò il moro, prendendo a sistemare tutti i prodotti che aveva utilizzato. L'altro annuì a quella risposta, soffermandosi su una raffigurazione di un ragazzo di spalle con addosso una canotta bianca. «Anche questa l'hai fatta tu?» la indicò con il dito, spostando poi le iridi sull'altro.
«Anche quella» rispose secco il minore, alzandosi dallo sgabello e dirigendosi verso il proprio letto.
«Sono splendide» ammise il maggiore, sospirando appena. «Dovresti sfruttare questo talento».
«Certo» disse ironico Jimin, infilandosi sotto le coperte, puntando gli occhi su di lui. «Se hai finito di sparare cazzate, puoi tornare a dormire».
«Pensi sia una cazzata?» continuò Yoongi, ignorando l'ultima parte della sua frase.
«Se pensassi che fosse una cazzata non lo farei neanche no?»
«E allora perché lo fai?» si accigliò appena il corvino, avanzando di qualche passo verso il suo letto.
«Perché mi piace pensare di catturare istanti di vita e trasformarli in ricordi tangibili... una sorta di... arte che racconta storie senza usare parole» rispose sinceramente l'altro, mettendosi steso sul fianco.
«E le corse? Perché?» provo a chiedere più cautamente, corrucciando appena la fronte, più curioso che effettivamente preoccupato.
«Mi danno la sensazione che non ci sia un domani per cui vivere...» sussurrò il più piccolo, tenendo gli occhi davanti a sé. «Come se non dovessi più preoccuparmi di nulla».
Il corvino ascoltò attentamente le parole di Jimin, cercando di cogliere il significato più profondo dietro le sue azioni e le sue passioni. C'era qualcosa di struggente nella sua risposta, qualcosa che toccava corde sensibili dentro di lui. Si avvicinò ancora di più al letto del più giovane, lo sguardo intriso di comprensione. «Per non pensare...» sussurrò appena «come a voler tenere in pugno quell'attimo di felicità... come una fotografia».
«Esatto... È come se tutti i problemi e le preoccupazioni si dissolvessero nel momento in cui inizio a correre. È solo il battito del cuore, il respiro che si mescola con l'aria fredda, il suono del motore... È liberatorio» sospirò il minore, tornando a guardare lui.
Yoongi capiva quello che intendeva ma di certo non poteva lasciare che rischiasse la vita in quel modo. «Resta comunque rischioso Jimin e in più non mi piace che tu scappi via così...».
«Se ti avessi detto dove ero diretto, tu mi avresti lasciato andare?» chiese allora il minore.
Il maggiore sospirò, abbassando il capo, passandosi una mano tra i capelli. «Probabilmente no» rispose sincero, facendo annuire il più piccolo che sorrise sarcastico. «Penso che possiamo concludere qui la conversazione» aggiunse dunque, voltandosi nel letto, in modo da dargli le spalle, lasciandolo in piedi ad osservarlo. Yoongi annuì, prendendo un grosso sospiro arreso, prima di andare a chiudere la finestra per bene per poi dirigersi di nuovo nella sua stanza. Quella sera aveva conosciuto un altro lato di Jimin; aveva visto quella che da quel momento in poi sarebbe stata la sua realtà, anche perché sospettava che ci fosse di più in tutta quella situazione. C'erano ancora troppe domande senza risposta che gli vorticavano nel cervello e il fatto che con probabilità avrebbe dovuto ricorrere a terzi per ottenere le informazioni che gli servivano era ormai chiaro. Jimin non aveva alcuna intenzione di dirgli qualcosa e lui doveva imparare a conoscere il nemico per poterlo combattere. Ma infondo... aveva anche la consapevolezza che per il ragazzo quello fosse un modo per sentirsi sé stesso... lo aveva visto quasi fragile mentre si apriva un po' con lui. Aveva quasi avuto voglia di abbracciarlo in quel momento e si rese subito conto che non andava affatto bene. Non poteva avvicinarsi sentimentalmente a lui o avrebbe rischiato di rappresentare egli stesso un pericolo per il minore. Lo avrebbe tenuto alla larga da quel mondo...
tanto quanto lo avrebbe tenuto lontano da sé stesso.
Angolo autrice:
Ed eccoci qui con il secondo capitolo! Mi scuso enormemente per l'attesa ma ho avuto una lunga sessione invernale, seguita dalla laurea di mia sorella e feste varie, per di più il mio. blocco mi ha reso molto difficile la stesura di questa parte. Devo infatti confessarvi che non mi convince affatto il risultato quindi mi aiuterebbe sapere cosa ne pensate. Se potete e volete, lasciatemi un piccolo commento, mi renderebbe molto felice <3.
Detto ciò, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Vi invito a seguire il nostro profilo IG che trovate come sempre linkato nella bio e ad ascoltare la canzone linkata nei media durante la lettura.
Cercherò di aggiornare settimanalmente, dedicandomi alla scrittura di sera dopo lo studio giornaliero. Mi scuso ancora tanto per avervi fatto attendere! Grazie mille per la pazienza che portate ogni volta e per tutto l'amore che donate a queste storie.
Alla prossima,
Stels&Co.
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