Capitolo 6 - La linea del necessario
«La perlustrazione di Villa Augusta non ha riportato nulla di anomalo.» Chloe sistemò sul tavolo i fogli che aveva staccato dal suo taccuino, accostandoli affinché mostrassero una mappatura preliminare del palazzo. Non c'erano che tratti abbozzati e scorci di stanze numerate, ma Chen-Yi si chinò per osservare più da vicino. «Le camere non presentano irregolarità e non ho trovato tracce di utilizzi recenti nei passaggi segreti che ho scoperto. Anche l'analisi dei dipendenti non ha rilevato nessuna informazione degna di nota, se non che due delle guardie sono Dotai. Entrambi sono regolarmente registrati ai Centri di Ricerca e ho inserito nel rapporto le specifiche riguardanti i loro Naru, ma da ciò che ho potuto osservare non rappresentano un problema.»
Il Senza Volto drizzò il busto, accarezzandosi il mento sotto la maschera di legno dipinto. «Un discreto esordio, tuttavia solo di questo si tratta. È tutto ciò che hai da riferirmi?»
«No, Maestro. Ho cominciato a osservare Tertius per studiare le sue abitudini e comprendere meglio la sua personalità.» Chloe liberò dai fili della rilegatura altre pagine del taccuino, disponendole con cautela in una fila ordinata. L'inchiostro le aveva rese delicate: le colonne erano fitte di logogrammi, talvolta cerchiati o evidenziati con un tratto più spesso. «Per il momento sembra corrispondere al profilo che i miei fratelli e sorelle hanno tracciato sul suo conto, ma avrò bisogno di interagire con lui di persona per darne conferma. Il mio intento è quello di avvicinarlo durante uno dei gala che organizza ogni mese, con la complicità di Xae Fei. Avrò bisogno del suo supporto per preparare una copertura adatta all'occasione.»
«La informerò oggi stesso. Quando si terrà il prossimo gala?»
«Tra due giorni, ma sarebbe prematuro muoversi adesso. Vorrei avere la possibilità di assistere ad almeno due o tre di questi eventi prima di partecipare» disse Chloe. Non aveva bisogno di sollevare il capo per sapere che Chen-Yi aveva indurito lo sguardo: poteva sentire addosso quella pressione, quell'ostilità silente che scivolava sulla sua pelle come una lama pronta a incidere. «Se il primo approccio non dovesse andare a buon fine, potrei non avere una seconda occasione di entrare nelle sue simpatie. Credo che procedere con prudenza sia la scelta migliore. Per allora avrò padroneggiato la mia copertura e avrò ottenuto informazioni necessarie per comprendere quali sono i punti deboli di Tertius e quali leve utilizzare per guadagnare la sua fiducia, così da ridurre al minimo le possibilità di errore.»
Incrociare gli occhi di Chen-Yi era come premere la gola contro una punta acuminata, ma Chloe lo fece comunque. Il suo mentore restò a fissarla con un lungo mugolio pensoso, poi abbassò lo sguardo e raccolse le mani al grembo, celandole nelle ampie maniche del chang pao scuro. «E sia. Riceverai informazioni da Xae Fei appena possibile. Nel frattempo...»
«... nel frattempo sto analizzando le conoscenze di Tertius, dai suoi amici più stretti ai suoi collaboratori e avversari politici» lo interruppe Chloe, reprimendo l'istinto di allungare un sorriso tronfio mentre adagiava altri fogli sul tavolo. Se il suo mentore stava cercando un qualche spiraglio per ammonirla, non l'avrebbe trovato. «Il suo legame con Georgette LeFevbre, ad esempio, è singolare: non sembrano esserci accordi tra le famiglie, ma ho motivo di credere che la loro non sia una relazione fondata sull'amore disinteressato... Non da parte di Tertius, quantomeno. È facile intuire il reale motivo del suo interesse: la popolarità e l'influenza di Georgette sui cittadini hanno giocato un ruolo cruciale durante la campagna elettorale. Se il suo supporto venisse a mancare, l'ascesa politica dell'ex principe ne risentirebbe e i simpatizzanti dell'ideologia imperiale potrebbero diminuire.»
Chen-Yi allungò lo sguardo a scrutare le scritte che si inseguivano tra le pagine, poi annuì. «La conclusione del loro fidanzamento è auspicabile, ma attenta a non interferire troppo. È opportuno impedire che Tertius guadagni eccessivo potere, ma la sua carriera non dev'essere distrutta»
«Non temere, Maestro. Agirò con discrezione.»
«Riferirò alla Madre quanto ci siamo detti. Attendo un rapporto completo entro domani sera.»
Chen-Yi liberò le mani dalle stoffe per unirle nel simbolo di preghiera e saluto, ma Chloe attese a replicarlo. Si mordicchiò invece il labbro inferiore mentre correva con lo sguardo su un secondo taccuino, rimasto chiuso sul tavolo.
«C'è dell'altro, anche se non è direttamente collegato alle mie mansioni» sussurrò, sfiorando la copertina rosata con le dita. «Ho recentemente avuto modo di acquisire nuove informazioni sui Naru e sui Dotai. Sono teorie non confermate, ma le ritengo meritevoli di attenzione. Potrebbero essere utili per comprendere la reale natura del malessere provocato da Maelstrom.»
Chen-Yi si accigliò. «La reale natura?»
«E se non fosse la dimensione degli Dèi?» Chloe sciolse il nodo con cui aveva legato i fili di cotone, liberando le pagine dall'intreccio. L'inchiostro tracciava i segni dell'alfabeto sayfano lungo righe orizzontali, mescolando la grafia rotonda di Chloe a quella più piccola e rigida di Brycen. «Alcuni Naru sono connessi tra loro, legati indissolubilmente. Ci sono diversi esempi conosciuti, ma se alcuni sono collegamenti ovvi altri non si notano facilmente. Molti sono rimasti sconosciuti per anni, e qualcuno sostiene che ce ne siano altri che tutt'ora non sono noti. Se Maelstrom fosse connesso a un altro Naru e capissi qual è il modo in cui interagiscono tra loro, allora potrei—»
«Kiyoko.» Il Senza Volto attraversò il tavolo, fermandosi di fronte a lei. Le sue gambe non si erano mosse e così le sue vesti, mantenendo immutate le ombre proiettate sul suo profilo. «Intendi dire che quanto ho affermato sia falso?»
Chloe deglutì. «Certo che no, Maestro.»
«Eppure è ciò che traspare dalle tue dichiarazioni. Sono deluso, Kiyoko. Ti ho insegnato a scegliere con precisione le tue parole, dovresti essere in grado di esprimerti senza creare fraintendimenti. Riprova, dunque.»
"Qualunque cosa dirò non andrà bene" comprese Chloe.
Chen-Yi usava spesso quel trucco, quand'era bambina: le offriva una via di fuga solo per spingerla a ritrattare. A volte Chloe non capiva neppure perché il suo mentore giudicasse sbagliato ciò che aveva detto o fatto, si limitava a cogliere gli indizi sul suo errore e modificare la risposta perché diventasse accettabile. Così, quando Chen-Yi mostrava approvazione, a Chloe sembrava di aver avuto successo pur avendo perso la discussione.
Inspirò ed espirò lentamente, concentrandosi sul suo respiro. Non era più una bambina; ora riconosceva quei trucchi, perciò poteva aggirarli.
«Chiedo perdono, Maestro.» Chloe si inchinò, facendo scivolare i capelli azzurri ai lati del viso. «Hai detto che la tua era una supposizione, perciò ho pensato che ci fosse spazio per cercare una conferma. Se mi avessi dato certezza non avrei mai dubitato, ma hai detto che era una teoria.»
«Ricordi le esatte parole che ho usato, Kiyoko?»
«L'ipotesi è che i portali attraversino la dimensione degli Dèi, il luogo dove Edoi e Hun esistono nelle loro essenze più pure. Non è un luogo in cui l'uomo può sopravvivere: vita e morte si fondono, gli opposti coesistono nel paradosso dell'irreale esistenza. Se usassi troppo il mio Naru, la mia anima resterebbe bloccata nel limbo della non-vita per l'eternità.»
Chen-Yi annuì, facendole cenno di alzare il capo. Quand'era così vicino Chloe riusciva a vedere i suoi occhi rossi brillare dietro la maschera. Quelli veri non erano così vividi, ma i colori della sua proiezione risultavano più luminosi, rendendo il suo sguardo perforante.
«Dimentichi qualcosa. Come ho definito quest'ipotesi?»
«Un mistero di fede.»
«Un mistero di fede» ripeté Chen-Yi, scandendo ogni sillaba. «Parole scelte con precisione, come ti ho insegnato. Un mistero di fede non è qualcosa che va svelato, seppure la sua natura rimanga incerta e incomprensibile. Affinché l'ordine sia mantenuto, ogni concetto deve conservare la sua precisa identità. La fede non va confermata o smentita, perché allora smetterebbe di essere tale. Se questo concetto fosse errato, gli Dèi ci avrebbero lasciato concrete prove della loro esistenza. Se questo concetto fosse errato, allora ogni cosa perderebbe di significato.»
«Non sto mettendo in dubbio la mia fede» si affrettò a replicare Chloe, faticando a sostenere il suo sguardo.
Qualcosa era scivolato nel suo petto mentre parlava, fermandosi al centro dello stomaco. Crepitava come piccoli sassi che rotolavano giù da un pendio. Non erano che frammenti, così insignificanti che non li aveva sentiti sgretolarsi, ma ora si ammassavano sul letto del fiume e affaticavano lo scorrere del suo respiro.
Non era una menzogna. La sua fede negli Dèi non stava vacillando, non aveva niente a che fare con questo. Ma allora perché sentiva quel latente senso di colpa erodere sempre più la sua anima? Perché provava l'angoscia di aver commesso un errore da cui era impossibile fuggire?
«Rammenta, Kiyoko: gli Dèi ci osservano. Leggono la verità nei nostri cuori e conoscono le nostre anime più di noi stessi» disse Chen-Yi, ammorbidendo il tono. Persino i suoi occhi si erano spenti, e il rosso non sembrava più così acceso. Era stata solo la sua impressione? «L'argomento è chiuso. Abbandona queste ricerche. Le tue intenzioni erano buone, ma non è necessario porsi domande. Hai già avuto la tua risposta. Se la tua fede in Edoi e Hun è sincera, allora sarai in grado di accettarla.»
«Sì, maestro.»
Chen-Yi la fissò per qualche istante, poi unì le mani in saluto e lasciò svanire la sua proiezione in un soffio d'aria.
"Ho già avuto la mia risposta" ripetè Chloe, gettando fuori l'aria in un soffio pesante. "Ma lui come l'ha ottenuta? Solo la Madre e il Padre parlano in vece degli Dèi."
Chloe scosse il capo, scacciando quelle domande. Erano pericolose: mettere in discussione le parole del suo mentore sarebbe stato come mettere in discussione se stessa, la sua devozione, la sua intera esistenza.
E non poteva permetterselo.
***
La Corte di Andromeda si riuniva in un antico palazzo che Lorenzo aveva trasformato nel suo regno, dominato dal color porpora della tappezzeria in contrasto con la tonalità avorio delle pareti. Le ampie sale seguivano lo stile imperiale di Hedea, con forme sinuose arricchite da decorazioni dorate. Non erano sontuose come quelle di Villa Augusta, ma sfoggiavano un'opulenza che traballava sul limite del decoro, minacciando di sconfinare nel pacchiano. Chloe non aveva mai compreso come qualcuno potesse associare una simile accozzaglia di metalli lucenti e pitture alla magnificenza. Più si guardava attorno e più sentiva la mancanza delle linee semplici e armoniche dell'architettura jiyana, che non aveva bisogno di altri ornamenti se non quelli offerti dalla natura.
Lorenzo si definiva un mecenate e scopritore di talenti, perciò il palazzo straripava di opere d'arte. Il salotto in cui scortò lei e Brycen era dedicato alla pittura: le pareti erano rivestite da quadri e un immenso affresco abbelliva il soffitto, raffigurando alcuni Angeli avvolti dalla luce – Serafini, a giudicare dal numero di ali. Attorno a un tappeto dal tipico intreccio verlatiano orbitavano numerose teche a protezione di piccoli cimeli, e in fondo alla sala spiccava un pianoforte a coda bianco. Chloe avrebbe voluto osservarlo più da vicino, ma l'attenzione si fermò sui presenti. Su divani e poltrone sedevano uomini e donne ben vestiti le cui età oscillavano tra i trenta e i sessant'anni, che animavano la sala con le loro chiacchiere. Era presto per definire chi tra loro fosse un ex nobile, ma i completi pregiati e le posture distinte suggerivano l'appartenenza a uno strato sociale molto più alto del suo. La sua sola presenza risultava fuori posto, sebbene avesse scelto l'abito più elegante tra quelli in suo possesso - o quantomeno tra quelli che una semplice barista come Chloe poteva permettersi. Quel tubino verde smeraldo aveva uno spacco troppo alto per una serata galante, però le piaceva. Le metteva in risalto le gambe, se soltanto Brycen si fosse concesso di abbassare lo sguardo per accorgersene.
«... così è stato dichiarato da Herbert Joinen, pertanto non avrebbe motivo d'essere altrimenti.»
Chloe si voltò verso l'uomo corpulento che aveva appena concluso il suo discorso. Ignorava quale fosse il tema della discussione, ma i partecipanti ne erano così rapiti che solo alcuni avevano notato il loro ingresso, rivolgendo a Brycen un cenno di saluto.
Chloe puntò allora lo sguardo su Lorenzo, cui spettava il compito di introdurli, invece Brycen la superò per raggiungere il centro della stanza.
«Parliamo dello stesso Joinen che sosteneva l'ereditarietà genetica dei Naru contro ogni possibile prova scientifica, Leandro?»
L'uomo borbottò in risposta, portando alle labbra il sigaro consumato a metà che reggeva tra le dita. «Lo dici come se fosse un'assurdità, ma è altrettanto vero che l'incompatibilità tra i kautiani e la manifestazione di Naru è di fatto legata a un gene di tipo dominante. Joinen lo teorizzò ancor prima che il Dottor Norbait si applicasse negli studi che confermarono la sua ipotesi.»
«Non è mia intenzione negare i suoi successi, ma è altrettanto necessario riconoscere i suoi fallimenti» disse Brycen, sollevando le mani in un lento gesticolio. Il suo tono era alto e deciso, e non mostrò cenni di disagio persino quando tutti gli sguardi si spostarono su di lui: dove aveva raccolto quella sfrontatezza? «Riconosco che Joinen sia stato un grande luminare nel suo campo, oltre che un pensatore dal sottile ingegno.Tuttavia, il fatto che alcune delle sue teorie si siano rivelate corrette non implica che ogni sua affermazione sia valida a prescindere. Molte altre sono state smentite e ritrattate, per non parlare di alcune sue idee al limite dell'assurdità.»
«E con ciò?» chiese Leandro, schioccando la lingua contro il palato. «Vorresti forse affermare che una dichiarazione debba considerarsi invalida solo in merito alla sua paternità? Credevo concordassimo che ogni asserzione sia vera o falsa per se stessa e per il contesto in cui si determina, non per l'autorevolezza di chi la espone.»
«Corretto.» Il sorriso di Brycen si allungò. «Pertanto comprenderai perché nessun nome, per quanto prestigioso, possa fregiarsi il vanto di essere considerato di per sé un'efficiente argomentazione.»
Leandro sollevò le braccia in segno di resa e solo allora i presenti si alzarono per rivolgere saluti più appropriati, con vigorose strette di mano e baci sulle guance. Chloe attese che fosse Brycen a presentarla, mostrando riverenza di fronte ai vecchi titoli nobiliari quando venivano espressi. Sfoggiò il più gradevole dei suoi sorrisi mentre ascoltava gli immancabili commenti sulla sua provenienza. I sayfani erano affascinati da Jiyu, ma ne avevano una visione stereotipata e distorta che risultava difficile da digerire. L'Ordine lo considerava positivo, poiché rendeva facile infiltrare i suoi membri e manipolare i cittadini a proprio vantaggio, ma Chloe provava sentimenti contrastanti al riguardo. Di rado si era trovata in difficoltà a causa del suo aspetto, ma era altrettanto difficile interagire con qualcuno che non vedesse prima la jiyana e poi lei.
Così inghiottì il suo fastidio e rispose con educazione a chi si stupiva di non vederle addosso un abito tradizionale, a chi le chiedeva perché avesse un nome di origine dunier o a chi si esibiva in riproduzioni più o meno maldestre dei saluti jiyani. Non era lì per studiarli, ma si assicurò di suscitare una buona impressione. Avere conoscenze in simili ambienti poteva sempre tornare utile.
Brycen si sedette su uno dei divani ancora vuoti e Chloe prese posto al suo fianco, stringendosi a lui mentre Lorenzo introduceva un nuovo argomento per riaccendere la discussione.
«Non mi avevi detto di saper essere così sfacciato, professore» gli sussurrò all'orecchio, lasciando scivolare giù la stoffa dell'abito mentre accavallava le gambe.
Lui soffiò una risata leggera e pregna di imbarazzo, sistemando oltre la spalla la coda bassa in cui teneva sempre raccolti i capelli. «Ho solo esposto il mio punto di vista, d'altronde è per questo che siamo qui. Non esitare a intervenire: qualunque commento è ben accetto, che provenga dal padrone di casa o dalla nuova arrivata.»
Chloe allungò il sorriso, lieta di accogliere quel consiglio mentre il dibattito proseguiva. A volte prendeva parola per chiedere spiegazioni più approfondite, altre volte stuzzicava i partecipanti con provocazioni che nascondeva dietro a un'apparente ingenuità, curiosa di vedere come avrebbero reagito. I suoi tentativi però non attecchirono come si aspettava. Alla Corte di Andromeda non erano le persone che venivano giudicate, ma gli argomenti e le idee. La forza delle loro argomentazioni portava avanti il dialogo e nessuno si preoccupava di chi fossero i vincitori o i vinti. Era solo il gioco a contare – la condivisione, la retorica, la sfida.
E Brycen sapeva come giocare. Se in un primo momento la sua attenzione era focalizzata su di lei, ben presto lo scambio di idee lo assorbì del tutto. Nel suo sguardo lampeggiava la stessa audacia con cui aveva risposto a Leandro e nella sua voce non c'era esitazione, né vergogna. Era rapido nell'elaborare risposte, sagace negli interventi, perfetto nell'esposizione. Insieme a Chloe parlava per ore e con i loro amici chiacchierava in modo più rilassato ora che il tempo aveva smussato il suo imbarazzo, ma in quel salotto Brycen mostrava fermezza e ardore senza precedenti.
Chloe smise di prestare attenzione al dibattito, incapace di distogliere lo sguardo da lui. Si ritrovò rapita dall'inebriante suono della sua voce, persa nel suo sguardo e nei sorrisi che manifestavano la sua risolutezza.
Era più forte di lei, si era sempre innamorata di persone che possedevano animi brucianti di passione: Ianteh venerava l'arte, Irene la musica, Kelay l'astrologia. Il loro entusiasmo la affascinava, aveva amato il loro fervore e poi aveva amato loro. Brycen aveva già catturato il suo interesse, era rimasta incantata dalle sue parole e dalla sua mente tanto quanto dalla sua premura e dal suo atteggiamento. Lo riteneva attraente e adorabile, ma vederlo così... Dèi, era eccitante.
Ogni volta che Brycen si voltava verso di lei per incrociare il suo sguardo, Chloe si perdeva nei suoi occhi blu come le profondità marine in cui sarebbe volentieri annegata. Avrebbe voluto sciogliergli i capelli, lasciando correre le dita tra le lunghe ciocche viola. Avrebbe voluto spogliarlo della camicia per accarezzargli il petto, sfiorare con le dita i lineamenti marcati del suo viso, baciare quelle labbra sottili che erano così invitanti quando sorrideva. Lo sorprendeva a gesticolare e si domandava come sarebbe stato sentire le sue mani gelide accarezzarla ovunque. Lo vedeva accavallare le gambe e pensava che avrebbe preferito legarsi i capelli e farsi spazio tra loro, sentendo il petto scaldarsi al pensiero di farlo venire tra le sue labbra. Lo ascoltava parlare e desiderava sentirlo sussurrare il suo nome e ansimare sul suo collo, gemendo di piacere mentre facevano l'amore in ogni angolo di quel salotto.
Non riusciva a smettere di fantasticare. Si sforzò di concentrarsi sulla discussione, ma la sua mente e il suo corpo non volevano saperne di collaborare. Il cuore scalpitava e l'eccitazione scuoteva il basso ventre, reclamando la sua attenzione in un richiamo difficile da ignorare. Era un bene che tutti fossero troppo distratti per prestarle attenzione, perché non aveva idea di quanto rivelatorio fosse il suo sguardo.
«Perdonami, temo di essermi lasciato trascinare.» Brycen lanciò una rapida occhiata al suo orologio, abbandonandosi contro lo schienale in un sospiro. «Spero che tu non ti stia annoiando.»
«No, affatto» cinguettò lei, allungando il sorriso. «Ti prego, continua. Mi stava piacendo più di quanto immagini.»
Il sospiro di sollievo di Brycen la fece sghignazzare. Le aveva rivolto uno sguardo pregno di un tale candore che faticava a crederlo possibile. Chloe era rivolta verso di lui, accasciata sullo schienale con il viso malamente sorretto dal braccio che si appoggiava alla spalliera. Pendeva dalle sue labbra e lo spogliava con lo sguardo, ma lui sembrava incapace di cogliere quegli indizi.
"Servirebbero davvero dei segnali luminosi."
Brycen la guardava con affetto e devozione, come si farebbe con il più prezioso dei tesori, ma Chloe non voleva accontentarsi di essere soltanto ammirata. Sperava di leggere qualcosa in più, nei suoi occhi: attrazione, lussuria, passione. La sua idea di amore perfetto era ben lontana da quello platonico e non si vergognava ad ammettere che bramava il suo corpo tanto quanto il suo cuore.
Forse doveva agire, invece di limitarsi ad aspettare. L'avevano addestrata perché imparasse a rendersi irresistibile, Brycen non sarebbe rimasto così cieco se avesse deciso davvero di sedurlo. Non la desiderava adesso, ma lo avrebbe fatto. Se l'avesse baciato, Chloe sapeva che non l'avrebbe mai respinta. Era troppo cortese. Troppo impreparato. Ne sarebbe rimasto sorpreso, inizialmente confuso, ma lei sapeva come cancellare quelle incertezze e stuzzicare il suo interesse latente. Era sempre stata brava in questo. L'aveva fatto così tante volte...
Hai un vero talento nel far credere alle persone che siano innamorate di te.
La voce di Chen-Yi risuonò così nitida nella sua mente che Chloe fu tentata di alzare gli occhi per cercare la figura del suo mentore. Il Senza Volto voleva congratularsi con lei quando aveva pronunciato quelle parole, eppure quel ricordo infilzava spilli sottili lungo il suo corpo. Per Kiyoko era un vantaggio, ma per Chloe...
Un brivido corse lungo la schiena, diffondendosi fino alla punta delle dita. Cos'era che legava a lei le persone che amava? Il loro affetto era sincero o frutto delle sue manipolazioni?
«Ho bisogno di sgranchirmi un po' le gambe, torno tra un attimo.»
Chloe si alzò, celando i suoi turbamenti dietro un sorriso. Era falso tanto quanto il suo nome, eppure Brycen annuì senza dubitare. E come avrebbe potuto?
Chen-Yi l'aveva addestrata bene. I suoi insegnamenti erano così radicati in lei che non avrebbe saputo distinguerli dalla sua anima. Chloe seguiva i suoi consigli o si muoveva nella direzione opposta, ma in ogni caso non faceva altro che lasciarsi condizionare dalla sua voce.
Vagò per la sala, scorrendo i dipinti con lo sguardo alla ricerca di qualcosa che riuscisse a distrarla, ma lo sfavillio dorato che attirò la sua attenzione non proveniva dalle pareti. Chloe si avvicinò al pianoforte bianco, riconoscendo all'istante le forme intricate che lo componevano. Quei bassorilievi lungo le fiancate, le decorazioni sul coperchio della cassa armonica, il disegno creato dal leggìo...
«Come volevasi dimostrare, una fanciulla con ottimi gusti.»
Lorenzo le si accostò, offrendole un bicchiere di vino frizzante che lei raccolse con un sorriso.
«È davvero meraviglioso, non ho mai visto un pianoforte così bello.» Chloe aggirò lo strumento, ammirando i fregi sulla cassa senza osare toccarli. Trovò subito quello che aveva ricopiato sul suo taccuino, selezionandolo come Aggancio; a quanto pare, avrebbe dovuto cercarne un altro.
«Non ne dubito. Ci troviamo di fronte all'Alba Aeternam, indiscusso capolavoro di Morius Ascani e quintessenza dell'arte imperiale all'apice del suo splendore. Fu commissionato dall'imperatrice Drusa nel 310, ma si racconta che la sua progettazione fu ispirata dall'Angelo Sandalphon in persona, affinché l'estetica riuscisse a catturare l'essenza stessa di una stella e il suono fosse cristallino e puro come il canto di un Serafino.» Lorenzo alzò gli occhi al soffitto, guidando lo sguardo di Chloe verso uno degli Angeli dipinti nell'affresco. Quello che doveva essere Sandalphon era raffigurato proprio sopra di loro, e sembrava rivolgere al pianoforte un sorriso ammirato e benevolo. «Mi duole tuttavia ammettere che l'esemplare che vedi non è altro che l'Auctus Lunae, una delle quattro fedeli riproduzioni esistenti. L'originale si trova tuttora a Villa Augusta, non esiste ricchezza che potrebbe convincere i Lunae a privarsi di un tale splendore. Credimi, lo so per certo.»
«Sembrerebbe essere in buone mani. Ho sentito dire che il principe Tertius ha ereditato il talento musicale della sua antenata» disse Chloe, avvicinando il bicchiere alle labbra per sorseggiare il vino. Il dolce retrogusto di melone, pesca gialla e miele le avvolse il palato, frizzando sulla lingua in una gradevole nota di freschezza.
Lorenzo rise prima di bere. «Chi l'ha detto non ha mai avuto l'occasione di sentirlo suonare, oppure il suo orecchio non è in grado di distinguere l'eccellenza dalla mediocrità.»
«È davvero così terribile?»
«Oh no, non lo definirei terribile. È impeccabile a livello tecnico, ma carente di sentimento.» Lorenzo arricciò il naso, gesticolando come a voler scacciare un insetto fastidioso. «Non partecipo a uno dei suoi gala da mesi, ma francamente dubito che sia migliorato. Per quanto talento si possa vantare, la musica è un'arte non adatta a tutti gli animi. Persino con uno strumento di tale magnificenza, la sua esecuzione è gelida come la luce lunare. L'unico brano che gli ho sentito suonare con passione è "Inno alla Vittoria".»
"Lo credo bene" pensò Chloe. "Non fa altro che suonarlo per ore."
Bevve di nuovo, scrutando Lorenzo di sottecchi. C'era una sfumatura particolare nella sua voce: non era l'invidia a infiammare il suo tono, né la superbia. Quel rancore andava oltre la mera critica, affondando nella frustrazione di un'offesa personale. Non per se stesso, ma per qualcosa che faceva altrettanto parte della sua anima.
Tra tutte le opere che le aveva mostrato, vantando il prestigio della sua collezione, l'unica che ammirava con devozione era l'Alba Aeternam. La presenza di quello strumento non era un mero capriccio di vanità, perché Lorenzo non era soltanto un estimatore d'arte.
Era anche un pianista.
Chloe tamburellò le unghie tonde sul bicchiere, allungando il sorriso. «Se dici così, sembrerebbe che tu abbia smesso di andare pur di non sentirlo suonare.»
«Potrebbe non essere un'interpretazione del tutto errata» ammise Lorenzo, soffiando una risata. «Preferisco dedicare il mio tempo ad attività più produttive di danze formali e vuoti convenevoli, è da questo desiderio che è nata la Corte di Andromeda. A tal proposito, spero sia di tuo gradimento.»
«Molto. Lo spumante è squisito e le conversazioni sono interessanti, capisco perché Brycen me ne abbia parlato così bene.» Chloe si voltò verso di lui, rivolgendogli un sorriso complice quando si accorse che la stava guardando. «Mi sarebbe piaciuto accettare prima il tuo invito, è certamente valsa l'attesa.»
Svuotò il bicchiere di ciò che rimaneva e aspettò. La chiave era nell'intonazione: l'aveva tenuta alta, creando una leggera pausa che lasciava il discorso sospeso.
Lorenzo inarcò un sopracciglio nel coglierla. «Tuttavia...?»
«Ho sempre voluto partecipare a un gala. Ho sentito dire che Villa Augusta sia splendida, un vero palazzo da fiaba! Sarebbe meraviglioso poter danzare sulle note dell'Alba Aeternam, sarei felice di trascorrere così tutta la sera.» Chloe si abbandonò a un sospiro sognante, volteggiando attorno al pianoforte. «Un suono cristallino e puro come il canto di un Serafino... Oh, mi piacerebbe ascoltarlo almeno una volta.»
«Sei fortunata, allora» Lorenzo schioccò le dita, richiamando l'attenzione di un domestico a cui consegnare il bicchiere. «Ho già menzionato che quella in mio possesso è una fedele riproduzione?»
Chloe distese le labbra. "Facile come immaginavo."
Chiedergli di suonare per lei lo sarebbe stato ancora di più, ma le domande dirette erano pericolose. Restavano più impresse. Chloe aveva imparato a dosarle con attenzione ed evitarle quando poteva, direzionando la conversazione per ottenere lo stesso risultato senza rendere palesi le sue intenzioni.
Lorenzo però non si avvicinò alla tastiera. Alzò gli occhi oltre le spalle di Chloe e il suo viso si illuminò, facendo spazio a un sorriso più ampio.
«Brycen, che meraviglioso tempismo!» esclamò mellifluo, superando Chloe per raggiungerlo. Lei lo seguì con lo sguardo, osservandolo sfiorare la schiena di Brycen per spronarlo ad avanzare. «Chloe mi ha rivelato che le farebbe un immenso piacere poter ascoltare qualcosa, e non sarei mai così crudele da privarla della possibilità. Che ne diresti di accompagnarmi in un'aria per allietare la serata?»
Chloe strabuzzò gli occhi. «Sai suonare il pianoforte?»
«L'organo, a dire il vero. Il pianoforte non esiste a Zima, sebbene si possa trovare qualche clavicembalo nelle orchestre di Skeld.» Brycen si schiarì la voce, tenendo lo sguardo basso. «I due strumenti sono tanto simili quanto differenti, ma in ogni caso non possiedo il talento che Lorenzo vorrebbe far credere. È mia sorella, la musicista. Io sarei a malapena in grado di—»
«Suvvia, accantona la modestia» lo fermò Lorenzo, poggiando una mano sul suo petto in un soffio ilare. «Ne sceglierò una che abbiamo già suonato, sono certo che Chloe ne sarà deliziata.»
Brycen farfugliò frasi inconcludenti; infine, cedette. Annuì e si lasciò guidare verso il pianoforte, prendendo posto sulla panca accanto a un soddisfatto Lorenzo. Uno dei domestici si occupò di sistemare lo spartito sul leggìo, poi le mani dei due uomini sfiorarono i tasti e tra loro calò il silenzio. Una lieve pressione delle dita bastò a far riecheggiare il suono limpido dell'Auctus Lunae nella sala, spingendo i presenti ad abbandonare ogni conversazione.
L'aria che Lorenzo aveva scelto aveva un inizio lento, ma ben presto il ritmo si fece più intenso e incalzante, facendo distendere le labbra di Chloe per l'allegria contagiosa della composizione. Il padrone di casa era il più sciolto tra i due, faceva scorrere le dita sui tasti con una tale fluidità e maestria che Chloe non riusciva a seguirne gli spostamenti e dedicava l'attenzione allo spartito solo quand'era necessario voltare pagina. A lui spettava la parte principale e il compito di occuparsi dei pedali, ma si concedeva persino il tempo di lanciare maliziosi sguardi al suo accompagnatore. Brycen, al contrario, era assorto nella sua esibizione e non staccava gli occhi dalle note che si susseguivano nel pentagramma. Le sue dita erano rigide e i passaggi incerti, ma non tanto da rovinare la melodia che andava crescendo.
Era un bene che si fosse unito a suonare. Studiare i movimenti di Lorenzo era più complicato di quanto Chloe avesse previsto, ma poteva almeno osservare quelli di Brycen. Con lui poteva persino permettersi un approccio più diretto e chiedergli di insegnarle qualcosa; sarebbe stato di certo più facile che cercare di convincere l'ex barone a farlo.
Un coro di applausi riempì la sala quando la musica volse al termine, ma Chloe si unì con un nodo alla gola. Non le piaceva il filo di pensieri che si stava intrecciando nella sua mente, eppure non poteva fermare quel domino. Sapeva che servirsi di Brycen era la scelta migliore. Sarebbe stato più rapido, efficace, sicuro.
Sbagliato.
Lo era così tanto? Chloe era davvero stupita da quel talento, ed era curiosa di saperne di più. La musica l'aveva sempre affascinata e avere un motivo per passare del tempo con Brycen la riempiva di entusiasmo. Non gli avrebbe poi chiesto molto, le serviva solo sapere come leggere uno spartito, a quali note corrispondevano i tasti, quali fossero i movimenti più basilari.
"Però hai promesso" ricordò a se stessa. "Hai detto che non avresti mentito più del necessario. Hai detto che non avresti sfruttato nessuno dei tuoi amici, che avresti tenuto separata la Tessitrice da Chloe quanto più possibile."
Ma aveva anche assicurato a Chen-Yi che avrebbe dato la priorità alla missione, e non poteva avere dubbi su quale voto avrebbe dovuto infrangere. Perciò indossò un nuovo sorriso, si accostò a Brycen per rivolgergli i suoi complimenti e spinse la linea del necessario un po' più in là, mescolando ciò che voleva sapere con ciò che le serviva sapere finché non divenne impossibile distinguerlo.
Signori, abbiamo perso Chloe xD Brycen continua a essere un adorabile cucciolo di foca che vede le farfalle, ma lei ha già le idee chiare in testa... Peccato che anche quando non c'è Chen-Yi riesca a rovinare tutto, e quando c'è... Beh, lo abbiamo visto: la questione di Maelstrom è stata bruscamente archiviata, quindi non ne sentiremo più parlare... giusto?
Intanto, alla Corte di Andromeda, Chloe comincia ad elaborare idee per la sua missione... Vedremo cosa tirerà fuori!
Chloe e Chen-Yi
Lyrics: "The Wolf" - SIAMÉS
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