Capitolo 57 - Mantenere l'equilibrio
Chloe strinse gli occhi e nascose il viso sotto il cuscino in un mugolio sofferente. Si rannicchiò tra le lenzuola, cercando di trovare un senso al mondo che le vorticava attorno, ma la testa era un agglomerato informe e dolorante che ogni raggio di luce trafiggeva con una lama rovente. Brycen faceva bene a chiudere le tende e serrare le finestre ogni notte: svegliarsi nella cupa penombra era straniante, ma più piacevole dell'accecante luminosità che l'aveva strappata al sonno con violenza. Quantomeno nel monolocale di Chloe avevano avuto l'accortezza di orientare la finestra a ovest, così il sole non poteva—
Trasalì, trattenendo il fiato. Dov'era?
Tirò su il busto e si mise a sedere – troppo in fretta. Barcollò all'indietro e si puntellò sul materasso per non cadere mentre la stanza cominciava a girare, sfumando i contorni in forme indistinte che gli occhi lacrimanti non riuscivano a mettere a fuoco. Li strofinò con le dita, pregando perché la fitta che dilaniava il cranio smettesse di tormentarla. Se schermava la luce con le mani riusciva a tenerli aperti, ma dovette concedersi un istante per riuscire a distinguere le forme.
La camera da letto in cui si trovava era sconosciuta, eppure familiare. Aveva già visto quell'aberrante griglia metallica che era la pediera del letto, ma dove? Chloe lasciò vagare lo sguardo sull'armadio posto troppo vicino al materasso, sulla carta da parati dalla trama a righe, sulla sedia nascosta da pile di vestiti ammassati... E sulla finestra dai vetri macchiati di pioggia e polvere, dietro cui si innalzavano esalazioni di fumo viola.
Roumberg. Comignoli sempre in attività, metallo a ogni angolo, appartamenti irregolari. Frammenti nitidi di ricordi le mostrarono quella stanza vista dall'esterno, uno sguardo fugace dal balcone prima di passare oltre, verso la cucina, dove si trovava...
Kolt. Quella era la sua camera, e Chloe si era svegliata nel suo letto.
Il cuore accelerò i battiti, martellando quel chiodo infilzato da una tempia all'altra. Scavò a piene mani nelle sue memorie, ma trovò solo scorci fugaci che sfumavano via prima che potesse metterli a fuoco. C'era la maschera bianca di Chen-Yi, la sua voce piena che rimbombava tra le orecchie, ma le parole erano confuse e terminavano con il sapore amaro del gin sulle labbra.
Si alzò dal letto e le gambe tremarono, minacciando di farla cadere. La nausea era sintomo del dopo sbornia o della sua angoscia? Non lo sapeva. La sua mente era così distante che ragionare le faceva male. Sentiva a malapena il freddo delle mattonelle sotto i piedi nudi, meno intenso di ciò che si aspettava. Faceva caldo, lì dentro, anche se non c'erano stufe accese o camini in vista. A Roumberg persino appartamenti così ordinari erano dotati di riscaldamento?
Il profumo di uova in cottura la raggiunse non appena aprì la porta. Lo seguì ciondolando verso la cucina, dove Kolt stava intonando le note allegre di una canzone che non conosceva. Aveva una voce avvolgente e armonica che Chloe avrebbe definito piacevole se non fosse che ogni strofa premeva sul chiodo sottile che le infilzava la fronte, spingendolo sempre più a fondo. Superò la soglia e lo trovò davanti ai fornelli, intento a strapazzare le uova in una padella sfrigolante, con i capelli spettinati e solo un paio di boxer neri a coprirlo. Smise di cantare quando si accorse di lei, rivolgendole un sogghigno.
«Buongiorno, Bluebird! Stavo per venire a svegliarti. Buone notizie, stai uno schifo ma sei comunque uno schianto.»
Rise come se quella situazione fosse del tutto normale, e forse per lui lo era. Kolt doveva ricordare cos'era successo, ecco perché non lo straniva trovarla lì, a guardarlo mentre preparava la colazione mezzo nudo dopo essersi svegliata nel suo letto. Ecco perché poteva permettersi di tornare a cantare, dondolando testa e bacino a ritmo di musica mentre cucinava. Aveva un'aria così rilassata, allegra...
Soddisfatta.
Chloe deglutì. Le gambe tremarono e il brivido risalì lungo la schiena e le braccia, pizzando le dita.
«Kolt.» Venne fuori un rantolo rauco, ma sufficiente ad attirare la sua attenzione. Incrociare il suo sguardo le contorse lo stomaco, attanagliando il cuore tra due mani che aspettavano il momento giusto per stritorarlo. «Abbiamo fatto sesso?»
«Cazzo, sì.» Il sogghigno si allargò. «Beh, io l'ho fatto. Tu non ne ho idea.»
Chloe sfarfallò le ciglia. «Cosa?»
«Lo so, lo so, non c'è bisogno di dirlo: Kolt, sei uscito a rimorchiare mentre ero sbronza e collassata nel tuo letto?» Kolt stropicciò il viso in una smorfia colpevole, poi allargò le braccia. «Ma hey, dall'altro lato potresti dire: Kolt, sei riuscito a rimorchiare mentre ero sbronza e collassata nel tuo letto! Che magnifico figlio di puttana!»
«Quindi io e te non...?»
«Non ti avrei mai toccata in quello stato. Non sono quel tipo di figlio di puttana.»
Chloe si accasciò contro lo stipite, ringraziando gli Dei in una preghiera a fior di labbra. L'aria si riversò nei polmoni per sostituire l'angoscia, accarezzando il cuore fino a calmare i battiti.
«Mi offende che tu l'abbia pensato.» Kolt afferrò una pinza e tirò fuori la Pietra di Sihir dalla camera di combustione posta sotto al fornello, abbandonandola nel cassetto per la cenere. Se non fosse stato per le venature violacee che si mescolavano al rosso dell'incandescenza, sarebbe stato difficile distinguerla da un pezzo di carbone. «Uno non può permettersi di rubare qualcosa, truffare un paio di persone o piantare giusto due o tre proiettili in testa a qualcuno e bam, la gente pensa subito che tu sia anche uno stupratore. Sono un onesto mercenario, io, un po' di rispetto per la professione!»
Girò le manopole per chiudere le aperture dell'aria e soffocare le fiamme, poi rovesciò il contenuto della padella in un piatto. Chloe lo seguì con lo sguardo mentre si muoveva avanti e indietro dal tavolo finché non l'ebbe apparecchiato con un coperto, acqua e pane.
«Cos'è successo ieri?»
«Mi sono goduto lo spettacolo finché non sei crollata a letto» sghignazzò lui. «Hai riso, pianto, ballato per casa, e devo ancora capire se a un certo punto stessi cercando di abbracciarmi o soffocarmi. Linea sottile. Nota per me, quei muscoli non sono solo scena. Però hey, mi aspettavo che sbrattassi da qualche parte e invece niente, complimenti!»
«Intendo prima che mi ubriacassi.»
«Ah, non ne ho idea. Sei sbucata fuori da uno dei tuoi portali già sbronza.»
Chloe aggrottò la fronte. La postura di Kolt era naturale, l'espressione rilassata... Non stava mentendo, però non aveva senso. Uno solo di quei portali richiedeva massima concentrazione, figurarsi seguire la giusta serie di Gallerie. Che fosse riuscita a incanalare Sihir anche priva di lucidità non era anomalo, ma come aveva fatto ad arrivare fino a Roumberg?
Sospirò, massaggiando le sinusi. «Ti ho detto perché sono venuta qui?»
«Perché sono irresistibile e non riesci a starmi lontana.»
«Kolt.»
Lui roteò gli occhi, sbuffando un lamento. «Hai farfugliato qualcosa sul fatto che non c'era più tempo, ma non so di che cazzo stessi parlando. Continuavi a chiamare il suo nome, però: Brycen, Brycen, Brycen. Scusami, Brycen. Non volevo ferirti, Brycen. Ti amo, Brycen. Questa sì che è stata una sorpresa, sei davvero innamorata di lui! Ero certo che avessi catturato il poverino nella tua tela, e invece, guarda un po'... Ci siete finiti entrambi.»
Chloe rabbrividì. Si sforzò di mantenere compostezza, ma era così difficile con la testa che continuava a pulsare, gli occhi pesanti e il corpo dolorante, affaticato dall'alcol. Faticava a tenere lo sguardo fisso su di lui senza che la vista perdesse la messa a fuoco, sfumando i contorni del suo viso.
«Com'è che dicevi, Bluebird? Non dobbiamo essere nemici per forza.» Kolt si avvicinò in un sorriso pericoloso, accarezzandole il volto. C'era un'ombra scura nei suoi occhi, che aveva spento l'oro per trasformarlo in fiele. «Come ci si sente a ruoli invertiti, eh? Mi domando che accadrebbe se—»
La mano di Chloe scattò, afferrandogli il polso. Sofferenza e confusione si accartocciarono di fronte alla paura, restituendole uno spiraglio di lucidità. L'espressione di Kolt era di nuovo nitida ai suoi occhi, e nella sua mente c'era solo la limpida consapevolezza che, se avesse anche solo provato a far del male a Brycen, non avrebbe esitato a tagliargli la gola.
«Brycen non ha niente a che fare con questa storia.» Serrò la presa, allontanandogli la mano. «Stagli lontano.»
Kolt allungò il sorriso. Liberò uno sbuffo divertito, poi cedette in una risata così fragorosa da piegargli il busto.
«Cazzo, se fai paura! Ieri a malapena ti reggevi in piedi e guardati ora... L'Ordine non sceglie a caso i suoi scagnozzi, eh?» Roteò il polso, ma Chloe accompagnò il movimento per tenerlo fermo. Kolt si arrese in uno sbuffo, facendo ciondolare il capo. «Rilassati, non voglio fare del male al tuo Lovebird. Ne otterrei solo un coltello nello stomaco e a me piace averlo tutto intero, una cicatrice mi rovinerebbe gli addominali. Lavorare per l'Ordine non è così male, pagate bene e non rompete il cazzo, non sono così stupido da mandare tutto all'aria. E tu mi piaci, perciò... Non preoccuparti, siamo ancora alleati. Ma la tua faccia? Oh, quella sì che me la sono goduta. Una piccola soddisfazione personale. Non te la prendere, eh, Bluebird?»
Chloe si accigliò. Dèi, quell'uomo la faceva impazzire, seguiva uno stereotipo e l'attimo dopo lo ribaltava. Opzioni contrastanti erano tutte verosimili, con Kolt, perciò l'impressione nei suoi confronti continuava ad oscillare tra due estremi. Kiyoko percepiva il pericolo, Chloe suggeriva fiducia e il suo mal di testa la pregava di prendere una decisione alla svelta. Lasciò vincere la seconda, liberandogli il braccio.
«Vedi perché mi piaci?» sghignazzò lui, massaggiandosi il polso. «Ora siediti e mangia, le uova fredde fanno schifo al cazzo. E bevi, soprattutto, dopo starai meglio.»
Chloe sbattè le palpebre. «Hai preparato la colazione per me?»
Kolt scrollò le spalle in una smorfia e si sedette. Raccolse una sigaretta dal pacco che giaceva sul tavolo e afferrò l'accendino, facendo scattare lo sportellino all'indietro per liberare la fiamma. Quando l'estremità della sigaretta prese fuoco, Kolt chiuse l'accendino con un gesto secco del polso e cominciò a farlo roteare tra le dita, lasciando guizzare rapide scintille tra una rotazione e l'altra prima di soffocarle.
«Mia madre cucinava uova ogni Solares, per colazione.» Chloe realizzò di essere rimasta in piedi, rapita da quella giocoleria. Prese posto in silenzio, mentre Kolt sbuffava un refolo di fumo lontano da lei. «Uova, pane, e verdure. Le impiattava in modi particolari, creando delle composizioni sempre diverse solo per farci piacere, perché era giorno di festa e voleva che fosse speciale. A volte faceva delle forme strane con le patate o dei disegni con le salse... Dove cazzo trovasse la voglia di farlo ogni fottuta settimana, non ne ho idea.»
«È una cosa adorabile. Doveva amarvi molto.» Chloe portò controvoglia un boccone alle labbra. Avrebbe voluto gustare quel sapore cremoso, sporcato solo da un pizzico di pepe, ma la nausea rivoltava il suo stomaco a ogni forchettata. «Per questo tu non mangi? Perché non è Solares?»
«Ognuno ha le sue stronzate» sghignazzò, ma quella risata aveva un suono amaro. «Enai faceva i capricci per fare colazione così ogni giorno, mamma però insisteva che sarebbe diventata una cosa ordinaria e addio senso di festa. Lui non capiva cosa cazzo volesse dire, ovviamente. Neanche io lo capivo. Ma le uova solo il Solares, ormai è così e basta.»
«Lo capisci adesso, però. È questo che conta.» Chloe sorrise, staccando un pezzo di pane da masticare piano. Avrebbe potuto darle solo quello, da mangiare. Avrebbe potuto preparare qualsiasi altra cosa. «Credevo non volessi parlare della tua famiglia.»
«Sei l'unica a cui posso dirlo.» Kolt lasciò vagare lo sguardo oltre la finestra. L'estremità della sigaretta si colorò di un rosso più vivo mentre ispirava, tornando al grigio smorto quando espirò un nuovo sbuffo di fumo. «Sei fottuta tanto quanto me, sai? Non sono il solo ad aver bisogno di uno strizzacervelli.»
Il coltello sfregò il piatto in uno stridio. «Cos'altro ho detto ieri?»
«Solo che eri stanca di dover mantenere l'equilibrio, qualcosa del genere. Ti lamentavi di qualcuno che non ascoltava, ma poi ti sei messa a parlare jiyano e ho capito solo cien pion ku cing cian pa.» Picchiettò la sigaretta sul posacenere. Prima di appoggiarla tra le labbra si fermò, aggrottando le sopracciglia. «Suonava razzista, vero? Sì, mi sa di sì..»
«Qualcuno che—» Choe trasalì, trattenendo il fiato.
I ricordi la colpirono in sferzate violente, confuse, creando fitte dolorose nella sua testa. Le immagini della discussione con Chen-Yi si arricchirono di dettagli, nitide abbastanza da distinguere la figura del Senza Volto nel suo appartamento. Il suono della sua voce formò parole che riusciva a comprendere, rimbalzando da un orecchio all'altro. Provò lo stesso senso di apnea con cui l'aveva lasciata, quel senso di angoscia che l'aveva spinta ad afferrare la bottiglia, e dovette schiudere le labbra per prendere fiato.
«Ah, hai portato quel coso... Aspetta.»
Kolt si alzò di malavoglia, frugando nel cassetto nella credenza. Ne tirò fuori uno strano oggetto metallico che lasciò tra le mani di Chloe, dal colore brunito del bronzo sporcato da riflessi violacei. Aveva l'aria antica, con la superficie arrugginita e corrosa in più punti, così fragile che lo strato esterno si sfogliava al tocco.
«Cos'è?»
«E io che cazzo ne so? Pensavo lo sapessi tu.»
Chloe se lo rigirò tra le dita. Era piccolo quanto il suo palmo, ma le estremità spezzate lasciavano intendere che fosse parte di un disegno più grande. Ciò che restava era una striscia piatta e sottile che descriveva un angolo acuto decorato con un ricciolo, con un lato più lungo dell'altro che lo faceva somigliare ad una elle. No, non somigliava, era una elle.
«È il simbolo della Chiesa della Luce.» Lo appoggiò sul tavolo, tracciando la metà mancante con le dita. «Forse è una decorazione, ma non ricordo dove l'ho preso o perché. Non ti ho detto proprio nulla?»
Kolt scosse il capo. «C'è chi ha la sbronza depressiva, chi quella molesta... Magari tu hai quella in cui vandalizzi cappelle luciste.»
«Cappelle luciste in rovina. È ridotto così male che mi domando se il resto esista ancora.» Chloe sbuffò, agitando una mano per far cadere l'arnese in un piccolo vortice oscuro. «Ci penserò dopo. Ho ricordato qualcosa su ieri: non stavo solo farfugliando, siamo davvero a corto di tempo. Ho bisogno che acceleri le cose con Soleni, devi diventare un investitore ufficiale entro la fine della settimana.»
Kolt si accarezzò il mento in un mugolio incerto. «Quelli come lui vanno cucinati a fuoco lento, con una mossa troppo diretta potrebbe insospettirsi e andrebbe tutto a puttane. È un bel rischio.»
«Dobbiamo correrlo. Niente più giri di parole, digli che vuoi avere più informazioni sul progetto e dichiarati interessato a sostenerlo. Convincilo in qualunque modo. Entro domani sera ti fornirò qualche nome da riferire se dovesse chiederti da chi ne hai sentito parlare e penserò a una giustificazione per il tuo interesse verso quella branca della sihirlim.»
Chloe riempì il bicchiere d'acqua, svuotandolo in rapidi sorsi. Forse, con gli obiettivi della missione portati a termine, Chen-Yi avrebbe ritirato il suo ultimatum. Forse sarebbe stato dell'umore giusto per parlare. Un forse non era granché, ma era tutto ciò che aveva e doveva farselo bastare. Non poteva liberarsi da sola dal suo Giuramento, e che speranze aveva di convincere la Madre se non era in grado di farsi ascoltare neppure dal suo mentore?
«Che roba.» Kolt stropicciò le labbra in una smorfia, soffiando via dagli occhi un ciuffo di capelli. «Prima arrivi qui ubriaca marcia, poi mandi a fanculo la prudenza per andare all-in con una mano rischiosa... Sarei curioso di sapere cos'è successo per renderti così disperata.»
Chloe deglutì, abbassando lo sguardo. Si era già scoperta più di quanto avesse voluto, ma non aveva le forze per sostenere il suo sogghigno. Non aveva le forze per negare.
«Oh, well. Tu fai il tuo lavoro e io faccio il mio, giusto? Fine della settimana sia, ma ti costerà un supplemento. E se non dovessi riuscirci – ma ci riuscirò – dovrai pagarmi comunque, dato che l'idea di buttarsi dritto per dritto è stata tua. D'accordo?»
«D'accordo» borbottò Chloe, sfarfallando le ciglia.
Tutto qui? Nessuna battuta, nessun commento sarcastico, nessun tentativo di scucirle – o provare a indovinare – cosa ci fosse sotto? Kolt aveva individuato i suoi punti deboli e lei gli aveva scoperto il fianco, ma non aveva intenzione di approfittarne?
«Beh, visto che qualcuno mi ha finalmente liberato il letto, io vado a dormire.» Kolt tese le braccia al cielo e si stiracchiò, trascinando lenti passi verso la porta. «Il bagno è qui a destra, se vuoi farti una doccia. Prometto di non entrare. A meno che—»
«No.»
«Damn... Ci ho provato.» Schioccò le labbra, poi sparì nel corridoio. «Fammi sapere se cambi idea.»
«Kolt.» Chloe attese di vederlo far capolino oltre lo stipite, poi sorrise. «Grazie. Non sei il figlio di puttana che dici di essere.»
Lui liberò uno sbuffo ironico, passandosi una mano tra i capelli spettinati. Il modo in cui aveva curvato le labbra all'insù era diverso dal solito, più naturale. Sincero. «Guarda che colazione e tutto il resto te li metto in conto. La gentilezza si paga, in questa casa.» Batté una nocca sulla fronte e aprì la mano in saluto, poi si allontanò.
Chloe approfittò di quell'insolita ospitalità per riprendersi. Avrebbe preferito un Rimedio, ma si accontentò di una doccia fredda per recuperare lucidità sufficiente ad attraversare le Gallerie fino a Mehtap. Brycen avrebbe trascorso la mattina fuori casa, tra Centro di Ricerca e Accademia, ma si sarebbe preoccupato se non l'avesse vista rientrare per pranzo.
Sbirciò in camera da letto prima di andare via. Kolt dormiva a pancia in giù, malamente coperto dalle lenzuola, il viso nascosto dai capelli biondi. Chloe si chinò su di lui e scostò alcune ciocche per liberare gli occhi, certa che li avrebbe aperti, che l'avesse presa in giro per l'ennesima volta – invece stava davvero dormendo.
Chissà se stava sognando qualcosa, la colazione preparata da sua madre o magari suo fratello. Chissà se almeno durante il sonno si concedeva di tornare da loro.
«Non è colpa tua, Keten» sussurrò piano al suo orecchio. «Spero che un giorno riuscirai a perdonartelo.»
Chloe respirò a fondo quando attraversò l'ultimo portale, riempiendo le narici con l'avvolgente odore di cedro e agrumi del potpourri che Brycen usava per profumare il salotto. Si accasciò sul divano e chiuse gli occhi, massaggiando la fronte e le tempie. Usare le Gallerie aveva ripristinato il mal di testa e il dolore continuava a spingere da ogni lato. Concesse riposo alla sua mente finché il suono di una chiave che girava nella toppa non la ridestò. Vedere Brycen varcare l'uscio la rinvigorì di una tale energia che scattò in piedi per corrergli incontro, gettandosi tra le sue braccia.
Tutto sembrava più semplice quando lo stringeva. Il vorticare delle sue angosce si chetava, la stanchezza scivolava via dal suo corpo. Sei al sicuro, sussurravano le sue carezze, i suoi teneri baci sulla fronte. Sei con me, adesso. Sei a casa.
Dèi, era stata un'incosciente. Se Kolt fosse stato serio nelle sue minacce non se lo sarebbe mai perdonata, ubriacarsi in quel modo era stata una follia. Che sarebbe successo se avesse rivelato informazioni segrete? O se fosse andata da Brycen, ammettendo di essere una Tessitrice? O se fosse andata da Chen-Yi e—
Chloe sussultò. Ricorda che sono sempre con te, le ripeteva sempre il suo mentore. Le aveva fatto credere che se si fosse spinta troppo oltre lui l'avrebbe saputo, in qualche modo, eppure Chloe non percepiva la sua presenza. Perché era così sorpresa? Era ovvio che il Senza Volto non avesse idea di cosa fosse successo, il suo Naru non gli concedeva tanto. Erano solo menzogne, nient'altro che trucchi per tenerla sotto controllo. Non sarebbe mai riuscita ad avere un dialogo alla pari con lui senza prima recidere i fili delle manipolazioni che aveva intessuto in tutti quegli anni.
«Ho cambiato idea, Bry.» Chloe scivolò via dalla sua presa, cercando i suoi occhi. «Vorrei ascoltare cos'hai scoperto su Maelstrom.»
Brycen si irrigidì. «Io... Non so a cosa—»
«So che stai cercando delle risposte per conto tuo. Ti conosco troppo bene e sei ancora pessimo a mentire.» Chloe gli accarezzò il viso. «Non sono arrabbiata. Anzi, vorrei sapere cosa ne pensi e cosa sei riuscito a trovare.»
«Ne sei davvero sicura?»
«Sì.» Chloe gettò fuori l'aria in un sospiro pesante, poi sorrise. «Sono pronta.»
Non poteva mancare un disegno come si deve di Kolt, questo sì che gli rende giustizia ♥
A quanto pare Chloe ha fatto un bel viaggetto da ubriaca, cosa che neppure lei riesce a spiegarsi dato che le Gallerie non sono qualcosa che è possibile utilizzare "ad istinto" 👀
Nel suo delirio ha fatto la scelta più sicura - il che è paradossale, vista la natura caotica di Kolt, ma è anche l'unica persona che conosce entrambe le sue vite e non la giudica per questo. D'altronde la cosa è vera anche al contrario, come fa notare Kolt stesso, il che crea tra loro una bizzarra ma forte connessione.
Chloe ha deciso di mettere tutto nelle sue mani, ma l'ultimatum di Chen-Yi l'ha costretta ad accelerare i tempi e ora dobbiamo solo sperare che tutto vada a buon fine!
Dall'altro lato, siamo finalmente pronti per trattare un argomento che ha sempre fatto da sfondo alle loro vicende, ed è tempo che riceva le sue risposte. Preparatevi per settimana prossima~
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