Capitolo 47 - Famiglia
Tra gli alberi del giardino c'era un pioppo che si stagliava solitario al limitare del bosco, nel cuore di una piccola radura in cui Brycen amava rifugiarsi sin da quand'era bambino. Leggeva all'ombra delle sue fronde, offriva lunghi monologhi alle sue foglie vibranti, si acquattava contro il suo tronco quand'era di pessimo umore. Alcune volte sembrava che il pioppo volesse tenere a distanza gli altri alberi, altre che fossero stati loro a emarginarlo lì, e Brycen riusciva a comprendere entrambe le cose.
Quello avrebbe dovuto essere il suo posto, ma né Mari né Edvokin avevano mai rispettato la sua volontà di restare da solo. Lo cercavano, lo seguivano, si rifiutavano di lasciare il suo fianco. C'erano giorni in cui la loro ostinazione lo infastidiva, perché non c'era modo di far comprendere a quei due la sua necessità di isolarsi, ma c'erano occasioni in cui Brycen si recava al pioppo con la sola speranza che uno dei due lo raggiungesse, che lo trovassero anche quando non aveva il coraggio di chiederlo.
E loro lo facevano, sempre.
Brycen sentì i muscoli distendersi quando li vide, Edvokin con la schiena poggiata contro il tronco e Mari a camminargli attorno nervosa, agitando la derzya con incastonata una Pietra di Sihir così luminosa da rischiarare l'intera radura. Sua sorella soffocò un urlo quando si accorse di lui, e subito gli corse incontro per gettarsi tra le sue braccia.
«Sia lodata Beyled, ero così in pensiero! Temevo non saresti mai venuto!»
Brycen la strinse a sé per il tempo di un lungo respiro prima di lasciarla andare, ma sembrò comunque troppo poco. Lei era ancora tesa, con un sorriso forzato sulle labbra, e lui sentiva l'agitazione correre sottopelle. Si sforzò di tenere i suoi pensieri sul binario di priorità che la sua parte razionale aveva tracciato, ma sentiva sferragliare le ruote sotto la spinta della miriade di domande che si agitavano per venir fuori.
«Invero un sollievo che tu sia ancora prevedibile come quand'eravamo fanciulli.» Edvokin lo affiancò, cingendogli le spalle in una presa salda che gli drizzò il busto. «Mi definirei lieto di vedervi ancora liberi e in salute, ma a voler essere sinceri non ne ho mai dubitato. Cercare un Dotai che può sparire e andarsene chissà dove? Beh, buona fortuna. Quasi mi dispiace per le guardie, dubito che ricevano uno stipendio adeguato per fronteggiare una simile situazione.»
«Qualcuna di loro è rimasta alla magione?» domandò Chloe.
«Una all'ingresso principale, l'altra nella camera di Brycen.» Mari ruotò la Pietra di Sihir nel castone e la luce si affievolì un poco, così da illuminare solo le loro figure. «Hanno chiesto che ci fosse un domestico a sorvegliare anche la tua camera e gli altri ingressi almeno fino a domani.»
«Sarebbe stato un po' sospetto recuperare il tuo cappotto, perciò dovrai accontentarti di quello di Mari. Sempre meglio che patire il freddo.» Edvokin le porse un fagotto di lana e pelliccia che Chloe indossò alla svelta, abbottonandolo fino al collo.
Brycen le aveva già offerto la sua giacca, ma erano in pieno autunno, al limitare dei boschi, e il sole era già tramontato da ore. Non sarebbe stata sufficiente a proteggerla dal gelo serale, ancor meno durante una fuga a cavallo notturna tra le montagne. Come aveva potuto pensare di poter partire senza recuperare nulla? Quel piano era così ridicolo che si vergognava persino di averlo formulato.
«Suppongo non vi sorprenderà sapere che la vostra rocambolesca fuga ha suscitato parecchio scompiglio non solo tra le guardie, ma anche all'interno della famiglia» disse Edvokin. «Mi riservo il racconto completo per quando ce ne sarà occasione, per il momento ritengo di poter riassumere il tutto con due aggiornamenti. Uno è tremendo, sebbene fosse prevedibile, mentre l'altro è una piacevole sorpresa.»
Brycen sospirò. «D'accordo, ascoltiamo la pessima notizia.»
«Non ho mai detto che avresti potuto scegliere l'ordine» sghignazzò Edvokin.
Più le cose andavano male e meno si mostrava preoccupato. Brycen lo sapeva, eppure quella leggerezza riusciva comunque a rassicurarlo, gli permetteva di credere che ci fosse persino il tempo per scherzare.
«La lieta novella è che Karamilla è stata aspramente rimproverata e punita con la reclusione in casa e il divieto di ricevere ospiti per le prossime settimane, che per lei equivale alla pena di morte» proseguì Edvokin. «Non credevo che avrei vissuto il giorno in cui un'emozione avrebbe colorato il viso di nostra nonna, eppure è successo! Era così infuriata che, se avesse potuto, credo avrebbe dato mia sorella alle fiamme. Un vero peccato che non sia successo, perché ero già pronto a tirar fuori la mia fiaschetta per contribuire. È stato comunque un momento magnifico, davvero superlativo, mi spiace che non abbiate potuto assistere. Voglio dire, è una magra consolazione, ma sono certo che vi avrebbe quantomeno rallegrato la giornata.»
La risata di Edvokin contagiò anche Chloe e Mari, mentre Brycen riuscì solo a distendere le labbra. Avevano punito Karamilla per i motivi sbagliati, perché aveva esposto una questione di famiglia al pubblico, non certo perché credevano avesse torto. Non suonava come una vittoria. Quella consapevolezza smorzava qualsivoglia soddisfazione.
«Quanto alla pessima notizia...» Il sorriso di Edvokin vacillò mentre abbassava lo sguardo. «Hanno addossato a Chloe la colpa di tutto. Nella storia che hanno raccontato alle guardie, lei è la malvagia Dotai che ha utilizzato i suoi poteri per plagiarti e rendere tutti noi schiavi delle sue manipolazioni. Sostengono che abbia tradito le regole dell'ospitalità e che si sia approfittata della nostra famiglia per ottenere le nostre ricchezze e bestemmiare Beyled, screditandola in favore dei suoi Dèi.»
«Perciò anche la discussione di stasera...» sussurrò Chloe. Si strinse nel cappotto troppo lungo, e un'ombra di tristezza calò sul suo viso. «Tutto il tuo impegno, le tue ricerche, il tuo discorso... Mi dispiace, Bry. Adesso penseranno che sono solo menzogne che ti ho costretto a dire.»
«Non crucciartene troppo, la nostra famiglia possiede un talento innato quando si tratta di rigirare le situazioni a proprio vantaggio.» Mari abbozzò un sorriso agrodolce. «Se non questo, avrebbero trovato un'altra motivazione per screditare le argomentazioni di mio fratello.»
«Va bene così, Chloe» disse Brycen. «Se ho insinuato il dubbio in almeno uno di loro, saprà guardare anche oltre quest'ennesima menzogna. Altrimenti potrò dire di aver quantomeno provato, di aver davvero fatto la mia parte. Non è colpa nostra se si rifiutano di ascoltare, ma non smetterò di parlare.»
Sorrise, e non percepì fatica nel farlo. Non aveva ottenuto alcun consenso, non era neanche riuscito a concludere il suo discorso, eppure percepiva una delusione meno frustrante di quella che lo soffocava quando si limitava a sopportare in silenzio. Fallire dopo aver tentato aveva un sapore diverso, più dolce. Anche se le increspature sarebbero svanite a breve, aveva lanciato il sasso. Era riuscito a farlo una volta, poteva farlo di nuovo. Ancora.
Finché il fondale non sarà pieno di sassi. O finché non avesse trovato quello giusto. In un modo o nell'altro, quel lago non sarebbe stato più lo stesso.
«Mi duole specificare che la pessima notizia non era conclusa. Quella era solo la prima parte.» Edvokin tolse il cappello per affondare le mani tra i capelli. Li strinse tra le dita mentre respirava, lasciando che qualunque traccia di vivacità svanisse dal suo viso. «Vogliono che interpreti il ruolo della vittima insieme a tutti gli altri, pretendono che torni a vivere a Kholod e che interrompa il tuo fidanzamento con Chloe. Dovrai testimoniare contro di lei fronte a un tribunale e rinnegare quanto detto stasera, giurando che non era tua intenzione dire o fare nulla di sconveniente e che la colpa di quanto accaduto sia da imputare solo e unicamente a lei.»
«Nostra nonna voleva ripudiarti all'istante.» Mari parlò in un soffio leggero, vibrante, come se non avesse abbastanza voce per farlo. «Nostra madre l'ha persuasa che avere la famiglia unita sarà essenziale per superare lo scandalo che verrà, ma questo è l'unico compromesso che è riuscita a ottenere. Se ti rifiuterai di fare una sola di queste cose verrai rinnegato, sarai tacciato come complice di Chloe e ricercato tanto per blasfemia quanto per affiliazione a Dotai.»
Brycen liberò una risata amara. Ancora una volta l'indulgenza della sua famiglia si riduceva a due opzioni, poteva piegarsi al loro volere oppure venire cancellato. Come la prozia Anja. Come chissà quanti altri di cui non conosceva neppure il nome. Ma la lama di quella minaccia era rimasta puntata contro il suo petto per così tanto tempo che aveva perso il suo filo, e ora che ne era stato trafitto non avvertiva alcun dolore.
Chloe impallidì, aggrappandosi al suo braccio. Mormorò delle scuse, ma Brycen la avvolse e la strinse a sé. «Dite loro che non ho più intenzione di tornare a casa. Se vogliono rinnegarmi, che sia. Preferisco abiurare il mio nome che i miei ideali.»
«È un sollievo sentirti pronunciare queste parole. Se avessi anche solo ponderato l'ipotesi di accettare quel ridicolo accordo, ti avrei piuttosto rinnegato io.» Edvokin rise, posandogli una mano sulla spalla. «Non temere, Yce. Troverò il modo per far sì che questo non sia un addio anche per noi, dovessi infine farmi disconoscere a mia volta. Ti invieremo una lettera quando la situazione sarà più quieta, ora però dovete andare. La città è in subbuglio, restare qui non è sicuro.»
«È per questo che sono venuto da voi, abbiamo bisogno del vostro aiuto per fuggire.»
Mari strabuzzò gli occhi. «Ero certa che Chloe...»
«Mehtap è troppo distante» mormorò lei, gli occhi vacui fissi sul terreno. «Non conosco il territorio e non posso affrontare un viaggio così lungo con il mio Naru senza mangiare e dormire.»
«E sarebbe meglio che non dovessi affrontarlo affatto.» Brycen le lanciò uno sguardo d'intesa. «Non posso spiegarvi i dettagli, ma è bene che Chloe usi il suo Naru solo il minimo indispensabile, è per il bene della sua salute. Viaggeremo in modo tradizionale.»
«In carrozza?» Mari arricciò il naso. «Sarà difficile prenderne una delle nostre senza allertare la guardia, e non possiamo lasciare la città.»
«Non è necessario. Prenderemo solo Karsel e Lorelei, Chloe ci porterà fuori città con il suo Naru e poi cavalcheremo fino a Brethstard. Cercheremo lì una carrozza per proseguire, ma avremo bisogno di soldi per farlo.»
«A Brethstard non troverai nessuno disposto a vendere una carrozza a un uomo, men che meno se accompagnato da una jiyana.»
«Allora cavalcheremo fino a Skeld.»
«Ecco il tuo problema, Yce: hai la tendenza ad accontentarti senza neanche prendere in considerazione la possibilità di uno scenario migliore» lo rimbeccò Edvokin. «Non dovrete cavalcare neanche un'ora. Se si tratta di Skeld, conosco qualcuno che potrebbe offrirvi un comodo passaggio in carrozza. Gli chiederò come favore personale di anticipare il viaggio che aveva in programma, sperando che non gli arrechi disturbo. Basterà dare un piccolo incentivo al cocchiere perché mantenga il riserbo ed ecco risolto il problema.»
«Non starai pensando a Bethelie» disse Mari. «È la sua settimana di nozze, le è vietato lasciare Kholod.»
«Così mi offendi, cugina. Pensi che sia così sciocco da dimenticarmene?»
«Perdona la franchezza, ma non suggerirei nessun altro per un simile incarico. Non sono certa di potermi fidare a tal punto delle mie conoscenze, tantomeno delle tue.»
«Allora fidati di me.» Edvokin fece scivolare un braccio sulle spalle di Mari, sfoggiando un sorriso più ampio. «Parlo di Don Alexiej Dimiekov, e ti assicuro che non lo avrei scelto come alleato se non fossi certo della sua lealtà come lo sono del sorgere del sole.»
«Se Edvokin è sicuro che quest'uomo potrà aiutarci, lo sono anch'io.» Brycen rivolse a suo cugino un sorriso complice. Cercò nella sua espressione la risposta che cercava e la trovò nel suo soffio divertito. «È più di quanto potessi sperare. Ti ringrazio.»
«L'unico inconveniente è che dovremo aspettare che albeggi, ma francamente vi avrei sconsigliato in ogni caso di cavalcare di notte» disse Edvokin, accarezzandosi il mento. «Sarà mia premura far sì che Karsel si unisca ai cavalli da tiro, così potrete portarlo a Sayfa. Lorelei non possiede la giovinezza di un tempo e temo che non sarebbe in grado di affrontare un viaggio così lungo, ma per nostra fortuna un solo cavallo è sufficiente a trainare una carrozza. Quanto al resto... Cugina, tu riusciresti—?»
«Certo che riuscirei.» Mari inarcò un sopracciglio, lanciandogli uno sguardo di sfida. «Ilja mi deve un favore. Con la sua complicità sarò in grado di recuperare ciò di cui avete bisogno, e – se Beyled ci farà dono della sua benedizione – potremmo nascondervi in una delle stanze vuote per la notte.»
Le labbra di Brycen si distesero nel guardarli elaborare i dettagli di quel piano, con lo stesso vigore che li animava da ragazzini. A quei tempi non passava giorno senza che escogitassero le imprese più disparate alle spalle dei loro parenti, poco importava quanto alto fosse il rischio da correre. Brycen bramava conoscenza, Mari agognava una libertà diversa da quella di una rispettabile fanciulla, mentre Edvokin si divertiva a ridicolizzare qualunque freno imposto dalla società. A volte le cose andavano bene, a volte no, ma potevano sempre contare l'uno sull'altro.
Edvokin e Mari erano la sua famiglia. Lo erano sempre stati, e non perché condividessero con lui il nome o il sangue, non perché potessero chiamarlo cugino e fratello. Nulla avrebbe potuto cambiarlo, né il passare del tempo, né la distanza, né la parola della Matriarca.
«Dove sono nostra nonna e tutti gli altri?» Brycen cercò lo sguardo di sua sorella.
«Stavano ancora discutendo nel salone blu quando siamo andati via, tranne Karamilla che è in camera sua» disse lei. «Però sarà meglio aspettare che vadano a dormire prima di farvi intrufolare in casa.»
«No, non quello. Ho cambiato idea: i nostri parenti mi hanno fatto una proposta, è giusto che faccia sapere loro di persona cosa ne penso.»
La tappezzeria iridescente della magione accolse i passi di Brycen fuori dal portale. Era convinto che camminare per quei corridoi avrebbe suscitato almeno un pizzico di amarezza al pensiero che non li avrebbe mai più rivisti; quella era la casa in cui era cresciuto, il luogo dove si concentravano la maggior parte dei suoi ricordi.
Eppure la pesantezza che si aspettava di sentir gravare nel suo petto non arrivò. Tra le sue labbra c'era il sapore agrodolce di una rassegnazione che il suo cuore aveva accettato, l'alone di una vecchia ferita che non faceva più male. Dentro di sé lo sapeva già da tempo, che quello era l'unico modo in cui potesse finire.
Varcò le porte del salone senza annunciarsi. Gli occhi spalancati dei suoi parenti si puntarono su di lui in sussulti sconvolti, e il terrore rubò i colori dai loro visi quando Chloe raggiunse il fianco di Brycen. Scapparono tutti in fondo alla sala, chi urlando e chi gemendo, stringendosi attorno ai figli più piccoli. Se fossero rimasti nel gran salone sarebbe stato un problema, ma per fortuna quella stanza era troppo distante dall'ingresso perché la guardia potesse sentirli.
«Avreste dovuto riportare lui da solo!» si lamentò Nvieska, puntando un dito tremante verso Edvokin e Mari. Lei si limitò a scrollare le spalle mentre lui chiudeva la porta, piazzandosi di fronte all'ingresso a braccia incrociate.
«Beyled misericordiosa!» Olga strillò, la voce così acuta che sembrava sul punto di scoppiare. «Quel mostro ci ucciderà tutti!»
«Non farò del male a nessuno.» Chloe mostrò loro i palmi. «Vogliamo solo parlare.»
«Tu vuoi ingannarci!» sputò fuori Ljudmilla. «Vuoi soggiogarci come hai fatto con mio nipote e riempirci la testa di blasfemie, ma io non cadrò vittima dei tuoi malefici incanti.»
«Chloe non ha fatto alcunché, ho agito solo per mia volontà.» Brycen avanzò, sostenendo gli sguardi diffidenti dei suoi familiari. «Edvokin e Mari mi hanno riferito le vostre richieste e sono qui per dare la mia risposta: oggi ho affermato il vero e non ho intenzione di rinnegarlo. Chloe lascerà Kholod questa sera stessa, e io con lei.»
«Maledetto ingrato!» tuonò Trylenn, mentre un boato di indignazione si levava tra i presenti.
«Brycen, te ne prego, non prendere decisioni avventate!» Jlenna venne avanti, ignorando gli avvertimenti delle sue sorelle. Catturò le mani di Brycen tra le sue e le strinse al petto, sollevando occhi grandi di preoccupazione. «Non si tratta di un semplice scandalo, se te ne vai non ci sarà modo di difenderti dalle accuse di complicità. Saremo costretti a rinnegarti, non potrai più tornare a Kholod senza rischiare l'arresto! Sii ragionevole, figlio mio. Non ne vale la pena. So che ami questa ragazza, ma la tua casa è qui. Noi siamo la tua famiglia.»
«Famiglia» ripeté Brycen in uno sbuffo ilare.
Persino sulle labbra di sua madre quel termine suonava distorto. Jlenna nutriva per lui un affetto sincero, ma non era in grado di osservare le cose da un punto diverso dal suo. Non accettava Brycen perché condivideva le sue idee, ma perché era suo figlio. Lo amava come tale, però non riusciva a vederlo davvero. Era meglio del violento rifiuto che gli aveva sempre mostrato suo padre, ma la comprensione che poteva ottenere da lei sarebbe sempre stata limitata.
«Le uniche cose che ci rendono una famiglia sono il sangue e il nome. Del primo vi dimenticate volentieri, e del secondo non esitate a liberarvene per convenienza.» Brycen ritirò le mani, fuggendo dallo sguardo affranto di suo madre. «È tutto questo a non valerne la pena. Voi non ne valete la pena. Ne sono consapevole da anni, ma ho continuato a coltivare l'irrazionale desiderio di spingervi ad aprire gli occhi e pensare con la vostra testa. Una parte di me ha sempre creduto che se non fossi riuscito a convincere quantomeno i miei parenti, le persone che per definizione dovrebbero provare affetto per me, allora avrei fallito con chiunque altro. Voi però non provate alcun affetto, e se preferite restare rinchiusi nelle vostre convinzioni la colpa è vostra, non mia. Ho smesso di partecipare alla vostra farsa.»
Brycen respirò a fondo, l'odore di alcool e polvere a stuzzicare le narici. Aveva un aroma particolare, casa sua, chiuso e opprimente, che neanche gli aromi vegetali riuscivano a scacciare del tutto. Ci era cresciuto, così abituato da non farci più caso, eppure non gli sarebbe mancato. Lo respirò a pieni polmoni sapendo che sarebbe stata l'ultima volta e andava bene così.
Quando l'aria scivolò via dalle sue labbra era pregna di Sihir, il respiro della Dea che si mescolava al suo. Corse lungo il tappeto variopinto disegnando una scia bianca dietro di sé, poi si avviluppò al grosso dersvet che svettava al suo fianco e lo avvolse nella morsa del gelo. Ghiaccio spesso e trasparente ne rivestì la figura e si elevò cristallizzando le forme di piccole fiamme là dove le Pietre di Sihir emanavano luce. Il rapido crepitio dell'aria che sublima all'istante si diffuse nel salone, poi calò il silenzio.
«Tu! Sei diventato un mostro anche tu!» gridò Masha, stringendo al petto il suo secondogenito.
«Lo sono da quand'ero bambino. Non esiste nessuna malattia, è sempre stato il mio Naru.»
I suoi parenti si strinsero ancor più tra loro, schiacciandosi contro la parete alle loro spalle. Avevano smesso di guardarlo con disprezzo, ora nei loro volti c'era spazio solo per lo sgomento. Persino Zenaida lo fissava a bocca aperta, sebbene conservasse ancora umanità nei suoi occhi. L'unica, tra i suoi parenti adulti.
Aveva smesso di essere Brycen per tutti gli altri Adesso era solo il Dotai, il mostro.
«Se questa è l'ultima discussione che avremo, allora voglio che sappiate chi sono. Sono una professoressa e una filosofa, e se questo per voi equivale a non essere uomo, che sia. Francamente non mi interessa esserlo, perciò chiamatemi effeminato o come preferite, non cambia ciò che sono e ciò che aspiro ad essere.» Brycen avanzò per fermarsi di fronte a loro, a testa alta. «Sono un devoto seguace di Beyled e continuerò ad impegnarmi affinché la sua vera volontà venga riconosciuta. Sono un orgoglioso portatore del suo Respiro e per tutti questi anni ho avuto tra le mani un simile potere e non l'ho mai usato. Avete la prova che non è per mancanza di forza o coraggio che rinnego la violenza, bensì perché ho scelto e sceglierò sempre la via del dialogo. Questo vorrà pur dire qualcosa, mi auguro. Avrei potuto farvi del male, se avessi voluto. Avrei potuto uccidervi, punirvi per il modo in cui vi siete comportati nei miei riguardi, ma non sono e non sarò mai il mostro che credete io sia.»
Leggero. Seppur immerso in quel silenzio fatto di sguardi sconvolti e agghiacciati, Brycen non sentiva più il peso di quelle catene che aveva trascinato per troppo tempo. Era in pace, libero di volare e raggiungere il cielo che aveva sempre osservato dal basso.
«Esci immediatamente da questa casa» Danika parlò con voce spezzata, ostentando una sicurezza che i suoi occhi rivelavano essere fasulla. «Ti disconosco come mio nipote. Non fai più parte di questa famiglia.»
Brycen allungò un sorriso amaro. «Non lo sono mai stato.»
Nessuno gli rivolgeva più lo sguardo. Nessuno osò obiettare.
Si voltò allora verso Jlenna, che boccheggiava preghiere confuse tra i singhiozzi, gli occhi colmi di lacrime e disperazione. Brycen le asciugò le guance e afferrò le sue mani, portando con cura le nocche alla fronte.
«Il mio affetto per te non si è affievolito. So che sei stata la madre migliore che potevi essere, e sarai sempre la benvenuta in casa mia.»
Fece un cenno a Chloe e lei alzò una mano, disegnando un vortice oscuro di fronte a sé. Brycen lanciò un ultimo sguardo ai suoi parenti, soffermandosi su Zenaida prima di avvicinarsi al portale. «Vale lo stesso per chiunque di voi sarà in grado di accettare le mie parole.»
«Aspetta!»
Sevre si divincolò dalla presa di sua madre e gli corse incontro. Olga annaspò per raggiungerlo, ma Ljudmilla l'afferrò per un braccio e la tirò indietro, stringendola a sé mentre singhiozzava.
«Stagli lontano, Sevre!» ordinò Nvieska con voce spezzata. «È pericoloso, torna indietro!»
Lui non diede cenno di averla sentita. Si fermò di fronte a Brycen, incrociando prima lo sguardo di Chloe e poi il suo, tormentandosi le dita. «Io... Io non credo che quello che hai detto sia una blasfemia. Non penso neanche che siate dei mostri, a dire il vero mi piacete più voi di mia sorella. Non dovrei dirlo, ma l'ho detto. Volevo dirlo. Ecco.»
«Egvenya, ferma! Dove vai? Egvenya!»
Masha si accasciò piangente in ginocchio quando una trafelata Egvenya schizzò via da lei, precipitandosi al fianco di Sevre. Tra i singhiozzi e i rimproveri di zii e cugini, la piccola batté un piede a terra e gonfiò le guance, tronfia di un'indignazione così fasulla che Edvokin sghignazzò alle sue spalle.
«Non sei mai stato cattivo con me, quindi io ti conosco ancora» disse, allungando le mani verso Brycen. «Non mi interessa cosa dicono tutti. È cattiva educazione non salutare come si conviene i parenti prima di andare via.»
Brycen li guardò trattenendo il fiato. Si inginocchiò piano di fronte a loro, sentendo gli occhi pizzicare mentre prendeva le piccole mani di sua cugina tra le sue. Portò le nocche alla fronte, offrì a Sevre il saluto maschile e loro gli sorrisero.
Due piccoli sassi nell'acqua. Più di quanto si fosse concesso di sperare.
Quelle parole sovrastavano tutto il resto, quegli sguardi valevano più di ogni altra cosa. E il calore che gli avevano trasmesso, che sentiva addosso anche dopo aver oltrepassato il portale, non l'avrebbe mai dimenticato.
Brava Fraxinusexcelsior che è giunta alla giusta conclusione qualche capitolo fa: il futuro è nelle mani delle nuove generazioni, e anche quando "i grandi" non ascoltano, loro sono ancora pronti a farlo! Se hanno qualcuno a guidarli nella giusta direzione, possono regalare molte sorprese. E se il discorso di Brycen è volato sulle teste dei parenti più adulti, chissà che non possa far sbocciare in quelli più piccoli qualcosa di buono...
È solo una speranza, sì, ma per Brycen ha un valore immenso. Senza contare che è finalmente riuscito a liberarsi da pressioni e timori e rivelarsi per ciò che è: a prescindere da quella che è stata la reazione, credo sia qualcosa di cui aveva davvero bisogno.
Se qualcuno aveva creduto che le cose potessero trovare una risoluzione più positiva... Mi spiace :') Ma direi che abbiamo evitato scenari ben peggiori, possiamo ritenerci fortunati xD Spero che questo finale agrodolce non vi abbia deluso: sono impaziente di leggere i vostri commenti, fatemi sapere che ne pensate!
E ovviamente ci vediamo settimana prossima per il ritorno a Sayfa ♥
PS: Dedico il capitolo a BlondeAttitude_ che ha indovinato il luogo di cui parlava Brycen! 😍 Un piccolo omaggio extra per ringraziarti del costante supporto ❤️
Il pioppo è lo stesso che si nomina nella Oneshot "Solo un bacio", non era affatto un elemento casuale :3 Anche quella volta Edvokin è andato lì a colpo sicuro: sia lui che Mari sanno che se non trovano Brycen - o se è successo qualcosa - al 90% lo troveranno lì xD
Chiudiamo questo capitolo con Edvokin e Sevre ♥ Non si può dire che non stia crescendo bene, sotto l'influenza di suo fratello, voi che dite? :3
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