Capitolo 41 - Mandare un messaggio
I rintocchi del grande orologio a pendolo suonarono le undici di sera. Un'ora da quando Chloe e i Metsiz erano rientrati a casa, tre da quando la sfida a Vladimir era stata suggellata.
Brycen si era chiuso in un irritato silenzio da allora, offrendo solo risposte di circostanza a chiunque gli rivolgesse parola. Questo non è il luogo giusto per parlarne, aveva detto, ma le cose non erano cambiate né in carrozza né nel salotto della magione in cui lui e Chloe si erano ritirati. Dovevano ancora tenere le porte aperte, ma ormai la presenza di una terza persona era diventata superflua. Mari li aveva lasciati da soli da oltre mezz'ora, eppure Brycen si rifiutava ancora di parlare.
E con l'ennesimo giro di lancette che volgeva a termine, anche la pazienza di Chloe aveva raggiunto il capolinea. Si alzò dalla poltroncina e avanzò verso Brycen, chino sul tavolo a leggere. Lui non le rivolse lo sguardo finché lei non posò una mano sul taccuino, imprimendo abbastanza forza da far sbattere la copertina contro il tavolo.
«Hai intenzione di restare in silenzio fino a domani?» chiese, parlando sayfano.
Brycen inspirò, le labbra premute in una linea dritta. «Ti interessa il mio parere? Durante il ricevimento non te ne sei preoccupata.»
«Ho solo detto quello che mi sembrava giusto.»
«Per l'appunto: hai già fatto la tua scelta, perciò non vedo l'utilità di discutere a riguardo.»
Chloe si morse la lingua, trattenendo il suo disappunto. Meno di ventiquattro ore prima, Brycen aveva ammesso di aver dormito con lei: Chloe aveva elogiato quell'audacia, ma adesso il ricordo la infastidiva. Aveva preso quella decisione di sua iniziativa, senza consultarla, e ora si mostrava offeso con lei per aver fatto lo stesso?
Gettò fuori l'aria in uno sospiro pesante e percorse il naso con le dita, distendendo la fronte fino a raggiungere le tempie. Le emozioni vorticavano in tempesta nel suo petto, venti furiosi che sbattevano qua e là protestando per uscire. Frustrazione, rabbia, risentimento; adesso sapeva dare un nome a quelle correnti, perciò poteva dominarle. Il suo corpo la pregava di abbandonarsi a esse, ma la sua mente suggeriva che accusare Brycen di ipocrisia non avrebbe fatto altro che alimentare il suo malumore. Chen-Yi l'aveva addestrata a controllare le sue reazioni per focalizzarsi verso l'obiettivo: cos'era più importante? La sua soddisfazione personale o risolvere la controversia?
Sospirò. «Non era mia intenzione ignorarti, mi spiace se ti ho dato quest'impressione. Vorrei solo capire perché sei tanto irritato.»
"Devi concedere qualcosa" ricordò a se stessa. Trattenere l'istinto di attaccare sembrava così ingiusto, spiacevole, eppure era necessario.
«Sei sempre così intuitiva, credevo fossi in grado di comprenderlo da sola.»
Certe volte però Brycen lo rendeva esasperante.
«E io credevo fossi abbastanza maturo da saper affrontare una discussione» sbottò Chloe. «Se hai bisogno di tempo per sbollire dimmelo chiaramente, altrimenti sarebbe più utile spiegarmi cosa c'è che non va piuttosto che startene lì a tenere il broncio.»
Brycen gettò fuori l'aria in uno sbuffo. Chiuse il libro e lo abbandonò sul tavolo, ruotando la sedia per rivolgerle la seduta. «Non approvo il duello. È pericoloso, anche se si tratta di un primo sangue. Vladimir potrebbe ferirti gravemente, non dovresti trattare la questione come se fosse un gioco.»
«Non l'ho fatto. So a cosa vado incontro, ma è una situazione che posso gestire.» Chloe sistemò una sedia di fronte a lui, accomodandosi a gambe incrociate. «So davvero usare una spada e so combattere, sono in grado di affrontare Vladimir. Dovrò solo evitare i suoi colpi, dopotutto. Quale pensi sia lo scopo dell'autodifesa se non difendersi?»
«E se non fosse sufficiente?» ribatté Brycen, e il tono tradì la sua preoccupazione. Non poteva biasimarlo: Chloe gli aveva detto di aver appreso le arti marziali come passatempo, non aveva idea di quanto fosse davvero brava. «Vladimir ha combattuto molti duelli, si addestra da quando eravamo ragazzini.»
«Anch'io ho cominciato da ragazzina, e difendermi da persone come lui è alla base del mio allenamento. Non utilizziamo armi con filo, ma ho simulato decine di scontri. Un duello è più o meno la stessa cosa, non hai motivo di preoccuparti.»
Falso. Basandosi sulle informazioni che Chloe gli aveva fornito, Brycen aveva più di un motivo per farlo: quel genere di allenamento non era paragonabile a uno scontro in piena regola; Vladimir utilizzava uno stile di combattimento a lei sconosciuto, perciò non avrebbe dovuto sapere come fronteggiarlo; Chloe sapeva maneggiare una katana, ma non aveva mai toccato una sciabola zimea; le palestre sayfane avevano una conoscenza superficiale sulle arti marziali jiyane, e le esercitazioni proposte erano altrettanto basilari. Con quelle premesse, una ragazza comune non sarebbe mai stata in grado di tenere testa a Vladimir.
Brycen però aveva una conoscenza dell'argomento troppo blanda per scovare le falle in quel ragionamento. Chloe poteva vedere che le stava cercando: aveva aggrottato la fronte e teneva lo sguardo basso, tamburellando con le dita sul tavolo. Doveva mancargli il suo orologio; il kaftan non aveva tasche e così i pantaloni che Brycen indossava sotto.
«Anche ponendo che tu abbia ragione, non vedo alcuna motivazione per correre il rischio» disse infine, gettando fuori l'aria in uno sbuffo. «Che risoluzione potrebbe offrire questo scontro? Se dovessi perdere sarai costretta a dargli ragione, e in caso contrario non otterresti che delle false scuse.»
«Saranno comunque delle scuse. Dopo quello che ha detto, fargli ammettere in pubblico di avere torto mi sembra il minimo.»
«Vladimir stava solo cercando di provocarmi. Ho odiato ogni singola parola che ha detto, ma questo non vuol dire che sfidarlo a duello fosse l'opzione migliore.»
«Hai visto le facce di chi stava ascoltando, vero? Aspettavano soltanto una tua mossa. Stavano decidendo se credere alle parole di Vladimir in base a ciò che avresti fatto tu.»
«Le sue accuse erano pura follia, è assurdo il solo fatto che dobbiamo difenderci da esse.»
«Lo so, ma non cambia la realtà delle cose. È la tua gente, dovresti comprendere come ragiona persino meglio di me.» Chloe cercò la sua mano, ma Brycen la ritirò in un movimento brusco. Non le rivolgeva più neanche lo sguardo. «D'accordo, spiegami qual era il tuo piano. Cos'avresti fatto se non fossi intervenuta? Vladimir non ti avrebbe lasciato andare via, lo sai anche tu. Non hai modo di contrastarlo e lui se ne approfitta: non puoi discutere con lui e rischiare di offenderlo, o gli daresti il pretesto di sfidarti a duello. Se accettassi sarebbe una vittoria facile per lui, se rifiutassi sarebbe solo la conferma delle sue accuse. Nessuno crederebbe al fatto che non vuoi combattere e questo farebbe decadere ogni argomentazione. Sbaglio?»
Brycen piegò le labbra in una smorfia. Zima era ancora un contesto nuovo per Chloe, ma era comunque una Tessitrice. I giorni trascorsi a Kholod le erano stati sufficienti per delineare il contesto, aveva compreso della situazione più di quanto Brycen le avesse rivelato.
«Questo è un mio problema» sibilò lui, ancora senza guardarla.
«Ha insultato anche me, perciò è anche un mio problema. Ho promesso che avrei sopportato la tua famiglia, non certo quello stronzo.» Chloe si rigirò quell'insulto sulla lingua con gusto. Se rimetteva insieme i pezzi di ciò che sapeva sul conto di Vladimir, Chloe percepiva un odio bruciante arrampicarsi sul suo petto e attanagliare le tempie, stuzzicando la sua collera. «Questa è una situazione in cui posso fare qualcosa pur seguendo le vostre usanze. Tu hai le mani legate, ma io no: io posso tenergli testa, posso giocare al suo gioco e sconfiggerlo. Mentirei se dicessi che non sarà soddisfacente vederlo arrendersi, ma non è solo questo. Si tratta di mandare un messaggio.»
«E quale, che tutto può essere risolto attraverso la violenza?» Brycen scattò in piedi, vagando per il salone in passi nervosi. «È questo che vuoi dimostrare? Che la validità di un'affermazione è data dall'abilità con la spada di chi parla?»
«No, che qualcosa di diverso è possibile.» Chloe si alzò di rimando. Gli tagliò la strada e si fermò di fronte a lui, i piedi ben piantati a terra. Anche con i tacchi non raggiungeva la sua altezza, ma drizzò busto e collo per ridurre la differenza di statura. «Le parole sono potenti, ma non puoi convincere chiunque con il solo dialogo. Servono azioni. Devi dimostrare che puoi vincere seguendo le loro regole, se vuoi distruggerle.»
«Dimostrerai soltanto che hanno ragione. Imporrai il tuo volere con la forza, come fanno tutti gli altri.»
«Vladimir voleva questo scontro» sputò fuori Chloe. «Peggio: lo voleva contro di te, perché sei una preda facile. Non mi scuserò per essere impaziente di dargli la punizione che merita. Dovrei avere pietà di lui, dopo tutto ciò che ha fatto?»
«Lo trovi così assurdo? Mostrare umanità è così al di fuori dalle tue prospettive?»
«Ne sto già mostrando fin troppa limitandomi a seguire le regole di un duello, Vladimir non—»
La risata di Edvokin riecheggiò nel corridoio, seguita da rapidi passi. L'attimo dopo era sull'uscio: superò la porta a braccia aperte, con un sorriso smagliante sul viso e una rubakha color malva senza cintura in vita.
«Ho preso la vodka delle grandi occasioni, dobbiamo assolutamente festeggiare!» Sollevò con orgoglio una bottiglia di vetro intarsiato sopra la testa. Subito si avvicinò a Chloe e le afferrò una mano per portare le nocche alla fronte. «Permettimi di dire che questa è la migliore notizia che abbia ascoltato nelle ultime settimane. Avevo sentito dire che le donne oltre i confini fossero avvezze al combattimento, ma ignoravo tu fossi una spadaccina. Sappi che se avessi necessità di una spada, poiché Brycen non ne possiede una, sarò più che lieto di prestarti la mia shashka.»
Dietro di lui, Mari sghignazzò. Aveva ancora indosso il vestito bianco, ma aveva sciolto l'acconciatura per legare i capelli in una treccia morbida, che dondolava al movimento del suo passo allegro.
Brycen la fulminò con lo sguardo, tornando a parlare zimeo. «Colori, dovevi proprio dirglielo?»
«E perché mai avrei dovuto nasconderlo?» disse lei, piccata. «E poi l'avrebbe scoperto in ogni caso, con o senza il mio intervento.»
«Ignora le sue prediche, cugina. Sappi che io ho apprezzato il tuo racconto, checché ne dica l'indignazione di tuo fratello.» Edvokin rise e recuperò dei bicchieri dalla credenza. Chloe non aveva idea di quanti ce ne fossero in casa, ogni salotto ne era provvisto. «Mi rammarico di non esser stato presente ad assistere. Oh, quanto mi avrebbe rallegrato poter ammirare l'espressione risentita di Vladimir! La tua è stata una magnifica risposta, Donzella Chloe. Trovo evidente comprendere perché il mio istinto mi abbia suggerito di prenderti in simpatia seduta stante.»
«Ti ringrazio, Edvokin È bello sapere che almeno qualcuno abbia apprezzato.» Chloe lanciò a Brycen uno sguardo provocatorio.
Lui però schioccò le labbra, incrociando le braccia al petto. «Non è altro che un modo per appagare il proprio ego, puro e semplice compiacimento personale. Non vedo nessuna ragione per apprezzare un simile gesto.»
«Non hai che da chiedere, cugino, posso fornirtene una lista più che dettagliata. La gradisci in ordine alfabetico o temporale?» disse Edvokin, ridendo. «Rilassati, Yce, è solo un primo sangue. Io ne ho affrontati a decine, centinaia persino.»
«Questo non ha a che fare con le sfide in cui ti diletti, mi rifiuto di accettare la spada come risposta a un diverbio. Chloe dovrà accontentarsi del vostro supporto, perché non avrà il mio.»
«Spero tu sia solo in vena di scherzi, fratello» lo ammonì Mari, avanzando per fronteggiarlo. «Dovresti essere il primo a darle appoggio.»
«Cosa dovrei appoggiare? Il fatto che trovate appagante l'idea di sottomettere qualcuno, mortificandolo di fronte a una folla?»
Chloe si accigliò. «Se mi avessi ascoltata, sapresti che non è questo il punto.»
«Ho ascoltato abbastanza. Hai già la tua spada...» Brycen sollevò un braccio per indicare Edvokin, poi fece lo stesso con Mari. «... e la tua Seconda. Andate pure a cercare la vostra soddisfazione, ma io non ho intenzione di prenderne parte.»
Gli occhi di Brycen lanciavano lampi di acredine sotto le sopracciglia aggrottate, rifiutandosi di cedere terreno. Ho ragione io, suggeriva la sua espressione severa, con il collo e il busto ben tesi ad elevare il capo in una postura rigida. Quella di chi non voleva sentire altro che la conferma delle proprie parole. Come poteva una persona così razionale lasciarsi accecare a tal punto dalla collera?
Eppure aveva la risposta tra le dita. Chloe riusciva a sentire il risentimento bruciare al centro del suo petto, espandersi fino ad avvampare il viso. I dettami del suo addestramento erano l'unica cosa che impediva alla rabbia di incenerire ogni cosa, ma il perno della bilancia stava traballando e una singola foglia aggiunta al piatto dell'emotività avrebbe fatto crollare quello della ragione.
Persino i metodi dell'Heiko Jun non erano infallibili. Anche una Tessitrice avrebbe ceduto prima o poi – e Brycen aveva già superato quel limite. Il suo autocontrollo si era spezzato, affrontare l'argomento adesso avrebbe solo ampliato la crepa.
Mari sbuffò, agitando le gonne. «Per le sette sfumature, sei sempre così cocciuto! Perché non—?»
«Lascia perdere, Mari. Va bene così» la fermò Chloe. «Vado a fare un bagno.»
Guardò Brycen, ma lui non disse nulla. Se la tentazione di fermarla aveva sfiorato la sua mente, non lo diede a vedere. Serrò le labbra al punto da farle quasi sparire, tanto erano premute l'una contro l'altra, e incrociò le braccia al petto.
Chloe piegò allora il capo in segno di saluto e si congedò, allontanandosi dal salone. Avanzò di pochi passi nel corridoio prima di sentire il suono di rapidi passi dietro di lei, scanditi dai tacchi larghi che picchiavano contro il pavimento dalle mille tonalità.
«Chloe, aspetta! Devi scusare mio fratello, è insopportabile quand'è nervoso.» Mari si avvinghiò al suo braccio, rivolgendole lo sguardo avvilito. Il suo tono tradiva ancora un certo livore, segno che era ancora arrabbiata con suo fratello, eppure eccola lì a intercedere per lui.
Seojun avrebbe fatto lo stesso con Chloe? Il suo cuore suggeriva di sì, ma non sapeva dire se fosse la verità o solo una speranza.
«Non preoccuparti per noi. Chiariremo, lo facciamo sempre» disse Chloe, prendendo la mano di Mari nella sua. Le rivolse il sorriso più rassicurante che poteva offrire e vide la sua espressione distendersi un poco.
«Questo è un argomento delicato, per lui. Fatichiamo a discuterci persino io e Edvokin.» rivelò Mari in un sospiro. «Non riesco a comprenderlo. Vladimir non merita il suo rispetto, una punizione per tutte le angherie che gli ha inferto sarebbe più che giusta. Dopo ciò che ha passato per causa sua, perché si ostina a non voler reagire?»
«Brycen è un idealista. La sua morale vale più di qualsiasi altra cosa, persino di se stesso: sarebbe pronto a sacrificarsi pur di seguire la sua etica. A volte mi fa arrabbiare... Ma è anche uno dei motivi per cui lo amo così tanto.» Chloe ciondolò la testa di lato. Il disappunto per la discussione le pungeva ancora il petto, eppure sentì le sue labbra distendersi. «Ideale e realtà sono spesso diversi tra loro, però. Sono certa che prima o poi se ne renderà conto anche lui.»
Rivolse a Mari un ultimo sorriso, poi si voltò per raggiungere le scale.
Solita domanda di rito: voi da che parte state? 👀 E perché proprio quella di Edvokin?
Scherzi a parte. Credete che Brycen abbia esagerato, o secondo voi Chloe avrebbe dovuto restare in disparte? Oppure vi posizionate in un'equilibrata via di mezzo? Fatemi sentire la vostra, sono curiosa!
All'inizio del capitolo io avrei voluto strozzare Brycen, in compenso mi sono divertita un sacco a scrivere quella scena: ammettiamolo, Brycen offeso che appende la maturità al chiodo è uno spettacolo 😂
Un Brycen bambino ♥
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