Capitolo 40 - Un brindisi ai novelli sposi [1/2]

I santuari di Beyled avevano sempre una base ettagonale, con un crepidoma che si innalzava su due gradoni e un colonnato privo di orpelli a sostenere il tetto appuntito. Rispetto alle cappelle luciste, qualcuno avrebbe potuto considerarlo spoglio: l'architettura dei santuari era essenziale, con file ordinate di panche orientate verso l'altare al centro – una struttura piramidale a punta capovolta, che offriva la base quadrata come appoggio per il nastro bianco della Promessa.

Nei giorni comuni la pietra candida del santuario faceva da sfondo ai coloratissimi abiti dei fedeli in visita, ma durante i matrimoni i ruoli si invertivano: le stoffe sfoggiavano diverse gradazioni di bianco, mentre le sette sfumature dell'arcobaleno si riversavano negli addobbi.

Il rosso, che nei matrimoni rappresentava l'amore, tingeva la cera delle candele che illuminavano il santuario. Ogni Pietra di Sihir era stata rimossa – a eccezione di quelle per il riscaldamento – e centinaia di lumi erano stati posizionati ai lati delle panche, attorno alle colonne e di fronte all'altare, disegnando un cerchio perfetto dove gli sposi avrebbero rinnovato le loro Promesse.

Le fiamme diffondevano il giallo della letizia. Spegnerne una era considerato presagio di sventura: si diceva che, se una candela si fosse estinta durante la cerimonia, la disgrazia avrebbe colpito chi era seduto nelle vicinanze. Mari aveva suggerito di sfruttare Subsidence per spegnere quella accanto a Vladimir, ma Brycen non si sentiva in vena di scherzi; per quanto il suo controllo fosse migliorato, usare il Naru di fronte a così tanta gente era un rischio che non voleva correre.

L'arancione del vigore rivestiva le panche con stoffe morbide e il blu della Serenità scivolava tra le colonne in drappi di organza, ondeggiando al vento leggero. Grossi cespugli di timo offrivano il verde della salute, diffondendo un'aroma dolce e terroso, mentre quelli di pervinca sfoggiavano l'indaco della fedeltà nell'ultima fioritura dell'anno.

Il settimo colore, il viola, esprimeva la spiritualità nel legame degli uomini con Beyled. Le sue sfumature non si trovavano nel santuario ma nell'abbigliamento di sposi e invitati, che sfoggiavano un accessorio, un ricamo o un gioiello – spesso una Pietra di Sihir – per spezzare il candore del vestiario.

L'ingresso degli sposi venne accolto dagli armonici vocalizzi del coro, che levò il suo canto senza accompagnamento musicale. Era presente una suonatrice di gusli – Mari l'aveva scelta con meticolosa attenzione – ma avrebbe allietato la cerimonia solo all'ingresso delle Sacerdotesse.

Kristofer varcò per primo la soglia, stringendo le redini della renna su cui Bethelie era dignitosamente seduta. L'animale si mosse mansueto tra i banchi, con i palchi abbelliti da file di perle e nastri intrecciati che non sembravano infastidirlo. Il completo bianco dello sposo esaltava il suo fisico allenato senza rinunciare a un taglio raffinato, ma gli sguardi dei presenti ammiravano Bethelie: il bianco dell'abito nuziale era così puro da risultare abbagliante, impreziosito da perle e zirconi che sfavillavano alla luce delle candele e a quella del sole che filtrava tra le colonne. Dal corpetto ricamato si allungavano due paia di maniche, uno ad avvolgere le braccia e l'altro lasciato aperto che scivolava fino alle ginocchia come lembi di un mantello. Quando Bethelie smontò dalla renna, la stoffa del vestito si aprì ai fianchi per rivelare una seconda gonna di seta e organza, identica a quella del velo che pendeva giù dal kokoshnik a forma di stella posato sul capo.

«È meravigliosa» sussurrò Chloe. «L'abito è stupendo, ma lei è straordinaria.»

Brycen sorrise nel rivolgerle lo sguardo. Bethelie era bella, ma ai suoi occhi nessuno avrebbe potuto competere con Chloe, con la sensazione di benessere che il suo sorriso gli procurava. Era incantevole vestita di bianco, anche se il suo abito aveva linee più semplici e modeste rispetto a quello della sposa: le maniche morbide si gonfiavano in uno sbuffo sulle spalle, e dalla vita sottile scivolava una gonna dritta, abbellita da merletti e decorazioni floreali intagliate sull'orlo.

L'ingresso in un santuario non era consentito senza copricapo, perciò Chloe aveva scelto un platok come ornamento viola, avvolgendo il fazzoletto ricamato attorno al capo con un nodo sulla fronte. Brycen aveva preferito abbinare al suo kaftan un papacha di morbido pelo bianco, lasciando che fosse la lunga treccia a sfoggiare il settimo colore.

La musica allegra del gusli annunciò l'ingresso delle Sacerdotesse, che avanzarono in un fruscio di vesti colorate. Si disposero attorno all'altare seguendo l'ordine cromatico dei loro abiti e invitarono i fedeli alla preghiera parlando in zimeo antico, le voci amplificate dalla Pietra di Sihir che svettava al centro dell'altare. Quando sollevarono le mani disposte a triangolo, l'intera platea le imitò in silenzio.

Brycen chiuse gli occhi in un sospiro, affidando a Beyled le sue angosce in una preghiera silenziosa. Sapeva che non poteva chiedere un aiuto concreto alla Dea, sebbene i suoi concittadini pregassero spesso nella speranza di un miracolo: Beyled aveva rinunciato alla sua forma fisica e alla sua volontà per creare il mondo, perciò non aveva modo di intervenire negli affari degli uomini. Non aveva cessato di esistere, però: era nell'aria che respiravano, nel battito dei loro cuori, nel Sihir che scorreva attraverso il suo corpo come una dolce carezza. Non importava che non fosse in grado garantirgli il proprio favore; per Brycen era confortante sapere che era lì e che sarebbe sempre rimasta al suo fianco, osservandolo attraverso le stelle.

Le Sacerdotesse parlarono all'unisono per interrompere il momento di preghiera, abbandonando lo zimeo antico per offrire le loro benedizioni agli sposi. Le cerimonie zimee erano brevi, ma ricche di sentimento: le Scritture tramandavano poche frasi di rito e gesti su cui attenzionarsi, così ogni Sacerdotessa offriva un discorso personale, dettato dalla sua fede e dal suo cuore.

Il gusli suonò una melodia più dolce e Mari si fece avanti, raccogliendo con cura il nastro posto sull'altare. Si prendeva spesso gioco dell'emotività di Bethelie, ma la sua voce tremava mentre avvolgeva i polsi degli sposi, invocando la benevolenza di Beyled con parole cariche di emozione.

Quando fu il turno di rinnovare le Promesse, Bethelie era già in lacrime. Il suo pianto commosso le consentiva a malapena di parlare, eppure il suo discorso fu tanto appassionato da smuovere i cuori di alcuni presenti, che tirarono fuori i fazzoletti di stoffa per asciugare il viso. Bethelie aveva sempre avuto talento nel tradurre i suoi sentimenti in parole; le Promesse di Kristofer erano affettuose, ma apparivano spoglie e banali dopo aver ascoltato le sue.

«Ciò che Beyled ha visto, ora è riconosciuto da tutti.» Le Sacerdotesse parlarono di nuovo all'unisono, mentre Mari liberava le mani degli sposi dal nodo. «Questa donna e quest'uomo sono giunti all'altare come luce e prisma, e l'armonia cromatica risplende attraverso la loro unione. Che tornino alle proprie dimore come marito e moglie, essi che camminano nella volontà dell'Iridescente, poiché tutti sappiano che la Dea Bianca vive in loro.»

Kristofer e Bethelie montarono in sella, lasciando il santuario tra canti di gioia. Condussero la renna a passo lento per consentire al corteo nuziale di seguirli fino al sesto anello, dove i cittadini attendevano il passaggio degli sposi sulla soglia di casa per offrire i loro auguri. La processione proseguì fino alla casa-bottega dei Toralov, l'aura cerimoniale e solenne si allentò solo quando gli sposi invitarono gli ospiti a entrare in casa. L'ordine delle file si sfaldò in gruppi disordinati che si sparpagliarono lungo il salone variopinto, addobbato con fiori bianchi e teli di organza che oscillavano da alti dersvet laccati. Brycen cercò Bethelie con lo sguardo, ma era attorniata da troppe persone: offrire adesso i suoi auguri avrebbe attirato l'attenzione, e non gli erano sfuggiti gli sguardi sdegnosi che si erano posati su lui e Chloe sin dal loro ingresso nel santuario.

Svicolò dalla folla che si era concentrata al centro della sala in attesa del primo ballo, ma una mano si strinse attorno al suo braccio.

«Credi che lo sappiano?» sussurrò Jlenna, drizzando il collo per avvicinarsi al suo orecchio. «I domestici sono così civettuoli, non fanno altro che sparlare di tutto quello che accade in casa.»

«Ne dubito, madre.» Brycen si sforzò di mantenere il tono neutrale. Mezz'ora era stata sufficiente per pentirsi di ciò che aveva fatto la sera prima, ma ormai tutti i suoi parenti sapevano: anche se Jlenna aveva vietato a Weimar di eseguire la richiesta di Brycen, occhiatacce e frecciatine non avevano tardato ad arrivare. «Non è passata che una notte, non avrebbero avuto tempo di divulgare la notizia. Puoi stare tranquilla.»

«Se anche ne fossero tutti a conoscenza, non vedo perché darsi tanta pena» si intromise Trylenn, lanciando al primogenito uno sguardo severo. «Simili pettegolezzi sarebbero più graditi di altri. La castità è una virtù femminile, ma qui si tratta di una jiyana: non possiede certo un qualche onore che dovremmo preoccuparci di non infangare.»

Brycen ingoiò una risposta amara e si liberò dalla presa di sua madre. La sentì rimproverare Trylenn in sussurri concitati, ma lasciò che il significato di quelle parole sfumasse nella caoticità della sala; non aveva voglia di proseguire quella discussione per l'ennesima volta, perciò prese Chloe sottobraccio e si avvicinò ai lunghi tavoli del banchetto.

«Non angustiarti, fratello: nostra madre dimenticherà presto l'accaduto» Mari tentò di rincuorarlo con un sorriso. «Pensiamo a goderci il ricevimento.»

Gavriil, al suo fianco, stava addentando una tartina di verdure. Il bianco gli donava: aveva l'incarnato di una tonalità più scura della media zimea, forse retaggio di un'antica discendenza dunier.

«Definirei questo rinfresco... monotono. La qualità degli ingredienti è elevata e la cottura perfetta, ma pecca di fantasia. Mi aspettavo più innovazione da un matrimonio del sesto anello» disse, sottovoce. Gavriil considerava la cucina un'arte, ma estro e sentimento erano prerogative femminili; un uomo avrebbe dovuto vedere il suo lavoro come semplice operazione manuale. «Quantomeno, senza Edvokin ci sono buone speranze di concludere la giornata ancora sobri.»

«Mio fratello ti ha parlato dei brindisi nuziali?» Mari rivolse a Chloe un sorriso divertito, e quando lei scosse il capo la sua espressione si colorò di vivace entusiasmo. «Gavriil, presto: dalle dimostrazione!»

Lui afferrò un bicchiere e lo sollevò, schiarendosi la voce. «Un brindisi ai novelli sposi!»

Il vociare in sala si quietò. Decine di occhi si posarono su Gavriil e altrettante mani si affannarono a raccogliere bicchieri o riempire quelli che avevano già in mano. Brycen ne porse uno a Chloe mentre i domestici schizzavano tra la folla per offrire bevande a chi fosse troppo lontano dai tavoli, servendo gli sposi e i Toralov per primi.

«Brindisi!» risposero tutti in coro, alzando i bicchieri prima di svuotarli in un rapido sorso.

«È tradizione che tutti bevano quando viene chiamato un brindisi, a prescindere da quando venga proposto e da chi» spiegò Brycen sottovoce. «Per questo vengono servite diverse varietà di kvas, che non ha una gradazione alcolica particolarmente alta. L'educazione vorrebbe che ci si astenesse dal chiamare troppi brindisi, ma Edvokin si diverte a farlo senza sosta o nei momenti meno opportuni.»

«Una volta ha chiamato quaranta brindisi in un una sola sera» Mari rise, rivolgendo a suo fratello uno sguardo complice. «E al matrimonio di Zenaida, rammenti? Uno dei cugini di Mytka era così ubriaco da salire sul tavolo e ingaggiare un delizioso alterco con una statua di ghiaccio, duellando contro di lei armato di coltellino da burro.»

«Lo rammento bene, non ho mai visto nostra cugina così furiosa.»

«Non mi avevi detto che i vostri matrimoni fossero così movimentati» lo rimproverò Chloe, giocosa. «Ora capisco perché Bethelie non abbia invitato Edvokin!»

L'ironia del suo tono era evidente, ma Gavriil fu l'unico a ridere. Brycen riuscì solo ad abbozzare un sorriso, Mari invece stropicciò il viso in una smorfia.

«Sarebbe più corretto dire che non poteva invitarlo. Per essere ancora più accurata dovrei affermare che le convenzioni sociali le hanno impedito di farlo» disse, facendo vagare lo sguardo lungo la sala. Dopo una breve ricerca, sollevò il mento per indicare a Chloe un punto tra la folla, oltre le spalle di Brycen. «Edvokin ha litigato con suo fratello Vladimir, molti anni fa. E per litigato intendo dire che l'ha picchiato con veemenza: se osservi con attenzione il suo viso, potrai notare una piccola fossa sul lato destro, là dove mio cugino gli ha rotto lo zigomo.»

C'era una tale goduria nel suo sorriso che Brycen preferì distogliere lo sguardo. Detestava Vladimir, ma il ricordo di quel giorno non lo allietava. In che modo avrebbe dovuto offrigli conforto? Quella cicatrice non era un trofeo di cui andare fieri, ma una sconfitta su tutti i fronti: per Edvokin, che aveva ceduto alla rabbia; per Vladimir, che non ne aveva tratto alcun insegnamento; per la medicina zimea, che non era stata in grado di risanare le sue ferite. Anche a Brycen sarebbe rimasto un segno più evidente, se non fosse stato un Dotai: doveva ringraziare il Sihir se la gobba sul setto nasale non era così pronunciata.

«Ignoravo questa vicenda.» Gavriil sbattè le palpebre sotto la fronte aggrottata. «Edvokin non mi ha dato impressione di essere una persona incline alla violenza, persino durante un duello.»

«Non lo è, infatti» confermò Mari, avvicinandosi al tavolo per riempire il suo piatto di vari stuzzichini. «Tuttavia è nella sua natura possedere un forte senso di protezione per i suoi affetti: la giusta motivazione è in grado di risvegliare la sua furia. Quanto a quell'occasione, se gradisci il mio parere, avrebbe dovuto persino colpire più forte.»

«Avrebbe dovuto evitare di aggredirlo» la corresse Brycen. «Non era necessaria una simile reazione per proteggermi, si è trattata di mera vendetta ingiustificata.»

«Ingiustificata? Avevi perso così tanto sangue che—»

«Non ha importanza. Quali che siano le colpe di Vladimir, questa non è la soluzione: fratturargli lo zigomo non ha guarito il mio naso, ha solo raddoppiato i feriti. Non dovresti incoraggiare certi atteggiamenti. »

Mari roteò gli occhi in un sospiro. Non aveva bisogno di dar voce ai suoi pensieri, Brycen glieli leggeva tutti in viso: non dovresti difenderlo, smettila di essere così moralista, Vladimir se l'è cercata e merita tutto il male che il mondo può offrire. Non avrebbero mai trovato un punto d'incontro, su quello: Brycen non avrebbe augurato a nessuno il dolore che aveva dovuto subire, neanche a chi gliel'aveva inferto. Avrebbe gradito sapere Vladimir in carcere, processato secondo le leggi sayfane – più civili di quelle zimee – e reso inoffensivo, ma la sola idea di provare soddisfazione per la sua sofferenza lo disgustava.

«Ad ogni modo, erano solo dei ragazzini.» Mari distolse lo sguardo, dedicando a Chloe la sua attenzione. «La lite fu archiviata dalle famiglie, alla condizione Vladimir si tenesse a distanza da casa nostra e così Edvokin da casa Toralov. Se Bethelie l'avesse invitato al matrimonio, avrebbe creato un paradosso: Edvokin avrebbe offeso offeso lei se non si fosse presentato, e suo fratello se l'avesse fatto. In entrambi i casi Vladimir avrebbe avuto il pretesto per sfidarlo a duello, e Bethelie non voleva dargliene uno.»

Chloe sfarfallò le ciglia, picchiettando le unghie tonde contro il bicchiere. Doveva sembrarle un racconto assurdo; ad ascoltarlo oggi suonava irrealistico, l'iperbole narrativa di un qualche spettacolo, eppure un tempo Brycen l'avrebbe considerato normale.

«Un vero peccato, sì» convenne Mari, allungando il sorriso. «Edvokin è un abile spadaccino e sarebbe proprio il caso che qualcuno inculcasse a Vladimir un po' di buon senso.»

Brycen la fulminò con lo sguardo. «E in che modo la violenza sarebbe utile a tal fine?»

«Se anche non lo fosse, sarebbe quantomeno soddisfacente

«Guardate!» esclamò Gavriil. «Gli sposi stanno per aprire le danze.»

Brycen seguì il suo sguardo fino al centro della sala, dove gli invitati avevano lasciato spazio per Bethelie e Kristofer. Vederli mano nella mano, con l'entusiasmo dipinto nei loro sorrisi, gli alleggerì il petto. Anche Mari distese l'espressione, e i suoi commenti virarono sull'abito di Bethelie, sulla musica vivace e sulla danza in cui Kristofer guidava sua moglie.

«Non posso proprio riempirmi il piatto da sola, vero?» Chloe sbuffò, rigirandosi il bicchiere vuoto tra le dita. «I domestici fanno finta di non vedermi. Volevo assaggiare quei cosetti prima che finiscano, sembrano squisiti.»

Sul vassoio che stava puntando restavano pochi krjøll, polpette di carne ripiene di verdure e formaggio. Brycen lo realizzò solo mentre le riempiva il piatto: se Chloe li aveva chiamati cosetti era perché non le aveva spiegato cosa fossero o come chiamarli. Tutte le pietanze del banchetto, la musica che faceva da sfondo alle danze, i significati che i colori assumevano quel giorno... Le aveva mostrato così poco.

Aveva perso troppo tempo dietro alle sue preoccupazioni. Prese Chloe sottobraccio e la accompagnò da un capo all'altro del tavolo, raccontandole di ogni piatto che la invitava ad assaggiare, ogni racconto o usanza che riaffiorava nella sua mente. Brycen non aveva mai compreso come la superstizione potesse conciliarsi con la fede a Beyled, ma gli zimei avevano un imbarazzante numero di credenze e gesti scaramantici: non si doveva brindare con la mano sinistra ed era vietato sedersi durante un ricevimento, perciò dal salone erano stati rimossi divani, sedie e poltrone. Gli sposi potevano toccare cibo solo al termine delle danze e, anche se Bethelie aveva pianto di gioia, guai a offrirle un fazzoletto. Infine, come rito propiziatorio, al termine della serata avrebbero lanciato tutti i copricapi dalle finestre e infranto i bicchieri di contro il pavimento.

Mangiarono fino a saziarsi, poi si unirono alle danze. Chloe era migliorata dalla prima volta che avevano ballato insieme, e i suoi movimenti erano così aggraziati che sembrava fluttuare tra le sue braccia. Era radiosa, con sorriso così amabile da fargli venire voglia di baciarla. L'avrebbe fatto, se avesse potuto; l'avrebbe stretta a sé per avventarsi sulle sue labbra e...

Brycen trasalì quando si rese conto di essersi avvicinato troppo. Subito indietreggiò, guardandosi attorno: nessuno sembrava averlo notato. Nessuno a parte Chloe, che lo fissava con un sorriso malizioso.

«Quale sarebbe stata la reazione se lo avessi fatto?»

«Cosa?»

«Baciarmi.»

Brycen si schiarì la voce. «Mi avrebbero come minimo accusato di essere un pervertito.»

«Tu un pervertito?» Chloe rise, avvicinandosi per sussurrare al suo orecchio. «Meglio che non sappiano cos'ho immaginato io, allora.»

Brycen si voltò, sentendo il viso avvampare. Non ebbe il coraggio di fare domande: la malizia nel suo sorriso era una risposta sufficiente. Cercò sua sorella con lo sguardo, trovandola nel mezzo delle danze insieme a Gavriil. Anche sua madre e suo padre stavano ballando, mentre Bethelie...

Bethelie sorrise quando i loro occhi si incrociarono. Afferrò il marito per un braccio e si avvicinò a passo svelto, facendo ondeggiare il kokoshnik sul capo. Fecero a malapena in tempo a scambiarsi i saluti che Kristofer fu costretto a congedarsi: era tradizione che gli sposi danzassero con amici e parenti dopo il tramonto, e le sorelle Borg non tardarono a reclamare il loro turno. Due dei cugini di Bethelie si posizionarono al suo fianco con lo stesso intento, in attesa: interrompere la conversazione di una donna era cattiva educazione.

Lei non si voltò, tenendo lo sguardo fisso su Brycen. «Perdonatemi. Non vorrei essere così brusca, ma—»

«Non preoccuparti» la fermò lui, offrendole il suo sorriso più rassicurante. «Avremo modo di conversare più tardi. Va' pure a ballare con i tuoi cugini.»

«Se mi è concesso essere sincera, la mia intenzione era un'altra.» Bethelie rivolse a Chloe uno sguardo fugace, poi drizzò il busto. «Vorrei chiedere a te di ballare, Brycen.» 



Note:

Kokoshnik: Copricapo tradizionale russo, nei commenti vi lascio quello indossato da Beth

Platok: Foulard utilizzato per coprire il capo e talvolta come semplice scialle. Di norma si indossa appoggiandolo sul capo e avvolgendolo attorno al collo, oppure con un nodo sotto alla gola, ma non solo! Nei commenti il modo in cui lo indossa Chloe

Kaftan: Tipico cappotto russo, viene utilizzato anche come semplice veste se realizzato con stoffe leggere. Nel commenti sia il modello tradizionale che quello indossato da Brycen (che ovviamente è bianco, non rosso)

Papacha: Copricapo russo di forma circolare, ricoperto di pelliccia. Nei commenti quello indossato da Brycen

Bonus: Vi lascio anche il modello di abito nuziale a cui mi sono ispirata per quello di Beth!

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