Capitolo 23 - Respira
Una colonna di fumo scuro squarciava il cielo. Si innalzava in densi sbuffi e cresceva fino a mescolarsi alle nubi, diradandosi in grigiori diffusi che appesantivano l'aria. A mezzo chilometro di distanza dall'Accademia, il rosso vivo delle fiamme danzava oltre i contorni delle palazzine che componevano la via commerciale.
Brycen deglutì, serrando i pugni mentre correva. Voci spaventate gli riempivano le orecchie, e lo scirocco portava con sé un odore di bruciato così pungente da pizzicare le narici. «È il Nerea?»
«Filo d'Oro» lo corresse Chloe, cupa in viso. La merceria era proprio di fronte al bar; quanto tempo sarebbe servito alle fiamme per raggiungerlo? «Dovevi esserci, Bry: il fuoco è divampato all'improvviso. Non ho sentito nessuna esplosione, ho solo visto le fiamme avvolgere la palazzina e poi espandersi in ogni direzione. Non sembra niente di naturale, dev'essere—»
«È opera di un Dotai.» Brycen sentì agitarsi qualcosa nel fondo del suo stomaco. «I Naru legati al fuoco e al calore sono innumerevoli, con così pochi indizi è complesso anche solo restringere il campo. Tuttavia c'è un'alta probabilità che sia impossibile spegnere le fiamme con semplice acqua.»
«Lo so, per questo ho chiamato te.»
Chloe aggirò una manciata di curiosi fermi al centro della strada e scattò in avanti, così rapida che Brycen faticava a tenere il passo. La vita sedentaria aveva infiacchito i suoi muscoli: essere un Dotai rendeva le sue prestazioni fisiche migliori della media, ma senza il supporto dell'allenamento non rappresentava un vero vantaggio contro qualcuno abituato a muoversi. Riuscì quantomeno a correre per l'intero tragitto senza affanno, marciando in senso opposto a quello di cittadini e commercianti che fuggivano dalla zona.
Davanti a loro, i locali della merceria e i due piani superiori erano stati inghiottiti dalle fiamme. Lingue di fuoco lambivano le pareti limitrofe, correndo sui tendaggi e divorando legno e merce in esposizione. Una coppia di Sovalye in divisa incitava all'evacuazione, tenendo alla larga i curiosi mentre i pochi rimasti prestavano soccorso ai feriti. I lamenti di dolore stridevano contro le orecchie di Brycen ancor più delle urla, e un brivido corse lungo le cosce alla vista delle pelli ustionate e annerite sotto ciò che restava delle vesti.
Poco più avanti, una mezza dozzina di persone si adoperava per impedire la propagazione dell'incendio, chi tirando via banchi e materiali infiammabili e chi gettando secchiate d'acqua sul perimetro esterno. Due uomini – Brycen riconobbe Julian in quello più giovane – stavano utilizzando quelli che dovevano essere estintori, spruzzando sulle fiamme una schiuma biancastra. Brycen aveva letto del loro funzionamento e ne conosceva l'aspetto grazie a un bozzetto, ma non ne aveva mai visto uno.
«Hanno già chiamato gli Akarsi, ma se continua così brucerà mezza via prima che arrivino» disse Chloe, fermandosi a distanza di sicurezza dall'edificio in fiamme. «So che ti chiedo molto, ma... Ti prego, Bry, dimmi che puoi fare qualcosa.»
«Non lo so, io... Non ho mai fatto niente di simile.» Brycen deglutì a vuoto.
Per spegnere le fiamme avrebbe dovuto abbassare la temperatura di... Quanto calore raggiungevano? Cinquecento gradi? Mille? Non era un'informazione che si era mai preoccupato di approfondire, ma quand'erano generate dal Sihir quel numero poteva essere persino più alto. Ed erano così tante: lingue di fuoco e fumo fuoriuscivano con prepotenza dalle finestre e lambivano ogni ingresso, come artigli pronti ad afferrare chi si fosse avvicinato troppo.
L'incendio era già troppo esteso. Non sarebbe mai riuscito a spegnerlo.
«Ma posso provarci.»
Brycen respirò a fondo, trovando nello sguardo di Chloe la forza per scacciare via ogni dubbio. La speranza nel sorriso che le piegò le labbra urlava più forte delle sue paranoie, e ogni volta che la guardava ne aveva conferma: con lei al suo fianco, poteva fare qualsiasi cosa.
La baciò sulla fronte, poi si lanciò verso l'edificio. I Sovalye sgranarono gli occhi e si sbracciarono per avvertirlo del pericolo, ma Brycen li superò.
«Sono un Dotai» disse, e fu sufficiente a sedare i loro timori.
Uno sbuffo ilare gli sfuggì dalle labbra. Era la prima volta che lo ammetteva in modo così diretto, per di più di fronte a degli sconosciuti. Non l'aveva mai pronunciato con tale fierezza, a voce alta e priva di timore.
Ed era una bella sensazione.
Brycen si avvicinò alla facciata, incanalando Sihir in respiri regolari prima di sfiorare i mattoni rossi con le dita. Persino con le mani avvolte dal fuoco percepiva il calore in modo marginale, solo una tiepida pulsazione che correva lungo la pelle, ma doveva sfruttare Subsidence se non voleva bruciare le maniche della camicia.
Distese i palmi contro la parete e lasciò che il Sihir scorresse fuori dal suo petto, sottraendo calore all'atmosfera circostante. Le fiamme vibrarono in risposta, contorcendosi in sbuffi instabili mentre abbandonavano le sfumature arancioni per passare a quelle intense dell'amaranto. Subsidence le ghermì con le sue dita gelide, soffocandole ad ogni respiro di Brycen: più la temperatura diminuiva e più i contorni infuocati si affievolivano, regredendo a sottili lingue rosate prima di svanire del tutto.
Un boato di esclamazioni sollevate si levò alle sue spalle, e il suono degli applausi sostituì il crepitio del fuoco. Brycen rise, cercando lo sguardo di Chloe: le sue labbra sottili erano distese fino a mostrare i denti – ma quel sorriso svanì prima che potesse chiamare il suo nome. Brycen vide i suoi occhi sgranarsi mentre le ombre proiettate sul pavé si facevano più intense, forme dai contorni sfumati che danzavano al ritmo delle fiamme tornate ad ardere.
"Non è possibile."
Boccheggiò, indietreggiando di un passo. Aveva allentato la concentrazione per un solo istante, l'incendio non avrebbe dovuto riavvampare così in fretta; anche se quelle fiamme erano nate dal Sihir, non avevano modo di contrastare così facilmente l'influsso del suo Naru...
A meno che qualcuno non continuasse ad alimentarle.
«Chloe!» Brycen corse verso di lei, afferrandola per le spalle. «Il Dotai, l'hai visto?»
«Cosa?»
«Hai visto chi ha appiccato il fuoco?»
Chloe scosse il capo. «Non penso sia stato volontario. Le fiamme sono partite dall'interno del secondo piano: deve trattarsi di uno Sblocco. Hanno fatto appena in tempo a portare fuori tutti prima che il palazzo diventasse una fornace, ma credo che il Dotai sia ancora dentro.»
«È lì dentro?» Brycen si passò una mano sul viso, gettando fuori l'aria. «Quanto tempo fa è successo?»
«Dieci minuti, forse quindici. Sono corsa subito da te.» Chloe aggrottò le sopracciglia, accarezzandogli un braccio. «Bry, qual è il problema? Qualunque sia il suo Naru, il Sihir lo proteggerà da tutti gli effetti negativi del suo utilizzo. Funziona così, no?»
"Sì, se queste fossero condizioni normali" pensò Brycen, ma le parole rimasero incagliate tra le labbra.
Lui era stato fortunato: il suo era stato uno Sblocco naturale e il suo corpo aveva assorbito solo una minima quantità di Sihir, sufficiente a congelare una tazza di tè. Non era sempre una manifestazione innocua, come sostenevano i luoghi comuni, ma la sua pericolosità impallidiva di fronte a uno Sblocco scatenato: quand'erano le emozioni a sobillare il Sihir per la prima volta, l'emanazione di potere era maestosa, improvvisa e potenzialmente distruttiva... Ma anche istantanea. Un'unica, grande esplosione in cui il corpo assorbiva tutta l'energia che il corpo era in grado di contenere prima di rigettarla.
Eppure quelle fiamme continuavano a bruciare Sihir. Se non era il Dotai ad alimentarle di sua spontanea volontà, restava una sola risposta possibile: lo Sblocco era andato fuori controllo. L'energia mistica fluiva senza alcun freno e il corpo dei Dotai avrebbe ignorato i sintomi dell'Affaticamento, assorbendo Sihir fino a raggiungere il limite. Dai rapporti che Brycen aveva letto su questi Sblocchi anomali, nessun Dotai aveva sopportato una tale potenza di flusso per più di mezz'ora, dopo la quale l'organismo restava incapace di assorbire Sihir per settimane.
Mezz'ora. Perciò restavano venti – no, quindici minuti. Meno, considerando che molti Dotai crollavano prima. Sarebbe potuto accadere tra dieci minuti, cinque, persino adesso.
Gli Akarsi non sarebbero arrivati in tempo. Nessuno, neanche lui, sarebbe riuscito a spegnere l'incendio in tempo.
Brycen inspirò a fondo, poi espirò. «Devo entrare nella palazzina.»
«Sei impazzito?» Chloe sgranò gli occhi, avvinghiandosi al suo braccio. «È di pietra e mattoni, i Sovalye dicono che non è a rischio crollo. Non preoccuparti per il Dotai, se la caverà.»
«Questo non è un semplice Sblocco scatenato, Chloe. Il Sihir continua ad alimentare le fiamme: quel Dotai non ha smesso di assorbirlo, capisci? Non riesce a fermarsi, non riuscirà a farlo neppure quando perderà i sensi. Finirà per raggiungere l'Esaustione, devo tirarlo fuori da lì prima che accada!»
Brycen strattonò il braccio per liberarsi, ma Chloe serrò la presa e lo tirò a sé, afferrandolo anche con l'altra mano.
«No! Ti ho chiamato per avere supporto, non per mandarti al suicidio.»
«Andrà tutto bene, Chloe. Posso farcela» disse Brycen, accarezzandole una guancia. «Sai che il fuoco non può bruciarmi, e se uso bene il mio Naru posso—»
«Il tuo Focus è la fottuta respirazione» Chloe lo ringhiò a denti stretti, allontanando il viso dal suo tocco. «Come pensi di controllare Subsidence lì dentro? Non ti ucciderà il fuoco, ma lo farà il fumo. Quello non è incendio normale, morirai soffocato prima di raggiungere il secondo piano.»
«Devo provare a salvarlo, Chloe! L'Esaustione lo renderà vulnerabile, il suo Naru non può proteggerlo se il corpo non riesce ad assorbire Sihir. Brucerà vivo, se non faccio qualcosa.» Brycen le afferrò il polso, osservandola deglutire a vuoto. «Se dovesse morire senza che io abbia fatto qualcosa per impedirlo, non potrei mai perdonarmelo.»
«E se dovessi morire tu, sarei io a non perdonarmi.»
«Chloe.»
«Non farlo, Bry» mormorò lei, scuotendo il capo. «Ti prego. È troppo pericoloso.»
Il petto di Brycen si strinse, raggrinzendosi come se avessero drenato tutta l'acqua dal suo corpo. Non aveva mai visto Chloe così spaventata: stringeva il braccio con tanta forza da fargli male, ma le sue dita tremavano. Il viso aveva perso colore, gli occhi neri erano spalancati e fissi. Vederla in quello stato era più doloroso dei pugni che gli avevano rotto il naso.
«Se mi renderò conto di avere difficoltà o di non riuscire a respirare, tornerò subito indietro» mentì, insinuandosi sotto le dita di Chloe per sollevarle. «Ma ora devi lasciarmi andare. Non lo chiederò di nuovo.»
Lei singhiozzò, scuotendo ancora il capo. Il suo sguardo lo supplicava ancora, anche se le mani tremanti allentarono la morsa attorno al suo braccio. Poi qualcosa nella sua espressione cambiò: Chloe alzò gli occhi neri oltre le sue spalle e sbattè le ciglia, come colta da un'improvvisa consapevolezza. Quale fosse, Brycen non sapeva dirlo: fu abbastanza da convincerla a liberarlo, però, riportando contegno sul suo viso.
«Ti prego, fai attenzione» disse Chloe, la voce più salda. Sembrava che l'angoscia non l'avesse mai incrinata. «Ti amo.»
Gli afferrò il viso tra le mani e lo baciò, poi scappò via. Brycen guardò la sua schiena allontanarsi, incapace di rispondere: l'espressione di Chloe era... Non sapeva descriverla. Si era affilata così in fretta. Aveva deciso di cercare aiuto? Non era abbastanza forte da restare a guardare?
Non aveva tempo di cercare la risposta. Brycen inspirò ed espirò, poi corse tra i presenti per chiedere un panno bagnato con cui coprire naso e bocca. Loro eseguirono come soldati, disposti ad affidargli le loro cieche speranze.
Si sbagliavano. Brycen era uno studioso, non un eroe: non sapeva davvero cosa fare. Stava mostrando una sicurezza che non gli apparteneva, assicurando un successo che non era certo di poter garantire.
Ma eroe o meno, era pur sempre un Dotai. La Dea Bianca gli aveva concesso una porzione del suo Respiro, la possibilità di piegare una porzione della realtà al suo volere, e Brycen non poteva ignorarlo. Non poteva voltare le spalle e fingere di non vedere, non poteva arrogarsi il diritto di tirarsi indietro. Non quando la vita di qualcuno era appesa a un filo che solo lui era in grado di afferrare.
Rivolse una silenziosa preghiera a Beyled, inspirò a fondo e si lanciò tra le fiamme.
Oltre il portone d'ingresso, il fuoco aveva invaso l'intera scalinata di marmo. Il corrimano, le piante e le decorazioni lungo i pianerottoli erano le uniche cose che potevano bruciare, eppure le fiamme si innalzavano fino a sfiorargli il viso, scoppiettando in un concerto di brusii e schiocchi di legna squarciata. Il fumo permeava l'aria in una nube grigiastra che diventava più densa e cupa man mano che risaliva, ammassandosi contro il soffitto.
Brycen tenne busto e capo chini mentre superava gradino dopo gradino, sfruttando il Sihir per proteggere i suoi abiti e impedire all'acqua del panno di evaporare. Si sforzò di tenere a bada l'impulso di tossire, ma lo fece comunque: pur filtrato attraverso la stoffa, il fumo raschiava la gola a ogni respiro profondo. Il secondo piano ne era invaso, inghiottito da fluttuanti sfumature nere e venature infuocate, tanto fitte che Brycen riusciva a malapena a scorgere i contorni di ciò che aveva attorno.
"Così non può funzionare."
Inspirò, richiamando Sihir per raffreddare l'aria attorno a lui. Le fiamme si ritrassero, ma la sfumatura si imbrunì solo fino al rosso sangue quando Brycen cominciò a tossire. Rovesciò il capo in avanti e scivolò in ginocchio, riprendendo fiato là dove il fumo era più rarefatto, ma Subsidence era già scivolato via dal suo controllo: dovette assorbire energia mistica alla svelta per fermare le fiamme che avevano cominciato a rosicchiare la stoffa dei suoi vestiti.
Brycen si maledì in un ringhio di frustrazione. Il Focus era necessario per utilizzare un Naru, ma se avesse concentrato i suoi allenamenti per migliorare nell'uso di Subsidence, invece che per soffocarlo, sarebbe riuscito ad attingere al Sihir anche con poco respiro. Forse sarebbe riuscito a spegnere del tutto le fiamme o persino a trovare un modo per liberarsi del fumo, se solo non avesse sprecato tutti quegli anni dietro le sue paranoie.
"Devi tornare indietro finchè sei ancora in tempo" gli suggerì la voce di Chloe nella sua mente. "Non c'è più aria. Stai respirando solo fumo, finirai per soffocare. Accetta la realtà: non puoi farcela."
Tra le porte avviluppate dal fuoco ce n'era una divelta e ridotta a frammenti di legno che ardevano sul pavimento; le fiamme vorticavano oltre l'ingresso, divorando in crepitii scoppiettanti tutto ciò che riuscivano a trovare. Non puntavano il soffitto, ma spingevano le punte instabili verso l'esterno come trascinate dal vento – dal Sihir.
Era così vicino. Ma più Brycen fosse andato incontro alla fonte del potere, più le fiamme sarebbero state intense e l'aria satura di fumo. E non aveva idea di dove fosse il Dotai: nel migliore dei casi era sconvolto per lo Sblocco; nel peggiore, era svenuto. Come avrebbe fatto a trascinarlo fuori in quel caso? Non era sicuro di riuscire a trasportare una persona a peso morto neanche in situazioni ottimali. Era Brycen il Dotai tra i due, eppure Chloe era comunque più forte, più veloce e più resistente di lui.
"Quanto potere non sfruttato!" lo ammonì la Chloe della sua mente, ridendo. "Il fuoco non può bruciarti, eppure non sei in grado di andare avanti. Patetico! Non credi che la tua Dea sarà delusa di vedere come hai sprecato il suo dono?"
«C'è nessuno?»
Brycen non ricevette risposta. Il panno era quasi asciutto, ma lo tenne comunque premuto contro il viso mentre si acquattava contro il pavimento, facendosi strada tra le fiamme. Le polveri graffiavano gli occhi e Brycen faticava a tenerli aperti mentre avanzava, sentendoli bruciare per l'irritazione. L'odore di legna carbonizzata aveva saturato le sue narici, appesantendo il suo respiro. Il Sihir che riusciva ad assorbire era ridotto a un filo sottile.
"Patetico!" ripeté la voce di Chloe – no, era solo quella delle sue paure. Non le avrebbe ascoltate. Il cuore martellava in gola, le gambe tremavano, ma il pensiero di abbandonare quel Dotai lo soffocava più di quanto avrebbe mai potuto fare il fumo.
L'avrebbe raggiunto. L'avrebbe salvato, anche a costo di...
Le fiamme si aprirono di fronte a lui, danzando in modo innaturale verso le pareti. Brycen riuscì a scorgere la figura di un divano mentre il fumo si diradava, scivolando ai lati come attirato da una forza invisibile. Una leggera brezza gli sfiorò il viso, e finalmente riuscì a vederli: piccoli vortici oscuri turbinavano a mezz'aria, attirando fuoco e fumo al loro interno, mentre altri rilasciavano una brezza leggera in consistenti folate.
"Gli Akarsi hanno un Dotai con loro?" ipotizzò Brycen, ma non sembrava che i vortici stessero cercando di spegnere l'incendio. Perché far fluire aria all'interno? L'ossigeno alimentava il fuoco...
Ma permetteva a lui di respirare. Chiunque avesse creato i vortici, era stato avvisato della sua presenza: sapeva che Brycen era lì dentro e gli stava donando aria, visibilità, tempo.
Speranza.
Brycen si accostò a uno dei vortici d'aria per inspirare a fondo, incanalando nuovo Sihir. Quando cominciò a correre, i varchi scuri lo seguirono: si chiudevano e si aprivano al suo fianco, attirando fumo e fiamme lontano da lui, dirottando aria fresca verso il suo viso. C'era un altro vortice da cui quel Dotai lo stava guardando? Questo restringeva il campo su quale fosse il suo Naru... Ma quei ragionamenti da studioso avrebbero dovuto attendere.
«C'è nessuno?» urlò, ma in risposta giunsero solo altri silenzi.
Perlustrò la cucina, il bagno e quello che doveva essere uno studio, poi riuscì a scorgere una figura rannicchiata sul pavimento della camera da letto. Due coppie di vortici comparvero ai lati e aprirono un varco nella nube di fumo e fiamme, rivelando le fattezze di un ragazzo dalla pelle scura, agli albori dell'adolescenza. Troppo grande per uno Sblocco naturale: superati i dieci anni, un Naru poteva manifestarsi solo in modo scatenato.
Il ragazzo tremava in lamenti sommessi, le ginocchia strette al petto e le dita affondate nei corti ricci scuri, che rivelavano le sfumature verdi alla luce delle fiamme. Trasalì quando si accorse di Brycen, spingendosi indietro fino a toccare la parete.
«Non avvicinarti!» gridò. «Vai via! Non voglio farti del male!»
«Va tutto bene. Il fuoco non può bruciarmi, vedi?» Brycen sfiorò le fiamme che ardevano sullo stipite, affondando una mano fino a toccare il legno. Quando la ritirò senza scottature, il ragazzo distese l'espressione in un sospiro di sollievo.
«Sono venuto per te» proseguì, avanzando con cautela. La sua voce era rauca e sibilante, grattava contro la gola irritata dal fumo, ma si sforzò di mantenere calmo e rassicurante almeno il tono. «Restare qui non è sicuro, dobbiamo uscire immediatamente.»
«Non posso uscire. Non riesco a fermarlo, non voglio fare del male a qualcuno!»
«Non succederà, te lo assicuro» disse Brycen, ma il ragazzo scosse il capo e strinse ancor di più le ginocchia al petto.
Qual era il modo migliore per parlargli? Metterlo al corrente dei motivi per cui era necessario muoversi con urgenza avrebbe peggiorato la situazione. Era così spaventato... Se anche Brycen avesse provato a spiegare i processi di uno Sblocco anomalo, dubitava che l'avrebbe ascoltato. Non poteva convincerlo con la semplice logica.
Chloe avrebbe saputo consigliargli come agire; era più brava di lui, quando si trattava di rapporti umani. Cos'avrebbe fatto lei, al suo posto?
«Come ti chiami?»
«Za... Zakeel.»
«Io sono Brycen, un Dotai come te. Dimmi, c'è qualcun altro in casa? Genitori, fratelli o sorelle?»
Zakeel scosse il capo. «No, loro sono... Sono usciti. Io però stavo male e...» La conclusione di quella frase morì tra le labbra tremanti. Ansimò e si coprì il volto con le mani, scoppiando in lacrime e singhiozzi. «Oh, stelle! Se fossero rimasti, io—»
«È tutto a posto, Zakeel: dovunque siano adesso, stanno bene. Sono sani e salvi.» Brycen si inginocchiò al suo fianco, cercando il suo sguardo. Sentiva gli occhi bruciare, così irritati da lacrimare, ma si obbligò a tenerli aperti. «Non hai fatto del male a nessuno. Sono tutti fuggiti dal palazzo, stanno... Sono vivi. Sono tutti vivi, Zakeel.»
Zakeel sospirò tra i singhiozzi, liberando una risata dalle note agrodolci. Il sollievo fu breve; il viso si stropicciò in una smorfia e lo nascose tra le mani, gemendo in lamenti strascicati.
«Io non volevo farlo! Ho provato a spegnere il fuoco, giuro che ci ho provato!»
«Lo so, Zakeel, lo so. Non è colpa tua, non hai fatto niente di sbagliato.» Brycen abbassò il tono di voce. Il fumo era troppo perché i vortici riuscissero ad aspirarlo tutto, ogni sillaba era una lama arrugginita contro la sua gola. «So cosa stai provando, ma non hai motivo di temere. Gli Akarsi stanno estinguendo l'incendio mentre parliamo. Tutti sono al sicuro, e con te ci sono io. Respira: va tutto bene.»
Zakeel annuì, asciugandosi gli occhi. Inspirò a pieni polmoni e poi gettò fuori l'aria in un lento sbuffo, ma quando provò a farlo di nuovo il respiro gli si mozzò in gola. Aspirò aria in un suono strozzato, poi gettò la testa in avanti e tossì, portando la mano alla gola.
Un brivido corse lungo la schiena di Brycen. Vide Zakeel schiudere le labbra per respirare e sentì l'angoscia stilettargli lo stomaco.
"Il suo corpo è al limite" comprese, deglutendo a vuoto. "Non riesce più ad assorbire Sihir e sta esaurendo quello residuo. Raggiungerà l'Esaustione in pochi minuti."
«Ascoltami, Zakeel. Posso aiutarti a tenere a bada le tue fiamme» mormorò Brycen, la voce tremante. Il cuore gli martellava dietro le orecchie e sentì mancare un battito quando si accorse che la fronte di Zakeel stava sudando. «Lascia che te lo dimostri.»
Si liberò del panno e gli afferrò le mani. Zakeel trasalì, forse sorpreso dal contatto con la sua pelle gelida, ma non si ritirò; ricambiò invece quella stretta, e Brycen si aggrappò alla speranza che leggeva nel suo sguardo.
"Puoi farcela" si disse, anche se il solo pensiero gli annebbiava la mente. Sentì la paura scivolare nel suo petto, melma viscida che si insinuava tra i muscoli e intorpidiva i sensi. L'ultima volta che aveva usato Subsidence su un'altra persona... Aveva promesso di rimuovere quel ricordo dalla sua mente, ma non ne era in grado.
Adesso aveva più esperienza, ma nessuno gli garantiva che sarebbe riuscito a controllare Subsidence come voleva, che il suo desiderio di aiutare non si sarebbe tramutato in un incubo, di nuovo.
Ma la vita di Zakeel dipendeva da questo. E non poteva permettersi di esitare.
Brycen inspirò a fatica, lottando contro la sensazione di apnea per il fumo che, non più filtrato dal tessuto, gli occludeva la gola; strinse le mani di Zakeel e si obbligò a respirare fino in fondo, ignorando il dolore e l'impulso di tossire. Il Sihir, dapprima esitante, si lasciò catturare e turbinò nel suo petto prima di abbandonare il suo corpo, avvolgendo quello di Zakeel in un freddo e invisibile abbraccio.
Lui sgranò gli occhi in un sussulto e Brycen temette di averlo condannato alla morsa del gelo, ma l'espressione del ragazzo si distese quando posò lo sguardo sulle fiamme si ritiravano ai loro fianchi, bruciando lontano da loro. Il sorriso che si aprì sul suo viso contagiò Brycen: non riusciva a vederlo, ma poteva percepire il suo Sihir vorticare attorno a Zakeel per proteggerlo, raffreddando il suo corpo abbastanza da tenerlo al sicuro.
Ce l'aveva fatta. Per i colori di Beyled, ce l'aveva fatta!
«Resta al mio fianco e andrà tutto bene» La voce si era affievolita ancora, lasciò al suo sorriso il compito di rassicurarlo. «Non dovrai preoccuparti di bruciare qualcosa, non permetterò che accada. Ma ora dobbiamo uscire, d'accordo?»
Zakeel sollevò uno sguardo incerto, ma annuì. Brycen lo dovette aiutarlo a rimettersi in piedi e gli cinse il busto per sostenerlo lungo il corridoio. Faticava a camminare: l'Esaustione drenava il corpo di Sihir tanto quanto di energie, e Brycen poteva sentire il peso del ragazzo gravare su di lui un po' di più ad ogni passo.
«Coraggio, Zakeel. Manca poco» disse, ma la strada che li separava dalla porta d'ingresso sembrava infinita. Le fiamme erano così alte che a malapena si scorgeva il profilo della porta di ingresso, e il fumo... Perché aveva ripreso a diffondersi?
Brycen sollevò lo sguardo, ma non c'erano vortici lungo il corridoio. Quelli nella stanza si erano chiusi appena ne erano usciti, ma da allora non se n'erano aperti altri.
Affondò naso e bocca nell'incavo del gomito, suggerendo con un gesto a Zakeel di fare lo stesso. Non funzionava bene come il panno umido, ma sentiva il fumo solleticargli la gola e non poteva permettersi di tossire. Stava riuscendo ad attingere Sihir pur con i respiri ridotti a rantoli che lo lasciavano affamato d'aria, ma se avesse perso la concentrazione...
"Oh, Beyled, ti scongiuro, non abbandonarmi adesso. Ho bisogno del tuo Respiro ancora per un po'."
Brycen si aggrappò allo stipite dell'ingresso, poi si spinse verso le scale. L'ossigeno a sua disposizione stava terminando. Sentiva il petto urlare, schiacciato sotto il peso di un macigno che lo spingeva verso il suolo. Le gambe erano pesanti, così molli che temeva di cadere ad ogni passo. Un formicolio gli attraversava la pelle, correndo fino allo stomaco in un principio di nausea. Il sapore acre della fuliggine gli infangava la bocca. I contorni del pianerottolo diventavano sempre più sfocati. I pensieri cominciavano a sfuggirgli e presto lo avrebbe fatto anche il Sihir. Aria... Aveva bisogno d'aria.
Era sceso di un solo gradino quando le fiamme cominciarono a turbinare di fronte ai suoi occhi, contorcendosi e ripiegandosi in un vortice oscuro più grande degli altri. I bordi frastagliati descrivevano una forma ovale e allungata, l'interno di un nero tanto assoluto che persino le fiamme non disegnavano alcuna sfumatura sulle superficie.
Poteva essere...?
Qualcuno lo colpì alle spalle, proiettandolo in avanti con una spinta decisa. Brycen trasalì: sentì il Sihir sfuggire alla presa della sua mente e strinse Zakeel a sé con tutte le forze, cadendo insieme a lui all'interno del vortice oscuro.
L'impatto con la dura pietra della strada cittadina gli strappò un gemito indolenzito. Tossì, ansimando alla ricerca di fiato mentre la persona che li aveva assaliti rotolava alle sue spalle, facendo grondare acqua sul pavé. Brycen si voltò, ma non vide altro che un vortice scuro collassare su se stesso fino a chiudersi del tutto, Del Dotai non restava altro che la chiazza d'acqua che aveva bagnato la pietra lì dove si era accasciato.
«Dove... Dove siamo?» domandò Zakeel con un filo di voce.
Brycen si guardò attorno: non riconosceva quella strada, un anonimo vicolo stretto tra case di pietra. Ma il cielo non era coperto dal fumo, lo scirocco soffiava aria pulita sui loro visi e l'unica fonte di luce e calore era il sole che svettava sulle loro teste.
«Al sicuro» rispose Brycen, sospirando di sollievo. «Siamo al sicuro.»
Talvolta è un pregio, talvolta è un difetto, ma in ogni caso Brycen sarà sempre pronto a mettere gli altri al primo posto ♥
In questo caso è stato un azzardo, ed è stata una fortuna che ci fosse Chloe ad aiutarlo, altrimenti nonostante le sue buone intenzioni non sarebbe finita bene...
Ne parleremo meglio nel prossimo capitolo! Intanto, ecco uno sketchino di Zakeel, con tanto di maglietta tematica!
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