Capitolo 20 - Non è impossibile

Sostare nei cortili dell'Accademia era più gradevole d'estate. Il mese di Gemini era prossimo alla conclusione e gli studenti preferivano cercare posto all'interno della struttura, al riparo dalla calura e dal sole. Piccoli gruppi occupavano ancora le panche all'ombra dei portici, ma le tavolate di legno nel piazzale lastricato erano tutte libere eccetto la loro.

Louis e Sabrina indossavano maniche corte e pantaloni sopra il ginocchio, ma Brycen avrebbe notato tracce di sudore sulla pelle esposta al sole se non fosse stato per Subsidence: regolare la temperatura ambientale era diventato così semplice che a malapena aveva bisogno di concentrarsi, come se il Sihir che fluiva insieme al suo respiro sapesse cosa fare prima ancora che la sua mente glielo ordinasse.

«Possiamo parlarne un'altra volta, se preferite» disse Brycen, la catenella dell'orologio attorcigliata tra indice e pollice. «Temo non sia un argomento in grado di offrire molto svago. Non vorrei rovinare la vostra pausa pranzo tediandovi con i miei discorsi.»

«Non che meriti di essere chiamato pranzo.» Sabrina sbrindellò la carne macinata con la forchetta per affondare nel ripieno di formaggio e verdure. «In nome del Lucente, come possono sbagliare a cucinare un polpettone? La salsa è acquosa, la verza poco salata e non serve un esperto per capire che è troppo cotto: la base è bruciata, è come raschiare un blocco di pietra.»

Louis annuì, abbandonando la forchetta a lato del piatto. «È matematicamente impossibile rendere questo polpettone più noioso di così. E poi, sono davvero curioso di sapere cos'hai scoperto.»

«In realtà non ho scoperto alcunché.» Brycen infilzò una patata mezza cruda. Avrebbe dovuto ascoltare gli avvertimenti sulla qualità del cibo servito alla mensa dell'ala scientifica prima di unirsi a loro, oppure invitarli a casa sua per pranzare. «È una mera teoria che ho sviluppato a seguito di quella che potremmo definire un'epifania, motivo per cui necessito del vostro consulto. Trovo tuttavia necessario porre alcune premesse perché sia comprensibile nella sua interezza. Non che abbia intenzione di dilungarmi con inutili divagazioni, ma...»

Attese, guardandoli, che uno dei due lo interrompesse. Attese i loro sbuffi, gli sbadigli, gli sguardi rivolti altrove; non perché se li aspettava, ma perché li temeva. Non era importante quante volte la sua insicurezza si fosse rivelata eccessiva, ogni volta percepiva i medesimi denti acuminati rosicchiargli le costole, disseminando i resti sul fondo dello stomaco. Sabrina però si sistemò meglio sulla panca, incrociando le braccia sulle gambe accavallate. Louis invece spinse via il piatto e piantò i gomiti sul tavolo, il viso raccolto tra le mani.

Brycen sorrise. Gli sembrò di udire la voce di Chloe sussurrargli te l'avevo detto, canzonandolo in una risata allegra. Forse quel turbamento non sarebbe mai scomparso del tutto, ma contrastarlo sembrava sempre più facile.

Aprì la tracolla e frugò al suo interno, appoggiando un taccuino dopo l'altro sul tavolo. «Innanzitutto, cosa sapete dirmi sulla Santa Velaj?»

«Oh, non ero preparato per l'interrogazione. Ci assegnerai anche una valutazione, alla fine?» ridacchiò Louis.

Brycen abbassò lo sguardo, sentendo l'imbarazzo mordergli le guance. «Chiedo scusa. Volevo solo evitare di esporre informazioni di cui siete già a conoscenza, non—»

«Sta scherzando, Brycen, non preoccuparti. A me non dispiace il tuo approccio accademico.» Sabrina gli accarezzò una mano, distendendo le labbra piene. «Riguardo la Santa Velaj, però, temo di conoscere solo le informazioni più ovvie: so che fu la prima zarina, riunendo le antiche tribù locali per fondare Zima, e che la sua incoronazione segna l'anno zero nei calendari di tutto il continente.»

«Velaj l'Iridiscente» aggiunse Louis. «Ha istituito il Consiglio dei Sette Colori, giusto?»

Brycen annuì, sentendo il petto gonfiarsi d'orgoglio. «La forma di governo non assolutistico più antica a noi nota. Un sistema semplicistico e rudimentale, se comparato a quello complesso della Repubblica di Sayfa, ma indubbiamente è stato il Consiglio zimeo a gettare le basi della sua struttura: sette organi predisposti a sette diversi aspetti della nazione, che offrono supporto alla zarina e dividono con lei il potere nelle decisioni di sua competenza. Ho notato che l'argomento non viene approfondito nei testi scolastici sayfani, ma il sistema di elezione democratico che la repubblica sostiene di aver inventato è in realtà un'evoluzione dell'antico sistema lasyardeo, che a sua volta si è ispirato a—» Si fermò. Le sue mani erano corse ad aprire uno dei taccuini, tracciando uno schema basilare della struttura del Consiglio su una pagina vuota. Quando aveva cominciato a scribacchiare? Non ricordava neppure di aver afferrato la penna. «Perdonatemi. Avevo promesso niente divagazioni.»

Louis alzò le spalle. «Non ti ho creduto neanche per un microsecondo.»

Brycen coprì la punta metallica con il tappo e mise da parte il taccuino, lasciandolo aperto per far asciugare l'inchiostro. Se non era arrossito prima, era certo di averlo fatto adesso.

«Oltre quanto detto, la Santa Velaj è stata anche la prima Sacerdotessa di Beyled, araldo della Dea Bianca e autrice dei testi sacri.» Sfilò dalla pila un taccuino dalla copertina bianca – quello giusto – e cominciò a sfogliarlo. «Le sue capacità diplomatiche vengono elogiate tutt'oggi, ma il reale motivo della sua grandezza risiede nei suoi poteri di preveggenza. Ciò su cui vorrei focalizzarmi oggi è la controversia riguardo alla loro origine: gli zimei si rifiutano di considerare la Santa Velaj una Dotai, per i beyledisti le sue abilità non erano dovute ad un Naru, bensì a un miracolo.»

«Secondo quale logica una cosa esclude l'altra?» Sabrina allungò il collo per sbirciare tra gli appunti.

«Nessuna. Ho trascorso la mia giovinezza a cercarla, ma sono giunto alla conclusione che la distinzione non sia altro che un mero palliativo.» Una risata amara gli sfuggì dalle labbra. Gli erano occorsi anni solo per trovare il coraggio di porsi quella stessa domanda. Anni per razionalizzare quel pensiero. A volte sentiva il bisogno di ripeterlo ad alta voce, di metterlo per iscritto ancora e ancora, solo per essere certo di non essere ancora rinchiuso nella sua stanza a pregare di trovare una risposta. «L'odio verso i Dotai è un retaggio delle antiche tribù. Credevano che discendessero da uomini impuri che avevano ucciso gli Dèi per sottrarre loro i poteri, venendo poi maledetti da quelli sopravvissuti. In principio, Beyled era una delle molte divinità venerate dagli zimei: la Santa Velaj offrì una realtà differente che la vedeva come unica entità divina, ma nessuno avrebbe ascoltato una Dotai. Ua donna benedetta dalla Dea Bianca perché divenisse portavoce della sua volontà, invece, risultava molto più appetibile come narrativa.»

«Ed è riuscita a convincerli così? Ha detto di avere poteri pur senza essere una Dotai e tutti le hanno... creduto?» chiese Louis, le sopracciglia aggrottate. «Non riesco a definire se sia stata furba lei, o idioti tutti gli altri.»

Sabrina gli lanciò un'occhiata gelida. «Per il sole e le stelle, Louis, il tatto. Brycen è beyledista, l'hai dimenticato?»

«No, è che... Intendevo... Trovo assurdo che abbiano accettato una spiegazione simile così facilmente, ecco tutto» borbottò lui, incassando la testa nelle spalle. «Scusa, non voleva essere offensivo.»

«In realtà è un bene che risulti inconcepibile senza che debba essere io a sottolinearlo.» Brycen girò il taccuino verso di loro. Picchiettò con l'indice il terzo capoverso, lasciando che si avvicinassero per leggere. «Dalla prima predicazione della Santa Velaj all'unificazione delle tribù sono trascorsi solo cinque anni. Non si tratta di essere credenti o meno, è un dato di fatto che ci troviamo di fronte a qualcosa di straordinario. Quello che l'Impero Lunae e la Chiesa della Luce hanno costruito nel corso dei secoli, la Santa Velaj l'ha ottenuto in meno di un decennio. Chiunque sia familiare con il ragionamento logico si ritroverebbe a formulare lo stesso pensiero: è impossibile che la sola proclamazione teologica sia stata sufficiente, la Santa Velaj doveva avere prove convincenti per riuscire nell'impresa.»

«E questa sarebbe la sua "prova"? Riuscire a prevedere il futuro pur essendo cieca?» Sabrina fece scorrere l'unghia laccata di rosso sulla pagina mentre leggeva, schioccando le labbra. «Perdona la franchezza, Brycen, ma è una giustificazione un po' debole. I Naru trascendono spesso le leggi della fisica, perché gli zimei avrebbero dovuto credere che il suo caso fosse speciale?»

«Perché è qualcosa di impossibile.» Louis tirò a sé il taccuino. Girò pagina e lesse avidamente, ma l'incredulità non abbandonò il suo sguardo. «I suoi poteri sono stati documentati?»

Brycen annuì. «Si trovano menzioni in più di una fonte, persino estere.»

«Ma il metodo di utilizzo è stato confermato? Ai Centri di Ricerca non consideriamo attendibile nessun documento redatto nel Primo Millennio, senza riscontri certi. A quel tempo la sihirlim non era neppure considerabile come scienza: i testi pullulano di esagerazioni, racconti inventati e stime errate. Sono più leggende che fatti.»

«Non troverai il nome della Santa Velaj nei registri dei Centri di Ricerca, ma posso affermare con certezza che il Naru della Santa Velaj fosse Foreshadow. Gli appunti che vedi sono il frutto di studi e ricerche che porto avanti da anni, e posso assicurarti che tutte le informazioni sono verificabili. Questo non è che un riassunto, ma negli originali ho citato ogni singola fonte.»

Sabrina schioccò la lingua contro il palato, tamburellando le unghie sul tavolo. «Avete intenzione di spiegarmi qualcosa o volete escludermi del tutto dalla conversazione?»

«Oh, certo. Scusaci. È solo che... Beh, lo capirai» borbottò Louis, grattandosi la nuca. «Foreshadow è un Naru legato alla percezione sensoriale. Non è vera e propria preveggenza, ti consente di vedere le cose nella loro versione futura. Guardandoti allo specchio potresti visualizzare il tuo aspetto tra quarant'anni, ad esempio, oppure conoscere il luogo dove lo specchio verrà spostato, le persone che lo utilizzeranno e via dicendo. Il punto è che il Sihir entra in connessione con ciò che stai osservando in quel momento, perciò senza vista è inutilizzabile: non puoi vedere alcun futuro se non puoi... beh, vedere

«È possibile che lo Sblocco abbia curato la sua cecità?» chiese Sabrina. L'offesa che aveva contratto il viso fu rapida a svanire, lasciando il posto alla concentrazione. «Se un Axi si risveglia come Chimera, qualsiasi ferita si rimargina durante il processo di mutazione. Non è raro che crescano nuovi arti, occhi, branchie... Si tratta di un processo molto differente dallo Sblocco di un Naru, ma ho studiato che i parallelismi tra Kimse e Dotai sono più di quanti si potrebbe pensare. Ho approfondito solo i primi, ma... Chissà. Forse, trattandosi di un Naru così legato alla vista, il Sihir ha agito per porre rimedio.»

«Questo è... molto interessante, in effetti.» Brycen riprese in mano il taccuino vuoto, ignorando lo schema del Consiglio per concentrarsi sulla pagina ancora intonsa. Era più veloce a tracciare rune che lettere, perciò cominciò a tracciare una parola in zimeo dietro l'altra. «Il Naru protegge il suo Dotai, ma non conosciamo realmente i limiti di questo funzionamento. Il Sihir regola l'omeostasi del mio organismo in modo perenne, non solo in caso di necessità; non è da escludere che il concetto di protezione si possa estendere anche al corretto funzionamento del—»

"Per i colori di Beyled, concentrati!"

Brycen lasciò cadere la penna sul tavolo, passandosi una mano sul viso. «No, scusate, mi sto allontanando di nuovo dal fulcro del discorso. Per rispondere alla tua domanda, Sabrina: no, il Sihir non ha donato la vista alla Santa Velaj. Ritengo che non vi fosse nulla da guarire, in realtà. La mia teoria è che non sia mai stata cieca.»

Un secondo taccuino venne aperto sotto gli sguardi confusi di Louis e Sabrina. Brycen li vide seguire con gli occhi le sue dita mentre indicava loro i capoversi su cui concentrarsi, e le rughe sulle loro fronti si facevano più marcate a ogni parola.

«Vedeva la realtà per ciò che era e ciò che sarebbe potuta essere, sebbene i suoi occhi fossero velati di nebbia. È una frase che viene ripetuta più volte in diversi testi dell'epoca» proseguì Brycen, accarezzando con le dita le rune che aveva ricopiato e tradotto negli appunti. «La locuzione occhi velati di nebbia oggi si utilizza per riferirsi all'occhio reso torbido e opaco dalla cecità, ma sembra che abbia assunto questo significato solo nella seconda metà del Primo Millennio.

«Se si analizzano i diari e le scritture dell'epoca, non viene posta alcuna enfasi sulla sua presunta cecità della Santa Velaj: ad esclusione di questa espressione, non si trovano riferimenti né diretti né indiretti. Persino nei dibattiti riguardo alla natura benedetta, l'attenzione viene posta sugli occhi, non sulla vista. Ritengo che sia stato il colore a trarre in inganno, doveva essere una tonalità molto chiara, forse bianco o azzurro ghiaccio, che avrebbe facilmente ricordato l'aspetto di un occhio cieco se la sua pupilla fosse stata grigia.»

Sollevò lo sguardo verso Louis. Brycen vide i suoi occhi sgranarsi, il lavanda chiaro e brillante dell'iride che sotto il sole non si distingueva dal puntino argenteo che era la pupilla. Dalle labbra serrate non venne fuori alcun commento. Sembrava aver smesso persino di respirare, la sua espressione pietrificata dallo stupore in una serietà che non gli apparteneva.

«Brycen.» Sabrina lo chiamò con la voce leggera che si userebbe per rivolgersi ad un bambino, offrendo un sorriso incredulo. «Stai suggerendo che la Santa Velaj fosse kautiana?»

Brycen deglutì, la gola improvvisamente secca. Il collo era così rigido che annuire gli costò fatica, ma lo fece; se avesse permesso al coraggio di abbandonarlo di fronte ai suoi amici, come avrebbe potuto esporre quelle teorie a un estraneo?

Non importa quanto sia giusto ciò che dici, gli aveva detto Chloe, nessuno ci crederà se tu stesso sembri non esserne sicuro. Devi essere convincente, proprio come alla Corte di Andromeda.

Brycen non aveva idea di come forzare quell'atteggiamento, ma era sicuro delle sue teorie. Le aveva lasciate decantare per tre mesi, analizzando ogni runa delle antiche scritture e scandagliando i paragrafi alla ricerca di qualunque indizio provasse il contrario.

«Non ci sono notizie sulla vita di Velaj prima che venisse osannata come Santa» disse Brycen, tenendo gli occhi fissi in quelli di Sabrina. Riusciva a leggere il suo disappunto nel modo in cui increspava le labbra, ma non le lasciò tempo di schiuderle. «In quanto donna, i documenti ufficiali dovrebbero riportare la sua famiglia d'appartenenza e la sua città di nascita, ma entrambe le informazioni sono assenti. Se fosse kautiana, però, sarebbe comprensibile: nel Primo Millennio erano ancora una popolazione nomade, a Zima erano slegati da qualsiasi tribù e privi di cognome.»

Brycen aprì l'ultimo taccuino, una manciata di fogli raccolti nella più basilare delle rilegature jiyane. Le pagine erano abitate da scritte frenetiche, lontane dalla grafia ordinate con cui aveva vergato gli altri due blocchi di appunti. Macchie di inchiostro sporcavano il foglio, parole e date erano cancellate, corrette, sottolineate; alcuni cerchi evidenziavano interi periodi con linee sottili, graffiate dalla punta metallica sfregata con troppa foga sulla carta.

«Prima della fondazione di Kautia venivano chiamati semplicemente Bestsvetnyy, Senza Colore: il termine è nato quando anche a Zima i kautiani cominciarono a essere emarginati e spinti all'esodo, ma si tratta di un accadimento risalente ad almeno sei secoli dopo la nascita della Santa Velaj. Non credo che la coincidenza temporale sia un caso. Qualcuno deve aver pensato che sarebbe stato sconveniente ricordare che la più grande sacerdotessa beyledista appartenesse a un popolo di reietti, perciò le parole hanno assunto significati differenti e il reale collegamento si è perso col passare del tempo.»

Sabrina rise di un'ilarità nervosa che nascose dietro una mano insieme alla bocca. «Zut! Scusa, ma tutto questo va oltre i limiti dell'assurdo. L'incompatibilità tra i kautiani e il Sihir è una questione genetica scientificamente provata, una delle poche certezze nella sihirlim.»

«Ed è per questo che rappresenta la prova perfetta.» Brycen drizzò busto e spalle. «Rifletti insieme a me: la Santa Velaj vedeva il futuro, questo è stato accertato, ma qualcosa ha convinto le tribù che fosse frutto di un miracolo e non di un Naru. L'hanno riconosciuta all'unanimità come vessillo di Beyled, rinnegando gli antichi Dèi e accettando di diventare un solo popolo dopo secoli e secoli di guerre. Ne erano così certi che fu necessaria soltanto una frase, occhi velati di nebbia.

«Eppure, come facevi notare tu stessa, è una giustificazione molto debole; nessuno, a quel tempo, sapeva che Foreshadow fosse legato alla vista. Hai sentito Louis, la sihirlim non era neppure una scienza. I Naru non venivano ancora studiati, non avrebbero avuto modo di sapere che una tale combinazione era impossibile. Non avevano dati neppure per immaginarlo.

«Ma sapevano che chi possedeva le pupille grigie non poteva essere un Dotai. Non avevano idea di cosa fosse il Gene 570, ma nessun kautiano ha mai sviluppato abilità, neppure la percezione del Sihir, ed era già noto che bere Acqua di Sihir scatena in loro una reazione simile a quella allergica. Ecco perché era così importante sottolineare come fossero i suoi occhi: di fronte a una kautiana che distrugge l'unica certezza sui Naru posseduta fino ad allora, chi non avrebbe gridato al miracolo?»

«Brycen, fermati. Stai ragionando al contrario.» Sabrina posò una mano sul dorso della sua, stringendola con gentilezza. «Ascolta, so che questo è un argomento molto importante per te. Riesco a malapena a immaginare la mole di lavoro che hai svolto, ma... Mon cher, questa può essere al più la trama di uno dei romanzi fantastici di Chloe. Tutti i collegamenti che riesci a trovare non cancellano il fatto che il Gene 570 inibisce lo sviluppo di un Naru. Non è un dettaglio che puoi permetterti di ignorare, non importa quanto perfetta sia la storia che riesci a ricamare sopra.»

«Ne sono perfettamente consapevole, per questo sono qui a parlarne con voi. Sono uno studioso, non uno scienziato. Non ho sufficiente competenza nello studio della genetica per affermare di sapere di cosa sto parlando, ma voi .» Brycen chiuse la mano di Sabrina tra le sue, inspirando a fondo. Occhieggiò verso Louis, ma i suoi occhi erano distanti, persi in chissà quali pensieri. Era offeso? Sconvolto? Brycen non sapeva decifrare la sua espressione, ma sembrava che l'amico non li stesse neppure ascoltando. «Se fosse vero, molti degli interrogativi relativi alla vita della Santa Velaj verrebbero risolti. Se si riuscisse a comprendere in che modo abbia eluso l'incompatibilità del Gene 570, forse potrebbe essere possibile dimostrare che era una Dotai. Dal canto mio, tutto ciò che ho potuto fare è stato valutare che ci fossero basi storiche e logiche prima di sottoporvela, perciò a voi chiedo: esiste una possibilità, seppur minima, che il Gene 570 abbia... fallito, in un certo senso? Che si sia manifestato negli occhi pur coesistendo con un Naru?»

«No, Brycen. Mi dispiace.» Sabrina sospirò. «Forse la Santa Velaj aveva solo una qualche difformità oculare. La leucocoria rende bianca la pupilla, ad esempio, se non erro non colpisce solo gli animali. I Dotai sono immuni a molte malattie, ma—»

«Il Gene 570 viene ereditato con una percentuale del 100%» disse Louis, un mormorio così sottile che Brycen riuscì a malapena a distinguere le parole. «Risalire alla sua famiglia sarebbe sufficiente. Se uno dei suoi genitori o dei suoi antenati era kautiano, lo era per certo anche lei.»

Brycen boccheggiò. Non ricordava di aver mai visto l'amico così serio: era professionale quando svolgeva il suo tirocinio al Centro di Ricerca, ma il suo sguardo non era mai stato così concentrato. Non aveva ancora alzato gli occhi, tenendoli fissi sui taccuini. Ora che guardava le sue mani, Brycen notò che le dita stavano tremando.

«La Santa Velaj ha avuto figli?» chiese Louis, sibilando la esse più del solito.

«No, le Sacerdotesse di Beyled restano vergini per la vita. Ogni zarina viene eletta dal Consiglio.»

«Allora non è così assurdo pensare che il suo gene sia andato perduto.»

Sabrina si accigliò. «Il suo gene, Louis? Di che diamine stai parlando?»

«La nostra è un'anomalia genetica, Sabri. Per quel che ne sappiamo, possono essercene state altre nel tempo che non sono sopravvissute ai giorni nostri, ad esempio perché non si aveva alcuna prole a cui trasmetterla.»

«Dunque è un sì, Louis?» chiese Brycen, entusiasmo e incertezza che si mescolavano nel suo stomaco. Li sentiva scalpitare al punto che non riusciva a respirare. «Credi che la mia teoria sia verosimile?»

«Una mutazione del Gene 570 sarebbe un caso unico nel suo genere, e la possibilità che si sia sviluppata in un Dotai è ancora più improbabile» Louis incrociò il suo sguardo. Sorrise. «Ma non è impossibile.»

«Non posso crederci! Ragazzi, questa è fantascienza. Ve ne rendete conto, oui?» Sabrina incrociò le braccia al petto, il tono offeso e gli occhi furenti sotto le sopracciglia aggrottate. «Mi aspettavo un po' di raziocinio almeno da parte tua, Louis: speculazioni simili non hanno alcun valore, dovresti saperlo.»

«Poco fa hai supposto che fosse stato lo Sblocco a guarire la Santa Velaj» ribatté lui. «Quella non era una speculazione?»

«Sì, ma basata su dati oggettivi, con delle fondamenta concrete.»

«Le ho anche io. Il dottor Norbait credeva che fosse possibile risolvere la nostra incompatibilità proprio perché di natura genetica, ha cominciato i suoi studi con in mente quest'obiettivo.»

«E ha fallito.»

«E questo chi lo dice? È scomparso lui, i suoi collaboratori e tutte le ricerche, senza parlare del laboratorio esploso e dei Glitza sparsi per il mondo. Sappiamo così poco del suo lavoro, non abbiamo idea di dove realmente si siano spinte le sue scoperte.»

«Santo il sole e tutte le stelle, Louis! Da quando sei diventato un complottista?»

«Sto solo dicendo che non possiamo darlo per certo, perché non abbiamo tutte le risposte» si lamentò lui, incrociando le braccia al petto. «Sappiamo che c'è un gene che inibisce il Sihir, ma sappiamo anche che i geni mutano. Ammettilo, non è così assurdo.»

Brycen serrò le labbra, sentendo tendersi i muscoli delle spalle. Ora lo stomaco era agitato dal nervosismo, e una sottile patina di disagio lo avvolgeva da capo a piedi. Avrebbe dovuto sedare il battibecco? Il suo istinto gli suggeriva di dare manforte a Louis, ma sarebbe stato un intervento troppo parziale. Voleva che avesse ragione lui. Ne aveva bisogno. Verità e desiderio, però, non sempre coincidevano.

E il dottor Norbait... Quello era un argomento su cui aleggiavano più leggende che certezze. Gli unici risultati delle sue ricerche che erano sopravvissuti erano la scoperta del Gene 570 e la creazione dei Glitza, oggetti incantati di Sihir in grado di Sbloccare un Naru latente in modo controllato – artefatti che tuttavia erano andati perduti insieme al metodo per crearli, lasciando di loro solo il ricordo e la speranza di ritrovarne qualcuno.

Quand'era ragazzo, Brycen aveva scambiato ben dodici Pietre di Sihir per appropriarsi di un libro che menzionasse il suo lavoro. Un uomo di scienza, che non solo aveva studiato i Dotai, ma che aveva scoperto il segreto per risvegliare i loro Naru: non c'era da stupirsi se il suo nome fosse stato proibito a Zima.

«Facciamo finta per un attimo che tutto questo abbia una qualche parvenza di senso, solo perché vi voglio bene.» Sabrina si massaggiò le tempie in un lento sospiro, facendo tintinnare i bracciali rigidi che aveva ai polsi. «Tu hai un approccio metafisico alla realtà, Brycen, ma qui parliamo di scienza. Una teoria scientifica dev'essere falsificabile per essere ritenuta tale. Come avresti intenzione di dimostrarlo? Cosa potrebbe confermare o smentire la tua tesi? Parliamo di una donna vissuta oltre duemila anni fa.»

«Temo di non avere una risposta a questo. Si tratta di qualcosa che è completamente al di là del mio campo di studi, me ne rendo conto.» Brycen sospirò, chinando il capo. Lasciò vagare lo sguardo sui suoi appunti, sulle centinaia di parole che aveva freneticamente redatto negli ultimi mesi. Parole vuote, se non fosse riuscito a provarle. «Pensavo che analizzare gli antichi testi con questa nuova consapevolezza potesse essere un buon punto di partenza. Potrebbero esserci dettagli interessanti, sfuggiti a chi non sapeva cosa cercare, e so di aver raschiato solo la superficie in questi mesi. Posso scavare ancora più a fondo: se riuscissi a formulare una teoria abbastanza convincente da ottenere una pubblicazione, forse potrei incoraggiare ricerche sull'argomento.»

«Posso darti una mano sul lato scientifico, ma non sono un esperto» disse Louis. «Dovresti parlarne con il Professor Drumainn. È un genetista, un luminare del settore. Ha un caratteraccio, ma se c'è qualcuno in grado di aiutarti, è lui.»

Sabrina schioccò le labbra, liberando uno sbuffo ilare. «L'assurdo nell'assurdo! Drumainn non vorrà neppure ascoltarlo, figurarsi prendere in considerazione l'idea di aiutarlo.»

«Valuterò l'idea di fare almeno un tentativo, ma temo sia ancora prematuro» intervenne Brycen, appuntando quel nome sul taccuino per non dimenticarlo. «Ci proverò quando sarò riuscito a convincere Sabrina a concedermi almeno una possibilità.»

«Mi spiace, ma non credo che Chloe sarebbe d'accordo» scherzò lei, liberando uno sbuffo divertito. Si umettò le labbra, alternando lo sguardo su di loro: Louis la guardava con gli occhi speranzosi di un bambino, carico di un entusiasmo che Brycen non credeva di riuscire a trasmettere.

Non è impossibile.

Quella frase era sufficiente a scaldargli il petto, irradiando energia in ogni muscolo del corpo. Era una speranza così sottile, eppure emanava una tale luce che Sabrina finì per sospirare, sollevando le braccia in segno di resa.

«Va bene, d'accordo. Volete fantasticare? Fatelo. A questo punto non credo di riuscire a farvi cambiare idea in ogni caso» disse, infilzando la forchetta in ciò che restava del polpettone. «Spero almeno che siate consapevoli del fatto che le probabilità sono contro di voi: al 90% non troverete modo di determinare se sia vero o no, e al 9,99% la tesi si rivelerà errata.»

«Ci lasci lo 0.01%? Non pensavo fossi così generosa» sghignazzò Louis.

«Va bene così» disse Brycen, distendendo le labbra. «So di avanzare lungo il filo sottile che separa la realtà dall'assurdo, ma per adesso mi è sufficiente sapere che una possibilità esiste. E per questo vi ringrazio. Entrambi.»

Forse era davvero una follia. Forse non avrebbe ottenuto altro che la conferma dei suoi errori, o forse avrebbe cercato per tutta la vita e sarebbe morto senza trovare la risposta. Forse non sarebbe cambiato nulla e i suoi sforzi sarebbero stati inutili. Forse avrebbe continuato ad accumulare ponderazioni, analisi e ragionamenti senza trovare una conclusione per nessuno di essi, incapace di concretizzare il suo pensiero.

Ma anche se non era uno scienziato, era uno studioso. Un forse non l'avrebbe più fermato.


Ed ecco spiegata l'importanza della rivelazione avuta da Brycen alla festa! Una cosetta da nulla, insomma 👀 Sabrina e Louis hanno entrambi un approccio scientifico, ma la prima è più tipo da "applicazione" mentre il secondo da "ricerca", che poi si rispecchia nelle professioni che hanno scelto di intraprendere.

A Brycen comunque è sufficiente sapere che la sua speranza non è vana per andare avanti ♥


Louis Kalyvaz

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