Capitolo 19 - Eredità
Il qípáo che Chloe aveva deciso di indossare per vestire i panni di Shiori era molto diverso da quello tradizionale. Aderente e corto fino a metà coscia, il rosso della seta era troppo vivido e i ricami dorati troppo appariscenti. Nessuno a Jiyu avrebbe indossato un simile modello, i più si sarebbero dichiarati offesi dalle influenze della moda estera, ma a Sayfa erano in pochi a conoscere e comprendere le differenze. Era denigrante, ma la maggioranza della popolazione associava Jiyu a quei colori sgargianti e alle linee armoniose e seducenti, perciò quell'abito era più conforme alle loro aspettative.
Chloe aveva incastrato uno spillone tra i capelli della parrucca nera per raccoglierli in una crocchia bassa, truccando il viso non più del necessario – fondotinta bianco per il viso, matita nera ad affilare gli occhi. Doveva mostrare un abbigliamento ordinario, lontano dall'ostentazione che aveva sfoggiato al Gala: quello con Tertius sarebbe stato un rapido e casuale incontro, per valutare la sua reazione e decidere come agire.
Lo seguì mentre passeggiava per le vie di Mehtap in compagnia di un gruppo di amici. Erano tutti rampolli di ex famiglie nobili e conoscevano Tertius da molti anni. Chloe aveva appreso i loro nomi e delineato le loro personalità, come aveva fatto con tutte le persone vicine all'ex principe, ma non sembravano possedere nulla fuori dall'ordinario. Tertius era più spontaneo in loro compagnia, così Chloe li aveva osservati a lungo, ma le speranze di ottenere informazioni utili dai loro incontri si era assottigliata fino a svanire. Si dedicavano a divertimenti frivoli e chiacchiere così banali che Chloe riusciva ad anticiparne le battute, lasciando fuori sia la politica che qualsivoglia argomento di spessore.
Memorizzare le loro abitudini era stato utile, però: alle diciotto in punto, con il sole avviato verso il tramonto, il gruppetto si mosse per tornare alle proprie vetture – automobili roumberghiane senza tettuccio, il cui vistoso sistema di ingranaggi e tubature attirava gli sguardi curiosi dei passanti.
Chloe seguì il gruppetto a distanza, nascosta tra i vicoli, tenendo il passo con i suoi portali finché non raggiunsero la piazza. Scivolò all'interno di una carrozza vuota, accucciandosi nell'abitacolo mentre Tertius salutava i suoi amici. Attese che cominciasse a camminare, diretto verso l'automobile bianca che il suo autista aveva parcheggiato poco distante. Un passo, due, tre; poi aprì lo sportello con urgenza, bloccando la sua avanzata.
«Mi dispiace! Le ho fatto male?» Chloe trasalì, precipitandosi giù dai gradini. Spalancò gli occhi e mimò una sorpresa imbarazzata nell'incrociare il suo sguardo.
Tertius sfarfallò gli occhi, liberando uno sbuffo ironico. Era sorpreso di vederla, ma sembrava anche... sollevato? I pettegolezzi sul loro conto dovevano aver raggiunto l'effetto sperato.
«Non si preoccupi, non mi ha neppure sfiorato» disse, ammorbidendo il tono. A Chloe non sfuggì il modo in cui si guardò attorno, assicurandosi di tenere la voce ben alta. «Sono lieto di rivederla, Shiori. Temevo che aveste già abbandonato la città in favore della Capitale.»
«Non ancora» borbottò, rendendo vibrante la sua voce. «Ho rimandato la partenza al mese di Cancer, e... Oh, mi dispiace. Non dovrei essere qui. Le chiedo scusa!»
Si voltò, afferrando la maniglia interna dello sportello per issarsi all'interno dell'abitacolo. Se Tertius l'avesse lasciata andare sarebbe stato un problema, ma si comportò come previsto: la chiamò in un sussulto affannato, afferrandole il braccio più vicino.
«La prego, mi permetta di spiegare» disse, il tono più cauto. La sua presa però non lo era, la stringeva con fermezza e il polso rigido che mostrava le vene in rilievo. Non ti lascerò andare di nuovo, sembrava suggerire il suo sguardo, anche se il suo tono era dolce come pasta di zucchero.
Chloe avrebbe voluto torcergli il polso e spezzarglielo. Se pensava a come si sarebbe concluso il gala se al suo posto ci fosse stata la vera Shiori – una ragazza spaventata e confusa, che non sapeva come liberarsi dalla simile presa – sentiva la rabbia consumare le pareti del suo stomaco, mescolandosi al disgusto. Forse avrebbe dovuto lasciare che quel pettegolezzo si diffondesse; avrebbe dovuto alimentarlo, così che Sayfa sapesse chi era il principe a cui stavano affidando le loro voci. Chloe lo avrebbe fatto.
"Ma non puoi esserlo, adesso" ricordò a se stessa, mordendosi l'interno della guancia. La sua missione era osservare, sorvegliare, investigare: doveva raccogliere informazioni, nient'altro. Così distese le labbra, scendendo piano i gradini.
L'espressione di Tertius si ammorbidì, e così la sua stretta.
«È una fortuna averla incontrata. Desideravo parlarle, quella sera è fuggita così in fretta che non ho avuto modo di scusarmi per il mio comportamento.»
«Lei, scusarsi?»
«Per averle recato offesa. Ho frainteso il suo comportamento, sono profondamente dispiaciuto per quanto successo.»
Era la stessa persona che aveva negato di aver tradito Gerogette LeFevbre persino di fronte all'evidenza? La stessa che aveva interpretato il ruolo della vittima pur di non ammettere i suoi errori, così da preservare la sua immagine come immacolata?
Chloe si aspettava che reclamasse le motivazioni di quel rifiuto, persino che cercasse di far scivolare ogni responsabilità su di lei – ma delle scuse? Chiedere perdono implicava un'ammissione di colpa. Tertius non era il tipo di persona disposto a farlo... A meno che non avesse qualcosa in mente. Aveva offerto quel pentimento solo alle sue orecchie, dopotutto.
«Io... Oh, sono mortificata. Non è lei a doversi scusare, ma io.» Chloe liberò un sospiro drammatico nel chinare il capo. «Non ha frainteso, è che... Vede, io... io sono fidanzata.»
Tertius sollevò le sopracciglia in un mormorio di comprensione. Non c'era menzogna migliore della verità. Era sufficiente scegliere quale lato dell'intreccio mostrare.
«Le assicuro che quanto accaduto quella sera resterà un nostro segreto» dichiarò Tertius in un sorriso complice, la voce ridotta a un sussurro. «Mentirei se dicessi di non essere affascinato da lei, Shiori. L'affinità tra noi era difficile da ignorare... Suppongo che per lei sia stato lo stesso. Non deve preoccuparsi, non la giudico per quanto successo tra noi.»
«La ringrazio per la comprensione, Onorevole.»
«Tertius» la corresse. Accettava ancora quella confidenza, dunque: non le aveva ancora concesso il "tu", ma era sufficiente. «Non era mia intenzione mancare di rispetto a lei o al suo fidanzamento. Mi conceda di invitarla a pranzo per rimediare. Che sia un nuovo inizio per suggellare la nostra conoscenza, nella speranza di una futura amicizia.»
"Amicizia!" Chloe si trattenne dal ridere. Invece si umettò le labbra, sorridendo di falso imbarazzo. «Ne sarei onorata.»
Tertius formalizzò il suo invito due giorni dopo. La accompagnò in una lunga passeggiata mattutina lungo il Parco delle Pleiadi, per farle visitare il più grande spazio verde della città – Chloe riteneva piuttosto che fosse per sedare i pettegolezzi, mostrandosi in buoni rapporti con lei – e la scortò in auto a Villa Augusta, dove avrebbero consumato il pranzo.
Emilia Fabula Lunae, l'ex imperatrice, non era in casa. Come ogni Lunares, trascorreva ore a pregare di fronte alle candele dei suoi cari, custodite nel Luminorum della cappella. L'ex principessa Marzia era presente, ma non si preoccupò di porgere i suoi saluti né avrebbe pranzato insieme a loro. Quello era nella norma: raramente i Lunae condividevano i pasti, nonostante i tentativi di Emilia di trascorrere più tempo come una vera famiglia. Tertius aveva pochissimi contatti persino con sua zia e sua cugina, che si erano trasferite in pianta stabile nella residenza estiva subito dopo la nascita della repubblica.
Chloe aveva indossato un raffinato hanfu azzurro di seta organza, acconciando i capelli neri della parrucca con fermagli dorati e fiori, ma la sua bellezza sfigurava di fronte alla maestosità della sala da pranzo. Il massiccio tavolo intarsiato sembrava ancora più lungo con soli due coperti, ma era stato decorato nella sua interezza con centrotavola floreali e candelabri sottili. Erano le luci al Sihir che illuminavano la stanza in giorni nuvolosi come quello, ma un lucista non avrebbe mai rinunciato all'ardere di un fuoco.
Decorazioni arzigogolate di legni e metalli si susseguivano sulle pareti, alternando gli altorilievi fogliformi ai motivi ispirati alla volta celeste, tracciando costellazioni luccicanti sulle colonne. Eppure, nel tripudio di bianco, argento e blu che dominava la sala, a spiccare non erano la tavola imbandita o i lampadari di cristallo che pendevano dagli alti soffitti, bensì il ritratto di famiglia che troneggiava al centro della parete nord, un dipinto alto due metri e mezzo racchiuso in una spessa cornice di platino e avorio.
I domestici accompagnarono Tertius e Chloe a ogni passo, scortandoli al tavolo. Scostarono dapprima la sedia dell'ex principe, seguendo le antiche regole imperiali: solo dopo che lui ebbe preso posto a capotavola si premurarono di offrire posto anche a lei, alla sua sinistra come da galateo.
Un violinista con il naso sottile da lasyardeo fece il suo ingresso, cominciando a suonare un'aria leggera. Subito dopo, camminando a ritmo di quelle note allegre, domestici vestiti di grigio e blu servirono il primo antipasto, una soffice spuma bianca in crosta dorata, e riempirono i loro calici di vino bianco.
Chloe sfiorò le forchette con le dita, senza afferrarne alcuna. Erano dieci in tutto, se si escludeva quella con tre lembi dedicata al dolce. Troppe, persino per i canoni imperiali. Tertius ne aveva fatta predisporre una per ogni portata o aveva solo intenzione di confonderla?
«Suppongo che a Jiyu la scelta sia più elementare.» L'ex principe allungò un sorriso mellifluo, afferrando la prima forchetta sulla sinistra. Le mostrò persino come reggerla, anche se l'aveva vista usare posate sayfane al gala. «Forse si sente maggiormente a suo agio con le bacchette?»
Chloe scosse il capo, mordendosi la lingua per non rispondere. Riusciva a leggere lo scherno dietro quella falsa cortesia, talmente viscida da farle formicolare la pelle.
«Non abbiamo mai discusso della sua partenza, signorina Shiori.» Tertius, addentò il primo boccone. Solo allora Chloe si azzardò a fare lo stesso, sotto lo sguardo attento dei domestici posti in fila di fronte a lei. «Dov'è che siete diretta?»
«Sirio. Vorrei aprire un'erboristeria tradizionale in cui preparare Rimedi.»
«Dunque avevo ragione nel supporre che amate le piante.»
Tertius liberò un soffio divertito. I suoi occhi tradivano una punta di malizia, continuando a fissarla: voleva metterla in imbarazzo, spingendola a tornare con la mente alla sera del gala, al giardino dei fiori di luna e a tutto ciò che era seguito a quel commento. Chloe abbassò dunque lo sguardo, assecondando il suo gioco.
«È l'attività di famiglia» balbettò. Notò con la coda dell'occhio che il sorriso di Tertius si era fatto più vispo, colorandosi di una soddisfazione sfacciata. «Le mie sorelle si occuperanno dei negozi che abbiamo a Paixin, perciò ho pensato di potermi spingere oltre i confini. A Sayfa le erboristerie jiyane sono ancora molto rare.»
«Una splendida idea, mi lasci dire. Conosco persone disposte a pagare ingenti somme per un Rimedio jiyano. Mia sorella, ad esempio, si priverebbe di ogni suo avere pur di ottenere il segreto della Fonte dell'eterna bellezza.»
«Oh, quella è solo una leggenda.»
«Ma dev'esserci un fondo di verità, dico bene? Il suo è un fascino straordinario, signorina Shiori, dev'essere certamente frutto di un qualche segreto.»
Chloe liberò una risata leggera, sollevando il calice per bagnarsi le labbra. Gli accenni fruttati erano un ottimo accostamento per il sapore delicato della mousse, a base di panna e orata – rarità per un menù di Hedea, famosa per il vino rosso e la selvaggina. I palati sayfani preferivano la carne, ma si poteva dire l'opposto per quelli jiyani. Una cortesia nei suoi confronti?
Shiori l'avrebbe creduta tale. Lei avrebbe scambiato per gentilezza le minuziose spiegazioni di Tertius sulle portate e sul vino, il modo in cui illustrava il modo corretto per mangiare, tutti quei complimenti ai cuochi sulla bontà dei piatti.
Chloe, però, leggeva le sfumature. Vedeva il bagliore di superbia nello sguardo di Tertius quando presentava un menù d'eccellenza come fosse qualcosa di ordinario, il modo in cui si prendeva gioco della sua presunta ignoranza, l'indifferenza con cui faceva cenno ai domestici di ritirare i piatti anche se lei non aveva finito di mangiare, fingendo di non notare i resti nel suo piatto. C'era ancora quella galanteria nei modi che aveva sfoggiato al loro primo incontro, l'eloquio lusinghiero e mellifluo, ma il suo sguardo nascondeva una lama affilata dietro la cordialità del suo sorriso. Mancava la sensualità con cui si era rivolto a lei, quella morbidezza del tono e dei gesti: gli occhi si concedevano di ammirare il suo corpo con la stessa lussuria, ma con più sfacciataggine. Non erano più sguardi vellutati di silente apprezzamento, ma occhiate graffianti che speravano di metterla a disagio.
Come il satellite da cui la sua famiglia prendeva il nome, Tertius mostrava la radiosa facciata di un'illusione, nient'altro che un mero riflesso. Guarda, sembrava volerle dire, osserva ciò a cui hai rinunciato. Questo è tutto ciò che avresti potuto ottenere.
"Come se avessi permesso a Shiori di avere tutto questo" pensò Chloe. "Non sarebbe stata altro che l'ennesimo giocattolo da abbandonare non appena ti fossi annoiato."
Gentilezza? Cortesia? Si stava solo pavoneggiando con lei. Forse i pettegolezzi sul loro conto non avevano per lui alcuna importanza; voleva tenere Shiori al suo fianco solo per il gusto di stuzzicarla e farla pentire del suo rifiuto, nient'altro che un'infantile ripicca.
Viziato, vanesio e superbo. Ancora una volta la prima impressione di Chloe si era dimostrata corretta.
I dolci erano appena stati serviti quando una domestica fece il suo ingresso in sala. Fabiana – Chloe la riconobbe anche se teneva i ricci neri nascosti dietro una cuffietta bianca – avanzò a piccoli e rapidi passi verso Tertius, sollevando le gonne in un inchino.
«Chiedo perdono per l'interruzione, Vostra Grazia. Mi manda sua sorella, ha necessità di parlare con lei.»
Le labbra di Tertius divennero una linea sottile. Le piegò in un sorriso, ma lo sguardo affilato tradiva il suo fastidio. «Sono in compagnia di un'ospite importante, riferisci a Marzia che la sua necessità dovrà attendere.»
La domestica sollevò lo sguardo verso Chloe, scoccandole un'occhiata tagliente. La sua gelosia era così bruciante da arrossarle le gote. I suoi incontri privati con l'ex principe non si erano interrotti dopo lo scandalo con Georgette, ma Tertius le rivolgeva a malapena lo sguardo fuori dalle camere del terzo piano.
«Mi ha chiesto di insistere, Vostra Grazia. È urgente.»
«Lo ripete costantemente, eppure non lo è mai» si lamentò Tertius, allungando un sorriso ironico per smussare il suo fastidio. «Le mie scuse, signorina Shiori. Gusti pure il dolce, tornerò nel minor tempo possibile.»
Chloe si rigirò la forchetta tra le dita, osservando i domestici in tralice. Fabiana era andata via con Tertius, ma gli altri erano rimasti immobili nelle loro posizioni, schiene dritte e mani dietro la schiena, la guardavano senza guardarla, così come lei studiava loro. Era stato Tertius ad assumerli, sostituendo poco a poco l'intera servitù con personale di sua scelta; a Chloe era sembrato sospetto, eppure non aveva riscontrato alcuna anomalia – se non che erano tutti giovani di bell'aspetto, sia uomini che donne, con la pelle olivastra e i tratti marcati tipici di Hedea. Quella selettività aveva però un valore solo marginale per l'Ordine, fintanto che restava nelle mura di Villa Augusta.
Un sospiro scivolò via dalle labbra di Chloe. Abbandonò la forchetta accanto al piatto intonso e si alzò, avvicinandosi al ritratto di famiglia che troneggiava su di loro. L'aveva osservato così a lungo, durante le sue perlustrazioni, da ricordare a memoria ogni dettaglio.
L'imperatore Osvaldus I occupava la parte centrale, in piedi di fronte al trono. Una figura imponente dal viso squadrato e il ventre ampio, con la corona argentea sul capo e un lungo mantello blu sulle spalle larghe, in contrasto degli abiti grigi resi lucenti dalla foglia argento. La folta barba bianca nascondeva le labbra e rendeva la sua espressione ancora più arcigna, eppure quel viso era distante dal ghigno sadico e crudele con cui l'Imperatore Folle veniva raffigurato. Al suo fianco, l'Imperatrice Lucrezia e la figlia Adriana – poco più che adolescente – sembravano ancor più minute, sebbene l'ex principessa avesse ereditato la robustezza dal padre. Il pittore le aveva collocate un gradino più avanti, con le gonne vaporose che nascondevano le gambe del sovrano, eppure le due donne sembravano svanire al cospetto di quella presenza così autoritaria. Sulla destra era raffigurata Valeria, la sorella minore, che sfoggiava già le lunghe vesti da Lucilla. Il terzo fratello, Augustus, era stato dipinto sulla sinistra di fianco a sua moglie Emilia, con i figli Julius e Marzia di fronte a loro. Tertius sostava nel gradino più alto, a fianco del trono. Nei ritratti imperiali quello era il posto riservato all'erede, ma il pittore doveva essersi concesso quella libertà per riequilibrare la composizione, dato che Osvaldus non ne aveva uno.
«So cosa sta pensando» disse Tertius. Chloe lo vide varcare la porta con la coda dell'occhio, ma non si voltò. Lasciò che la raggiungesse, fingendo di accorgersi di lui solo quando aveva ormai raggiunto il suo fianco. «Perché tiene esposto il quadro di un uomo così terribile? Prego, lo domandi pure.»
«Non volevo essere scortese.»
«Tutti lo chiedono, prima o poi.»
Chloe arricciò il naso. Se avesse voluto rassicurarla avrebbe dovuto dire non è scortese, oppure non preoccupatevi.
«Vede, questo ritratto fu dipinto nel mese di Caper del 493» proseguì Tertius, indicando l'angolo in basso a destra del dipinto. La data era scritta sotto la firma dell'artista, camuffata tra i ghirigori che abbellivano la scalinata. «Mio fratello morì solo qualche settimana dopo.»
«Mi dispiace molto» sussurrò Chloe. «Se dovessi perdere una delle mie sorelle... Oh, mi sento triste solo a pensarci. Lei e sua sorella eravate così giovani... Dev'essere stato terribile.»
«È stato... difficile. La sua perdita ha scavato un vuoto più profondo di quanto chiunque avrebbe potuto prevedere. A volte temo che le conseguenze non smetteranno di perseguitare la mia famiglia...» Tertius arricciò il naso in un'espressione che era difficile associare al cordoglio – ma c'era della sofferenza, nel suo sguardo. C'erano rabbia e rimorso a scavare minuscole rughe attorno agli occhi e le labbra, curvate all'ingiù. «Appartiene al passato, ormai, ma questo è l'ultimo ritratto della famiglia Lunae al completo. Se anche vi fosse dipinta la Dama della Notte in persona, mia madre insisterebbe comunque per tenerlo.»
«È una bella cosa, no? La prova che l'amore sia più forte dell'odio.»
Tertius sembrò soppesare per qualche istante le sue parole, poi annuì. «È un bel modo di vederla.»
«È un magnifico ritratto, siete tutti splendidi. E l'imperatore Osvaldus...» Chloe posò lo sguardo sui freddi occhi dell'uomo, ritratto con i lunghi ricci color platino che ricadevano morbidi sulle spalle. Nel grigio perla che la fissava dall'alto, l'artista era riuscito a catturare il barlume di superba ambizione che aveva caratterizzato Osvaldus in vita. «Non sembra così...»
«Folle?» suggerì Tertius, sbuffando una risata amara. «Mio zio non era un folle, sebbene crederlo abbia reso più semplice spiegare quanto accaduto. Io lo ricordo bene, sebbene fossi ancora un bambino: era nel pieno delle sue facoltà mentali quando dichiarò guerra a Secim per conquistarla, tanto quanto lo era quando decise di annientarla. Era lucido tanto quanto lo erano i Generali che hanno condotto le operazioni e i cittadini che lo hanno appoggiato, tuttavia mio zio è stato il solo a pagarne il prezzo.»
Tertius infilò le mani nelle tasche, rivolgendole un'occhiata più dura. Il suo tono aveva assunto le sfumature severe di un rimprovero, e Chloe si ritrovò a deglutire.
"Lo sa?" si domandò, mantenendo neutra la sua espressione. "Sa che è stato l'Heiko Jun a uccidere l'imperatore?"
No, era impossibile. I Purificatori non avevano lasciato tracce del loro passaggio, e l'intero Ordine era trattato all'estero come una leggenda, racconti che mescolavano realtà e fantasia di tempi ormai passati. Era improbabile che Tertius credesse alla sua esistenza, figurarsi sapere che Shiori ne facesse parte; in effetti, ora che lo osservava meglio, quel fastidio non sembrava diretto verso di lei.
«Suppongo siate a Sayfa da troppo poco tempo per averlo notato, ma i più si comportano come se nulla fosse successo» proseguì Tertius. «L'Impero è caduto solo quattordici anni fa, eppure se ne parla come se fosse qualcosa di molto lontano, nient'altro che un ricordo distante e sfumato. In questo modo è più semplice dissociarsi dagli orrori dell'Inverno di Secim, dimenticare che sono stati i nostri padri, madri, fratelli e sorelle a combattere quella guerra. Decine di città rase al suolo, intere zone naturali distrutte, migliaia di civili uccisi... A nessuno piace ricordarlo. Si preferisce vivere nell'illusione che non faccia parte di noi, perciò si concentrano le colpe in un solo uomo, rendendo Hedea una povera vittima della follia del suo imperatore. Comprensibile, me ne rendo conto; mi domando tuttavia se ne abbiamo il diritto.»
«Non saprei dire. Deve scusarmi, ammetto di conoscere poco la vostra storia. Ero troppo piccola per ricordare.»
«Sia sincera, signorina.» Tertius abbassò il capo in un sorriso amaro. «In questo ritratto sono raffigurati due imperatori. Uno di loro, mio padre, è colui che ha volontariamente collaborato con la resistenza, ponendo fine al massacro di Secim e abdicando in favore della repubblica. Eppure sono certo che lei non si è soffermata su di lui un singolo istante, non è così?»
Chloe chinò il capo, tormentandosi la stoffa delle lunghe maniche. Questa volta nella voce dell'ex principe non c'era nessun rimprovero, solo una profonda amarezza. Nonostante la volontà di Augustus II di fare ammenda per gli errori del fratello, era stato ucciso pochi mesi dopo la sua rinuncia al trono. Alcune voci sostenevano si trattasse di una precauzione dei nuovi leader politici per rendere più stabile la repubblica, altri che fosse la punizione da parte di accaniti sostenitori dell'Impero per la sua debolezza, qualcuno vociferava persino che fosse opera del leggendario Heiko Jun.
Falso, naturalmente. L'Ordine dell'Equilibrio non uccideva innocenti, ma quello era un segreto che chiunque si guardava bene dal rendere noto fuori da Jiyu. La sua fama oltre i confini della penisola era fumosa e oscura, intrecciata a leggende di demoni, terrore e sangue. Era una reputazione necessaria: l'Ordine era onorato da chi venerava Edoi e Hun, ma servivano leve differenti dalla fede per ottenere rispetto da tutti gli altri. Se anche non temi gli Dèi, recitava una poesia, temi l'Heiko Jun.
«La colpa non è sua, Shiori» proseguì Tertius. «Le azioni di mio zio hanno maggiore rilevanza per la storia. Sono il suo nome e il suo volto che la nostra generazione associa all'Impero, non quelli del fondatore Julius I e neppure quelli di Marcus Il Conquistatore. Perciò, vede, era inevitabile che mio padre venisse dimenticato. Mia madre spera, in realtà, che accada lo stesso alla mia famiglia. Meglio divenire superflui e trascurati, che essere ricordati per gli errori dei parenti.»
«Ma lei non vuole essere dimenticato, giusto? Per questo è entrato in politica.» Chloe tornò a sorridergli, ingenua e positiva come Shiori avrebbe dovuto essere. «Ha fatto un bel discorso al Gala, ma ora credo di comprendere meglio il suo significato. Parlava di voler dare, uhm... nuova eredità al vostro cognome?»
Tertius annuì. «È ancora prematuro, ma spero un giorno di rendere onore al suo sacrificio.»
Chloe seguì lo sguardo di Tertius fino al dipinto, osservandolo rivolgere un sorriso agrodolce ai volti degli imperatori impressi nella tela. La sua espressione le sembrò tra le più sincere che avesse mai mostrato: da un lato, le labbra sottili erano piegate in una smorfia di un malcelato disgusto; dall'altro lato, però, lo sguardo lampeggiava di ammirazione e voglia di rivalsa.
Chloe osservò la mano di Tertius che pendeva lungo il fianco, così vicina che le sarebbe bastato sporgere un po' le dita per afferrarla. Era rischioso, se avesse lanciato segnali troppo evidenti Tertius avrebbe cercato di coglierli, che lei fosse fidanzata o meno. Eppure, non poteva lasciarsi sfuggire quell'apertura.
«Io credo che lo stia già facendo, Tertius.» Chloe gli sfiorò il dorso della mano, descrivendo linee leggere con il pollice. Quando notò che non accennava a ritrarsi, intrecciò le dita con le sue; la sua mano era calda, e subito avvolse quella di Chloe. «Suo padre ha voluto questa repubblica, sarebbe fiero di vedere con quanta passione lavora per sostenerla. Vale lo stesso per i cittadini. Lei ha un magnifico obiettivo, e si sta impegnando così tanto... Chiunque può vederlo, ne sono certa.»
«Lei è troppo ottimista, Shiori. So cosa il popolo pensa di me, si divide a metà tra chi crede che voglia sfruttare il ricordo di mio padre e chi teme possa invece seguire le orme di mio zio. Lei mi crederebbe, se dicessi di non volere né l'una né l'altra cosa?»
Tertius si avvicinò, sfiorandole il fianco in una carezza leggera. La fissava con uno sguardo intenso, pregno dell'interesse che ancora nutriva nei suoi confronti; Chloe poteva leggerlo nel suo respiro caldo, sulle labbra dischiuse che sapeva avrebbero presto cercato le sue.
«Le credo» sussurrò, inghiottendo a vuoto. Doveva resistere solo un altro po', giocare quella parte fino all'ultimo istante. «Ma cos'è che desidera, allora?»
Tertius piegò gli angoli delle labbra all'insù, sbuffando una risata divertita. «Solo il meglio per Sayfa. Le assicuro che il mio nome non verrà ricordato per il mio lignaggio, ma per l'epoca luminosa in cui condurrò questa nazione.» Il suo sorriso si trasformò di nuovo, curvandosi di malizia mentre si chinava su di lei. Strinse il fianco di Chloe, soffiando un sussurro caldo sul suo collo. «Non le piacerebbe vederlo con i suoi occhi?»
Chloe sostenne il suo sguardo, scandendo il tempo con i battiti regolari del suo cuore. La sua mente era lucida, questa volta, e il suo autocontrollo era saldo. Attese, a labbra dischiuse, che Tertius si avvicinasse abbastanza da sfiorarle; ricambiò quel tocco morbido, leggero, fin quando non sentì la sua lingua cercare di farsi strada tra i denti. Allora trasalì più rumorosamente che poteva, spingendosi all'indietro come punta da uno spillo.
«Per favore, Tertius, io non... Non dovrei farlo» sussurrò, coprendosi il viso tra le mani. Non poteva costringersi ad arrossire, ma c'erano altri modi per fingere imbarazzo: Chloe lasciò tremare la sua voce, sospirando come se allontanarsi fosse qualcosa di doloroso. «La prego, non me lo renda così difficile.»
«Come desidera» disse Tertius, ma quella condiscendenza era fredda e priva di pentimento.
"Continuerà a provarci" comprese Chloe, e lei avrebbe dovuto giocare con attenzione per mantenere vivo quell'interesse senza concedergli nulla, tenendo in equilibrio speranza e disappunto.
Annuì. Lasciò che Tertius la scortasse al tavolo per concludere il pranzo, abbandonandosi a chiacchiere leggere per sciogliere quella patina di disagio che era costretta a mostrare. L'ex principe la congedò alla fine dei pasti per raggiungere la sorella Marzia – qualunque fosse il motivo dell'interruzione, richiedeva la sua presenza – ma fu lui stesso a chiedere un nuovo incontro.
Chloe si ritrovò a sorridere quando le porte di Villa Augusta si chiusero dietro di lei, e nell'avanzare in direzione della carrozza si concesse un sospiro di sollievo. La sua missione era ben lontana dalla fine, ma quella era una vittoria; era tornato tutto sotto il suo controllo. Aveva recuperato l'equilibrio. Ora doveva solo assicurarsi di mantenerlo.
Possiamo tirare un sospiro di sollievo, i problemi con Tertius si direbbero risolti! Al netto di questo nuovo capitolo, cosa pensate di lui? Credete sia sincero? 👀 Vi aspettavate che fosse "ben disposto" nei confronti di Shiori?
In questo capitolo abbiamo qualche scorcio in più sulla caduta dell'Impero Lunae, in cui l'Ordine ci ha ovviamente messo il suo zampino... Potete immaginare perché sia così interessato a tenere d'occhio Tertius, anche se per il momento non ha fatto nulla di male (a livello politico, intendo).
Spero che questi elementi di worldbuilding risultino interessanti e vi aiutino a comprendere le dinamiche di questo mondo ♥
Note:
Qípáo: Tradizionale abito cinese, anche detto cheongsam. Nei commenti lascio il modello indossato da Chloe
Hanfu: Anche questo è un abito tradizionale cinese, nei commenti quello indossato da Chloe
Dall'Inktober di quest'anno abbiamo una Chloe sotto copertura per il giorno 7, che aveva la parola "Fan" (Ventaglio)! Come avrete notato, Chloe non usa l'abbigliamento tradizionale né accessori jiyani se non per le missioni. Riuscite ad intuire la motivazione? 👀
Vi lascio anche lo stemma dei Lunae!
Fun fact: Mehtap era la Capitale dell'Impero e il significato del suo nome è "Chiaro di luna".
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