9

Montréal, una settimana e mezza dopo.

Tornammo in Canada, non prima di aver tolto la fasciatura al mio braccio. James mi aiutò in quella delicata operazione, scoprendo la ferita che si era rimarginata alla perfezione ed i punti erano spariti. Rimaneva solo una cicatrice bianca in obliquo appena sopra il gomito, era anche un po' arrossata ma non faceva male.

"Prova a muoverlo." Disse, non appena fummo certi che fosse ben chiusa. Piegai il gomito muovendo il braccio dal basso verso l'alto, non sentivo niente. Il dottore aveva fatto davvero un ottimo lavoro.

"Perfetto direi." Dissi, sorridendo. Mi disse che nessuno aveva capito bene cosa fosse successo, o perché non si erano accorti o perché avevano bevuto, ma qualcuno era andato contro il tavolo facendolo rovesciare.

Una volta in Canada mi accorsi che il giorno successivo sarebbero iniziate le riprese, i capelli di James erano cresciuti davvero a tempo di record, era di nuovo il Charles Xavier di due settimane prima, forse anche più sexy.

Anne era rimasta a Londra, come ci si poteva aspettare. Il piccolo Brendan aveva affrontato come niente fosse il volo in aereo, ma non era l'unico che avesse mai fatto. Evan ed Amber si erano fidanzati, ma quando lui le propose di andare in Canada, lei preferì rimanere a Londra. Aveva il lavoro a cui stare dietro e gli disse che sarebbe venuta un mese dopo, se fosse riuscita a liberarsi.

Quella sera ordinammo cibo cinese per cena, a Brendan piacevano i noodles col pollo e le verdure, quindi ci chiese se potevamo mangiare quello. Il fattorino consegnò la cena ed io pagai, ringraziai e tornai dentro.

"Dai Erika vieni, ti perdi l'inizio del film!" Gridarono dal salotto Bren e Jamie in coro.

"Sto arrivando!" Dissi, nell'istante in cui entrai in sala, posai la nostra cena sul tavolino e mi sedetti accanto a Bren, così che lui rimanesse tra me e suo padre. Qualche istante dopo i titoli di testa sulla tv annunciarono l'inizio di "Maleficent".

Un po' di tempo dopo mi accorsi che Brendan era finito sdraiato sul tappeto, a mezzo metro dalla tv, come rapito dal film. James invece aveva allungato il braccio sul divano dietro la mia testa, così mi avvicinai di più a lui, che in quel momento fece scivolare la mano sul mio braccio, alzai le gambe sul divano, scavalcando il corpo di James ed appoggiando i piedi dall'altra parte rispetto a dov'ero seduta. Qualche secondo dopo la mano libera di James si posò delicatamente sul mio ginocchio, per iniziare una lenta discesa lungo la mia coscia, sotto la gonna. Grazie al cielo la stanza era solo illuminata dalla luce della televisione e Brendan era sdraiato lontano, altrimenti entrambi mi avrebbero vista diventare rossa come un pomodoro quando James fece quel gesto. Si fermò, a non più di dieci centimetri dal bordo inferiore dei miei slip. Feci finta di non accorgermene, appoggiando la testa alla sua spalla, ma dentro sentivo letteralmente l'ansia che mi consumava, ed un brivido mi percorse la schiena. Un paio di istanti dopo mi accorsi che era ancora più vicino, le sue dita avevano trovato la stoffa nera del mio intimo. D'istinto gli presi la mano, allontanandolo. Intrecciai le dita alle sue, spostando le nostre mani sulle mie ginocchia e mettendo un freno all'eccitazione che quel gesto mi aveva provocato.

Il film finì poco dopo, prontamente mi allontanai da James, interrompendo ogni contatto. Mi accorsi che Bren si era addormentato sul cuscino che aveva sotto il mento, era crollato probabilmente pochi secondi prima. Mi inginocchiai davanti a lui e lo presi in braccio, James spense la tv e restammo immersi nel buio più totale. Avanzai lentamente nella direzione in cui mi sembrava ci fossero le scale, si accese una luce al piano di sopra.

Vista a infrarossi o quegli occhi stupendi hanno anche la capacità di vederci benissimo al buio come fosse giorno, Jamie?

Salii le scale, ma a metà fui raggiunta da James.

"Vieni, lo prendo io." Disse, vedendo che era troppo pesante per me. Mi prese il bimbo dalle braccia e lo portò in camera, adagiandolo nel suo letto. Li spiavo dalla soglia, James diede un bacio sulla fronte di suo figlio e gli sussurrò qualcosa che non riuscii a cogliere. Sorrise, per poi avvicinarsi a me, demmo un'ultima occhiata a Bren, un fagotto sotto alle coperte che dormiva beatamente, poi suo padre chiuse la porta, lasciandolo nel buio più totale. Entrammo in camera di James, aveva affittato la stessa casa di un mese prima. Spensi la luce in corridoio mentre entravo. James entrò in quel momento in bagno, per uscirne poco dopo con addosso solo maglia e boxer.

"Dormi qui?" Chiese, infilandosi sotto le coperte.

"No, devo solo prendere una cosa prima di augurarti la buonanotte." Risposi, avvicinandomi al comodino alla sua sinistra, dove avevo lasciato l'agenda con i suoi impegni la mattina. La presi in mano e, come fosse un bambino, gli diedi il bacio della buonanotte. Ma, a differenza dei bambini, il mio era sulle sue labbra. Nell'istante in cui le nostre labbra si toccarono lui posò le mani sulla mia vita e mi tirò verso di sé. In un attimo mi lasciai andare, sedendomi su di lui e facendo cadere l'agenda sul letto. I nostri respiri erano corti, ed eccolo che già chiedeva l'accesso alle mie labbra con la punta della lingua. Glielo concessi, ma la mia attenzione venne subito catturata dalla distanza intima tra noi due. I miei slip, una coperta ed i suoi boxer. Sì, perché ormai la mia gonna era sparita chissà dove, e la camicia rischiava di fare la stessa fine. Cercai di allontanarmi, ma in tutta risposta lui mi strinse di più a sé, l'unica cosa che riuscii a fare fu staccarmi dalle sue labbra.

Non posso, James. Non posso.

Era quello che avrei voluto dirgli, se dalle mie labbra non fosse uscito un: "Non voglio andare troppo in fretta." prima. Mi morsi il labbro ad un paio di centimetri dalle sue. "Buonanotte." Dissi, e come quella sera dopo la festa, lui mi lasciò andare. Recuperai l'agenda sul letto e la gonna dal pavimento, cercai di aggiustarmi la camicia mentre uscivo dalla sua stanza nel corridoio. Non ottenni risposta, se non un sospiro. Si stava passando una mano tra i lunghi capelli nel momento in cui mi voltai a chiudere la porta, i nostri sguardi si incrociarono per pochi istanti prima che il contatto venisse interrotto dal legno scuro della porta. Mi ritrovai nel buio più totale, ma riuscii a raggiungere la mia stanza senza troppe difficoltà.

Squillò la sveglia, che misi a tacere in un attimo con una grande manata sul pulsante "snooze".

Sta zitta stupida sveglia.

Mi stiracchiai ed alzai la testa dal cuscino. Mi misi a sedere sul letto e sbadigliai. Scesi ed andai in bagno, mi vestii e mi pettinai, prima di uscire dalla stanza con l'agenda di James in mano. Feci per scendere in cucina e preparare la colazione, ma la mia attenzione venne catturata da qualcosa che, nella stanza di Jamie, era particolarmente brillante sotto i raggi del primo sole del mattino, e non era la coperta bianca del suo letto. Probabilmente aveva aperto la porta durante la notte ma aveva continuato ad avere caldo, perché quando mi voltai per cercare cosa stesse provocando quella specie di bagliore quasi dorato, rischiai di prendermi un bello spavento. La coperta era tutta ammucchiata ai piedi di James, a coprirlo restavano solo i suoi boxer. Entrai lentamente in camera facendo meno rumore possibile. Mi avvicinai al letto e mi sedetti accanto a lui, facendo ombra sulla sua schiena. Non resistetti alla tentazione di toccarlo, appoggiando la mano su di lui sulla pelle calda per via del sole. Non mi era mai capitato di toccarlo in altri posti se non il viso, i capelli o le mani, il che mi fece venire voglia di passare la mano su ogni centimetro di pelle scoperta che riuscivo a trovare, ma mi trattenni. Lo osservai ancora per qualche minuto mentre dormiva, il viso seminascosto dai capelli, poi spostai la mano sulla sua spalla e lo scossi leggermente. Si mosse un po' e poi aprì lentamente gli occhi.

"Mi dispiace svegliarti, ma il lavoro ci chiama, a tutti e due." Dissi, sfiorandogli i capelli.

"Ma si sta così bene qui nel letto." Protestò, con voce assonnata.

"Lo so Jamie, ma già tre settimane fa abbiamo dovuto ritardare le riprese, non possiamo arrivare in ritardo, non più." Risposi.

"Mi alzo ad una condizione." Sospirai, abbassando la mano sulla sua vita.

"Ovvero?" Chiesi. Lui si girò nel letto, e non potei far a meno di guardarlo.

Oh merda.

Rimasi a contemplare il suo fisico per quella che mi sembrò un'eternità, ma i miei pensieri vennero interrotti.

"Voglio un bacio. E subito anche." Sorrisi, chinandomi su di lui e fermandomi a qualche centimetro dalle sue labbra.

"Si può fare." Dissi, prima di baciarlo con trasporto. Mi allontanai e mi alzai, resistendo alla tentazione di posare nuovamente lo sguardo sul suo corpo. "Il lavoro ci attende." Dissi, prima di scendere in cucina. Preparai la colazione per entrambi, per me un latte freddo e per lui un caffelatte, con dei biscotti. Lui scese le scale nel momento in cui io misi le tazze sull'isola al centro della cucina. Addosso aveva una camicia bianca e dei jeans. Si sedette su una delle sedie alte dell'isola e posò il cellulare accanto alla tazza.

"La baby sitter per Brendan arriva tra mezz'ora, anche se noi a quell'ora saremo già fuori. Vuoi lasciarle un biglietto o qualcosa del genere?" Dissi, mentre gli passavo un cucchiaino e il barattolo dello zucchero.

"Si, scrivi tu o scrivo io?"

"Scrivo io, così non ti si fredda il caffelatte." Risposi, prima di prendere un post-it dal cassetto della cucina. Mi diede tutte le indicazioni possibili e immaginabili. Dovevo proprio ammettere che come padre era davvero eccellente, non sbagliava un colpo. Mi resi conto che occuparsi di un bambino era davvero impegnativo, nonostante il pargolo in questione non avesse più bisogno di biberon e pannolini e altre robe simili. Non appena ebbe finito di stilare la lista di robe utili, commentata dal primo all'ultimo punto, diede un'occhiata al suo orologio.

"E ora direi che dobbiamo proprio andare." Disse.

"Dammi un secondo solo." Dissi, alzando il dito indice della mano sinistra e con la destra presi la mia tazza, nonostante fosse già occupata dalla penna. Bevvi in un sorso ciò che rimaneva del suo contenuto, lasciando sopra le mie labbra una leggera traccia di baffi creati dal latte. Posai la tazza sul ripiano e, ancora seduta, mi voltai verso la cucina alle mie spalle nel tentativo di aprire il cassetto con i tovaglioli, ma quando fui a pochi centimetri di distanza dalla maniglia, sentii tirarmi per l'altro braccio, gesto che mi costrinse a voltarmi. James aveva una mano sulla mia schiena e l'altra sul mio braccio, che ancora lo stringeva, e le sue labbra erano a poca distanza dalle mie.

"Permetti che mi occupi io di quei baffi?" Chiese. Il mio sguardo si spostò al lato della sua testa, sull'orologio al muro. Dieci minuti ci restavano per arrivare sul set.

"Abbaimo dieci minuti per arrivare."

"A me bastano anche solo dieci secondi." Mi baciò. Durò esattamente il tempo che mi aveva promesso. "Sai di latte." Rise.

"Per forza." Risi anche io, poi scesi dalla sedia e presi la borsa che era appesa all'attaccapanni vicino alla porta, ci misi dentro l'agenda e il cellulare insieme alle chiavi di casa che recuperai dal mobile lì vicino e poi mi avvicinai alla porta, posando una mano sulla maniglia. Mi accorsi che non mi aveva seguita. Mi voltai verso la cucina e lo vidi fermo dove lo avevo lasciato, che mi guardava.

"Che c'è?" Chiesi, con un tono che non volevo usare, aveva una punta di rabbia, che fortunatamente lui non notò.

"C'è che sei bellissima." Disse, con un sorriso. L'ennesimo di quel giorno, che mi disarmò completamente. Le guance arrossirono in un momento, feci un mezzo sorriso ed aprii la porta, uscendo sul vialetto.

"Muoviti McAvoy!" Gridai, mentre mi avvicinavo alla macchina. Era da parecchio che non lo chiamavo così, l'ultima volta che lo avevo fatto gli davo ancora del lei. Mi avvicinai alla portiera sul lato passeggero e tirai la maniglia, che oppose resistenza insieme a tutto il resto della porta. James uscì in quel momento di casa, con addosso una giacca, chiuse la porta velocemente e si avvicinò alla macchina.

"Senza queste dove pensi di andare?" Chiese, mostrandomi le chiavi della macchina da sopra il tettuccio. Aprì ed entrammo, mise in moto e ci dirigemmo verso il set.

Non appena arrivammo ci ritrovammo in mezzo a un via vai di gente davvero impressionante. Costumisti, sceneggiatori e tantissimi altri addetti ai più svariati compiti schizzavano da una parte all'altra del set, dei camerini e delle varie zone del dietro le quinte, sotto le direttive di Brian, che continuava a dare ordini a destra e a manca, perché tutto fosse come lo immaginava nella sua testa. Non so come fece ma ci notò anche in mezzo a tutta quella folla.

"McAvoy! Al trucco, subito! E portategli i vestiti di Charles, forza!" Gridò dalla sua posizione. James mi fece spallucce e poi sparì su per le scale, diretto al suo camerino. "Forza gente, siamo già in ritardo di due settimane, non voglio perdere un secondo di più dietro a voi!" Gridò di nuovo, mentre io cercavo un posticino tranquillo dove non potevo dare fastidio. Cinque minuti dopo era tutto pronto per girare la scena in cui il professore prendeva parte al film per la prima volta.

"Silenzio, silenzio sul set!" Disse una donna.

Per tutta la mattina e buona parte del pomeriggio non si fermarono per un secondo. Le riprese stavano andando alla grande, l'unica cosa che notai era che, ogni tanto, James si concedeva un'occhiata nella mia direzione quando la telecamera non lo stava riprendendo. Il problema si presentò quando Brian se ne accorse.

"Stop, stop, stop. Fermi tutti, c'è qualcosa che non va. James che diavolo ti prende?" Disse nel megafono, spazientito.

"Niente Brian, perché?" Rispose lui, ma si tradì guardando nuovamente verso di me. Un movimento fulmineo, ma che fu visto benissimo da tutti. Brian si voltò verso di me, ed immediatamente mi sentii lo sguardo di tutti i presenti addosso. Tornò a guardare James.

"È lei. È lei vero? Come si chiama?"

"Erika." Rispose James, freddo. Nonostante mi vedesse da anni non gli era mai importato prima d'ora di sapere il mio nome. Ci fu un secondo di silenzio carico di tensione.

"La voglio immediatamente fuori di qui." Sibilò il regista tra i denti. Si levò immediatamente un brusio, ed io rimasi a bocca aperta.

"Cosa?" Chiesi.

"Non se ne parla, lei rimane." Disse James, cercando di restare calmo.

"No, lei esce. Ti distrae troppo." Si guardavano con aria di sfida.

"Ma si dà il caso che sia la mia assistente e che sia ai miei ordini, quindi lei rimane." James alzò il volume.

"Ma si dà il caso che questo sia il mio film e il mio set quindi se qualcuno disturba va fuori. Quindi ora lei esce." Disse, indicando la porta dietro di sé.

"Non oseresti..." Jamie strinse i denti.

"Fuori." Scandì Brian.

"Tu non puoi darle ordini, sono io il suo capo!" Scattò in piedi, spostando di diversi centimetri indietro la sedia a rotelle di Charles.

"E guarda un po' sono io il tuo capo qui, quindi in teoria lei è agli ordini miei quanto tuoi!" Anche lui si alzò, e si avvicinarono fino a trovarsi a poca distanza. Nonostante James fosse il più basso dei due non si lasciò di certo intimorire.

"Tu non sei il capo di nessuno." A quel punto Brian gli sussurrò qualcosa che lasciò James senza una risposta pronta. Tornò semplicemente a sedersi sulla sedia, e lo stesso fece il regista. "Erika esci per favore." Non mi guardò quando mi disse quelle parole. Mi voltai e presi la porta, uscendo nel cortile al lato del set. Un albero ed una panchina sembravano aspettare solo me. Mi sedetti ed aspettai che cominciasse a fare buio.

Il tempo che mi lasciarono ad aspettare mi fece riflettere su molte cose. Forse non riuscivo a rendermi pienamente conto di quanto ero stata fortunata a conoscere James, è vero, forse però sarebbe stato anche meglio non averlo conosciuto. Il motivo era semplice e non riuscivo a negarlo, e la colpa era di entrambi. Solo che non riuscivo a capire chi di noi due avesse combinato il casino: ero io ad aver rovinato il rapporto tra lui e sua moglie o lui aveva messo fine al suo matrimonio per me? Nonostante tutto il tempo in cui rimasi a pensarci non riuscii ad arrivare ad una piena conclusione. L'unica cosa di cui ero certa però era che dovevo fargli capire che avevamo sbagliato. Ad ogni costo.

~~~~~
Non è possibile che io debba sempre scorrere la galleria per chilometri prima di trovare la foto di James da mettere in cima al capitolo. E ho anche provato con Accio ma non funziona.

E ora le cose serie.
A tutti i terremotati, vi sono vicina. Non ho mai vissuto l'esperienza di un terremoto, ma volevo comunque dirvi di non perdere mai la speranza. Spero che voi che mi leggete stiate tutti bene, dal primo all'ultimo. Ma anche tutti gli altri <3

E ora torniamo alle cavolate. Per tutti gli elfi qui presenti che amano James (pff, e sennò perché sareste qui?) ho scritto da poco una OS su Tumnus, Primera y última vez, se vi va datele un'occhiata e magari fatemi sapere che ne pensate!

E comunque, nell'elenco di canzoni che avevo fatto un po' di tempo fa ne ho dimenticata una. L'ho fatto apposta. Ve ne accorgerete quando vi dirò il titolo, sia perché ci sarà scritto, sia perché calzerà a pennello col capitolo che ne seguirà.

A presto elfi :3

~Jess

P.s.:

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top