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"Me le dica insieme." Risposi, alzando la testa dalla spalla di James.

"Dunque, la buona notizia è che la ferita non è grave, non ha rischiato di compromettere nulla, tranne per qualche fibra del muscolo recisa, niente di grave come dicevo. E la brutta notizia è che servono dei punti e il che vuol dire inevitabilmente almeno una settimana e mezza di riposo." Oh beh, non è che sia poi tutta sta cattiva notizia. E poi è esattamente il tempo che ci rimane da passare qui a Londra prima di tornare a Montréal.

"Il che vuol dire che nessuno annoterà i tuoi impegni sull'agenda." Dissi, guardando James.

"Vorrà dire che tu li prenderai e io li scriverò." Rispose.

Non lo farai, me lo sento.

"Se vuole seguirmi, signorina..." il dottore mi fece alzare e mi portò in un'altra stanza. Mi iniettò dell'anestetico e mi mise i punti, sotto il mio sguardo attento e un po' dolorante, ero allo stesso tempo sia impressionata sia sollevata, perché avrebbe smesso di sanguinare nel giro di pochi minuti. Mi mise una garza sopra la quale aveva steso un sottile strato di crema cicatrizzante e mi fasciò il braccio con una benda che fermò con un gancetto di metallo.

"Dunque, per una settimana e mezza sono assolutamente vietati gli sforzi, lo deve muovere il minimo necessario altrimenti i punti si rompono. Le ho messo quelli che si sciolgono, perché immagino che non abbia il tempo di tornare qui per farseli togliere." Disse, mentre mi portava all'ingresso dell'ospedale, dove probabilmente avevano accompagnato anche James.

"Da cosa lo deduce?" Chiesi.

"Dall'accompagnatore che l'ha portata qui. Non penso che le lasci molto tempo libero." Rispose. "Trovi una sciarpa o qualcosa di simile con cui sostenere il braccio, sarebbe l'ideale."

"Certo. Grazie dottore."

"Si figuri. Buonanotte e guarisca presto." Concluse con un sorriso, prima di lasciarmi davanti a una delle sale d'attesa. Ricordandomi le parole appena dette dal dottore sostenni il braccio fasciato con l'altra mano, in modo da non lasciarlo lungo il corpo perché mi faceva male. Entrai nella saletta, le luci erano forti anche lì come nel resto della struttura, su una delle tante sedie era seduto James, che stava facendo qualcosa col telefono. Non appena si accorse di me lo mise in tasca e si alzò, venendo verso di me.

"Come stai?" Chiese, fermandosi a mezzo metro.

"Io bene, è il mio braccio che ha bisogno di riposo... il dottore ha detto che se lo sostengo con una sciarpa o qualcosa di simile è meglio." Risposi. Fece per baciarmi la guancia, ma la distanza da me rischiava di farmi schiacciare il braccio contro il corpo, quindi mi allontanai di un passo.

"Non vorrei che mi si aprissero i punti ancora prima di metterli." Scherzai. Sorrise anche lui e si spostò sulla mia sinistra, posando le sue labbra sulla mia guancia.

"Vorrà dire che faremo attenzione." Rispose, poi uscimmo dall'ospedale. Luke era già fuori, in macchina e con il finestrino abbassato.

"Luke grazie di averci aspettato." Disse James, aprendo la portiera. Luke era un tipo di poche parole, letteralmente.

"È il mio dovere capo. Dove sarei potuto andare altrimenti?" È una delle poche volte in cui lo sento fare frasi con più di quattro parole. Che si sia sbloccato o non ce la può proprio fare?

James aprì la portiera e mi fece entrare in macchina, poi salì accanto a me. Non riuscivo a capire perché si ostinasse ad usare l'Alfa Romeo nera e farsi portare in giro invece di tirare fuori dal garage l'Audi Sport bianca che si era comprato qualche mese prima e guidare lui. L'avevo visto alla guida, era parecchio bravo, ma un paio di volte mi aveva fatto guidare perché era troppo stanco della giornata di lavoro, e si era addormentato sul sedile del passeggero. Mentre guidavo ogni tanto mi giravo a guardarlo, vederlo così vulnerabile nel sonno mi faceva salire un senso di protezione che non mi conoscevo, nonostante fosse un uomo ed io una donna. E in quel momento, nel buio dell'abitacolo della macchina, vederlo con gli occhi chiusi mi riportò a quei momenti.

"Dormi James?" Sussurrai.

"No." Rispose, riaprendo gli occhi.

"Mi dispiace per la festa." Dissi, spostando lo sguardo sulle macchie di sangue del mio vestito.

"Non importa della festa, l'importante è che tu stia bene. Hugh ha detto che mi porterà i regali domattina."

"Che gentile." Sorrisi. "Devi ancora aprire il mio." Dissi, pensando al mio regalo che era rimasto in salotto.

"Eh già. Pensavi che me ne fossi dimenticato?"

"Un po' si, in realtà." Sorrisi.

"E invece no." Sorrise a sua volta, i nostri sguardi si incontrarono e in quell'istante il riflesso di un lampione illuminò il suo viso, colorando i suoi occhi di un blu-verde scuro.

Mezz'ora dopo eravamo davanti a casa.

"Grazie Luke." Disse James, chiudendo la portiera posteriore dopo che fui scesa. Lui non rispose, e partì piano diretto alla fine della strada, dove abitava. Entrammo in casa, James accese la luce delle scale e mi disse di salire e aspettarlo in camera sua. Andai di sopra e mi sedetti sul suo letto, dopo aver acceso le lampade sui comodini. Qualche minuto dopo arrivò, senza giacca e con il primo bottone della camicia slacciato, forse aveva caldo. E naturalmente il mio regalo in mano. Si sedette di fianco a me, le nostre ginocchia si toccavano. Appoggiò il regalo sulle gambe ed alzò lo sguardo su di me.

"Ecco qua. Ora tocca al tuo."

"Spero ti piaccia."

Cominciò a sciogliere il fiocco con gesti delicati, poi tolse la carta ed aprì la scatola, svelando il suo contenuto. Lo riconobbe all'istante e spalancò gli occhi in contemporanea con la bocca.

"La sciarpa di Tumnus!" Esclamò, prendendola e srotolandola sulle gambe. "Erika perché mi fai sempre questi regali? Ti rovini lo stipendio!"

"Ma non preoccuparti per il mio stipendio, lo faccio perché voglio che tu abbia questi ricordi. E poi non potevo sopportare l'idea che tu non avessi quella sciarpa." Risposi, toccandola con la mano sinistra.

"È bellissima e lunga esattamente quanto me la ricordavo... o quasi. Sembra ieri che ho girato Narnia e adesso sono qui pronto a fare un professore che diventerà pelato per colpa di un Dio mutante..." Rispose, continuando a guardare la sciarpa con gli occhi lucidi. "Grazie Erika, non potevi farmi regalo più bello."

"Figurati James. Era il minimo." Rispetto ai costosi regali degli altri questo era di certo il minimo che potessi fare.

"No, è il più bello di tutti, proprio perché arriva da te e ha un significato importante. Non è per niente il minimo." Appena finì di pronunciare quelle parole mi avvicinai a lui e lo baciai. Quel bacio più degli altri mi disse un sacco di cose. Perché era il primo vero bacio che ci demmo dopo quella mattina a casa di Amber, in cui tutto mi sembrava così confuso, e il primo vero bacio in cui entrambi stavamo esprimendo a pieno tutte le nostre emozioni.

"Grazie." Sussurrò, prima di tornare a baciarmi. Una fitta al braccio, dovuta al contatto con il suo corpo, mi fece allontanare d'improvviso, gemendo dal dolore.

"Scusa." Disse lui, allontanandosi.

"No, figurati." Mi alzai e mi fermai appena davanti a lui, di schiena. Si alzò a sua volta. "Prima che vada in camera a cambiarmi potresti aiutarmi con la cerniera del vestito? Non credo di riuscire a farcela da sola." Chiesi.

"Ma certo." Spostai i capelli sulla spalla, lasciandogli la strada libera per la zip. Si prese tutto il tempo prima di mettermi le mani addosso. Sentivo l'aria carica di tensione mentre lentamente faceva scorrere verso il basso la zip. Potevo solo immaginare la sensazione che provava nel vedere la mia schiena nuda, interrotta solo dal gancio del reggiseno nero, e il bordo superiore dei miei slip. Quando finì sentii le sue dita sfiorare la mia schiena, in una scia fredda che partiva dall'alto e finiva in basso. Il gesto mi provocò un brivido, che cercai di nascondere con un sospiro. Con le mani salì verso le spalline del vestito e passò le dita sotto la stoffa. Scese lungo le mie braccia, passando sulla benda al braccio, per fortuna non dove c'era la ferita, e scese a circondarmi la vita in un abbraccio. Mi stringeva a sé con fare protettivo, sentivo le sue labbra sfiorarmi il collo, d'istinto voltai il viso verso di lui, riuscivo a vederlo solo con la coda dell'occhio. Era teso, lo potevo sentire anche dal respiro irregolare, qualche istante dopo le sue labbra erano premute sulla mia spalla e risalivano lentamente verso il collo e su fino a sfiorarmi l'orecchio.

"Buonanotte James." Dissi, lui si allontanò e mi lasciò andare. Mi dispiaceva interrompere quel momento, ma non sapevo come avrei reagito se lui fosse andato oltre.

"Buonanotte Erika." Disse, mentre uscivo dalla sua stanza e chiudevo la porta alle mie spalle. Non volevo neanche iniziare il discorso che avrei voluto fargli, almeno non in un momento così bello e intimo come quello, entrai in camera mia e accesi la luce. Mi sfilai il vestito facendo attenzione alla ferita, poi mi avvicinai all'armadio, dove oltre a recuperare il pigiama, cercai anche un foulard abbastanza grande per poter sostenere il braccio. Ne trovai uno rosso scuro, quasi color sangue. Infilai il pigiama a fatica, poi sistemai il foulard attorno al collo e al braccio, annodandolo a fatica. Recuperai il vestito che avevo abbandonato sul pavimento e lo osservai. Il sangue ricopriva gran parte del lato destro. Lo avrei buttato, smacchiarlo era praticamente impossibile. Lo buttai sul pouf al lato del letto, poi andai in bagno a fare le mie cose, infine mi infilai sotto le coperte e spensi la luce, addormentandomi quasi subito.

Mi svegliai grazie ad un raggio di sole sul viso. Aprii gli occhi e mi resi conto che tutto il mio letto era immerso nella luce, la sera prima non avevo tirato le tende. Mi misi a sedere aiutandomi solo col braccio sinistro e voltai la testa verso il comodino, sull'orologio. Le otto e mezza. Afferrai il cellulare accanto ad esso, comparso chissà come lì durante la notte, e controllai le notifiche. Un paio di tweet di qualche attore, delle notifiche da Facebook e due messaggi, uno da James e uno da Amber. Quello della mia amica aveva un orario decisamente strano: le due e venti di stamattina.

Non penso che se vorrai chiamarmi domattina ti risponderò. Sono con Evan, spero che tu stia bene, mi racconterai meglio cosa è successo.

Con Evan? Oh bene, quindi il suo obiettivo di conquista è stato centrato, a quanto vedo!

Lessi il messaggio di James.

Quando ti sveglierai probabilmente non sarò in casa, ho dovuto incontrare Anne per risolvere un paio di questioni. Non scappare, torno presto :) -J.

Controllai l'orario, era di soli dieci minuti prima. Mi alzai e mi avvicinai all'armadio. Cercai tra le magliette una canottiera lunga che potesse fungere da vestito, e quando la trovai la indossai. Era color lavanda, con un motivo a rose e spine nere sul fianco, andava benissimo per stare in casa. Scesi le scale, andai in cucina ed aprii il frigo. Il cartone del latte stava aspettando solo me. Lo presi insieme ad un barattolino di yogurt al caffè, il mio preferito. Presi anche dei biscotti dalla credenza, scaldai il latte nel microonde e feci colazione. Me la presi con calma, anche perché avere un braccio fasciato comportava inevitabilmente delle limitazioni, ma grazie al cielo ero a casa da sola e nessun attore scozzese mi avrebbe messo fretta nel fare colazione, almeno per quel giorno.

Finito di fare colazione mi spostai in salotto, accesi la tv e cercai un canale che trasmettesse roba interessante. Per fortuna Sky Primafila non mi deludeva mai, in programmazione c'erano in ordine: "Air Force One" con Harrison Ford su Primafila 1, "Mission Impossible Ghost Protocol" con Tom Cruise su Primafila 3 ed "Interstellar" con Mattew McConaughey su Primafila 4. Ma sapevo benissimo che non sarei mai riuscita a vederli tutti, perciò lasciai stare gli altri due e mi guardai "Air Force One."

Ero a metà del film quando sentii il cellulare squillare, il volume della suoneria era basso perché lo avevo lasciato in camera. Perciò misi in pausa il film e mi precipitai su per le scale, raggiungendo in tempo il telefono prima che smettesse di suonare. Il numero non era salvato in rubrica, quindi risposi come rispondevo sempre per lavoro.

"Pronto? Sono Eri..."

"Erika sono Jennifer." Mi interruppe la voce dall'altro capo del telefono.

Jennifer Lawrence che ha il mio numero di telefono? Ci sarà lo zampino di James.

"Jennifer buongiorno, come stai?" Chiesi.

"Sono io che chiedo a te come stai! Che ti hanno detto in ospedale?"

"Sto bene, sì insomma, mi hanno dovuto mettere dei punti e mi hanno dato una settimana e mezza di riposo."

"Ah cavolo... spero che tu guarisca presto. Ti ho chiamata anche per dirti che Amber l'ha portata a casa Evan, ma altro non so."

"Grazie Jen, me lo aveva scritto anche lei, non avresti dovuto disturbarti."

"Ma quale disturbo! Volevo sapere come stavi e... niente, allora ci vediamo presto!"

"A presto Jen, ci vediamo in Canada." Chiuse la chiamata, salvai il suo numero e tornai di sotto con il sorriso. Mai più mi sarei aspettata di ricevere una chiamata da JLaw. Mi sdraiai nuovamente sul divano di fronte alla tv con il telecomando in mano, ma prima di continuare il film decisi di chiamare Amber. Il telefono squillò un paio di volte, poi rispose.

"Pronto?" Chiese una voce maschile che non sapevo riconoscere.

"Evan?" Tentai. "Sono Erika."

"Ciao Erika, sì, sono Evan. Ti serve Amber vero?"

"Già, se me la passi mi fai un favore."

"Un attimo solo..." si sentì Evan che gridava il nome di Amber dall'altra parte, lei gridò di rimando che stava arrivando e quando lo fece prese il telefono e mi parlò.

"Erika?"

"E allora? È tuo?"

"Certo che è mio! Aspetta un secondo che mi sposto da un'altra parte altrimenti faccio figure di merda." Sussurrò lei, io risi. "Ecco qua, ora non mi sente. Come stai? Evan mi ha detto che siete dovuti andare all'ospedale."

"Mi sono tagliata il braccio e mi hanno dovuto mettere dei punti, grazie al cielo niente di grave ma sono costretta a stare ferma per una settimana e mezzo."

"Mi dispiace sorellina..."

"Fa niente Am, piuttosto raccontami che è successo con Evan!"

"In realtà non ricordo tutto, ma so di preciso che quando voi siete andati via lui si è offerto di accompagnarmi a casa, poi ho un vuoto fino a quando non siamo arrivati sotto casa e lui mi ha baciata! Mi ha chiesto se poteva restare a dormire da me ed io gli ho detto di sì... il problema è che poi non ricordo niente! Non so cosa è successo dopo!"

"Che ci sarebbe di male?"

"Non voglio venire a sapere se ho fatto sesso con Evan mentre ero ubriaca! Sarebbe davvero imbarazzante se fosse così!" Stava sussurrando oltre ogni limite, e io la sentivo a malapena.

"Te lo avrebbe detto se lo avreste fatto, non ti pare?"

"Non lo so, non gli ho chiesto."

"Allora fallo."

"Odio quando sei così."

"Così come?" Chiesi ridendo.

"Così impulsiva! Io non sono come te, non vedi? Nemmeno tutti quei drink ieri sera mi hanno aiutata ad avvicinarmi a lui... scusa, devo andare, mi sta chiamando!"

"Chiediglielo e basta sorellina."

"Vedrò. A presto." Chiusi la chiamata e continuai con il film.

Non arrivai alla fine di "Air Force One", per il semplice motivo che venni interrotta dalla porta che si chiudeva e un piccolo bimbo moro che mi si lanciò letteralmente addosso nel tentativo di abbracciarmi.

"Erika!" Brendan mi stava stritolando e rischiavo di farmi male al braccio.

"Bren aspetta, mi fai male..." dissi, spostando il piccolo. Lui si allontanò quel tanto che bastava per osservare me e il mio braccio fasciato.

"Erika cosa hai fatto al braccio?" Chiese con sguardo curioso, toccando la mia benda.

"Niente di brutto Bren, ma ha bisogno di riposo." Rispose suo padre, che entrava nel mio campo visivo in quel momento. D'istinto cercai di tirare più verso il basso la canottiera che avevo addosso, temevo che non mi coprisse abbastanza, arrivava a malapena a metà coscia. Brendan salì sul divano e si sedette in braccio a me, cercai di abbracciarlo e quando vide il mio tentativo posò la testa su di me, appena sotto il mento e mi strinse con le sue braccia che a stento riuscivano a circondare completamente il mio corpo, le mie dita invece si intrecciavano senza alcuna fatica sul suo fianco.

"Ti voglio bene Erika." Disse.

"Anche io Bren." Risposi, poi James catturò la mia attenzione con un cenno.

"Dobbiamo parlare." Disse con il labiale. Con un movimento degli occhi indicai suo figlio, lui in risposta fece un cenno con la testa alla tv.

"Ehi Brendan," dissi, lui si staccò da me e mi guardò "che ne dici di guardare un film mentre io aiuto papà con il suo lavoro?"

"Oh sì! Voglio vedere di nuovo Big Hero 6!" Esclamò. Gli misi il film e poi lo salutai con un bacio sulla fronte, per poi seguire suo padre su per le scale. Lui entrò in camera ed io dopo di lui. Chiusi la porta.

"James..." cominciai, ma non mi lasciò andare oltre.

"Anne mi ha chiesto ufficialmente il divorzio. Ha detto che sta già cercando una nuova casa e che Brendan potrà vivere con noi a patto che lei lo possa vedere quando le pare. Sa che lui vuole più bene a te e ne è diventata gelosa." Rimasi senza parole per pochi secondi.

"Mi dispiace James..." Dissi, con lo sguardo al pavimento.

"Oh ma non è solo per quello. Ha capito di non essere lei la donna giusta per me. Lo ha fatto per te. Sa che sei tu quella giusta." Disse, frustrato.

"James io non sono quella giusta. È lei. Io sono solo pagata per fare un lavoro, non posso essere io la persona della tua vita, nemmeno se lo volessi. E non è giusto che Anne veda suo figlio solo per poco perché sa che preferisce me a lei. Tutto questo non sarebbe mai dovuto succedere. Non avrei dovuto accettare il tuo invito a cena." Dissi, voltandomi dall'altra parte e tormentandomi i capelli. Non stavo mentendo e lo sapeva anche lui. Stavo per uscire dalla stanza quando lui mi fermò e mi voltò indietro.

"Erika aspetta. Ha ragione. Ha ragione, sei tu quella giusta. Io ti amo e voglio che tu stia con me." Rispose, guardandomi negli occhi.

Non posso Jamie. Non capisci. Tu non hai mai capito né mai capirai. È tutta colpa mia. Il tuo matrimonio è finito per colpa mia.

Ormai avevo le lacrime agli occhi.

"È tua moglie. Non puoi far finire il tuo matrimonio così, da un giorno all'altro, per me." Dissi, con voce strozzata.

"Erika le persone si lasciano anche perché trovano qualcuno di più adatto a loro, i matrimoni finiscono anche per questo motivo, non c'è niente di male."

"Noi non dovremmo neanche essere amici." Dissi, una lacrima mi rigò il viso. Mi voltai, stavolta riuscendo ad uscire dalla stanza ed entrare nella mia, ma uno strattone mi costrinse a voltarmi di nuovo. In un secondo avevo le labbra di James sulle mie, istantaneamente impegnati in un bacio carico di passione.

"Ti voglio Erika." A quelle parole tutta la mia fortezza di convinzioni creata per resistergli cedette, lasciando che l'amore defluisse pian piano dal cuore al cervello.

"Anche io ti voglio James." Risposi, tornando a baciarlo.

Ma un attimo prima che il cuore prendesse possesso della mente, un'ultima parte razionale ancora in vita mi parlò di nuovo, pronta a rovinare come sempre i momenti più belli.

Sciupafamiglie.

Lasciami in pace coscienza del cavolo.

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Elfi! Orecchie aperte por favor! Sarò in vacanza due settimane perciò non contate su un aggiornamento nei prossimi due weekend.

A presto!

~Jess

P.s.:

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