7

Erano passati un paio di giorni e quella sera ci sarebbe stata la festa per il compleanno di James, saremmo stati in un locale in centro a Londra che lui mi aveva fatto riservare qualche giorno prima. Non sapevo bene quante persone sarebbero venute, alla fine avevo chiamato anche Hugh Jackman e aveva detto che ci sarebbe stato, quello che sapevo bene invece è che non ci sarebbe stata Anne. In casa calava uno di quei silenzi tombali quando entrambi erano presenti, la sera prima c'era stato un altro litigio di dimensioni epocali, non riuscii bene a capire quale fosse l'argomento, perché io mi trovavo in salotto con Brendan a giocare con le macchinine e loro due si trovavano di sopra in camera con la porta chiusa. Quello che sentii bene fu invece la frase che James disse poco prima di scendere le scale e aiutarmi a cucinare qualcosa per la cena.

"Stanotte dormo con Brendan!" Sbottò, prima di raggiungerci e prendere il piccolo McAvoy in braccio. Anne si affacciò dalle scale.

"Non puoi dormire con lui, ha un letto singolo!" Gridò, furiosa.

"Dormirò sul pavimento!" Rispose, io trattenni una risata.

Alla fine, intorno alle tre del mattino, venni svegliata da James, mi disse che dormire sul pavimento era impossibile, oltretutto faceva freddo e due coperte sole non bastavano. Mi chiese se poteva dormire con me e io gli risposi che non doveva neanche chiederlo. Dormimmo fino alle sette, quando James si svegliò, esclamando: "merda, se non mi trova da Brendan mi uccide!" E corse in camera di suo figlio senza nemmeno considerarmi.

Ero seduta sul divano in salotto con il regalo di James in mano e un vestito blu elettrico dalla scollatura a cuore e la gonna a ruota lungo fino a sopra il ginocchio addosso, abbinato ad un paio di decoltè dello stesso colore che, secondo i miei standard, avevano dei tacchi decisamente alti. Amber era stata al telefono con me per più di due ore mentre cercava di decidere che cosa mettersi.

"Quindi mi assicuri che è single?" Aveva chiesto, quando avevo la chiamata con il vivavoce mentre stavo tentando di dare un senso ai miei capelli.

"Ma certo Am, vai tranquilla." Avevo risposto, rischiando di bruciarmi con la piastra.

"Bene, allora Evan Peters sarà mio."

Non mi accorsi che mentre stavo ripensando alla conversazione, James era sceso giù dal primo piano e si stava avvicinando a me. Quando me ne resi conto mi alzai il più velocemente possibile e nascosi il suo regalo dietro la schiena. Si avvicinò a me, vestito con un elegante paio di pantaloni neri e una camicia blu come il mio vestito, abbinata a una giacca nera.

"Buonasera splendore." Disse, appoggiando le sue mani sui miei fianchi e avvicinando le labbra alle mie.

"Ma come siamo eleganti stasera." Risposi, sorridendo, contagiando anche lui.

"Cos'hai dietro la schiena?" Risi.

"Non ti si può nascondere niente, eh?" Risposi, dandogli il regalo. "Buon compleanno capo." James prese il regalo, ma la sua gioia venne interrotta da Anne, che trascinava per un braccio il povero Brendan diretta verso la porta d'ingresso. Si allontanò da me.

"Dove stai andando?" Le chiese, freddo.

"Io e Brendan andiamo al cinema, poi ci fermiamo da un suo amico." Rispose lei.

"Ti ricordo che è anche mio figlio."

"La tua festa non è posto per lui."

"Non siete obbligati a uscire di casa, ce ne stiamo andando."

"Noi andiamo dove ci pare, d'accordo?" Anne alzò il volume della voce.

"Erika!" Esclamò Brendan, staccandosi da sua madre e correndo verso di me. Cominciava anche lui a essere stanco dei litigi dei suoi genitori. Accolsi il bambino tra le mie braccia quando mi inginocchiai davanti a lui, mentre James e Anne continuavano la loro accesa conversazione.

"Andiamo Bren." Dissi, prendendolo per mano e uscendo di casa. Mi diressi verso il vialetto davanti al garage, dove si trovava la macchina di Anne, che sapevo fosse aperta. Aprii la portiera posteriore e feci sedere Bren sul seggiolino.

"No Erika, non voglio!" Disse, mentre gli allacciavo la cintura.

"Bren..." non mi fece finire.

"Erika non voglio stare con la mamma! Io voglio stare con te e papà!" Disse, con gli occhi lucidi.

"Non stasera tesoro." Dissi in modo dolce, mentre gli accarezzavo la guancia.

"No!" Gridò, per poi afferrarmi per il vestito e tirarmi verso di lui, mi stringeva per i fianchi in un disperato tentativo di non essere portato via. Pochi secondi dopo, la porta di casa che sbatteva mi fece allontanare da Bren, sua madre si avvicinò alla macchina, infuriata.

"Levati di mezzo, Erika!" Disse, in modo non proprio gentile, chiuse la portiera di Brendan e salì in macchina. Rimasi sul vialetto ad osservarli andare via, mentre dall'altra parte del finestrino posteriore potevo chiaramente vedere un bimbo con le guance rigate dalle lacrime.

Ritornai sul vialetto di casa, ma nell'istante in cui avvicinai la mano al campanello per farmi aprire, James spalancò la porta e uscì.

"Andiamo?" Chiese, scendendo i gradini nel vialetto.

Anche in macchina, mentre Luke ci portava alla festa, ci fu un silenzio tombale, quasi sino alla fine del viaggio, quando finalmente il mio capo si decise a parlare.

"Ho sbagliato a portarti a cena quella sera."

La sera di Montreal, la nostra sera, quella in cui mi obbligò a dormire con lui, nonostante sapeva che fosse sbagliato... o forse no? Forse non si era reso pienamente conto dei rischi che correva.

"Come?" Chiesi, a bassa voce.

"Alla fine lo ha scoperto." Oh merda.

Nell'istante in cui pensai quelle quelle parole cominciarono a salire i sensi di colpa. Un po' me lo sentivo, sapevo che Anne avrebbe fatto di tutto pur di tenere d'occhio suo marito, e alla fine, l'ossessione per il controllo aveva dato i suoi frutti.

"Sapevo che non saremmo dovuti uscire a cena." Dissi.

"È una cavolo di stalker." Rispose. Restammo in silenzio qualche minuto.

"Senti, mi dispiace." Dissimo, all'unisono.

"Perché ti dispiace?" Chiese James con un sorriso.

"Perché è colpa mia. Io ho accettato di uscire con te, io ho dormito nel vostro letto con te, io vi ho fatti litigare!" Dissi, con lo sguardo basso. "E a te perché dispiace?"

"Perché a te e Brendan tocca sentire noi due che litighiamo."

"Fa niente." Risposi, un istante dopo.

Arrivammo alla festa in perfetto orario, mi accorsi, mentre scendevo dalla macchina, che una ragazza stava aspettando fuori dal locale. All'inizio non la riconobbi subito, con quel vestito verde acqua della stessa forma e lunghezza del mio e le scarpe col tacco abbinate, i capelli raccolti in un morbido chignon da cui scappavano volutamente alcuni ciuffi, ma quando mi resi conto che quella era la mia sorellina, le andai incontro con un sorriso.

"Amber, ciao! Ma sei bellissima!" Dissi, abbracciandola piano.

"Anche tu non sei da meno eh! E allora? Devi fare colpo su James?" Disse, tirandomi una leggera gomitata nelle costole che mi fece indietreggiare di un passo.

"Signorine..." disse James, avvicinandosi a noi e appoggiando una mano sulla mia schiena, ci sorrise, prima di posare lo sguardo sulle mie labbra. Amber spalancò gli occhi, perfettamente truccati, e rimase senza parole. Jamie mi posò un leggero bacio sulla guancia, prima di allontanarsi.

"Vi aspetto dentro." Sorrise, poi sparì oltre la porta d'ingresso del locale. Si sentì un coro di voci che lo accoglievano, poi cominciarono a gridare il suo nome, sovrastando il volume della musica.

"Voi due..." chiese Amber, ancora stupita.

"No." Risposi, con un sorriso.

"Però vi siete già baciati?"

"Si." Dissi, poi Amber si riprese dallo shock.

"E allora? Come sto? Troppo trucco, i capelli come sono? E il vestito? Secondo te è adatto? Oddio, e se è troppo semplice? Forse ho sbagliato tutto!" Disse, io facevo fatica a seguirla.

"Amber, sei perfetta. Non farti tutte ste paranoie."

"Dici?"

"Ma certo, guarda, abbiamo lo stesso vestito e la tua acconciatura è più raffinata della mia, io ho una semplice treccia che parte dall'alto... fidati, semmai sono io quella che dovrebbe farsi le paranoie, non tu. E poi anche il tuo trucco è perfetto, guarda me!" Risposi, indicando la linea di eyeliner e il mascara che mi ero messa.

"E va bene, entriamo. Dio, sono nervosa!"

"Sta calma!" Le dissi, prendendola a braccetto.

Dentro il locale era enorme e bellissimo. A sinistra c'era un bancone del bar, dietro il quale si trovavano tre camerieri vestiti con camicia, cravatta e gilet, il resto del locale era pieno di invitati, mentre a sinistra si trovava un tavolo pieno di bicchieri di vetro e delle bottiglie di champagne, più uno spazio vuoto, in cui ci andava la torta più tardi. Per terra, a fianco, da quanto riuscivo a vedere c'era una pila di pacchetti grandi e piccoli, in fondo alla sala si trovavano dei grandi divani di pelle bianca. Poca gente fece caso a noi quando entrammo, decidemmo di recarci subito al bancone e prendere qualcosa da bere. Ordinai un Cosmopolitan, Amber un Mojito.

"Erika?" Chiese una voce maschile accanto a me. Mi voltai.

"Michael!" Esclamai, notando subito il sorriso di Mike.

"Come stai?" Chiese.

"Bene grazie, ho portato un'amica." Dissi, e gli presentai Amber.

"Okay Fassbender, hai visto Evan Peters da qualche parte?" Chiese lei, perlustrando con lo sguardo tutta la sala. Controllai il suo mojito, era intatto.

"Credo che sia dai divani insieme a Jennifer, Sophie e Hugh..." disse Michael, indicando verso il fondo del locale.

"Bene, io vado a caccia." Disse Amber, bevendo un generoso sorso del suo drink, che sicuramente non sarebbe stato il solo della serata.

"Tosta la tua amica." Disse lui, una volta che Amber fu scomparsa tra la folla. Arrivò il mio drink, quasi in contemporanea con il suo.

"Di solito non è così, ma quando si mette in testa una cosa non puoi fermarla nemmeno con una pallottola in un fianco." Risposi, con un sorriso. "Che hai preso?"

"Un Campari Pleasure, è leggero." Rispose, bevendone un po'.

"Devi guidare?"

"Devo riportarne agli alberghi un bel po'." Rise.

"Però è un compleanno, ci si dovrebbe divertire."

"Ma io mi sto divertendo, mi sono offerto per un favore e quindi mi tengo leggero."

"Capito. Sono curiosa, cos'hai regalato a James?" Chiesi, con sguardo complice.

"Sei troppo curiosa, Erika! Mantieni il segreto... gli ho preso un orologio della Rolex con dettagli in oro bianco... una cosetta da nulla." Porca merda, gli sarà costato un casino. "E tu?"

"Io sono riuscita a fare un po' di ricerche, ho trovato delle persone... e alla fine mi sono aggiudicata la sciarpa di Tumnus per quasi quattro mesi di stipendio." Risposi, girando il mio drink con la cannuccia, per poi berne un po'.

"Oggetti di scena che ha usato! Originale come idea, ma credevo che qualcuno lo tenesse."

"Si, gli ho regalato un oggetto dal set di Becoming Jane l'anno scorso... e no, non li tiene. Per questo ho pensato di regalargli la sciarpa, così avrà un ricordo di quella esperienza."

"Però non lo hai portato..."

"No, gliel'ho dato a casa, ma poi è successa una cosa e credo lo abbia dimenticato là."

Michael decise di non indagare su quello che era successo a casa, per fortuna mia e di Jamie.

Un'ora più tardi, quando mi fui spostata su uno sgabello del bancone vicino ai divani per tenere d'occhio Amber, James sbucò dalla folla a un passo da me.

"Sei vivo allora!" Dissi, sovrastando il volume della musica a fatica.

"Si, mi volevano tutti per farmi gli auguri. Adesso però voglio qualcosa da bere e passare un po' di tempo con te." Rispose, sedendosi sullo sgabello accanto al mio. Uno dei tre ragazzi dietro al bancone si avvicinò.

"Un... due Sex on the Beach, per favore." Si corresse, guardando con la coda dell'occhio che non avevo più un bicchiere tra le mani. Buttai uno sguardo sulla zona divani: Amber era già al terzo bicchiere e sembrava ragionare ancora abbastanza bene, era seduta tra Sophie e Hugh, ai quale avevo chiesto di venire ad avvertimenti in caso avesse cominciato a perdere il controllo, e di fronte a lei si trovava Evan, che ogni tanto la guardava mentre chiacchierava con Halle Berry.

"Dunque, ti stai divertendo?" Chiese, non appena i nostri drink furono pronti.

"Si, certo." Risposi, cominciando a tormentare il ciuffo di capelli oltre l'elastico della mia treccia.

"Stai mentendo." Disse.

"No, non è vero!" Scattai sulla difensiva.

"Si che è vero. Quando menti ti tormenti sempre i capelli. Cosa vorresti fare?" Mi ha beccata. Ho sempre avuto il vizio di torturare i miei capelli quando mento.

"Voglio vederti aprire i regali." Esordii, guardandolo negli occhi. Si alzò, mi prese per una mano e mi costrinse a fare lo stesso, presi al volo il mio cocktail dal bancone e lo seguii. Mi lasciò dai divani, prima di andare dal dj. Mi sedetti vicino ad Amber, facendomi posto tra lei e Hugh.

"Come procede?" Chiesi a lui, indicando di nascosto la mia amica.

"Alla grande direi, regge abbastanza bene e devo dire che sta facendo colpo su Evan, ogni tanto si sorridono." Nuova coppia in formazione? Annuii a Hugh e mi voltai verso la mia amica.

"Amber? Amber, voltati." Le dissi, prendendola per un braccio e interrompendo la sua chiacchierata con Sophie.

"Erika! Allora, come va?"

"Sono io che chiedo come va a te! Evan ti ha notata?"

"Direi di sì..." voltò lo sguardo verso Evan, seduto esattamente di fronte a lei, e in quell'istante lui fece lo stesso. Si guardarono e si sorrisero.

"Allora alza il culo e vai a parlargli!" Esclamai.

"Allora signori, se fate spazio a James su uno di quei divani è l'ora di vederlo spacchettare qualche regalo." Disse al microfono il dj. Vidi James sbucare tra la folla di fronte a me, Halle gli fece posto tra lei ed Evan, così che lui era di fronte a me, ed Evan rimaneva davanti ad Amber.

"Guarda come sono belli i nostri uomini." Disse Amber, appoggiando la testa alla mia spalla, mentre probabilmente cominciava a sentire i primi effetti della sbronza.

"Davvero." Risposi, appoggiando la guancia alla sua testa. La musica calò di volume e cominciarono ad arrivare i primi pacchetti a James. Una volta aperti e svelato il contenuto, lui si alzava e ringraziava il mittente con una stretta di mano e una pacca sulla spalla se era uomo, un bacio sulla guancia se era donna. Vederlo felice come un bambino la mattina di Natale, tra pacchi di ogni genere mi fece sentire felice, finalmente poteva distrarsi dai problemi con Anne.

Amber gli aveva regalato un paio di gemelli per la giacca, ma quando lui si alzò per ringraziarla lo dovetti fermare.

"Magari la ringrazi domattina, che è meglio." Dissi, riferendomi alla mia amica che continuava a dare i numeri accanto a me. Le presi il bicchiere di mano. "Questo dallo a me sorellina, non vorrai di certo fare figure di merda davanti a Evan mentre sei ubriaca." James sorrise, Amber mormorò un "sì" appena udibile.

"Credo che sia arrivato il momento di un bel brindisi." Disse James, mentre tornava di nuovo verso il dj. Mi alzai, stando attenta a non far cadere Amber.

"Sei sicura di riuscire a stare in piedi?" Le chiesi, in tutta risposta lei mi guardò, con le sue pupille dilatate e nere a fare da contrasto alle luci più forti del locale.

Pazienza. Resisterà venti secondi senza combinare disastri mentre vado a prendere due bicchieri di champagne? Lo spero.

Mentre attraversavo la sala in cerca del tavolo con lo champagne, il dj fece un altro annuncio, sempre da parte di James.

"Okay gente, con calma andate a prendere un bel bicchiere di champagne che brindiamo tutti al festeggiato." Disse, poi alzò un po' il volume della musica. Buttai un occhio sull'orologio del cellulare che tenevo in borsa. Mezzanotte e venti. Arrivai davanti al tavolo appena in tempo perché tutta la gente si accalcasse attorno ad esso per prendere i bicchieri. Allungai le mani per prenderne due, poi successe tutto così in fretta che non riuscii a capire bene come fosse successo. Qualche secondo dopo mi ritrovai per terra, il tavolo e i bicchieri rovesciati dietro di me e lo champagne che inzuppava il mio vestito, la musica era spenta. Anche qualcun'altro era stato travolto dal tavolo, ma ne era uscito illeso. Cercai di rialzarmi, ma una fitta al braccio destro mi fermò. Guardai verso la fonte del dolore, e trovai, piantato appena sopra al gomito, un pezzo di vetro di un bicchiere, il sangue colava lungo il mio braccio e scendeva al pavimento, per mischiarsi allo champagne. Nonostante il dolore la ferita non sembrava così grave, ma tutti intorno a me erano preoccupati.

"Erika!" Jamie si fece largo tra la folla e subito notò la mia ferita. Le diede una rapida occhiata. "Chiamate un'ambulanza." Disse, a chiunque si trovasse dietro di sé.

"No!" Gridai. "No James, non sono in fin di vita. Non mi serve un'ambulanza, possiamo andare in ospedale anche con la nostra macchina." Arrivò anche Michael, che aveva sentito il discorso.

"Dobbiamo toglierle il vetro dal braccio." Disse, chinandosi di fronte a me. "Alza."

Alzai il braccio e gli mostrai la ferita, lui cercò un punto in cui prendere il vetro.

"Michael non sei un dottore, come pensi di toglierlo senza tagliarle un muscolo, una vena o un nervo?" Gli chiese James.

"Mi hanno insegnato come si rimuove un oggetto superficiale quando è piantato nel corpo di qualcuno, ho fatto l'infermiere per qualche anno da giovane. Fidati, so quel che faccio."

No, cazzo! Non che non mi fido, porca merda. Vorrei vedere se ci fossi tu al posto mio mentre rischi di perdere l'uso di un braccio.

Mike prese il vetro dove era meno sporco di sangue e tirò leggermente verso l'esterno. Sentii subito un dolore forte, e il sangue uscì più velocemente.

"No! Fermo. Lascialo dentro." Dissi, con le lacrime agli occhi dal dolore. "Andiamo in ospedale, prima che faccia infezione."

Mi aiutarono ad alzarmi, poi, mentre io mi recavo in macchina accompagnata da Jennifer, James salutò velocemente tutti.

"Jen, ti prego, assicurati che Amber arrivi a casa sana e salva." Le dissi, una volta salita in macchina. "O che sia almeno in ottime mani." Conclusi, riferendomi ad Evan.

"Non preoccuparti per Amber, ci penso io." Disse, mentre James saliva in macchina accanto a me. "Pensa solo a guarire. Vai Mike, portali in ospedale!" Chiuse la porta senza aspettare una risposta dal nostro autista, che in un attimo partì diretto nel centro di Londra. Cominciai a sentirmi più debole. Il braccio mi faceva male e non avevano osato fasciarlo in nessun modo per fermare il sangue, che continuava lento la sua corsa lungo il fianco del mio vestito. Appoggiai la testa sulla spalla di James.

"Resisti Erika, siamo quasi arrivati." Sussurrò lui.

Dopo quella che mi sembrò un'eternità finalmente arrivammo davanti all'ospedale. Uscii dalla macchina un po' intontita, James mi accompagnò dentro, subito un infermiere ci venne incontro.

"Ha un pezzo di vetro nel braccio." Disse semplicemente.

"Venite con me." Mi portarono in un'altra ala dell'ospedale, mi sistemarono in una stanza con due sedie, un lettino e un tavolo pieno di forbici, pinzette e sacche della flebo, poi l'infermiere chiamò un dottore.

All'incirca venti minuti dopo, dopo grida strozzate mie e strette di mano in sostegno da parte di James, il vetro era rimosso, e il braccio era fasciato provvisoriamente. Il dottore era voltato verso il tavolo, che stava sistemando alcune cose, io mi sentivo troppo debole per riuscire a stare ancora sveglia, quindi mi trovai di nuovo con la testa sulla spalla di James, che mi accarezzava i capelli.

"Mi dispiace." Disse.

"Non è colpa tua." Risposi, tormentando il polsino della sua giacca con la mano del braccio sano, prima di prenderlo per mano. Il contatto mi provocò un brivido. Il dottore si girò verso di noi.

"Allora signorina Watney, ecco qui una buona e una cattiva notizia. Quale vuole sentire per prima?"

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Okay, la storia di Mike infermiere l'ho inventata su due piedi, non sapevo che scriverci >\\<

Grazie che continuate a leggere la mia storia (Dio, siamo già a più di 860 views e nemmeno ho messo l'8° capitolo... *si inchina ai lettori*), ci sentiamo presto elfi!

~Jess

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