20

Le riprese di Split iniziarono a Novembre, ma mentre James era impegnato a Philadelphia, negli Stati Uniti, io ero a Londra, a organizzare il matrimonio che si sarebbe tenuto di lì a quattro mesi. In realtà non avevo mai pensato a come sarebbe stato il mio matrimonio, non in tutta la mia vita, perciò mi trovai in una situazione di totale smarrimento. Per fortuna arrivò una mano, o meglio una telefonata, in aiuto dalla Pennsylvania, che mi mandò un fantastico wedding planner. Jackson era rimasto i primi giorni ad ascoltare me e James per capire i nostri gusti e cercare di trasformare quello che per noi sarebbe dovuta essere una semplice cerimonia nel matrimonio del secolo. Le sue domande spaziavano dai nostri colori preferiti al motivo della stoffa delle tovaglie, il tipo di fiori che ci piacevano e i dettagli che la sposa e lo sposo avrebbero dovuto avere in comune. Mi consigliò per l'abito da sposa di prendermi due giorni per andare da Kleinfeld a New York, mi ci avrebbe accompagnato lui stesso. Ovviamente non potevo partire senza Amber, così mi trovai costretta a contrattare sui giorni in cui partire da incastrare tra le sue ferie, quelle di Evan e quelle di James. Per fortuna a furia di lavorare come assistente ero diventata abbastanza brava da riuscire a combinare tutte queste cose, trovando due giorni delle ferie di Amber in cui Evan e James non c'erano ancora.

"Siamo sempre in ritardo per colpa tua!" Gridai ad Amber, una volta scese dal taxi all'aeroporto di Heathrow. "Jackson ci sta aspettando e l'aereo parte tra un'ora!"

"Diamine Erika rilassati! Se sei già agitata oggi cosa farai il giorno delle nozze?" Chiese, mentre ci recavamo al gate d'imbarco.

"Non lo so e non voglio pensarci, ho mille cose per la testa e un centinaio da organizzare, senza contare gli impegni di James. È già tanto se riesco a respirare in questo periodo, oltretutto lui non riesce a cavarsela una giornata senza di me. Mi chiama due o tre volte al giorno anche per la più piccola cavolata e io non riesco a stargli dietro anche quando sta dall'altra parte del mondo." Sospirai, entrando in aeroporto.

"Okay, ora ascoltami." Disse Amber, prendendomi per le spalle e bloccandomi di fronte a sé. "Questo è tutto ciò che hai sempre sognato. Hai un lavoro fantastico, un ragazzo fantastico e stai per sposarti. Se ti chiama per delle cavolate fregatene, lo ami e gli rispondi con tutto quello che vuole sentirsi dire, okay? Hai un matrimonio da organizzare? E a cosa serve Jackson allora? Devi rilassarti di più, tutto questo stress non ti fa bene." Sospirai di nuovo, restando in silenzio. Amber aveva ragione, dovevo cercare di rilassarmi di più o sarei di sicuro crollata. Mi poggiai una mano sulla fronte e chiamarono il nostro volo.

"Possiamo andare per favore?" Lei annuì e passammo i controlli, Jackson ci aspettava in aereo.


"Tua mamma ci sarà per la scelta dell'abito?" Chiese Jackson, a circa metà del volo.

"Ha detto che ci raggiungerà domattina con il primo autobus da Dayton." Risposi, chiudendo gli occhi. Non eravamo neanche arrivati che già cominciavo a sentire l'agitazione per la scelta dell'abito prendere il sopravvento.

"Fatti una dormita Erika, il volo è lungo." Disse Amber, così decisi di prenderla in parola.

"È stressata per nulla, lo sa vero che io sono qui per organizzarle il matrimonio?" Chiese Jackson in un sussurro, sperando che non lo sentissi.

"Certo che lo sa, ma è l'assistente di un attore, ha l'ordine e il controllo nel sangue, non puoi farci nulla." Rispose Amber, con lo stesso tono di voce.

"Ho lavorato con altre assistenti, ma nessuna è come lei."

"È un carattere tutto particolare, ma dopo un po' ci fai l'abitudine. Devi solo imparare a non sgarrare e tu in particolar modo devi assolutamente fare le cose come le vuole lei, altrimenti non te la levi più di dosso."

"Oh, okay, grazie del consiglio."

"Lezioni di sopravvivenza ad Erika Watney, è così che funziona, altrimenti sei nei guai. E fidati, parlo per esperienza."


"New York City bambini!" Esclamò Amber, una volta scesi dal taxi di fronte al nostro albergo.

"Sembra che tu sia qui per la prima volta in vita tua." Risposi, entrando in hotel. "Smettila di guardare i grattacieli come fossero regali di Natale, abbiamo del lavoro da portare avanti."

"Ehi, in fondo è la prima volta a New York per me. E poi sarà meglio che chiami James, non ti sente da sei ore e mezza e ho come la sensazione che sarà in crisi." Rispose lei, seguendomi alla reception.

"Ho una prenotazione a nome Watney per due camere." Dissi al receptionist, con un sorriso. "Non preoccuparti, saliamo in camera e poi lo chiamo." Dissi ad Amber, senza guardarla.

"Ma Jackson non ha la prenotazione?"

"Il signore ha la camera singola, le signore hanno una camera con due letti singoli separati." Disse il receptionist, consegnandoci le chiavi. "La camera del signore si trova al settimo piano, mentre la suite delle signore al decimo."

"Suite?!" Esclamò Amber, in un grido strozzato.

"Ha prenotato James, non io." Dissi, a mia difesa. Presi la chiave della camera e tutti e tre ci recammo agli ascensori. Non appena Jackson si fu fermato al suo piano e le porte si furono richiuse, Amber mi guardò in modo parecchio strano. "Che c'è?"

"James paga il suo albergo?"

"E ringrazia che non gli abbia preso la suite, perché anche io sono contraria a questa cosa." Ribattei, alzando gli occhi al cielo.

"Ricordami di ringraziare il tuo futuro marito perché questo hotel è fantastico." Uscimmo in corridoio, cercando la suite F. I nostri passi risuonarono in corridoio, attutiti dalla moquette rosso sangue, Amber quasi mi fece prendere un colpo quando spalancò la porta dopo averla aperta con la tessera magnetica e aver cacciato un urlo di gioia. Raggiunsi la porta a mia volta ed entrai nella suite, restando a bocca aperta. Cercai di fare in modo che la porta si chiudesse alle mie spalle, spingendola con il piede mentre i miei occhi erano continuamente catturati da stimoli visivi in ogni angolo della suite. A partire dai divanetti bianchi, le poltrone di pelle e la carta da parati finendo con i quadri dai colori accesi rappresentanti paesaggi dalla natura lussureggiante o splendide coste caraibiche e tutti i completi d'arredamento del salotto, tra cui una macchina per il caffè, una per il thè ed il minibar. Tutto chiedeva attenzione ai miei occhi mentre nelle mie orecchie sentivo solo il rumore dei soldi che abbandonavano il conto in banca di James.

Rilassati Erika, Johnny Depp riesce a spendere due milioni al mese praticamente senza uscire di casa, non vedo perché tu debba preoccuparti per quest'hotel.

Abbandonai la valigia in mezzo al salotto e mi tolsi gli stivaletti neri, lasciando che i miei piedi si posassero liberi sul tappeto indiano al centro della stanza.

"Oh mio Dio!" Esclamò Amber, in qualche remoto angolo della suite. "Erika, vieni a vedere, c'è la cabina armadio, ed è più grande della mia camera!" Strillò entusiasta. Mi avvicinai alla porta che separava il salotto dalla camera da letto e vidi Amber nella cabina armadio, che stava aprendo tutti i possibili cassetti e cassettini a portata di vista. Aprì un'anta, le luci al suo interno si accesero, ed Amber andò letteralmente fuori di testa, iniziando a saltare per la stanza ed emettendo gridolini di gioia. "Erika guarda questa camera! Guarda questi letti, guarda le pareti!" Disse, fermandosi all'improvviso ed avvicinandosi a me. "Questo posto sprizza lusso da tutti i pori!" Sussurrò, con gli occhi che le brillavano.

"Okay, okay, Amber, rilassati, respira. Stiamo parlando di gente famosa, è James McAvoy, ricordati che può permetterselo."

"Come fai ad esserti abituata così bene tu?"

"Chi ti dice che io mi sia abituata? È vero, conosco James da anni e mi ha sempre fatto avere le sistemazioni migliori, ma io non sono crescuita con il lusso di questi privilegi, non sono abituata per niente! Questa camera è fantastica, hai assolutamente ragione!" Dissi, guardandomi intorno.

"Hei, hai visto? La macchina per il caffè... c'è pure la spa in questo albergo!"

"Già, ma non ci andremo."

"Perchè scusa?" Mi guardò sconsolata.

"Beh, io devo fare un po' di telefonate, e tu devi fare in modo che il servizio in camera sia veloce e puntuale, perché è quasi ora di cena e ho fame, visto che non ho voglia di uscire, vedi di darti da fare." Dissi, ferma, mentre recuperavo la valigia e la portavo in cabina armadio, cominciando a sistemare i vestiti.

"Fantastico. Si beh, insomma. Stiamo qui due notti, perche disfi la valigia?"

"Si chiama prevenire le pieghe, altrimenti mi  tocca mandare la roba a stirare." Risposi, continuando a sistemare le magliette -poche- in uno dei cassetti dell'armadio.

"Hm, come ti pare. Cosa vuoi dal servizio in camera?"

Ordinammo qualcosa di semplice e mangiammo al piccolo tavolo del salotto, accendendo l'enorme televisione a parete e ridendo come due sceme per Pirati dei Caraibi - Oltre i confini del mare. Inutile dire che quella sera più che dormire in realtà restammo alzate fino alle due a raccontarci cose assurde, come se non ci fossimo viste per decenni. Amber mi ricordò di quella volta che avevamo giocato a quel gioco stupido in casa sua, e la mattina poi si era lasciata sfuggire quella frase iper imbarazzante di fronte a James.

"Davvero ho detto una cosa del genere?" Chiese, ridendo.

"Si, idiota che non sei altro, mi hai fatto fare la figura di merda più grande della mia vita! James ha fatto una faccia..." mi portai una mano al viso, ridendo a mia volta.

"Ooh, vedi solo di ringraziarmi, o a quest'ora non vi sareste neanche ancora baciati." Mi diede un colpetto sul braccio, facendosi quasi seria.

"Non esagerare, che il resto l'ho fatto tutto da sola!" Le diedi un pizzicotto sul braccio, continuando a ridere.

"Okay, aspettami un secondo, ho bisogno del bagno." Si alzò dal letto su cui eravamo sedute e si avvicinò alla porta del bagno, ma a qualche passo da essa, non so come, scivolò e per poco non cadde all'indietro, muovendo braccia e corpo per rimanere in equilibrio. Scoppiai di nuovo a ridere, stavolta più forte, fino ad arrivare alle lacrime e a farmi venire male ai muscoli della pancia. "Che c'è, ti diverti?" Chiese, guardandomi con le mani sui fianchi.

"Oddio sì!" Eclamai, tra le risate, tenendo le braccia sulla pancia.

"E piantala, che tra un po' ci rimetto l'osso sacro!" Andò in bagno, e mentre la mia risata stava già per terminare nella mia mente brividi la scena e scoppiai di nuovo a ridere.

"Oddio no, non la ridarella." Cercai di fermarmi, ma senza gran successo.

"Domani si va da Kleinfeld, ricordatelo." Alla frase di Amber la mia risata morì esattamente com'era iniziata.

"Già cacchio, è vero."

"Esatto, quindi è meglio andare a dormire." Disse, spostando le coperte del suo letto e infilandocisi sotto.

La mattina newyorkese fu nuvolosa, ma niente mi impedì di essere di malumore quel giorno. Eravamo da Kleinfeld io, Amber, Jackson e mia madre, che era arrivata quella mattina, avevo già provato qualche abito ma nessuno che mi convincesse.

"Perché non provi una linea a sirena? Quella classica da principessa non ti valorizza abbastanza." Disse Amber, con lo sguardo cercai il consenso di mamma, seduta accanto a lei. Annuì, così tornai in camerino seguita da Randy, il proprietario del negozio.

"Okay, ora vado a cercarti qualcosa di più stretto, se hai bisogno sono proprio qui fuori." Disse, con un sorriso, prima di chiudere la porta della piccola stanzetta.

"Randy!" Lo chiamai, l'idea che mi era venuta in mente andava assolutamente riferita. Riaprì la porta, guardandomi attraverso le lenti degli occhiali.

"Dimmi cara."

"Hai qualche vestito con dei dettagli blu? Voglio che sia il colore principale della cerimonia e volevo riprenderlo anche sul vestito..." chiesi, quasi timidamente.

"Ma certo, vedo che posso fare." Sorrise e richiuse la porta mentre io continuavo ad osservarmi allo specchio nel vestito in stile principessa con la gonna di tulle che portavo addosso. Lo sentivo pesante, e sapevo per istinto che nonostante ci saremmo sposati d'inverno avrei comunque patito il caldo sotto tutti quegli strati di tessuto. Randy bussò poco dopo alla porta, e dopo aver ricevuto un avanti in risposta da me, lo vidi entrare con l'abito da sposa più bello che i miei occhi avessero mai visto, e seppi a pelle che sarebbe stato lui quello giusto. Scollatura a cuore con il bordo blu e preziosi decori argentati che giravano intorno al busto per giungere sulla schiena e dividersi nel grande spacco blu scuro che scendeva fin sullo strascico. Non era dalla linea a sirena, ma in quel momento fu l'ultimo dei miei pensieri.

"Oh mio Dio Randy, è stupendo." Dissi, con gli occhi che probabilmente brillavano dall'emozione.

"Vero? È il migliore che ho, e guarda caso è l'ultima taglia, che è anche la tua." Rispose lui, facendomi girare e aprendo i gancetti dell'abito che avevo ancora addosso.

"Allora lo devo assolutamente provare." Risposi, reggendo il vestito con una mano e aspettando che lui uscisse perché io indossassi l'altro. Quando uscii dal camerino e raggiunsi mia madre, Amber e Jackson ai divanetti di fronte agli specchi, tutti e tre rimasero senza fiato nel vedermi in quell'abito. Alzai gli occhi sulla mia figura riflessa nello specchio e ammirai l'abito che indossavo da ogni angolazione con il sorriso sulle labbra e una punta di rossore sulle guance. Quando mi voltai indietro, mia madre stava porgendo un fazzoletto ad Amber, che era praticamente in lacrime, ed anche lei aveva gli occhi lucidi. Randy, in piedi accanto a me, mi guardò con un sorriso e si allontanò di poco per prendere un velo bianco e adagiarlo sulla mia testa.

"Allora, che ne pensate?" Chiese.

"È lui." Disse mia madre, guardandomi ancora una volta. Abbassai lo sguardo sul vestito e passai le mani sulla morbida seta bianca.

"È assolutamente lui." Disse di rimando Amber, tirando su col naso.

"Non ti facevo così sensibile sorellina." Le dissi, cercando di nascondere il fatto che avevo ormai anche io le lacrime agli occhi dall'emozione. Lei sorrise e si asciugò una lacrima. "Quanto costa?"

"Settemilacinquecento dollari." Rispose Randy.

"Non so se posso permettermelo." Abbassai lo sguardo, non riuscivo a credere che stavo per perdere il vestito dei miei sogni.

"James ha detto di non preoccuparti del prezzo, l'abito lo avrebbe pagato lui." Disse Jackson, rimasto zitto fino a quel momento.

"Oh no, non posso permetterglielo." Risposi io, cercando poi lo sguardo di mia madre.

"Ti aiuto io Erika." Disse lei, sorridendomi.

"Sicura mamma?" Lei annuì con decisione.

"Allora, è l'abito giusto?" Chiese Randy, cercando il mio sguardo.

"Oh sì, è l'abito giusto." Risposi, con un sorriso che non seppi controllare. Mancavano quattro mesi al matrimonio e non potevo essere più fiera della mia scelta, sarebbe stato tutto perfetto, dalla cerimonia agli invitati, avrei sposato l'uomo che avevo amato fin dall'inizio, e non poteva esserci per me gioia più grande.



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Estate un corno, sono impegnata più di prima. Va beh, tempo tre/quattro capitoli e Blue finisce, quindi godetevela.

Se vi va cercatemi su instagram, sono jessalo_14

Vi voglio bene elfi, grazie per la pazienza.

~Jess

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