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Arrivai dall'altra parte della boscaglia ed uscii dal parco. Non dovevo più pensare a James, non mi avrebbe cercata per un po': probabilmente il suo hotel era dall'altra parte di città rispetto al mio. Perciò tentai per quanto mi fosse possibile di non pensare a lui, percorsi la strada che avevo fatto a ritroso e mi fermai appena imboccata la 5th Avenue. Feci una passeggiata per la strada ed osservai le vetrine dei negozi, dei bar, acquistai un paio di cose per me e un regalino per Amber. Non resistetti, e comprai anche una piccola spilla a forma di X del logo "X-Men", che trovai in un negozio di cianfrusaglie che non mi sarei mai aspettata di trovare in una città del genere.

Il resto della giornata fu tranquillo, mi lasciai tentare dalla spa dell'hotel, il massaggio con le pietre laviche fu assolutamente irresistibile. Per fortuna il pacchetto base non costava lira di Dio, perciò potei benissimo concedermelo. Non appena finii con l'idromassaggio, mi avvolsi nell'accappatoio che la reception mi aveva dato e salii in camera con ancora i capelli legati in una crocchia spettinata ed umida. Non appena varcata la soglia della mia stanza e chiusa a chiave la porta alle mie spalle, lasciai cadere l'accappatoio bagnato sul pavimento e mentre mi recavo in bagno per una doccia rilassante sparsi per la camera i due pezzi del mio bikini. Quando trovai la giusta temperatura, entrai nella doccia e lasciai che l'acqua mi bagnasse dalla testa ai piedi, alzai il viso verso il soffione e chiusi gli occhi: le gocce mi battevano sul viso incessantemente e si univano in sottili rivoli d'acqua ai lati del mio viso, per poi scendere lungo il collo ed il mio corpo prima di finire nello scarico. Lo shampoo finì tra i capelli in una soffice e bianca schiuma quando a un tratto una fitta mi prese lo stomaco: aprii di scatto gli occhi, l'acqua mi liberò i capelli dalla schiuma mentre mi spiegavo in avanti con le braccia contro la pancia. Durò solamente un altro secondo, non appena tornai in posizione eretta mi dissi lasciar correre, supponendo che probabilmente era solo il ciclo incombente. Chiusi gli occhi per un secondo e sotto le palpebre la mia mente creò l'immagine di un altro paio di occhi azzurri che conoscevo molto bene. Mi mancavano quegli occhi azzurri, mi mancava anche il sapore delle sue labbra sulle mie, così come le sue dita che mi sfioravano la schiena e il suo profumo. Quei pensieri mi portarono involontariamente a mordermi il labbro, il ricordo della lieve sensazione delle dita di James che tracciavano una scia invisibile sul mio corpo mi mandò il cervello in cortocircuito e portò d'istinto una sensazione calda e irresistibile nel basso ventre. Quella voglia di James si intensificò, ma sfumò esattamente com'era iniziata quando riaprii gli occhi e sospirando tentai con poco successo di tornare a concentrarmi sulla mia doccia.

L'accappatoio e l'asciugamano erano soffici al tatto, mi avvolsi completamente nel primo e nel secondo sistemai i capelli. Ordinai dal servizio in camera un thè con dei biscotti e mentre aspettavo decisi di dedicarmi un po' ad aggiornare i miei social, cosa che non facevo da parecchio tempo. Mi avvicinai alla finestra e scattai una foto al panorama della città, postandola su instagram e su snapchat senza alcuna frase. Il primo commento arrivò da Amber, su instagram.

Mi manchi un sacco, Erika. New York non è la città giusta per te, ti si addice di più Londra.

Le risposi.

Londra è assillante, mi perseguita, ma forse hai ragione, è una bellissima città e comincia a mancarmi. A forza di andarmene da lì mi viene voglia di tornarci.

Avrebbe capito che in realtà non mi stavo riferendo alla città ma a James, come io avevo capito che lei aveva fatto lo stesso. Tornai poi in bagno per vestirmi, e proprio mentre finivo di sistemarmi la maglietta bussarono alla porta. Mi tolsi l'asciugamano dalla testa ed andai ad aprire.

"Buonasera signorina, le ho portato il thè." Un ragazzo moro dal sorriso raggiante fece un passo in camera mia per poi posare il vassoio con una teiera ed una nutrita selezione di bustine da thè accompagnati da una tazza e dei biscotti sul tavolino accanto alle due poltroncine.

"La ringrazio." Dissi, incontrando i suoi occhi castani.

"Dovere, signorina." Rispose, prima di uscire dalla camera e chiudere la porta dietro di sè. Dalla selezione di filtri scelsi un semplice thè nero, che lasciai in infusione qualche minuto. Non appena fu pronto mi sedetti sulla poltroncina rivolta verso la vetrata ed inzuppai i biscotti nel caldo liquido ambrato prima di gustarli con calma. Rimasi assorta nei miei pensieri per parecchio tempo, continuando a guardare il panorama uggioso di New York del tardo pomeriggio mentre i miei capelli si asciugavano naturalmente grazie all'aria calda della camera.


James' POV

Il tempo si rannuvolò quasi mezz'ora dopo che ebbi trovato una panchina appartata a Central Park, ma decisi comunque di rimanere là. Pensavo che forse l'avrei potuta incontrare, ma ogni viso su cui il mio sguardo si posava era a me assolutamente sconosciuto. Mi si avvicinarono due ragazze che mi chiesero una foto, e lo stesso fece poi un ragazzo, fan degli X-Men. Quando lui si allontanò, lasciandomi in piedi da solo davanti alla panchina, alzai gli occhi al cielo e provai a dare un senso alle nuvole nere. Non trovai nessuna figura logica, ma in compenso mi resi conto che riflettevano perfettamente il mio stato d'animo in quel momento. Ero frustrato, stanco e malinconico, con la mente a soqquadro e il cuore spezzato. Mi passai una mano tra i capelli, sospirando, e poi scesi sul viso, chiudendo gli occhi. Tentai di non pensare a lei, ma era diventata ormai un'ossessione. Mi vibrò il cellulare. Era un messaggio da Amber, con un link.

"Apri questo e leggi i primi due commenti."

Aprii il link senza pensarci due volte e trovai la pagina Instagram di Erika, con una foto di New York. Tentai di resistere all'impulso di metterle un "mi piace" e scesi a cercare i primi, ed anche unici, due commenti. Il primo, di Amber, sembrava asolutamente innocuo alla prima lettura, ma poi provai a collegare le tessere del puzzle. Solo quando poi lessi la risposta che le aveva dato Erika capii che quelle parole erano incentrate su di me. Alzai lo sguardo dal cellulare, incredulo. Possibile che le mancassi?

Questa non è la Erika che conosco. Non è possibile, mi stai prendendo in giro.

Chiusi Instagram e risposi al messaggio di Amber.

"Se era uno scherzo, non mi è piaciuto."

"Non era uno scherzo James, tu le manchi."

"Impossibile, ha detto chiaro e tondo che non vuole avere più niente a che fare con me."

"Serve una visita dall'oculista per caso?"

"Se è vero che le manco, beh, che mi cerchi."

"Fosse così semplice per lei ti giuro che lo avrebbe già fatto."

"Che cosa c'è di complicato? Eh? Spiegamelo perche non l'ho capito."

"C'è che non riesce ad accettare il fatto che tu abbia rovinato la tua famiglia per lei, okay? Vuole che tu le dimostri che non l'hai fatto tanto perche in quel momento ti girava di farlo, okay? Vuole che metti la testa a posto e che glielo dici in faccia, perche credimi conosco quella donna da quando eravamo ancora nel grembo delle nostre madri e ti giuro che non ho mai visto in vita mia una ragazza più testarda di lei. Mi ha sempre fatto capire che se non le dici le cose come vorrebbe sentirsele dire con lei non vai da nessuna parte."

"Beh, l'ho gia fatto, ho già tentato in ogni modo."

"Evidentemente non l'hai fatto nel modo giusto."

Sospirai, non le risposi più. Per tentare di convincere Erika avevo provato di tutto, forse l'unica cosa che non avevo provato era... non provai a cercare una continuazione per quella frase, ero davvero sfinito dei viaggi effettuati e le ore di jet lag si fecero man mano sempre più sentire. Forse avrei fatto meglio a rilassarmi e riflettere per un po' per conto mio... o semplicemente avrei dovuto lasciarla andare.


Erika's POV

Il trillo insistente del cellulare mi ridestò dai miei pensieri, posai la tazza ed il piattino sul tavolino e corsi a rispondere.

"Amber!" Esclamai.

"Erika ti prego ascoltami. Ho appena sentito James per messaggio; fammi un favore enorme, chiamalo. Fallo perché l'ho capito che non ce la fa più, sta mollando Erika, se continui a evitarlo in questo modo io sono certa che tornerà qui a Montreal ma con il cuore spezzato." Inspirai profondamente.

"Senti, io... che lasci stare, non mi importa più di lui." Entrambe però sapevamo che le mie parole mancavano di convinzione.

"Certo, come no. Mi dai il permesso di fare una cosa?"

"Dipende, che cosa?"

"Devi fidarti di me per una volta. Lasciami fare."

"Se fai cose stupide giuro che appena torno te la faccio pagare."

"Non sarà niente di stupido. Mi ringrazierai." Disse, spazientita, prima di mettere giù. Probabilmente mi avrebbe messo nei casini, forse invece non avrebbe fatto nulla di male, ma in quel momento ero troppo persa nei sensi di colpa per preoccuparmene. Mi lasciai cadere di schiena sul letto e chiusi gli occhi, lasciando che la mia mente facesse riaffiorare i ricordi di tutti i momenti passati con James. E come è solito dire di una persona che ha una memoria di ferro, che non dimentica nulla, beh, quello sembrava proprio il mio caso, perché certi momenti erano impressi nella mia mente così nitidamente che sembrava che sotto le mie palpebre fosse in corso la riproduzione di un film e che io fossi l'unico spettatore presente in sala, l'unico ad essere coinvolto a trecentosessanta gradi nelle emozioni della protagonista. Ricordai la tensione nel momento in cui entrai nel camerino di James per sostenere il colloquio, ricordai il battito accelerato del mio cuore quando mi aveva abbracciato la prima volta, quando avevano finito di girare X-Men First Class; l'imbarazzo la prima volta che mi fece i complimenti per il mio essere un'ottima assistente e la soddisfazione per tutte le altre volte in cui me lo aveva ricordato; la voglia di avvicinarmi a lui in un secondo per poterlo guardare meglio negli occhi e cercare la risposta a quella domanda che mi ponevo da tempo... cosa provi davvero? O ancora quel leggero formicolio a filo delle labbra quando mi veniva voglia di baciarlo, che mi portava inevitabilmente a nasconderlo facendo finta di mangiarmi le unghie.

Riaprii gli occhi e mi alzai, raggiungendo il cellulare che avevo lasciato sul tavolino. Aprii la rubrica e cominciai a scorrere lentamente l'elenco dei contatti, passai attraverso un sacco di numeri anche di persone famose finché non mi fermai su un nome preciso, una sola lettera con un punto.
J.

Aprii il contatto e lessi il suo numero di telefono, il mio dito si fermò a qualche millimetro dallo schermo sopra l'icona del telefono, indugiai a lungo finché il dito non iniziò a tremarmi. Ero a un millimetro dal sentire nuovamente la sua voce, dall'uscire allo scoperto. Ero tentata di farlo, era per me una tentazione irresistibile, eppure sembrava che ci fosse una barriera invisibile a un nanometro di distanza dallo schermo che mi impediva di fare quella telefonata. Alla fine la mia mano si allontanò dallo schermo quasi fosse controllata da una forza estranea.

Quattro giorni dopo

I miei tentativi di evitare James sembravano andare a buon fine e quel pomeriggio tardi avevo deciso sotto consiglio della giovane recepitonist del mio albergo di cambiare un po' aria e provare posti in cui la gente di New York era solita andare per divertirsi. Optai per il The Roof, un lounge al ventinovesimo piano di un grattacielo tra la 6th e la 7th avenue. Indossai qualcosa di comodo, un paio di shorts di jeans con una maglia dalle maniche coi volant molto lunga, una collana dal ciondolo dorato a forma di foglia e le mie fidate Converse nere. Volevo restare fuori il più possibile, cercando di farmi nuove amiche, anche se si sarebbe trattato solo della barman. Non appena arrivai ai piedi del grattacielo guardai in alto, il profilo dell'edificio si stagliava contro il cielo che iniziava ad imbrunire e il tetto dove si trovava il lounge era già illuminato. Abbassai lo sguardo e notai che c'erano molte persone che entravano ed uscivano dal portone, così mi diressi in quella direzione. Con la tracolla della borsetta nera appoggiata su una spalla sola entrai facendo ruotare sul fulcro l'enorme porta girevole in vetro e rimasi subito colpita dall'ingresso: lo stile era ispirato agli anni 80, sui toni del pesca. Accanto agli ascensori non distanti dalla mia posizione trovai l'elenco dei piani del palazzo e le strutture che ospitavano. Per sicurezza controllai il piano a cui mi sarei dovuta recare prima di schiacciare un pulsante di chiamata degli ascensori. E fu proprio in quel momento che sentii alle mie spalle una voce maschile, fin troppo familiare. Una voce che mi provocò i brividi e che mi fece irrigidire istantaneamente.

"Erika?"

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Questo è dedicato a jove99 che oggi compie gli anni <3

Per gli altri elfi, ci vediamo presto! ^·^

~Jess

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