XXVIII


Lento.

Il tempo in ospedale sembrava non scorrere, ma fuori, erano già trascorse due settimane.

Due settimane da quel giorno che aveva distrutto Grace, nella mente e nell'anima.

Aveva avvisato i suoi amici la mattina dopo, prima che loro entrassero a scuola. Da allora, le fornivano più appunti e compagnia possibili.

Aveva avuto modo di parlare con Nathan, di trascorrere tanto tempo con lui senza avere il timore di essere scoperta, triste del fatto che ne avessero avuto modo solo in quella spiacevole situazione.

Le giornate trascorse in quel letto d'ospedale l'avevano portata a riflettere su molti aspetti della propria vita, che si sarebbe potuta troncare da un momento all'altro. Era strano dover pensare ad un futuro non troppo lontano. Lei ripeteva spesso che la vita di tutti sarebbe potuta essere spazzata via in un secondo, quando nessuno se lo sarebbe aspettato. Ma aveva la quasi assoluta certezza di non poter continuare ad andare avanti a lungo, nonostante le cure.

Come molte volte era stata nella sua vita, era pessimista.

Perché era abituata a non avere più fiducia nella vita, in chi le stava attorno, in sé stessa. In tutti quelli che le dicevano che presto sarebbe finita e sarebbe tornato tutto come prima.

Certo, sarebbe finito tutto, ma nulla sarebbe stato come un tempo, perché lei non ci sarebbe stata.

L'infermiera, Giuditta, entrò nella sua stanza, annunciando visite. Lei annuì distrattamente e si mise  a sedere. Il ciuffo biondo di Nicholas fece capolino dallo stipite della porta, seguito a ruota da una chioma dai capelli rossi e da una montagna di fogli trasportati da Shane.

Grace sorrise a tutti e tre i suoi amici, constatando l'assenza di Minho, scoprendo poi che fosse dovuta da una punizione inflittagli da sua madre nel bel mezzo di una videochiamata con Shane.

Come ogni volta che il suo sguardo si posava su Nicholas, ringraziò il cielo di non averlo mai baciato, evitando così di correre il rischio di contagiare anche lui. Tranne quella volta in corridoio: la prima cosa che aveva chiesto ai dottori, era infatti dopo quanto tempo i batteri diventassero attivi. Nonostante le risposte tranquillizzanti, aveva fatto in modo che anche lui si sottoponesse a tutti gli esami che, fortunatamente, si erano rivelati negativi.

Aveva scoperto molto in merito alla malattia che la teneva costretta lì. Era possibile che fosse dovuta ad una predisposizione genetica, inoltre poteva essere contagiata attraverso saliva, starnuti e tosse, molto più facilmente ai soggetti con le risorse immunitarie basse. Causava insonnia e debolezza, perdita di peso, tosse forte con presenza di sangue, ed epitassi. Le cellule che causavano l'infezione si espandevano col trascorrere del tempo e non era possibile accusare i sintomi fin da subito.

Molto probabilmente, lei era stata infettata la prima sera in cui aveva incontrato Nathan, poiché aveva la febbre e il fratello aveva emesso diversi colpi di tosse, anche in altre occasioni. Anche la predisposizione genetica aveva fatto il suo lavoro.

Suo fratello era un caso grave: le cure parevano non avere effetto, ma nemmeno la morte riusciva a conquistarlo. Sembrava che quel gracile bimbo continuasse a tenersi in equilibrio su una corda tra la vita e la morte.

Una corda che poteva essere facilmente spezzata.

«Ehy Biancaneve, dove sei con la testa?» Chiese Nicholas riportandola con i piedi per terra, anzi, nel letto.

Lei provò ad accennare un sorriso e salutò i suoi amici.

Shane le porse gli appunti che erano riusciti a raccogliere, i quali potevano esserle utili per quel periodo di assenza a scuola, ma soprattutto a svagare con la mente.

Ma su Grace avevano l'effetto contrario. Quando studiava, si chiedeva perché lo stesse facendo, seppur sapesse di non riuscire a vivere a lungo.

Era questo che la contraddistingueva da suo fratello: lei si buttava giù, non aveva speranze, mentre lui aspirava ai più grandi sogni, studiava cose che lei neppure conosceva, rimpiangeva le partite perse ai videogiochi.

Nonostante gli fosse stata rubata l'infanzia.

Parlottarono a lungo, i suoi amici, mentre Grace si odiava con tutta sé stessa, perché non desiderava che zittirli, per non ascoltare i loro racconti allegri, dei quali lei non era stata parte. Sapeva che lo facessero per tirarla su, ma se per un certo periodo della sua vita si era accesa una lanterna in quella stanza buia che era la sua anima, in quel momento era tutto nero come la pece.

Andarono via senza che neppure se ne accorgesse. Certo, il suo corpo se ne era reso conto, ma la sua mente era troppo impegnata a fluttuare nel pessimismo.

Trascorse così ancora due settimane, tra i fogli, i libri, la musica, i suoi amici che andavano a trovarla ogni giorno, Cornelia, Kristina e Robert che facevano di tutto per non far restare lei e Nathan soli, le sue lunghe conversazioni col fratello, il sole che tramontava ogni giorno e la luna che con le stelle prendeva il suo posto.

-

Gli pareva che il tempo si fosse fermato a quella sera in cui aveva raccolto Grace dal marciapiedi. Da quel giorno non aveva capito più nulla, perché da quel giorno sentiva la distanza aumentare tra lui e lei. Tra lei e il mondo. Nicholas tirò il piumino fin sopra le orecchie, paralizzato dal freddo.

Era trascorso un mese dalla caduta di Grace. Caduta perché si era ferita, aveva pianto, ma non si era alzata.

E pareva non averne l'intenzione.

Si disse che l'avrebbe alzata lui, anche se ci fosse stato bisogno di ricorrere alla forza.

Perché non meritava di marcire in un letto piuttosto che vivere emozioni positive, uscite con gli amici, innamorarsi.

Perché le voleva bene.

E perché, da un po' di tempo, aveva capito che la amava.

Perché ogni volta che incontrava il suo sguardo, ogni volta che il solo pensiero di lei gli sfiorava la mente, aveva solo voglia di urlarle quanto la amasse, quando avrebbe fatto per farla essere felice, per farla vivere. Cosa avrebbe fatto pur di staccarla da quel letto d'ospedale, da quella vita che la stava divorando senza rimorso.

Perché per lei, si diceva, si sarebbe fatto contagiare tutte le malattie del mondo.

Aveva sempre trovato affascinante quella ragazza, dal momento in cui aveva risposto male Mike Swanson il primo giorni di scuola.

Aveva letto audacia e convinzione nei suoi occhi.

Col passare del tempo aveva imparato a leggervi anche stanchezza, tristezza, felicità, commozione.

Quegli occhi erano tutta la sua vita.

Erano un libro aperto, scritto in una lingua che però non tutti conoscevano.

E poi erano di un blu così intenso da sembrare surreale.

Non aveva mai trovato da nessuna parte un colore simile, tranne che in una collana.

In quella collana.

Quella recapitata con il famigerato bigliettino coi versi di "Castle of Glass".

Quando non era in ospedale gli mancava come l'aria.

Sapeva dargli allegria nonostante sapesse di trovarsi in una situazione spiacevole.

Alzò lo sguardo verso il soffitto colorato, e sorrise come un bambino.

Gli sorrise anche il cuore, gli sorrisero gli occhi, le orecchie, il naso, tutte le cellule presenti nel suo corpo.

Gli sembrò di vedere, in quello straccio di cielo che riusciva a notare fuori la finestra, che anche le stelle formassero un sorriso.Che illuminassero quel cielo degli occhi di Grace, che si disse, avrebbe fatto ridere a perdifiato.

-

Marzo aveva avuto inizio.

Grace stava finendo.

A dire il vero le sembrava che i getti di sangue si stessero affievolendo, ma la sua mente le diceva che non le restava ancora molto da vivere.

È incredibile quanto la mente possa torturare, uccidere. Quanto, col solo pensiero, ci si possa convincere di cose che magari neppure esistono.

Purtroppo Nathan stava peggiorando.

Com'era di consueto, quel giorno Grace si diresse verso la camera di suo fratello. Diede tre colpi secchi alla porta color acqua marina ed entrò.

L'ambiente era piccolo e sterile, anonimo.

C'erano soltanto un piccolo armadietto, un bagno, un carrello coi medicinali, il letto e la macchinetta per l'ossigeno. Una cesta colma di libri sonnecchiava in un angolo accanto la porta del bagno, così come il Walkie-talkie, che sembrava dimenticato.

Grace sorrise al fratellino, stringendosi nella felpa che aveva indossato scendendo dal letto. Lui le fece spazio, per permetterle di sedercisi accanto. Lo fece in men che non si dica.

«Come stai oggi?» Chiese lei.

«Mi sento...peggio degli altri giorni...ma tu?»

Grace sospirò. «Anche...io»

«Grace?» Disse piano Nathan, che si era tirato su a sedere accanto a lei. «Se moriremo, lo faremo insieme. Non è fantastico?»

Grace gli sorrise annuendo con le lacrime agli occhi. Lo attirò verso di sè e lo strinse in un affettuoso abbraccio, come se fosse stato l'ultimo.

Il solo pensiero del fatto che anche lui si fosse rassegnato alla morte, le fece male al cuore. Sentiva il sangue smettere di scorrerle nelle vene e il cervello ghiacciarsi.

Lui non poteva morire.

Loro non potevamo morire.

Erano giovani, avevano tutta la vita davanti.

Avevano scoperto da poco di essere fratelli e non potevano, non potevano perdersi così.

«Non ora», mormorò lei.

«Cosa?»

«Abbiamo ancora tempo per morire

-

Nicholas entrò festoso nella stanza di Grace e corse ad abbracciarla, mentre lei cercava invano di staccarselo di dosso, seppur tradita da un leggero sorriso che faceva capolino sulle sue labbra. Nicholas si staccò senza smettere di sorridere.

«I medici dicono che la cura sta facendo effetto, che tra dieci giorni potresti essere fuori di qui...stai guarendo Biancaneve

Lei balzò al centro del letto battendo le mani. Non si era mai sentita così: quella notizia le aveva scaricato tanta adrenalina nel corpo. E poi, era pur sempre stata pronunciata da quelle labbra sottili che avrebbe tanto desiderato...

Grace scosse la testa. Doveva vivere, si disse. Doveva guarire, perché una volta uscita da lì avrebbe fatto tutto quello che si era sempre trattenuta dal fare.

Sarebbe andata in prigione a trovare Larry, per guardarlo con quella superiorità che lei solo sapeva imprimere nel proprio sguardo.

Avrebbe finalmente raccontato ai suoi amici di sua madre, perché avevano avuto tanta pazienza e lei non ce la faceva a tenersi tutto dentro.

Avrebbe urlato a Shane ed Allyson di darsi una mossa, perché stavano diventando vecchi ed era arrivata l'ora di dichiararsi.

E poi avrebbe baciato Nicholas, dieci volte per ogni momento in cui si era trattenuta dal farlo.

«Vedo che la notizia ti ha rallegrata molto», constatò Nicholas, felice come una Pasqua. «Economia ti aspetta!» Concluse con tono ilare, non risparmiandosi nemmeno la linguaccia.

Lei sorrise e lui le diede un pizzicotto sulla guancia procurandole una risata che però si trasformò in tosse.

L'avrebbe fatta ridere.

A perdifiato.

Grace si tirò a sedere continuando a tossire, mettendosi il gomito davanti alla bocca per evitare di spargere i microbi ovunque. Quell'attacco di tosse sembrava non finire più, la ragazza faticava a respirare. Nicholas premette con foga il campanello per far arrivare i dottori e gli infermieri.

Grace si lasciò cadere sul letto, cercando tastoni la mascherina dell'ossigeno.

Iniziava a vedere tutto sbiadito, sentì un frastuono provocato dai medici che entravano e cercavano di tener fuori Nicholas e suo padre. Un ulteriore campanello, suonato da chissà quale altra stanza, che fece andare maggiormente in tilt i dottori che si scambiavano direttive. Senza sapere né come, né perché, in quel momento pensò ai capelli neri di sua madre che si muovevano sinuosi, smossi dal vento del parco in quel lontano pomeriggio di dodici anni prima.

Poi soltanto il silenzio più sordo.

Mentre sui rami degli alberi i primi fiori iniziavano a sbocciare, la sua vita appassiva e i battiti del suo cuore rallentavano. Mentre fuori il cielo si schiariva, la sua anima era avvolta dalle ombre e, il suo cuore, le sue membra, si ghiacciavano.

Mentre da qualche parte nasceva una nuova vita, un'altra finiva.

____________________

Okay, non ammazzatemi, vi prego. Già ci sono io che vorrei tagliarmi le vene per questo gesto, poi se vi ci mettete anche voi mi butto da un palazzo :)

E' stato un capitolo estenuante, ci ho messo settimane a scriverlo, nonostante sia molto breve.

Vorrei chiedervi cosa ne pensate, ma forse è meglio stare zitta :,)

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top