XXIV
In occasione delle onoranze funebri di Magdalene Bukovski, la scuola aveva diminuito le ore di lezione per quel due gennaio.
Gran parte degli studenti aveva partecipato al rito, chi per conoscenza, chi per rispetto.
«La scuola ha perso una stella», aveva detto il preside Cook.
Dopo i funerali, Shane aveva chiesto ai suoi amici di raggiungerlo da Ben & Gerry, perché, a sua detta, aveva "una cosa importante da far vedere".
Si ritrovarono lì alle sei.
A Grace venne in mente il giorno in cui era lì con Minho e aveva conosciuto Magdalene, trattandola male.
Ricordava quel giorno come se fosse stato il giorno precedente.
Da allora, erano cambiate più cose di quante potesse controllarne.
Era incredibile.
Dopo aver ordinato qualcosa di caldo da bere, Shane tirò fuori dalla tasca la busta di una lettera.
«È stata scritta da Magdalene», spiegò. «L'ho trovata sulla scrivania, ma non l'ho ancora letta», concluse.
Scartò la busta e rivelò la facciata di un foglio a righi, tutto scritto con la grafia arrotondata della loro amica defunta.
Allyson fu scossa da un singhiozzo.
Tutti i testi delle loro canzoni erano scritti con la sua grafia e ogni qualvolta avesse dovuto ripeterne una, avrebbe dovuto trattenere una crisi di pianto.
Il concerto che si sarebbe dovuto tenere quel sabato, il sette gennaio, era stato annullato. Non sapevano neppure se avrebbero continuato a suonare.
Erano troppo scossi per prendere una decisione così grande.
«Cari amici miei», iniziò Shane, guardando il foglio di carta.
«È importante precisare che vi voglio un mondo di bene. In quest'ultimo periodo mi sono comportata davvero da stupida. In primis, chiedo scusa a Grace: avevi ragione, Jason non ha occhi che per Allyson ed io non posso pretendere di piacergli quanto lui piace a me. Ma la cosa che più voglio confessarvi, è che stavo per fare una cosa bruttissima. Mi ero fatta trascinare nel loro gruppo, avrei dovuto mettere dell'esplosivo in una mela fatta di pasta di zucchero e farla esplodere nel momento in cui Grace l'avesse tenuta in mano. Non l'ho fatto, non potevo farlo. Sarebbe stata una pazzia. Allora ho capito che non potevo restare con loro. Natalie ha detto che lei rispetterà la mia decisione, a patto che io non dica nulla. Ma Lui no, non l'accetterà mai. So che mi ucciderà, lo sento. Eppure è una delle poche persone che mi hanno sempre appoggiata. Ma mi ucciderà.»
Allyson era una fontana.
Shane sospirò. «Ci sono dei righi scritti in tutta fretta», spiegò, per poi continuare a leggere.
«Lo vedo, diamine. Lo vedo! È giunta l'ora...ho paura, ma non sarà troppo lento, no? Vi ho amati. E vi amerò. -Mag», Shane poggiò il foglio sul tavolo, ma qualche secondo prima che venisse a contatto con la superficie di legno, Grace scorse una scritta a matita.
Tirò il foglio verso di sè e lo girò.
«C'è una scritta a matita», annunciò, per poi leggere.
«Tra il Kent e Miami, la prima ma la seconda, son due gemelle Qui Sotto, perché?»
Grace alzò un sopracciglio.
«Ma cosa...» Minho era alquanto confuso, come Larry e Nicolas.
«Magari...è la risposta. È dove si nasconde l'assassino. Tra il Kent e Miami...mh, magari...New York? Così si spiegherebbero anche le "gemelle qua sotto"», disse Allyson.
«Ma New York non é tra Miami e il Kent...», contrabbattè Shane, pensando.
«Magari...magari non c'entra nulla...e per quale motivo ci sarebbe scritto "qui sotto" in italiano?» Disse Larry, scrollando le spalle.
«Quindi non è stato un suicidio», concluse Nicholas.
Minho scosse la testa. «Ma è stata data l'impressione che lo fosse.»
«Ma un killer tralascia sempre qualche particolare», esordì Grace. «Ad esempio...potremmo chiedere ai genitori di Mag se hanno trovato la lametta con la quale si sarebbe tolta la vita.»
Shane annuì, ammirato. «Allora diamoci da fare», disse alzandosi.
Nicholas lo bloccò. «La cioccolata calda!» Spiegò.
Fece ridere i suoi amici, finalmente.
Dopo la cioccolata calda, Larry controllò l'ora sul display del suo cellulare e si passò le mani sulle cosce. «Io dovrei andare...», annunciò piano.
«Non vieni a...», provò ad abbozzare Grace.
Lui scosse la testa, con gli occhi lucidi. «Non...non ce la faccio.»
Grace annuì comprensiva.
«Era la sua migliore amica...», disse Allyson, storcendo il muso, quando il ragazzo sparì oltre la porta del locale.
Approdarono in casa Bukovski alle sette in punto.
Si fecero forza l'un con l'altro e alla fine Minho bussò alla porta.
Ad aprire fu una giovane donna dai capelli biondi, così chiari da sembrare bianchi, simili a quelli di Nicholas.
«Buon...buonasera signora Bukovski - Minho si grattò la testa - emh, possiamo...beh...»
«Possiamo entrare in casa?» Lo interruppe Nicholas.
La donna annuì e fece spazio sull'entrata.
Li fece accomodare in una stanza molto arredata, che doveva essere il soggiorno.
Un divano ad angolo abbracciava il centro della stanza, e affacciava su una finestra che dava su un giardino - doveva essere quello sul retro - che era spoglio in quel periodo.
Vi era un grande televisore, poggiato su una serie di mobiletti bassi color legno.
Le mensole erano colme di libri, ma tutti messi in ordine. Inoltre abbondavano le fotografie della famiglia, ritratta nei momenti più felici delle loro vite.
Un tavolino in vetro si trovava al centro del divano, e su di esso erano poggiati giornali e posta.
L'altra parte della stanza era coperta da tanti teli bianchi.
La signora Bukovski notò lo sguardo di Grace e sospirò. «Abbiamo deciso di cambiare casa...ci sono troppi ricordi e io...mi tengo in vita con queste», spiegò facendo dondolare davanti i suoi occhi una boccettina con le pillole calmanti.
«Posso chiedervi...il motivo della vostra visita?» Domandò.
«Noi crediamo che Magdalene sia stata uccisa. Ci sono vari fattori che possono fornirci prove. Abbiamo trovato una lettera di addio indirizzata a noi e c'è scritto che temeva che qualcuno venisse ad ucciderla. Dice anche di averlo visto questo qualcuno. Pensiamo che sia collegato alla banda di Natalie Ramirez. Penso che siano loro i responsabili anche di tutto quel che è accaduto a scuola», rispose Shane.
«Lei...o suo marito...ha trovato la lametta con la quale Magdalene si sarebbe uccisa?» Domandò cautamente Grace.
La donna scosse la testa. «A dire il vero non l'abbiamo neppure cercata...eravamo così scosso e spaventati...è stato l'ultimo dei nostri pensieri. Ma, magari, potete dare voi un'occhiata alla stanza: non ho modificato nemmeno una virgola dal modo in cui l'ho trovata...quel giorno. Apprezzo i vostri sforzi, e spero che abbiate ragione voi. Mi solleverebbe sapere che Magdalene amasse ancora questa vita. Spero che l'assassino si trovi al più presto: deve pagare per quel che ha fatto.»
I ragazzi, allora, entrarono nella stanza, lasciando tutto ciò che avrebbe potuto ingombrarli in soggiorno.
Dalla porta in legno di noce, si aveva la completa visione della stanza. Era molto ampia e arredata, le pareti erano a strisce bianche e rosa. Sulla parete ovest vi era un'alta libreria ricolma di libri di scuola e normali libri da leggere, tra cui manuali e libri di musica. Sulla parete difronte alla porta, vi era un letto ad una piazza e mezzo, dalla spalliera in ferro battuto verniciata di bianco. Alla destra del letto vi erano due sedie: quelle sulle quali si erano seduti pochi giorni prima Larry e Allyson.
Sulla parete est, provvista di un'ampia finestra, vi era la scrivania, ancora ingombrata da quaderni e fogli svolazzanti. C'era inoltre una lampada, che serviva a far luce di sera - di giorno provvedeva la finestra -, che puntava la sua luminescenza verso la porticella che dava sul giardino. L'armadio si trovava invece sulla parete adiacente alla porta.
Grace soffermò la sua attenzione verso la porta che dava sul giardino sul retro. Era da lì che era entrerò l'assassino. Si posizionò alla scrivania, come - aveva immaginato -, era seduta Magdalene.
Dalla finestra era possibile scorgere chi si stesse avvicinando alla sua camera, quindi capì che la sua teoria aveva senso. Magdalene stava scrivendo la lettera e aveva visto l'assassino - lei sapeva che fosse colui che le avrebbe strappato la vita - dalla finestra. Spostò il suo sguardo per la stanza, fino a quando non notò un particolare accanto la libreria che la fece sorridere - per quanto potesse essere rasserenante la situazione.
Mentre si dirigeva verso la detta ala della stanza, spiegò la sua tesi ai suoi amici. Poi si inginocchiò accanto alla libreria e si rivolse a Minho. «Hai una lente di ingrandimento? Queste mi sembrano tracce di sangue, quindi suppongo che sia qui che è stata uccisa.»
Il ragazzo scosse la testa, poi indicò Nicholas. «Ti ricordo che abbiamo un amico con la vista di un' aquila», le spiegò spingendo il biondo verso di lei. Grace gli fece spazio e dopo poco il ragazzo annuì.
«È sangue», confermò, «ma della lametta non c'è traccia.»
«Meglio», affermò Allyson. «Peccato che non possiamo analizzare la maniglia della porta o l'intera stanza, perché ci sono state così tante persone che il DNA dell'assassino - o dell'assassina -, si è sicuramente confuso», concluse con un sospiro.
Nicholas rivolse lo sguardo verso il soffitto, che si rivelò essere semplicemente bianco. «Se solo queste mura potessero parlare...», mormorò.
«Ma loro...possono parlare», affermò Shane.
Allyson sgranò gli occhi. «Se Magdalene è morta dissanguata per i troppi tagli, significa che il killer le ha trapassato la carne e magari...le ha anche impedito di urlare...io non riuscirei ad avere così sangue freddo. Quale essere cattivo e senza cuore avrebbe potuto...»
«Va bene, ora andiamo a casa mia e cerchiamo di organizzare bene le informazioni. Non vorrei spostare qualcosa qui che poitrebbe esserci utile. Spero che abbiate già studiato, così magari potete restare a cena da me», propose Grace.
Gli altri annuirono in risposta. Dopo una decina di minuti salutarono e ringraziarono la signora Bukovski, esprimendo ancora una volta la loro vicinanza.
Si diressero da Grace saltando sul primo autobus che passava per casa sua, mentre facevano telefonate alle rispettive famiglie per avvisarli della loro assenza a cena.
Giunsero a casa McKrack alle venti in punto. Giusto in tempo prima che Kristina blindasse la sala da pranzo: era molto severa in merito all'ora di cena, una volta aveva perfino lasciato che Grace andasse a letto senza mangiare a causa di un ritardo!
Furba com'era, la donna, fece in modo che Grace e Nicholas si sedessero difronte a lei, così da osservare i loro atteggiamenti, l'uno nei confronti dell'altra.
I due, dal canto loro, non diedero molta soddisfazione alla donna, poiché immersi nei loro pensieri per riflettere sul caso che stavano analizzando.
Dopo cena salirono tutti in camera di Grace e lei, con un gesto che ogni sera era diventato abituale, controllò il Walkie-talkie. La lucina era accesa, quindi significava che suo fratello era libero.
Premette il tasto bianco e parlò: «Ciao Nathan, come stai? Avrei bisogno del tuo aiuto...sai, è per risolvere un mistero.»
Grace attese col fiato sospeso la voce di suo fratello.
«Ehy Grace.»
Lei si voltò con aria fiera verso i suoi amici.
«Sai, dovresti capire cosa si nasconde dietro un certo codice...potrebbe essere un luogo, il nome di una persona oppure una frase di senso compiuto, prendi carta e penna!»
Pochi secondi dopo, la vocina di Nathan annunciò: «Ci sono.»
«Bene, scrivi: "Tra il Kansas e Miami, è la prima ma la seconda, son due gemelle Qui Sotto, perché?", capito bene?»
«Sì ma...mi traduci 'Qui Sotto'? Che lingua è?»
«È italiano e significa 'Below'», gli spiegò la sorella.
«Grazie! Ora mi metto a lavoro. Passo eee chiudo!» Esclamò, per poi spegnere il Walkie-talkie.
«Tuo fratello è fantastico», disse Minho.
Grace annuì. «Lo so.»
Poi si diresse verso la scrivania, prese carta e penna e fece sedere i suoi amici sul letto.
«Mettiamoci a lavoro!»
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