XVIII

CAPITOLO XVIII
«Signorina, forse sarebbe proprio ora di alzarsi!» Affermò Cornelia, fuori la porta della stanza di Grace.

Era quasi mezzogiorno e la ragazza stava ancora dormendo: era andata a a letto molto tardi, quasi alle quattro e mezzo.

La mora si rigirò tra le soffici coperte ed emise un mugolio, poi si soffermò a guardare la sveglia sul comodino e sussultò. Si stiracchiò e, dopo essere stata sicura di essere sveglia - sognava spesso di svegliarsi, quando in realtà dormiva ancora beata -, disse a Cornelia che poteva andare e che pochi minuti dopo sarebbe scesa di sotto, per aiutarla a preparare il pranzo.

Quel giorno avrebbero ospitato il sindaco a casa loro, poiché doveva parlare di cose - che a Grace non interessavano minimamente - con Robert.

Per prima cosa, dopo essersi lavata per bene il viso, per svegliarsi, Grace sistemò camera sua. Durante la settimana quella stanza sembrava essere stata il luogo di una possessione demoniaca.

Rifece il letto per prima cosa, perché lei ripeteva che "se il letto è sfatto, la anche la camera più ordinata appare in disordine". In seguito ripose i libri scolastici negli appositi scaffali, riavvolse i cavi del PC, appallottolò tutti i fogli di carta usati, svuotò il piccolo cestino dell'immondizia.

Spolverò tutti i mobili e spazzò il pavimento, ravvivò i cuscini e li lasciò sul letto, liberi di stare dove preferivano.

Un cuscino può preferire un posto ad un altro? Non lo sapremo mai.

La ragazza afferrò un paio di jeans e una felpa, poi corse in bagno e lavò i denti, si pettinò e si vestì.

Scese di sotto e, con sua grande sorpresa, scoprì che anche Kristina stava aiutando Cornelia, ma soltanto ad adornare la tavola: non poteva rischiare di sporcare l'abito elegante che indossava.

Grace guardò prima l'abbigliamento della donna, poi il suo. Scrollò le spalle e si avvicinò al lavello della cucina.

«Cosa posso fare?» Chiese allegra.

«Mh...- Cornelia si guardò attorno e il suo sguardo sì poggiò su delle verdure che albergavano in un recipiente - taglia quelle lì, poi riempi quel tegame d'acqua e mettila a bollire. Dopo mettici le verdure tagliate. Prima però aggiungi due pizzichi di sale grosso.»

Grace annuì e si mise a lavoro.

Recuperò un tagliere e si diede alla "decapitazione" di zucchine, carote, patate e pomodori. Poi, come le aveva detto Cornelia, mise il tegame sul fuoco e, appena l'acqua prese a bollire, aggiunse il sale e poi fece "tuffare" le verdure nella piscina d'acqua rovente.

Grace sentiva l'aria odorare di Natale. Seppur fosse ancora il sedici di dicembre, il salone era già decorato a festa.

Cornelia e Kristina avevano addobbato l'abete la sera precedente, mentre le stringhe, le luci, le calze, erano state appese la stessa mattina, mentre lei era nel mondo dei sogni.

Aiutò Cornelia a decorare il pollo appena sfornato con delle spezie e, infine, sotto richiesta di Kristina, andò a chiamare suo padre, guadagnandosi un'occhiata poco fiera per il suo abbigliamento.

"Diamine, è solo il sindaco!"

Per "accontentare" la sua famiglia, sistemò i capelli come meglio poteva, poi mise uno strato di mascara sulle folte ciglia.

Sentì suonare il campanello, ma non si fece mettere in agitazione. Non sapeva bene se fosse stato meglio scendere qualche minuto dopo, oppure correre giù e mostrarsi tutta trafelata all'ospite di suo padre. Sapeva che fosse contro le regole, ma decise di correre giù.

Osservò l'ospite dalla rampa di scale e si rese conto che non era solo: c'erano anche altre due persone, che Grace aveva identificato come sua moglie e suo figlio. Ricordò troppo tardi che il figlio del sindaco era Minho Feller.

Si accostò timidamente a Kristina, aspettando il suo turno di presentarsi.

«Oh, tu devi essere la famosa Grace!» Esclamò Roy Feller. Grace annuì, cercando di apparire più professionale del possibile. Gli allungò la mano destra e biascicò un "piacere di conoscerla", facendo poi la stessa cosa con la moglie, ovvero Lydia Feller.

La donna le disse che faceva la commessa al "The Grove", quindi era probabile che si fossero già intraviste nell'immenso centro commerciale, ma Grace le assicurò che era impossibile: non ci aveva mai messo piede e non aveva la minima intenzione di farlo.

Minho la salutò con un semplice cenno della mano, che lei ricambiò.

«Io proporrei di andare a sederci, il pranzo è pronto», esordì Robert, dirigendosi verso il tavolo.

Gli altri lo seguirono, mentre Grace malediceva mentalmente Roy Feller, che aveva osato sedersi al suo posto.

Quella era la postazione perfetta, in cui si potevano controllare gli sguardi di tutti. Quel giorno avrebbe dovuto cercarsi un posto diverso, così restò per un attimo ad osservare la situazione. Suo padre era a capo-tavola. Alla sua destra c'era Kristina, mentre alla sua sinistra vi era la Lydia.

Accanto a Lydia sedeva Roy, mentre accanto a Kristina, c'era Minho. Dato che Cornelia si stava dirigendo verso il posto vuoto accanto a Minho, lei si trovò tra due fuochi. O poteva sedersi a capo-tavola, oppure accanto al sindaco. Nonostante potesse apparire scortese, si mise a capo-tavola.

Un coro di "Buon appetito" risuonò nella stanza e per un po' si udì soltanto il rumore delle forchette che sfioravano i piatti in porcellana.

Terminato il suo pasto, Robert ripulì le labbra con un tovagliolo in cotone. Poi, facendo attenzione a non poggiare i gomiti sul tavolo per la distrazione, si mise in attesa. Accertatosi del fatto che anche il suo "socio" avesse finito di magiare, prese a parlare.

«Bene, volevo farti una richiesta affaristica molto semplice, almeno per me. Come sai, ho già messo da tempo gli occhi sullo quello splendido spiazzo gremito di passanti dinanzi al comune e...»

Roy lo interruppe. «No, non se ne parla proprio, non ho intenzione di vendere, di venderti, lo spiazzo comunale. I miei sostenitori andrebbero in bestia e non mi voterebbero per nessun motivo al mondo alle prossime elezioni.»

«Suvvia Roy, non voglio mica costruirci uno zoo sopra! Ho solo intenzione di migliorarlo, renderlo più attrattivo, dato che ne ho la piena possibilità. E poi, per te il vero problema sono i votanti? Sai benissimo che non ti abbandonerei tra le parole d'odio, potrei pagare tutta la città per far mettere una crocetta sulla tua faccia. Non inventare scuse inutili, forza...»

«Io penso che questa sia corruzione...» sussurrò Grace, che come i due uomini, aveva svuotato il piatto.

Robert si voltò verso di lei e le lanciò uno sguardo minaccioso, facendo incontrare i loro quattro occhi blu. «Penso di non aver sentito bene, puoi ripetere?»

Invece aveva sentito benissimo.

«Io penso che questa sia corruzione», ripeté Grace, questa volta con un tono di voce più alto e sicuro. «E' solo uno spiazzo papà, secondo me potresti evitare di tirare su un losco giro di soldi. Magari...magari puoi chiedere al signor sindaco - sorrise a quest'ultimo - la possibilità di affittarlo per...non so, la vigilia di Natale o, meglio, la vigilia di Capodanno, per mostrare cosa sei capace di fare. Se la festa piacerà, i sostenitori del signor Feller non avranno nulla da dire al riguardo, così, magari, anche il signor Feller stesso cambierà idea e non esiterà a vendere lo spiazzo. Dico bene?» Terminò, voltandosi verso il sindaco.

Quest'ultimo sorrise, guardandola ammirato. Lo stesso fecero le tre donne e Minho, che fino a quel momento erano rimasti in silenzio. Cornelia si alzò e andò a prendere la seconda portata di cibo, che poi distribuì ad ognuno. Robert guardava allibito sua figlia.

«Potrebbe essere una soluzione...», mormorò, ricevendo così un dolce sorriso dalla sua erede. Anche se gli aveva dato del corrotto. Ma infondo, come biasimarla? Aveva ragione.

Il pranzo proseguì in tutta calma, tra chiacchiere e risate, battute che non facevano davvero ridere e discorsi strani su rapporti tra figli e genitori. Per un po', Grace si sentì davvero a casa.

«I nostri figli si conoscono, sai Kristina?» Esordì Lydia. Kristina si sentì mancare. Il suo unico figlio non conosceva nessuno. Poi capì.

«Oh, sono compagni di scuola?» Chiese voltandosi verso i due ragazzi, che annuirono prontamente.

«Immagina se... se ci fosse qualcosa di più - Lydia si coprì la mano con la bocca per cercare di contenere una risatina - gli affari andrebbero a gonfie vele!»

Kristina ridacchiò, mentre a Minho veniva voglia di sotterrarsi.

«E' un peccato che per il momento la signorina Grace sia già impegnata...», disse Cornelia, con un tono che solo Grace riconobbe come meschino.

Ebbe tutta l'attenzione su di sé. Sarebbe scappata volentieri in camera sua. Con chi era impegnata? Lei credeva di essere single. Era fidanzata senza neppure saperlo?

«Sono impegnata?» Chiese confusa.

«Già, sei impegnata?» Le domandò a sua volta Kristina.

«Chi è?» Cercò di informarsi Robert, che non aveva seguito il filo del discorso poiché stava parlando con il sindaco.

«Ma come! Il ragazzino biondo, mh...Nicholas!» Esclamò Cornelia.

Grace avvampò.

Minho guardò la mora scioccato, lo stesso fece Kristina.

"Quel maledetto bacio in corridoio!"

«Io...lui...in realtà...noi» Grace si sentì svenire. «L'ho solo...sì, baciato, però...»

La salvò lo squillo del cellulare proveniente da camera sua.

«Devo rispondere.»

Corse verso la rampa di scale e si chiuse in camera sua, poi afferrò il cellulare e notò che a chiamarla era proprio Nicholas Warren.

Dopo qualche secondo di esitazione, accettò la chiamata.

«Pronto?» Chiese incerta.

«Grace...»

La ragazza si stese sul letto «Nicholas...»

Per un po' restarono in silenzio, ascoltando il suono dei loro respiri attraverso i cellulari.

«Sei impegnata?» Chiese d'improvviso Nicholas.

«Diciamo che ho una strana situazione a casa, ma... - si voltò a guardare la sveglia - entro mezz'ora posso liberarmi, perché?»

«Ho bisogno di vederti, devo...»

«GRACE, CHE FINE HAI FATTO?» Urlò la voce di Cornelia dal piano di sotto.

«Okay, io devo...»

«Alle cinque al parco, va bene?»

«Va bene.»

Grace chiuse la chiamata e intanto, dall'altra parte del telefono, Nicholas fissava il soffitto, pentito di averle dato quello stupido appuntamento.

Ho bisogno di vederti.

"Che idiota", si disse.

«Eccomi», disse Grace una volta riscesa al piano di sotto.

Fortunatamente, avevano cambiato argomento di conversazione.

Restò ancora un po' seduta a tavola con loro, senza perdere d'occhio le lancette dell'orologio che si avvicinavano sempre più alle cinque.

Avrebbe corso, così si sarebbe anche riscaldata.

Alle quattro e cinquanta si alzò in piedi. «Mi dispiace dover...dover andare via, ma dovrei vedermi con una mia amica tra - finse di non aver notato l'orario - diamine, tra dieci minuti!»

Minho la guardò sospettoso.

Grace salutò gli ospiti con una stretta di mano, poi corse all'appendiabiti, prese il suo parka nero e sparì oltre la porta.

Appena mise piede fuori, sospirò, facendo entrare l'aria gelida nei suoi polmoni. Si strinse nel parka e prese a camminare con passo svelto. Aveva scoperto una piccola scorciatoia che portava direttamente al parco e aveva intenzione di addentrarcisi.

Il sentiero che l'avrebbe condotta al parco, le faceva tornare alla mente le passeggiate a Beatty. Era la cosa che più amava della sua città natale: i sentieri, il terreno battuto, la polvere che si alzava quando ci si correva su.

Ci provò, a correrci.

Come si aspettava, si alzò una grande quantità di polvere, che la fece tossire.

Si coprì la bocca con il gomito, per evitare di respirarne dell'altra, emettendo qualche altro colpo di tosse.

Non notò ciò che avrebbe dovuto notare.

Mentre camminava verso la sua meta, non potè che almanaccare. Le frullavano molte domande nella testa e in ognuna c'era sempre il nome "Nicholas".

Trascorsero sei minuti e lei era già nel bel mezzo del parco, in cui, quel giorno, c'erano pochi bambini.

Era sicuramente dovuto al freddo.

Si guardò attorno, cercando una chioma bionda, fino a quando non notò un ragazzo seduto su una panchina poco distante da lei.

Sorrise e si diresse verso di lui.

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Ma ciao a tutti! Un nuovo capitolo è qui per voi! Siamo solo al capitolo XVIII, ma a me già mancano i personaggi, già sto pensando al momento in cui dovrò scrivere "Fine". Non posso riuscirci.

NEL PROSSIMO CAPITOLO...hihih

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