XII


c a p i t o l o

X I I

Venerdì era giunto, e Grace si stava dirigendo a casa di Allyson, dove si sarebbe tenuto l'incontro della band.

Si disse che in fondo era stata fortunata: non avrebbe trovato Mike in casa, perché sarebbe stato dimesso il giorno seguente, quindi non ci sarebbe stata nemmeno compagnia.

Grace aveva scoperto che lei ed Allyson abitavano abbastanza vicine. Ci si poteva arrivare in quindici minuti a piedi, forse sette in bicicletta. Si tenne in contatto con lei durante tutto il tragitto, per assicurarsi di non sbagliare strada.

A casa sua non c'era ancora nessuno: in fondo lei era partita in anticipo da casa, dato che non conosceva la distanza dell'abitazione della sua amica.

Bussò al campanello che Allyson le aveva specificato e chiuse la chiamata. C'erano due cancelli, uno grande e uno piccolo. Grace intuì che quello grande fosse per poter far entrare le auto.

Dall'esterno, si notava una casina a due piani, ma piuttosto piccola. La facciata era verniciata in rosa cipria, il tetto spiovente le dava l'aria di una delle case di campagna dei suoi libri.

Qualcuno aprì il cancello dall'interno, così Grace entrò e venne accolta da un giardinetto curato, che però in quel periodo non aveva la possibilità di mostrare tutta la sua magnificenza. Si chiese come sarebbe stato a marzo, con tutte le nuove fioriture. Kristina ne sarebbe andata pazza.

Dalla porta fece capolino una chioma rossa, seguita da un paio di occhi verdi e un sorriso smagliante.
«Ehi Grace! Vieni pure, non esco perché sono scalza...»

"Dovresti sapere come esco io nel giardino di casa..."

Grace annuì e si diresse verso la porta. Allyson la fece entrare ed entrambe si scambiarono un tradizionale saluto.

Le due si diressero chiacchierando prima in camera di Allyson, per prendere le attrezzature e le scarpe della suddetta, poi verso il garage, ma furono bloccate da una donnina della loro altezza, con una trentina di bigodini tra i capelli rossi.

«Devi essere la nuova chitarrista della band.», esordi la signora, squadrando Grace, che annuì accennando un sorrisino.

«Io sono Grace... Grace», le disse allungandole la mano, che la donna strinse prontamente.

«Io sono Lyanna, la mamma di Allyson e Mike. Sono tornata da poco dall'ospedale, gli infermieri mi hanno costretta ad andarmene, poiché era finito l'orario di visita...» Per l'ultima parte si rivolse ad Allyson, che annuì. «Beh, ora vi lascio andare, buone prove!» E la donna sparì al piano di sopra.

Le due ragazze sistemarono il garage e si sedettero per terra, in attesa.

«Viene anche quel pazzoide di Minho», esordì Allyson. Grace le lanciò un'occhiata interrogativa. «Vuole raccogliere informazioni per il numero di sabato e poi non ha intenzione di arrivare alla partita di football in autobus, così scrocca un passaggio da Shane e... noi»

«Shane guida?» chiese sorpresa Grace.

«Già. Avrebbe potuto prendere la patente già dall'anno scorso, ma la madre, essendo inglese, ha voluto aspettare che compiesse diciotto anni», le rispose con calma. Notando un grande punto interrogativo che lampeggiava nello sguardo di Grace, aggiunse «Ha iniziato la scuola primaria un anno dopo, perché c'è stato un periodo in cui si ammalava spesso e quindi non riusciva a freq-».

Il rombo di un motore sancì la fine della loro conversazione.

«Deve essere Shane con gli altri, vado ad aprire» disse Allyson, per poi uscire fuori e aprire il 'cancello grande'.

Meno di due minuti dopo, Allyson, Shane, Magdalene, Larry e Minho fecero la loro entrata nel garage. Grace li salutò con un cenno della mano, mentre era impegnata ad accordare la sua chitarra.

Allyson si diresse nel fondo della "stanza" e, alzando un lenzuolo per un lembo, rivelò gli strumenti che la band utilizzava per esibirsi.

Tutti insieme li spostarono al centro dell'ambiente, che era sgombero dato che il padre di Allyson era a lavoro.

Grace osservò in silenzio i movimenti quasi meccanici compiuti dai ragazzi che la circondavano. Erano così in perfetta armonia, in perfetto schema metrico. Era come se niente e nessuno potesse distrarli da ciò che stavano facendo, come se il mondo girasse attorno a quella tastiera posizionata troppo vicina alla batteria, ma troppo lontana dal microfono. Come se chi fosse fuori non dovesse fare altro che tacere per ascoltare quei borbottii, i rumori provocati dalla caduta quasi a catena degli "attrezzi": lo sgabello del piano che cade, l'abbassarsi per raccoglierlo con fogli pieni di note tra le braccia, che cadono a loro volta. Il cercare di recuperarli, inciampando però nello sgabello e ritrovandosi senza sapere come per terra.

E a Grace piaceva, piaceva guardare come tutto quel disordine si accumulasse per creare qualcosa di disastrosamente perfetto.

L'incontro ebbe un risultato più che positivo.

I ragazzi si erano prima scaldati un po', provando a suonare qualche cover, poi si erano subito messi a lavoro per provare la canzone a cui la band stava già lavorando da tempo.

C'era ancora molto da sistemare, ma come si poteva fare, se non sbagliando e carpendo ogni punto debole?

Minho aveva appuntato tutto ciò che poteva su un block notes dei "My Little Pony". Dove si procurasse il materiale, nessuno lo sapeva. Tutti si chiedevano cosa avrebbe scritto, qualche spoiler inerente alla canzone? Speravano di no.

Allyson diede un'occhiata al suo orologio da polso. «Sono le sei e quaranta. La partita inizia alle sette e trenta, quindi direi che io e Grace abbiamo giusto il tempo per parlarvi di una cosa».

Grace annuì e insieme agli altri si sedette per terra a gambe incrociate.

«Mercoledì mattina abbiamo fatto alcune "indagini", se così si possono chiamare, per capire l'identità di quella ragazza vista da Grace e cercare di collegare il tutto all'imprevisto di Mike. Abbiamo preso in prestito lo stanzino di Minho - dopo questa affermazione il ragazzo la guardò male - e alla fine Grace ha capito chi fosse la ragazza.»

Gli sguardi di tutti i ragazzi si spostarono dalla rossa alla mora, che guardando in un punto indefinito del pavimento sciorinò «Natalie Ramirez».

Shane e Larry non sembravano affatto scossi. Minho era rimasto scioccato, mentre Magdalene continuava a ripetere "eppure credevo che fosse una brava ragazza".

Una vecchia auto accostò sul marciapiedi che si trovava a pochi metri dalla casa di Grace McKrack. La ragazza scese dall'auto e salutò gli amici, per poi vedere la vettura che faceva retromarcia ed usciva dal vicoletto. Si avviò verso casa, sperando che non tutti dormissero già. Erano appena le nove e quindici, ma non si poteva sapere mai. I suoi amici l'avevano convinta ad andare a vedere la partita degli Yellow Squares, che non era andata a buon fine. Avevano perso, ma di pochi punti sotto. Chissà cosa avrebbe pensato Mike Swanson.

Bussò al campanello, e andò ad aprirla Kristina, con gli occhi di chi aveva pianto tanto. Grace si soffermò ad osservarla, e lei glielo lasciò fare.

La sua espressione dura era andata scemando, gli occhi erano gonfi e lucidi, se avesse potuto, la donna avrebbe pianto ancora.

Una consapevolezza si fece strada nello stomaco di Grace, che lo strinse quasi a farla vomitare. Poggiò la mano su una guancia della donna, rivelando cinque dita stampate su di essa.

Kristina scoppiò in lacrime sotto lo sguardo triste della ragazza, che la attirò a sè e la strinse più forte che poteva.

Se Kristina si comportava come una brutta matrigna qualche volta, forse aveva i suoi motivi.

Perché essere bella, elegante, educata, quasi sposata con un uomo ricco, vivere nella sua casa con tutti i comfort, essere rispettata da tutti; non significa stare bene, essere felici. Perché la felicità è altro.

E Grace si rivide in lei, sotto un'infinita quantità di aspetti, che andavano dal pianto negato alla condizione di vita.

«Perché vuoi sposarlo...» sussurrò la ragazza.

«Vorrei che fosse tutto così semplice. Vorrei dirti tutti Grace, non doverti tenere all'oscuro di quello che succede, ma... - la sua voce venne spezzata da un singhiozzo - non posso.»

Grace annuì, mentre non smetteva di stringerla, come se temesse che da un momento all'altro potesse volare via e lasciarla lì da sola, con mille dubbi e mille paure. Come se fosse l'unica barca rimasta in mezzo ad un oceano pieno di squali. Come se, in quel momento, fosse la sua lanterna in quel mondo maledettamente oscuro.

Andò in camera sua quasi mezz'ora dopo. Cornelia era nel suo stanzino a guardare la tv, mentre suo padre, a detta di Kristina, era uscito arrabbiato già da circa un'ora. Quando entrò in camera sua, non si aspettava di trovare ciò che trovò, nè di sentire le parole che le sue orecchie furono costrette ad udire.

C'era qualcuno seduto di spalle sul suo letto.

E quel qualcuno era una ragazza dai capelli color caramello.

Appena Grace chiuse la porta e si voltò, la ragazza prese a parlare.

«Bene, bene, bene, allora hanno finalmente trovato una mia sostituta!» Poi si voltò.

«Natalie Ramirez...» soffiò Grace.

«Grace McKrack», disse Natalie, allargando le braccia con un sorriso maligno dipinto sul volto. «Quante belle leggende ti hanno raccontato sul mio conto? Natalie la cattiva che se ne va col fidanzato? Natalie la sfruttatrice che fa amicizia solo per vedere il belloccio? Beh, sappi che io non sono tutto questo - si alzò e sfiorò uno zigomo di Grace con l'indice - sono molto peggio».

Grace la guardava in silenzio, ma mille domande stavano cercando risposta nella sua testa. «Si può sapere cosa vuoi da me?! Come hai fatto ad entrare? Esci subito o chiamo la polizia... questa è pura violazione di domicilio!»

«Calma piccolina, sono solo passata a farti un saluto... vuoi sapere cosa voglio?Da te? Nulla, o almeno, non io. Ma guardati alle spalle. E sappi che resti sempre e solo una sostituta. Ma guarda un po', hai anche i capelli dello stesso colore. Ti manca la ciocca blu...»

«Non credo che tu tenga cosí tanto a me da voler avvisarmi di guardarmi alle spalle», le disse Grace, alterata.

«Beh, se vuoi entrare anche tu nel club dei cuori infranti... non c'è problema.» E detto questo corse sul balcone, per poi lanciarsi giù, come se ci fosse un morbido materasso ad attenderla. Pochi secondi dopo il rombo di un motore fece capire a Grace che la ragazza se ne era andata via, di nuovo.

Quella notte Grace fece sogni tormentati dalle grida di Kristina e da due occhi azzurro cielo. Natalie Ramirez era la protagonista dei suoi nuovi incubi. Cosa avesse voluto dire con quelle parole, non lo sapeva minimamente, ma non aveva intenzione di parlarne con i suoi amici. Perchè? Forse temeva che loro confermassero ciò che la ragazza le aveva detto: non era altro che una sostituta.

La giornata scolastica si rivelò estenuante e ci si aggiungeva anche un pesante mal di testa che la importunava da quando si era svegliata.

"Il buongiorno si vede dal mattino."

Quando accadde mancava poco alla fine dell'ora di pranzo. Era appena uscita dalla mensa con la band, Minho Feller e Nicholas Warren, e c'era un allegro chiacchiericcio, un insieme di voci che si sovrapponevano, ma che non si sovrastavano.

Minho stava parlando del numero che era uscito quella mattina e aveva venduto già cinquecento copie. Grace, Allyson e Magdalene parlavano delle prove del giorno precedente, che a loro parere erano andate egregiamente. Nicholas e Shane parlottavano in codice, di argomenti che soltanto loro potevano conoscere, mentre Larry era dovuto correre da una sua compagna di corso, che aveva combinato chissà quale guaio con il plastico da consegnare al professore di biologia.

Per quanto tempo lodarono l'arguta vista del giocatore di football, nemmeno loro seppero dirlo, ma quel che davvero contava era che per fortuna lui se ne fosse accorto.

Continuavano a camminare indisturbati, ed erano sul punto di salutarsi.

«Ragazzi? - chiamò Nicholas, avvicinandosi allo stanzino di Minho - cosa sta succedendo lí dentro?»

Semi-revisionato il 21/02/2020.
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Ciaaao, questo capitolo è un po' più breve, ma sono comunque accaduti un sacco di avvenimenti, quindi ringraziatemi per il fatto che non sia un capitolo morto, come avrei voluto che fosse all'inizio. Allora, proprio non si può stare in pace! Ora ci si è messa anche la signorina tinta a fare indovinelli eh. Fatemi sapere cosa ne pensate :)

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