VIII. Cambia tutto


c a p i t o l o

VIII

Nell'aprire la porta, Grace fu travolta da un'ondata di luce per la quale dovette coprirsi gli occhi con l'avambraccio, dato che aveva brancolato nel buio del corridoio e adesso doveva adattarsi.

Si ritrovò in una stanza grande quanto la sua, con i mobili sui toni dell'azzurro ghiaccio. Vi erano un piccolo bagno al quale si accedeva attraverso una porta scorrevole, una scrivania da una forma insolita e un armadio a muro. Quasi al centro della stanza c'era un letto da una piazza e mezzo che aveva le lenzuola in disordine e, accanto ad esso, vi era un carrellino in legno sul quale erano poggiate un mucchio di cianfrusaglie, dal telecomando per la TV ai medicinali.

La finestra che dava sul giardino era chiusa e lo erano anche le tende. Grace si aggirò per la stanza alla ricerca della fonte del rumore che aveva udito dall'esterno, che doveva trattarsi anche di colui o colei che quindi abitava quell'ambiente.

Vide la porta muoversi, così si diresse verso la stessa e la chiuse, scovando così il nascondiglio di...

"No."

Non riusciva a metabolizzare la sua visione. Si ritrovò davanti un bambino sugli otto anni, gracile e pallido, dai capelli biondi e gli occhi blu, i quali potevano specchiarsi in quelli di Grace. Erano identici.

Grace quasi si lasciò sfuggire la tazza di mano dallo stupore. I due restarono a guardarsi in silenzio per secondi interminabili. Grace posò gli occhi sull'oggetto che il bambino teneva tra le mani: una tazza di latte con degli Oreo. Spostò lo sguardo sulla sua, constatando che erano identiche anche quelle.

Provò ad allungare una mano verso il suo viso, ma il bambino fece un salto all'indietro, spaventato.

«Sei un angelo? Sei venuto a prendermi? Ti prego, lasciami ancora qui, non voglio già andare nelle Grazie del Signore...Ti ho già vista, ieri o...l'altro ieri...beh, stai aspettando il momento giusto per portarmi via?» Disse lo scricciolo, con un filo di voce, spezzata da un susseguirsi di colpi di tosse molto forti.

Grace lo guardò senza capire. Voleva parlare, ma ogni qualvolta aprisse la bocca, era costretta a richiuderla senza riuscire a dire nulla.

Tante cose stavano prendendo forma nella sua mente, ma molte altre si confondevano. Chi era quel bambino che la riteneva un angelo? Quali altre volte l'aveva vista? Perché avevano due paia di occhi identiche? Era un'allucinazione dovuta alla febbre?

Fu questa la spiegazione che volle dare all'accaduto la mattina successiva, quando si svegliò di soprassalto per il tocco di una mano fredda sulla sua fronte.

Era mattino, c'era Cornelia seduta ai piedi sul suo letto e Kristina che le teneva una mano sulla fronte ancora bollente: a quanto pareva, durante la notte la febbre era tutt'altro che scesa. Provò ad abbozzare un sorriso, ma il risultato che ottenne non fu dei migliori.

«Buongiorno Grace, hai dormito bene?» Chiese Kristina con un tono di voce più dolce del solito.

Grace annuì e si mise a sedere. Incontrò lo sguardo di Cornelia,che sembrava volerla accusare per motivi a lei ignoti. Grace fece finta di non averlo notato, ma nella sua testa già frullavano milioni di pensieri.

Kristina le porse una tazza fumante, contenente del latte. Lei la ringraziò e portò il bordo della tazza alla bocca, notando che per suo dispiacere non vi era traccia di alcun Oreo.

Quel pensiero la riportò al suo sogno. Cornelia uscì dalla stanza senza dire nulla, così Grace decise di approfittare quel po' di tempo che aveva per stare sola con Kristina e parlarle del suo strano sogno: sentiva il bisogno di dirlo a qualcuno, che magari avrebbe potuto fornirle delle risposte. Poteva anche essere un modo per avvicinarsi a quella donna che sembrava difendersi con il suo scudo di finto distacco.

Poggiò la tazza sulle sue gambe e senza staccare lo sguardo da essa cominciò a parlare. «Ho fatto uno strano sogno», disse.

Kristina si sedette su un angolino del letto e la scrutò con quei due suoi occhi verdi.«Ti andrebbe di raccontarmelo?»

Grace annuì. «Ieri notte ho combattuto con dei lancinanti mal di testa dovuti alla febbre alta, ma poi sono riuscita ad addormentarmi. Ho sognato di scendere in cucina per prepararmi una tazza di latte ed Oreo, poi risalire le scale e trovare una porta semiaperta che dava nella stanza in cui stanno eseguendo i lavori di ristrutturazione. Lì ho trovato un bambino biondo con gli occhi blu...erano identici ai miei. E faceva riferimento ad angeli e...morte», concluse Grace, confusa dalla sua stessa storia.

«Angeli?» chiese Kristina con gli occhi sgranati. Quando Grace annuì, soltanto una frase risuonò nella sua testa: ho visto un angelo.

。・:*:・゚★,‧͙⁺˚*・༓☾

Suo padre tornò il giorno seguente. Da quando c'era stata quella discussione con Kristina, Grace provava un certo disagio nel restargli accanto, al solo pensiero delle loro urla che la riconducevano nei tempi più bui della sua vita. Le era stato molto vicino durante quei giorni trascorsi con la febbre, e un po' le aveva sollevato il morale. Era quasi riuscita a togliersi dalla mente la visione di quel bambino.

Quasi. Non aveva detto nulla a suo padre, non ne conosceva il preciso motivo, ma non aveva intenzione di farlo: forse la riteneva comunque una cosa stupida, nonostante non riuscisse a togliersela completamente dalla testa. Ogni tanto le appariva l'immagine di quello scricciolo biondo. Le assomigliava più di quanto fosse possibile. Era così spaventato...

Dopo che Cornelia, che si comportava con molta freddezza dal giorno precedente, le ebbe portato una zuppa per pranzo, Grace si trascinò fino alla scrivania per prendere il portatile. Trovò ben 11 notifiche nelle sue e-mail. Incuriosita, aprì l'applicazione, e fu sorpresa nello scoprire che il mittente di tutte le mail fosse Allyson Swanson. Presa dalla curiosità, decise di leggerle.

Da: Allyson Swanson

A: gracemckrack11

Oggetto: sei viva?

ore 4.37 p.m.

Ehyyy, come mai stamattina non sei venuta a scuola? Ieri non ti ho vista molto in forma, stai bene? Nel caso in cui ti stessi chiedendo come faccio ad avere la tua e-mail: l'ho rubata dal computer di Minho.

Le altre mail erano state mandate dalle 18 del pomeriggio precedente a quella mattina e consistevano tutte in "sei vivaa?" "ehy" "così mi fai preoccupare!".

Grace trovò molto carino il gesto fatto da Allyson, tanto che decise di risponderle. Provò a scrivere un paio di frasi, ma alla fine cancellò tutto e chiuse il pc.

Non sapeva nemmeno lei per quale motivo, era un rifiuto personale, lo stesso che le impediva di parlare con suo padre e che non voleva farla prendere parte di un gruppo. Il motivo per cui si isolava, per cui parlava soltanto alle stelle sulla sua testa, per cui non voleva provare sentimenti. Un rifiuto, che non la faceva sentire viva, che la legava al buio nel quale non riusciva a scorgere un minimo di luce. Improvvisamente venne invasa da un senso di rabbia, dalla voglia di scappare e piangere.

"Non ora", si disse. Le toccava sempre rimandare, sempre.

Ritornò a scuola del tutto sana solo tre giorni dopo. Fu accolta dall'espressione corrucciata di Allyson che aveva continuato a mandarle mail senza ricevere alcuna risposta.

Grace le disse non aveva aperto il pc.

«Se vuoi posso darti il mio numero di cellulare, così puoi contattarmi su Whatsapp...posso anche aggiungerti al gruppo della band: quando non possiamo incontrarci siamo soliti fare delle videochiamate per accordarci», le disse cordiale la ragazza.

Grace restò a fissarla per qualche secondo. «Il cellulare...sì...» Allyson la guardò interrogativa. «Devo avere un cellulare infilato da qualche parte nei miei cassetti...non l'ho mai utilizzato».

«Davvero? E come mai? Non per sembrare impicciona...mi sembra solo...strano.»

«Non ne ho mai sentito il bisogno. Mio padre preferiva scrivermi le lettere quando abitavo ancora con la mamma e io non ho mai avuto qualcuno con cui dovermi sentire, quindi è chiuso in una scatola da quando nonna Muriel è andato a comprarmelo con la sua badante...»

Allyson assorbì tutto il discorso il più velocemente possibile, cercando di non tralasciare nessun particolare: non era certa che avrebbe di nuovo avuto l'occasione di ricevere una risposta così articolata da Grace.

Lei, suo malgrado, si accorse di aver riferito alcune informazioni inutili alla sua interlocutrice: cosa poteva importarle della badante di sua nonna? Allyson fece due più due e si bloccò al centro del corridoio.

«Quindi tu non sei la figlia di Kristina Mellow...ed ecco come si spiegano i capelli neri», poi un moto di compassione le riempì lo sguardo: si trovava davanti una ragazza che "non aveva mai avuto qualcuno con cui doversi sentire", una ragazza che non aveva mai avuto amici.

«Smettila di guardarmi così.»

«Così come?»

«Come se fossi in pena per me. No, non sono la figlia di Kristina Mellow, mia madre e mio padre si sono separati quando avevo sette anni e fino a poco tempo fa ho abitato con mia madre. Conosco Kristina da meno di un mese. Pensavo che i tuoi amici ti avessero informata», terminò acida Grace.

«A dire il vero...non lo hanno fatto. Non so chi di loro abbia già avuto modo di parlarti, ma so che tu li incuriosisci molto. In realtà incuriosisci proprio tutti. Cos'hai sul lab-» Allyson non ebbe tempo di terminare la frase, che Grace stava già correndo verso i bagni delle ragazze.

«Grace!» Urlò.

«Vai via!» rispose l'altra.

Determinata nel non far scappare la ragazza di nuovo, Allyson prese ad inseguirla. Entrò nel bagno delle ragazze e si abbassò per controllare in quale bagno si trovasse Grace.

Notò le sneakers nere della ragazza e dapprima provò ad aprire la porta, che si rivelò essere chiusa. Poi decise di aspettare che il bagno centrale si liberasse. Vi entrò, per poi arrampicarsi sulla parete, scavalcare e atterrare affianco a Grace. Alla velocità della luce prese la chiave e la fece scivolare lungo il pavimento sotto la porta. Grace la guardava incredula.

Allyson si soffiò un ciuffo di capelli rossi dagli occhi, poi si sedette sul water con le braccia incrociate sotto al petto. Per un po' le due restarono a guardarsi in silenzio. «Io voglio solo aiutarti.»

«Non ho bisogno di aiuto, non ho bisogno di nessuno. Posso farcela come ho sempre fatto.»

«Tutti hanno bisogno di aiuto. Neppure i supereroi riescono a salvare il mondo senza una squadra. Hai visto che cavolo è successo in Civil War?! Grace, io posso aiutarti, tutti possono aiutarti. Non ti conosco, non so cosa ti affligga, ma so che non puoi farcela da sola. So che prima o poi crollerai e allora non potrò fare più nulla. Ma finché ci sono, voglio vederti stare bene. Io ci sono. Magari non mi sopporti, ti chiedi cosa cavolo voglia da te, quale sia il motivo per cui ti perseguito. Anche se ci conosciamo molto poco, non riesco a non volerti bene»

Grace emise un "oh". Le voleva bene. Non poteva credere a quell'insieme di parole. Voleva aiutarla, a tutti i costi. Sarebbe crollata, così diceva. Per una volta decise di lasciare da parte la razionalità. «Grazie.»

Allyson sorrise e si alzò di slancio per abbracciarla.

Per qualche secondo Grace restò impassibile, ma poi non poté evitare di ricambiare l'abbraccio. E l'affetto che Allyson provava nei suoi confronti. Le voleva bene.

«Ti racconterò tutto, te lo prometto. Devo solo avere il tempo di riordinare i pensieri», sussurrò Grace. Allyson sorrise contro la sua spalla, vittoriosa.

Aveva un animo buono, fin troppo.

Quando si staccarono dal confortante abbraccio, Allyson si rese conto di aver lanciato la chiave fuori.

Dato che sentiva dei rumori provenire dal bagno vicino, non voleva rischiare di atterrare al fianco di chissà quale ragazza. Vide dei piedi attraverso i pochi centimetri che dividevano la porta dal pavimento. «Ehilà, chiunque sia lì fuori! C'è una chiave sotto il lavandino, ne avrei bisogno!» Una ragazza sghignazzò.

«Dai Mary, dagliela...», disse una voce maschile.

Grace sussultò.

«Mike?» chiese Allyson.

«Ehi sorellina!»

Una chiave atterrò accanto ai piedi di Grace. Allyson aprì la porta e le due ragazze si ritrovarono davanti a "Mary gamba di giraffa" e "Mike lo scimmione numero uno".

Grace spostò lo sguardo da Allyson e Mike più volte. «Siete fratelli.»

«Ma ciao Miss Allegria!» Allyson li guardò senza capire, Mary sembrava indispettita. Anzi, Mary era gelosa, e anche molto. Si aggrappò a Mike e prese a baciarlo quasi senza ritegno.

Grace scoppiò a ridere, contagiando anche Allyson. Le due uscirono dal bagno, mentre Grace si chiedeva come fosse possibile che un essere tanto buono e composto come Allyson Swanson potesse essere la sorella di quella bestia da gabbia di Mike.

La campanella dell'inizio delle lezioni suonò. Grace corse verso l'aula di economia, poi si ricordò di salutare l'amica. Faceva uno strano effetto chiamare qualcuno così.

Allyson soffermò di nuovo lo sguardo sul taglietto vicino il labbro, ma poi sorrise dolcemente a Grace e si allontanò. La piccola McKrack però lo notò.

«Allyson?»

«Sì?»

«Mia madre».





























***

Non commento molto spesso ma ora non posso proprio astenermi! Ho aspettato secoli per questo capitolo,
s e c o l i.

Chi cavolo è quel bambino che vede gli angeli? Cosa è preso alla dolce Cornelia? GRACE SI È FATTA UN'AMICA?!
Sono matta, lo so. Ma non ci credo nemmeno io ahahaha.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top