V. Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate
c a p i t o l o
V
Forse per la prima volta, quel giorno in mensa per Grace non fu così buio.
Si stava divertendo ad osservare gli sguardi che si scambiavano il micino arrabbiato, Allyson, e Shane Mirror. Sebbene li avesse visti poche volte insieme, si notava che tra i due ci fosse una certa sintonia, dal modo in cui si parlavano, si guardavano, dalle loro espressioni quando si sfioravano per errore. I loro occhi restavano inchiodati per secondi infiniti quando i loro sguardi si incrociavano, le loro labbra non sembravano che attendere il momento in cui si sarebbero toccate per la prima volta. Non li conosceva, sapeva a stento i loro nomi, ma sentiva che quei due non erano destinati a restare semplicemente amici.
Al tavolo con loro sedevano gli altri due ragazzi che aveva visto il primo giorno, che discutevano animatamente su un qualcosa scritto su un foglio. Grace immaginò che fosse una canzone a cui stavano lavorando. Shane le aveva parlato delle audizioni per la band, le aveva anche proposto di parteciparvi. Si era quasi lasciata allettare dalla proposta, ma poi aveva risposto con una battutina e aveva fatto cadere il discorso. Si odiava, in quei momenti. Odiava il suo essere perennemente schiva nei confronti di chiunque. In alcuni momenti detestava tutto di sé.
Una band, uno strumento, una chitarra, la sua chitarra. L'ultima volta che aveva messo le mani sul suo strumento era stata tre anni prima, ma non aveva dimenticato nessun giro, nessuna posizione. L'aveva distrutta, cercando di difendersi, di difendersi da lei. Quante cose, quanti valori aveva perso in quegli anni? Più di quanto pensasse. Una parte di lei aveva bisogno di rinascere, di ritornare a brillare, ma le sembrava una meta irraggiungibile, un miraggio, un'utopia. Tutto sembrava morto con quella chitarra.
«Ma buon giorno Biancaneve.» Grace sobbalzò e alzando lo sguardo si ritrovò due occhi grigi davanti. L'aveva chiamata Biancaneve. Un vuoto le assalì l'anima.
Biancaneve.
Antichi ricordi le perforarono il petto, prendendole a pugni quei frammenti sopravvissuti della sua anima. Tutto sembrava cadere a pezzi lentamente, inesorabilmente, davanti ai suoi occhi impotenti.
Fece per prendere le sue cose, per scappare via, ma Nicholas le bloccò il polso sul tavolo prima che lei potesse fare un passo di più. «Perché.» Grace cercò di liberarsi dalla sua presa senza ottenere risultati. Nonostante la tenuta del ragazzo non fosse forte, non aveva abbastanza energie mentali per riuscire a fuggire.
«Perché scappi», continuò il biondo senza lasciare il polso della ragazza.
Lei diede una gomitata al libro di economia con il braccio libero, facendolo cadere sul piede del ragazzo che mollò la presa d'impulso.
«Tu sei matta», Nicholas si abbassò per prendere il libro è notò le scarpe da ginnastica e di Grace. «Cambio di look, Biancaneve?» Fece rialzandosi.
Senza guardarlo in faccia Grace rispose distante «Non chiamarmi Biancaneve, da dove è uscito quest'altro nomignolo? Tu noti sempre tutto eh?»
Lui fece spallucce. «A quanto pare sì. E, beh, Biancaneve perché Miss-Allegria te lo ha affibbiato Mike, allora volevo un nomignolo tutto mio. Le assomigli, sai? Con quei capelli neri, il visino pallido e le labbra rosse. Cerca di non morire avvelenata!».
Morire avvelenata.
Grace sbuffò, poi allungò il braccio per farsi restituire il libro, ma Nicholas lo tirò indietro.
«Non te lo restituirò fino a quando non mi dirai perché scappi. Da cosa scappi? Dal mondo che ti circonda? È inutile farlo, corri e corri, e poi? Poi ti ritrovi davanti ad un precipizio e, a meno che tu non sia matta, ti volterai e tornerai qui, nel mondo, ma con meno forze. E di forze ce ne vogliono per sopravvivere in questa gabbia di leoni.»
Grace lo guardò con quei due suoi occhioni e lui le sorrise dolcemente, così lei approfittò della sua momentanea distrazione per tirargli il libro di mano e sedersi sopra di esso.
«Tu sei una brutta persona», affermò lui sedendosi accanto a lei, con fare scherzoso.
«E allora perché non vai via?» Gli chiese voltandosi. In quel momento il ragazzo dovette trattenersi dal prendere tra le dita una ciocca corvina della sua interlocutrice.
«Perché sarebbe troppo difficile metterti nella categoria delle persone da evitare. Non si può evitare una persona come te, soprattutto se sei un tipo curioso. E io sono un tipo molto curioso. Vedo che tu invece non hai tante difficoltà ad isolarti. Non ti chiederò perché lo fai, so che mi odieresti per sempre, a meno che tu non mi odi già, ma vorrei solo aiutarti: una volta...»
Lei lo azzittì con il gesto che fanno i direttori d'orchestra alla fine delle sinfonie. «Evito la gente perché non fa altro che procurare dolore. Ti ci affezioni, poi arriva un momento un po' più difficile e spariscono tutti, resti solo come prima e ti attribuisci mille colpe.»
Nicholas la guardò, sorpreso di aver avuto una risposta così articolata.
«Usi la solitudine come autodifesa...» Lei annuì. «Ma spesso anche stare soli troppo a lungo può fare male, ognuno ha bisogno di qualcuno con cui parlare, con cui confrontarsi. L'uomo ha iniziato a parlare perché aveva bisogno di un modo con cui rapportarsi con il resto della tribù, per avere un proprio posto nel mondo. "L'uomo é un animale sociale".»
Grace prese il libro di economia e prese a sfogliarlo a vanvera, mentre ascoltava le parole del ragazzo seduto accanto a lei. Non poteva non affermare, suo malgrado, che si era fatta un primo giudizio negativo di Nicholas. Era un ragazzo molto serio, all'apparenza saggio, che sapeva come farsi ascoltare.
«Hai un livido sotto l'occhio destro», bofonchiò.
Nicholas si toccò nel punto che la ragazza le aveva indicato e scoprì di sentire dolore. Si voltò verso il tavolo dove sedeva la squadra di football e, sotto lo sguardo attento della giovane McKrack, continuò a massaggiarsi la piccola contusione.
«Sono stati loro, non è vero? Vedi? Di questo ti parlavo. Prima ti fanno sentire a casa e poi ti pugnalano alle spalle, o in faccia, nel tuo caso», gli disse seria.
Lui fece cadere il discorso e si alzò, poi tirò un foglietto dalla tasca e glielo porse «Ero venuto per portarti questo, è lo slogan per le audizioni della band, Shane dice che potrebbe interessarti», poi si allontanò e si diresse al tavolo dove sedeva la band, dove fu accolto con risate e pacche sulle spalle. Si voltò per un solo istante verso la ragazza, che lo guardava con sguardo triste.
"E tu? Ce l'hai un posto nel mondo?"
。・:*:・゚★,‧͙⁺˚*・༓☾
Erano trascorsi cinque giorni da allora e Grace iniziava ad avere problemi con gli abiti, quindi il simpaticissimo Giano Bifronte le pose dinanzi due strade identiche: farsi aiutare da Cornelia o farsi aiutare da Cornelia. L'idea non era delle migliori, ma non sapeva come avrebbe potuto fare altrimenti, così quel pomeriggio decise di spiegare tutto alla donna, che per sua fortuna si dimostrò anche molto divertita dalla situazione.
Quei cinque giorni si erano svolti con la solita routine, compresa la "cara amica" della sua matrigna Kristina che, ogni mattina, si recava nella loro dimora proprio quando lei usciva per andare a scuola.
Aveva letto e riletto la locandina delle audizioni e alla fine aveva ceduto, anche se non lo aveva ancora detto a Shane. Provare ad entrare nella band era una specie di rivincita sulla sua vita che non le aveva mai voluto tanto bene. Il suo risollevarsi da quel baratro profondo in cui era caduta non dipendeva da altri se non da lei.
Si avvicinò al ragazzo soltanto due giorni dopo, mentre lui frugava nei meandri del suo armadietto. Gli piazzò il foglio davanti agli occhi senza nemmeno salutarlo. «Voglio provarci, come mi iscrivo? Dove trovo una chitarra per esercitarmi?»
Shane abbassò il foglio e si trovò davanti due occhi blu intenso. «Ma ciao anche a te Ragazza Tenebrosa. Alla fine hai ceduto eh», rise.
Grace soffiò il ciuffo di capelli che le era caduto davanti agli occhi e fece roteare i suddetti. «Ora anche tu con questi nomignoli...come devo fare ad iscrivermi?»
Shane chiuse lo sportello dell'armadietto e indicò un piccolo stanzino, lo stesso che il primo giorno Mary Harrison le aveva segnalato come "redazione del giornalino". «Avere un giornalista che ci sa fare con l'organizzazione dalla propria parte è sempre una nota positiva. Devi andare da Minho Feller, è lui che si occupa di queste procedure. Ti aiuterà anche a trovare la chitarra: quel ragazzo è pieno di risorse.»
Grace annuì e piegò la locandina. «Quante possibilità ho di entrare nella vostra strafantastica band?»
Shane alzò un sopracciglio. «Una o mille, dipende da quanta volontà ci metti», poi le fece un saluto militare e si avviò verso la classe di biologia.
Grace allora si avvicinò allo stanzino e bussò alla porta con tre colpi secchi. Sentì una voce soffusa dire: «avanti», e poi: «perdete ogni speranza voi ch'entrate.»
Una volta entrata, si ritrovò in una stanza buia, dove l'unica fonte di illuminazione era il monitor di un PC, quindi cercò a tastoni l'interruttore della luce lungo la parete. Una volta accesa, il ragazzo che doveva essere Minho Feller emise un grido e si coprì il viso con le braccia.
«Spegni, spegni! Vuoi per caso accecarmi?» Esclamò con fare quasi teatrale.
Grace sbuffò innervosita e spense la luce. Il ragazzo tornò a concentrarsi sul computer, mentre si udiva un rumore di biscotti sgranocchiati.
«Devo aspettare ancora per molto? Avrei da fare», disse spazientita.
«Il tempo di superare questo livello...no! Sono morto, dannazione!» Il brunetto spense il computer e nella stanza calò il buio più totale. «Vieni, siediti pure», fece lui, tranquillo.
«Se solo ci vedessi!» Si sentì un tonfo e Grace intuì che il ragazzo era caduto per terra.
«Sto bene! Adesso apro le tendine, ma gradualmente, devo riabituarmi alla luce.»
Grace batté nervosa il piede per terra, perché tutta quella scena le sembrava esageratamente ridicola. Minho, come aveva detto, aprì lentamente le tendine e la stanza iniziò a prendere forma. Vi erano due computer fissi, due stampanti, una scrivania coperta di fogli e sulle pareti c'erano poster di vario tipo. Le mensole erano colme di libri e cartelle varie, dal secchio dell'immondizia traboccavano palline di carta.
Minho Feller aveva il viso picchiettato da macchie d'inchiostro e un ciuffo di capelli castani che se ne andava per i fatti suoi. Era più alto di lei, ma non troppo. Il ragazzo si voltò verso di lei: «Sapevo che prima o poi saresti venuta.»
Lei alzò un sopracciglio. «Ci conosciamo?»
Lui si grattò la testa e si sedette su una sedia girevole. «Forse tu non conosci me, ma io so chi sei. Shane ti chiama "la Ragazza Tenebrosa", Warren "Biancaneve", ma gli archivi della scuola mi dicono che sei Grace McKrack, o sbaglio?»
Grace annuì: «Sono io.» Poi si sedette su uno sgabello dal lato opposto della scrivania dietro la quale sedeva il ragazzo.
«Devi iscriverti alle audizioni?» Chiese lui.
«Sì, Shane Mirror mi ha detto che sei tu ad occupartene e che potresti darmi una mano a cercare anche una chitarra, perché a sua detta sei "un ragazzo pieno di risorse".»
Minho mangiò l'ultimo biscotto rimasto nel pacco e si stiracchiò sulla sedia. «Ha detto così?» Lei fece segno di sì con la testa e intanto lui si spostò con la sedia accanto all'altro computer per accenderlo.
«Beh, posso consigliarti di quale marca e dove comprarla. Nome, cognome, età, anno frequentato e strumento, prego».
«Grace McKrack, diciassette anni, quarto anno, chitarra.»
Lui digitò tutto. «Canti anche?» Chiese.
«Emh veramente io...»
«Perfetto, canti.»
Il ragazzo stampò il tutto e mise il foglio in uno dei tanti raccoglitori, poi le dedicò uno strano sguardo.
«C'è qualcosa che non va?» chiese allora lei.
«Nono, tutto okay, è che sto provando ad immaginarti suonare la chitarra di Nat...»
Grace inclinò la testa verso sinistra «Nat?»
Lui annuì. «Era la chitarrista della band, ha terminato gli studi due anni fa e da allora non hanno trovato nessuno che fosse in grado di sostituirla, ma chissà, magari è la volta buona che qualcuno ci riesce. Oh, a proposito. Devi portare alle audizioni una tua canzone, una cover a tua scelta, poi ti saranno dati alcuni spartiti da suonare a prima lettura, non so se metteranno anche il testo da cantare.»
Grace si alzò di scatto. «Aspetta un attimo, devo portare una mia canzone?» Interrogò esagitata. Lui fece di sì con la testa e Grace si lasciò cadere di nuovo sullo sgabello. «Quanti giorni ho?»
«Emh...beh, quattro.»
Grace allora si coprì la faccia con le mani. «Non andare in panico, sta calma, puoi farcela, posso farcela, quattro giorni e cinque notti, posso farcela.»
Minho rise. «Lo spero per te, altrimenti addio band.»
Lei sbuffò. «Grazie per l'incoraggiamento.» Poi si alzò e si avvicinò alla porta. «Per la chitarra?» Chiese.
«Vediamoci oggi al comune, ti porto nel paradiso di tutti i musicisti.»
Nonostante non l'idea di uscire con quel ragazzo non la allettava, non poté rifiutare: aveva bisogno di lui per trovare una chitarra. «Va bene, allora a dopo, grazie Minho Feller» e poi uscì, mentre lui le urlava: «Che la fortuna sia dalla tua parte Grace McKrack!»
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