IX. Biscotti fumanti


c a p i t o l o

IX

Una volta tornata a casa, Grace trovò la sua camera messa sottosopra. Il materasso del letto era davanti l'armadio e ciò impediva l'apertura delle ante di questa. Le lenzuola e il piumino erano arrotolati in un angolo e la rete del letto era vicino alla finestra che portava sul piccolo balcone.

Grace corse di sotto, in cucina, dove Kristina la aspettava seduta a tavola mentre Cornelia fischiettava serena.

«Cosa significa tutto quello?!» Chiese Grace, portando un braccio verso l'esterno come a voler indicare 'quello'.

«Questo devi dirmelo tu, Grace», rispose dura Kristina.

«I vestiti...»

«Sei proprio perspicace! Per quanto avresti voluto continuare con quella messa in scena? Oh Cornelia, menomale che ti sei ricreduta e non hai continuato ad aiutarla per realizzare quello scialbo teatrino. Potevi anche dirmi che gli abiti non erano di tuo piacimento, tanto ormai qui ti viziano tutti!»

La Kristina che Grace si trovava davanti non era quella che le era stata vicina e le aveva accarezzato dolcemente le guance. Nemmeno Cornelia sembrava più la stessa, ma si notava che Kristina, una volta su cento, faceva fatica a mostrarsi severa e minacciosa. Ormai la ragazza non sapeva più cosa pensare della sua nuova famiglia, che a tratti le pareva più strana di quella a cui era appartenuta fino a poco tempo prima.

Grace non disse nulla, se ne tornò in camera sua per risistemare e le fece tristezza il fatto di non potersi fidare quasi di nessuno. Cosa avesse spinto Cornelia a compiere quel gesto non poteva saperlo, ma si era accorta che da qualche giorno la donna si comportava in modo diverso: sembrava lanciarle sempre occhiate di rimprovero e la sua dolcezza era sparita.

Suo padre era rintanato nel suo studio dalla sera precedente a scrivere contratti e firmare un enorme pilone di documenti. Decise di andare da lui, per parlare un po'. Le mancava: erano nella stessa casa e poteva dire di trascorrere più tempo con i professori piuttosto che con lui. I due intrattennero una lunga conversazione, nonostante Grace facesse ancora fatica a sostenere il suo sguardo.

«Scusami se ti sto un po' trascurando Grace, ti prometto che appena avrò sistemato tutta questa situazione trascorreremo del tempo insieme, solo tu ed io. Magari possiamo andare al cinema, ricordo che ti piaceva molto».

«È una bellissima idea, papà.»

。・:*:・゚★,‧͙⁺˚*・༓☾

Grace era alla ricerca del suo vecchio cellulare: era certa di averlo portato con sé, ma non riusciva proprio a ricordare in quale dei tanti cassetti lo avesse riposto. La riscoperta di quel telefono era anche la riscoperta della sua nonna Muriel, che forse era stata colei che le era stata più vicina quando era andato tutto a rotoli. Ormai era diverso tempo che non la vedeva, si chiese se avesse cambiato badante: quando era nel Beatty, sua nonna gliene presentava una nuova all'incirca ogni tre mesi. Si disse che appena possibile sarebbe andata a trovarla.

Appena trovò la scatola contenente il cellulare, non poté che constatare che era un modello assai vecchio, ma non era male: non amava i cellulari che vedeva stretti nelle mani dei suoi compagni di scuola, li riteneva fin troppo grandi e sottili. Inoltre cellulare più nuovo sarebbe significato cellulare con più funzioni, quindi l'avrebbe soltanto messa più in difficoltà.

L'unico problema era metterlo in funzione: non era mai stata un genio nel campo dell'informatica, al contrario amava i telefoni antichi, le cabine telefoniche e le lettere. Accese il suo PC e mandò una semplice mail ad Allyson.

"Ehy, ho trovato il cellulare, ma non so come metterlo in funzione. Mi daresti una mano? Magari puoi venire a casa mia...grazie ;)"

La risposta non tardò ad arrivare:

"Ehy Grace!! Che colpo vedere una notifica da parte tua...Okay, a parte gli scherzi, vai alle 5.00 vicino il bar prima del comune. <3"

Grace notò che erano già le quattro e quindici, quindi decise di rimettere in ordine la sua camera per renderla almeno presentabile. Solo mentre era in strada per arrivare al luogo dell' 'appuntamento' si rese conto di ciò che stava per succedere: stava per portare qualcuno a casa sua. L'idea la allietava e al tempo stesso la inquietava: non aveva idea di come si ricevessero ospiti, poiché non aveva mai sentito il bisogno o la necessità di impararlo.

Si mise ad aspettare Allyson seduta su una panchina e poco dopo vide, toh, Nicholas Warren che andava verso di lei.

"Ma perché questo ragazzo mi perseguita."

Grace gli lanciò un'occhiata infastidita.

«Prima che usi qualche strana mossa di kung fu contro di me, sappi che mi ha mandato Allyson».

La mascella di Grace toccò terra. «Cosa?!»

«Mi ha detto che avevi bisogno di aiuto in campo informatico, e questo - disse indicando sé stesso - è un genio dei computer»

«Ah...bene»

«Allora, quando si parte?»

Grace definì il percorso verso casa in compagnia del ragazzo 'estenuante'. Il biondo sembrava incapace di smettere di parlare, trovava sempre qualcosa da commentare o di cui raccontare una storia. Grace arrivò a chiedersi se si prendesse del tempo per respirare o perlomeno per ordinare i pensieri.

Quando Cornelia li vide arrivare, fece un'espressione buffa, che fece ridere Nicholas. «E chi è, il fidanzatino?»

«Sicuramente, sicuramente», disse Grace mentre cercava nervosamente di aprire la bottiglia d'acqua.

Diede un bicchiere a Nicholas quasi bruscamente, poi salì di sopra a prendere il cellulare e la scheda SIM. Lo porse al ragazzo che si mise subito a lavoro. Grace si ritrovò a guardarlo e le scappò un risolino nel vedere quanto fosse concentrato.

Nicholas alzò un sopracciglio senza smettere di fare strane cose sul cellulare, poi volse lo sguardo verso la ragazza. «Dovresti inserire e-mail e password, sempre che tu non sia troppo impegnata a guardarmi e ridere», disse con un sorriso sghembo.

Grace non poté evitare un leggero incurvarsi delle sue labbra, mentre faceva ciò che il ragazzo le aveva chiesto. Nicholas le spiegò a cosa servissero le varie icone, come scaricare le applicazioni e come controllare gli aggiornamenti.

«Devo farvi i biscotti?» Chiese Cornelia, con una voce che ormai non le si addiceva più.

«Non ce ne sarà biso-»

«Sì, grazie, sono davvero affamato.»

Grace gli lanciò un'occhiataccia e lui scoppiò a ridere.

«Ah pallida Biancaneve, non sai proprio come togliermi lo sguardo di dosso! Fossi in te mi concentrerei sul cellulare, anche se so di essere irresistibile.» Grace gli diede un pizzicotto. «Ahi! Sei proprio violenta. Allora, come ti trovi nella band?»

«Non ci siamo ancora incontrati, dovremmo vederci venerdì pomeriggio per...boh.»

«Sei molto informata vedo. E invece...tu e Feller?»

«Io e Feller? Che intendi scusa?»

Nicholas prese a sbaciucchiarsi il dorso della mano e Grace si fece scappare qualcosa che assomigliava ad una risata.

«Ma che cosa vai a pensare.»

«Ti viene dietro come un cagnolino!»

«Ma se nemmeno ci parliamo più.»

«Bah, come dici tu. Potresti darmi la password del Wi-Fi? Devo installarti Whatsapp...»

Grace prese un foglietto che era attaccato al frigorifero e dettò.
«Nat091503.» Il ragazzo trascrisse e connesse il cellulare.

«Nat come...»

«Non ne ho la minima idea.»

«La vecchia chitarrista della band si chiamava Nat...beh, in realtà Natalie.»
Grace potè giurare di aver visto arrossire Nicholas.

«Era la tua ragazza?»

«Cosa? No, per niente. Era fidanzata con quel Marcus...sono spariti entrambi, brutta storia.»

«Mm, capisco. Non è la prima volta che la sento nominare.»

Improvvisamente arrivò Kristina che sussultò nel vedere Nicholas, ma si ricompose in fretta. Senza che nessuno la notasse si accomodò sullo sgabello accanto al forno, per guardare i biscotti cuocersi. Soltanto quando iniziò a parlare fu annunciata la sua presenza nella stanza: «Salve, sei il figlio di Arthur Warren? Sei identico a tuo padre da giovane»

"Oh bene, adesso Kristina è alla riscoperta dei suoi compagni d'infanzia!"

«Sì signora, sono proprio io», rispose Nicholas, con un tono quasi fiero.

«Come sta tua madre?», chiese Kristina, voltandosi verso di loro.

«Oh...bene. Lei come sta?»

«Non posso lamentarmi. Gentile da parte tua chiederlo. Gilbert?»

«È in Canada, si è trasferito là con la sua fidanzata da quasi due anni, ma ogni tanto viene a farci visita. È stato qui tutta l'estate.»

Quasi come se avesse avuto ciò che voleva, Kristina si congedò e sparì nella rampa di scale, senza neppure salutare. A volte sembrava una bambina.

Grace studiò attenta lo sguardo di Nicholas, che sembrava quasi essersi spento dopo la seconda domanda della sua matrigna. Nicholas si accorse dell'attenzione di Grace e inchiodò i suoi occhi grigi in quelli blu di lei, sospirando. Restarono così, per secondi o minuti, ma Grace capì: sua madre non c'era più e Kristina lo sapeva molto bene. Quella donna continuava ad essere così flessibile, trasformando il suo carattere da un giorno all'altro.

«I biscotti sono pronti!» Cornelia poggiò un vassoio colmo di biscotti fumanti sul tavolo e Nicholas si scottò per la foga di mangiarne uno.

Si udì la voce di Kristina urlare il nome di Robert e poi quello di Cornelia, che prontamente corse di sopra. Nicholas guardò stranito Grace, che però era più confusa di lui. «Vieni con me.»

Nicholas non se lo fece ripetere due volte, ma prima prese una manciata di biscotti e la avvolse in un tovagliolo per portarli con sé. I due salirono le scale quasi furtivamente, poi Grace tirò per un braccio Nicholas nella sua stanza e chiuse la porta a chiave.

«Sembra quasi che tu abbia pensieri molesti.»

«Sei proprio un idiota, Nicholas Warren», rispose, per poi aprire la finestra e correre sul balcone. Nicholas la seguì. «In quella stanza succedono cose strane», gli disse la ragazza.

«Che genere di cose?»

«Non ne ho la minima idea, so solo che sono strane.»

«Oh, bene.»

«Ecco che aprono la finestra.» Grace si sporse un po' per provare a vedere un minimo di quel che accadeva, ma invano. C'era quella maledetta tenda...
Sentì solo delle voci, ma erano frasi spezzate, non riusciva a capire molto da lì.

Nicholas lanciò un'occhiata alla stanza e venne attirato dalla macchina fotografica. Si mise a studiarla da vicino e chiese a Grace di poter scattare una foto. Aveva sempre desiderato avere una macchina fotografica sua: aveva seguito diversi corsi di fotografia, ma non era mai riuscito a permettersi un obiettivo di qualità.

«Warren, ora non c'è tempo per quello», disse Grace appoggiata allo stipite della finestra, con le guance leggermente arrossate dal freddo. Prima che potesse evitarlo, però, il ragazzo aveva già immortalato la sua figura e le stava sorridendo dietro la macchina fotografica. Quando Nicholas rimise la macchina al suo posto, i loro occhi si incontrarono ancora una volta. Era uno scontro tra il gelo dello sguardo di lui e la profondità di quello di lei.

Iceberg in un mare agitato, luna nel cielo aperto.

Di scatto qualcuno richiuse la finestra. «Merda.»

«Ma Biancaneve!» Disse Nicholas ridendo.

«Non c'è nulla da ridere.» Grace rientrò e aprì la porta, per poi correre in corridoio, seguita dal ragazzo.

Si diresse a passo felpato verso la porta della fatidica stanza. Si inginocchiò e spiò attraverso il buco della serratura. Vedeva soltanto figure vestite di bianco.

«Ehi, io sono sempre qui.»

«Scusa...», sussurrò.

«Che cosa vedi?»

«Ci sono delle persone, penso mio padre, Kristina e Cornelia, indossano delle...tute bianche. Non capisco.» Grace sentì la serratura scattare.

«Merda», questa volta fu Nicholas a parlare.

I due ragazzi corsero in fondo al corridoio, ma la porta si aprì nel momento in cui Grace si schiacciò al muro, non essendo riuscita a frenare. Cornelia uscì dalla stanza e si diresse verso di loro, che erano in preda al panico.

«Nicholas- il ragazzo si girò verso di lei- adesso ti bacio», sussurrò Grace, con una nota di panico nella voce.

Lui la guardò confuso.

«Vedere persone che si baciano mette a disagio.»

«Continuo a non cap-»

Grace lo attirò a sé e in un attimo le sue labbra furono su quelle del ragazzo, che le teneva una mano sulla guancia quasi dolcemente, mentre cercava di approfondire il bacio. Grace, dal canto suo, non appena sentì la porta della stanza di Cornelia aprirsi e poi richiudersi, si staccò, posando il suo sguardo su Nicholas.

«Cavolo.»

«Non una parola», scandì.

«Sì signor capo.»

«Idiota.»

Poco dopo, Grace riaccompagnò Nicholas alla porta. «Mi dispiace, per tua madre, davvero. Ma forse è meglio saperla in pace ovunque ella sia, piuttosto che in un manicomio o...».

Nicholas annuì. «Devi entrare in quella stanza.»

«Lo farò.»

«Magari...mi scrivi un messaggio.»

«Preferisco parlare dal vivo», rispose Grace sorridendo.

Nicholas ricambiò il sorriso e lentamente sparì nel buio del vialetto. Quella lampadina doveva essere cambiata, accidenti!

Grace aspettò con ansia il momento di andare a letto. Per ingannare il tempo, scrisse una mail ad Allyson per darle il suo recapito telefonico. Poco dopo, una notifica illuminò lo schermo del suo smartphone.
Whatsapp.

。・:*:・゚★,‧͙⁺˚*・༓☾

Quando Grace scese in sala da pranzo, i piatti fumanti erano già in tavola. Stufato di pesce, con qualche goccia di limone. Lo adorava già. Si sedette al suo posto, aspettando gli altri componenti della famiglia, che non tardarono ad arrivare.

Cornelia le lanciò un'occhiata piena d'odio. Grace capì che probabilmente quella vecchia megera conosceva tutta la verità. Ma come aveva fatto a trasformarsi da una dolce nonnina alla strega cattiva? Molto probabilmente era in combutta con la strega di Hansel e Gretel.

«Oggi pomeriggio è venuto qui il figlio dei Warren», disse Kristina, rivolgendosi al futuro marito. «È cresciuto moltissimo, assomiglia a suo padre più di quanto si possa immaginare, tranne che per i capelli...»

Già, come per lei e il bambino degli angeli, così aveva deciso di chiamarlo. Identici, "tranne che per i capelli".

Suo padre pulì il muso con il fazzoletto di stoffa e si rivolse a Grace. «Sono felice che ti sia fatta già degli amici. Non dev'essere facile per te trovarti in un ambiente così nuovo.» Grace annuì, mentre si gustava il suo stufato.

«Povero ragazzo, perdere la madre ad una così tenera età...», disse Kristina, che pareva essersi incaponita sull'argomento "famiglia Warren".

Grace strinse un pugno sotto il tavolo, mentre lanciava uno sguardo colmo d'odio a Kristina. Cercò di parlare con il tono più calmo possibile. «Se sapevi, perché gli hai chiesto di sua madre?»

Kristina la guardò sorpresa. «Perché lui e suo padre non fanno che negare la realtà, eppure è successo ben undici anni fa. Direi che è abbastanza tempo per elaborare un lutto.»

Meschina e acida. Ognuno aveva i suoi tempi. C'era chi ci metteva un'ora e chi una vita intera. Per non accendere una discussione, Grace annuì e terminò la sua cena. Quando fu finalmente nella sua camera, poté mettere in atto il suo piano.













***

Ciao, spero che questo capitolo vi abbia regalato un po' di emozioni. Stanno pian piano affiorando vecchie storie, sia di Grace che degli altri personaggi.

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