Capitolo terzo.
Sarà Ashton a venire a cercarmi qualche minuto dopo. Quando mi trova non mi dice niente. Mi accarezza solamente la testa e mi fa alzare per poi portarmi ad una macchina nera simile a quella di Luke.
All'interno c'è anche Michael. Io mi siedo sul sedile anteriore e rimango zitta mentre Ashton accende l'auto e ne segue un'altra fino al pronto soccorso.
Il mio cuore inizia a palpitare pensando che Luke stia peggio di quanto possa pensare.
Mi scappa una lacrima che cerco di catturare prima che i miei due amici se ne accorgano.
Ash spegne la macchina e mi guarda in silenzio mentre Michael scende e raggiunge la vettura che ci ha preceduto. Da essa escono Luke e Calum.
Guardo il ragazzo per cui poco prima stavo piangendo a dirotto e penso che, anche se coperto di lividi e sangue e con, molto probabilmente, qualche costola rotta, sia sempre bellissimo.
<< L'ha fatto per te. >> dice poi Ashton calmo.
Mi volto per guardarlo senza capire.
Lui sospira e si spiega meglio.
<< Luke ci ha detto di quello che ti è successo qualche giorno fa. Di quei tizi che volevano... beh si, hai capito. Luke sapeva chi erano. Tornava dall'allenamento di box quando ti ha trovato. Quei bastardi sono dei membri Cobra. Luke già li odia. Quello che hanno cercato di farti, beh, l'ha fatto scattare. Voleva proteggerti distruggendo il loro capo. L'ha fatto per te. L'ha fatto perchè a te ci tiene, anche se non lo vuole ammettere. >> dice l'ultima frase sorridendo triste.
Non so bene come rispondergli. Non so cosa pensare.
Dovrei essere felice del fatto che lui mi abbia voluto, in un certo senso, vendicare o dovrei essere arrabbiata perchè ha rischiato di farsi uccidere? Non so cosa fare, non so come mi devo sentire. Nessuno mai aveva fatto per me una cosa del genere. Nessuno prima di Luke.
Non so cosa devo fare. So solo che voglio vederlo, abbracciarlo. Sapere che sta bene.
Guardo Ashton.
<< Voglio vederlo. >> dico di getto con un tale bisogno nella voce che fa sorridere il mio nuovo amico.
Lui annuisce e usciamo dalla macchina.
Il pronto soccorso pullula di medici e pazienti, alcuni con brutte ferite, altri con strani dolori invisibile al mio occhio inesperto.
Mi stringo nella felpa nera e cerco i ragazzi con gli occhi. Non li vedo da nessuna parte.
Istintivamente prendo la mano si Ashton che ricambia la mia stretta senza troppe domande. Ci avviciniamo alla reception e Ash chiede di Luke. Io mi guardo intorno.
Mi sento il sudore freddo colare sulla fronte. Guardo la gente nella sala d'attesa e mi rivedo in ognuno di loro. Odio gli ospedali. Ho passato la maggior parte della mia vita in questi posti orribili, mi sento male ogni volta che ci torno. Ma adesso la priorità non sono io con i miei vari disturbi. E' Luke.
Ashton ringrazia l'infermiera e mi fa cenno di seguirlo in un corridoio largo e con un odore pungente di alcool e disinfettante.
Vari lettini ospedalieri sono posti su un lato del corridoio, divisi gli uni dagli altri da tende verde scuro.
Cerco Luke con gli occhi. Non lo vedo, ma riconosco a qualche letto di distanza i capelli verde mela di Mickey.
Lui ci vede e si avvicina.
Ci fermiamo per aspettarlo e sentire che notizie ha.
<< Allora? >> gli domanda Ashton.
Michael sospira ma non sembra che sia successo nulla di grave.
<< Sta bene, niente di rotto. Solo qualche costola contusa e un sopracciglio spaccato. Avrà dei brutti lividi comunque, ci vorrà un po' prima che scompaiano del tutto. >> dice.
Le sue parole mi fanno chiudere gli occhi e sospirare sollevata. Lui si accorge della mia precedente tensione e mi sorride quasi divertito.
<< Si è fatto pestare solo per te, principessa. Dovresti dargli un premio. E anche una svegliata. Da quando ti conosce è sempre imbambolato. >> dice facendo ridere Ashton.
Io sorrido e scuoto la testa.
<< Se, come no. >> rispondo sarcastica.
Michael fa spallucce.
Io mi mordo un labbro e alzo la testa per cercare il suo lettino. Vedo poi Calum chiudere una tendina e venire verso di noi sorridendo divertito e sollevato.
<< Che bambino il nostro Lukey! Ha paura a farsi mettere i punti. >> dice Calum facendoci ridere.
Il peso sul mio cuore inizia ad alleggerirsi quando anche lui mi conferma che Luke sta bene.
<< In realtà, noi siamo un po' più preoccupati per te. >> dice Ashton riferendosi a me.
Io mi stringo nelle spalle asciugandomi il viso dal mascara sbavato.
<< Di me? >> domando stupita.
<< La tua reazione quando è stato colpito Luke. Ci hai spaventati. Pensavamo che svenissi. >> dice Michael con una forte apprensione nella voce.
<< Era come se fossi al posto di Luke lì dentro. Ci hai fatti preoccupare. Nessuno ha mai avuto una reazione simile di fronte ad un combattimento. >> spiega Calum.
Io non so bene cosa dire. Insomma, avevo paura per Luke. Tutti si sarebbero preoccupati.
<< Io... non volevo che lui... avevo paura per Luke, tutto qui. >> rispondo imbarazzata.
Michael mi guarda sorridendo e scuotendo la testa.
<< Lo sapevo che ne eri cotta. >> dice divertito.
Io lo guardo a bocca aperta e gli ficco un pugno sul braccio.
Gli altri ridono e mi guardano annuendo a Mickey.
<< Vai da lui và. E' da quando siamo qui che non fa che chiedere di te. >> dice Calum indicando con la testa il letto di Luke.
Io annuisco e mi porto i capelli dietro le orecchie mentre lo cerco.
Poi riesco a vederlo. E' ridotto maluccio con il labbro spaccato e un occhio nero, ma è sempre lo Luke a cui mi sono legata. E' il mio Luke.
Lui alza gli occhi e mi vede.
Per un attimo penso che voglia cacciarmi ma poi sul suo volto appare un sorriso e mi fa segno di sedermi accanto a lui sul letto. Io faccio come dice e mi siedo. Lui si tira più con la schiena, una smorfia di dolore sul suo viso.
<< Aspetta, ti aiuto. >> dico aggiustandogli il cuscino.
Lui mi ringrazia piano. Ricambio sorridendo e mi sento mancare quando la sua mano cattura la mia senza troppa gentilezza. Sembra quasi un atto necessario, quello di stringere fra le sue dita una parte di me. Io non intendo negarglielo.
Mi guarda negli occhi, l'azzurro dei suoi si scioglie e mi sento male per tanta bellezza.
<< Non saresti dovuta essere lì, Arya. Non avresti dovuto vedere quello che sono. Mi ero ripromesso che ti avrei tenuta lontana da questo me. >> dice duro.
<< Luke tu non puoi... >> faccio per parlare ma lui mi precede.
<< Io non voglio che tu ti faccia male, non dopo tutto quello che hai passato. Dovevo proteggerti, dovevo essere certo che nessuno ti avrebbe più toccata. Dio... >> alza gli occhi al cielo poi mi cattura di nuovo e mi fa sbalzare il battito cardiaco << da quando sei arrivata, da quando ti sei aperta con me, io sento la responsabilità di tenerti in salvo. Capisci? Io non voglio vederti soffrire, Arya. Non lo sopporterei. Credimi è difficile per me ammetterlo, ma è così. Tu mi hai stregato, letteralmente. >> dice tutto d'un fiato.
Io non so bene cosa rispondere. So solo che sto sorridendo un po' imbarazzata e che lo sto ascoltando.
Abbasso la testa scuotendola sapendo bene che sto mettendo sotto sforzo il mio piccolo cuore infranto. Un cuore che batte più forte del dovuto per colpa del ragazzo accanto a me.
Cazzo, mi sa che è fatta. Lui mi piace. Più di quanto dovrebbe. Mi piace talmente tanto che potrei innamorarmene. Ed innamorarsi è come morire. Ma di una morte bella, in questo caso, bellissima.
Lo guardo e mi mordo un labbro.
<< Ti sei fatto pestare a sangue per me. Non so se essere lusingata o incazzata, Luke. >> rispondo un po' troppo acida.
Lui scuote la testa divertito.
<< Ma ho vinto. >> dice.
Io sgrano gli occhi incredula. Lui annuisce quasi ridendo, ma non ci riesce perchè le costole gli fanno troppo male.
<< Tu sei pazzo. Completamente. >> rispondo scuotendo la testa.
Lui sorride e mi posa una sulla nuca. Mi volto e ci fissiamo gli uni negli altri cercando di capirci, di capire quello che stiamo facendo, ciò che proviamo.
<< Non mi ringrazi nemmeno? >> dice mettendo su un finto broncio.
Io rido sorpresa dalla sua frase. Ride anche lui ma smette subito lamentandosi per il dolore.
<< Vedi? >> dico indicando le sue costole << se non avessi fatto lo stupido cercando di salvarmi non avresti male. >> dico rimproverandolo divertita.
Lui sospira ma non dice nulla.
Aggrotto le sopracciglia e non so bene cosa sto per fare.
Gli poso una mano magra sul viso attirando la sua attenzione e poi mi avvicino facendo combaciare con un tocco leggero le sue labbra e le mie.
Sento il sapore del sangue di Luke sulle mie labbra. Mi sposto e lo guardo.
La sua espressione è qualcosa di estremamente bello. Un misto di stupore, incredulità ed eccitazione. Sembra felice.
Gli sorrido.
<< Grazie. >> gli dico.
<< Mi meriterei mille grazie per quello che ho fatto. >> dice malizioso.
Scuoto la testa divertita e gli accarezzo le labbra con le dita della mano.
<< Hemmings, Hemmings, sei incredibile. >> rispondo.
Lui fa spallucce e io rido per la sua espressione.
Luke poi si avvicina e mi bacia di nuovo, facendomi sobbalzare lo stomaco.
Le sue labbra sono morbide e hanno un forte sapore di metallo.
Sento la sua mano sulla guancia e lascio che mi baci. Lo voglio. Voglio Luke così tanto che sarei disposta ad abbandonare i miei mostri. Lui mi fa venire voglia di vivere. E a me una vita con Luke piace più dell'eterna pace.
Quasi una settimana dopo, Luke esce dall'ospedale con il torace bendato, molti lividi e un occhio più sgonfio. Io sono a casa, cercando di mangiare.
Mando giù un po' di carne e qualche carota. Niente più. Mio padre inizia a preoccuparsi del mio aspetto e ha deciso di controllare la mia alimentazione più attentamente. Io però mi sento meglio.
Ho preso 1 chilo e mezzo da quando sono qui. E' un passo difficile per un'anoressica prendere peso così velocemente. Fortunatamente c'è Hanna che fa capire a mio padre la mia situazione. Lei mi aiuta con la malattia. Cerca di starmi dietro, di controllare il mio peso. Mi piace Hanna. E' una buona amica.
Finito di mangiare, reprimo la voglia solita di correre in bagno e mi cambio. Oggi, i ragazzi ed io andiamo in campagna, nel casa di Luke. Suo padre, dopo averlo visto tornare a casa in quel modo si è incazzato talmente tanto da chiedergli di andarsene per il weekend e, visto che Lunedì la scuola sarà chiusa per motivi organizzatavi, noi ce ne andiamo tutti via per un po'.
Mi infilo degli shorts azzurri e una maglia bianca con sopra una felpa leggera grigia. Prendo il mio borsone da sotto il letto ed esco da camera mia per chiamare Michael. Entro in camera sua e lo vedo occupato ad aggiustarsi i capelli che pian piano stanno perdendo colore.
Lui mi saluta e mi sorride.
<< Sei pronto? >> gli domando.
<< Si si, mi prendi lo zaino dall'armadio, per favore? >> chiede guardandosi allo specchio.
Io annuisco e faccio come dice. Alzo lo zaino a fatica.
<< Quanto pesa! Ti sei portato via tutta la camera? >> domando sarcastica.
Lui ride e mi prende lo zaino dalle mani mettendoselo in spalla.
<< Sei tu quella troppo magra e senza muscoli. Dai, andiamocene. Luke e gli altri ci aspettano fuori. >> dice uscendo. Io torno in camera, prendo la mia roba e lo seguo giù per le scale.
Saluto mio padre ed Hanna che raccomandano a me e Michael di non fare sciocchezze e stare attenti, poi usciamo. Ci avviciniamo alla macchina di Luke, seduto al posto di guida. Dietro la sua macchina, riconosco quella di Ashton che mi saluta insieme a Calum.
Michael mi dà un buffetto sulla guancia e si avvicina alla macchina di Ash, mentre Luke scende per prendermi la borsa e metterla nel bagagliaio.
Mentre lo apre, io mi avvicino con la fronte aggrottata per il mancato saluto. Lui però mi vede imbronciata e ride.
Io alzo gli occhi al cielo ma poi mi passa subito quando chiude il bagagliaio e mi prende per un fianco stampandomi un casto ma dolce bacio sulle labbra.
Sorrido e poi guardo i ragazzi nella macchina dietro sghignazzare divertiti dalla scena.
A quanto pare non è da Luke fare il tenero. Infatti lui li manda dritti a quel paese facendomi ridere.
Entro in macchina e partiamo con in sottofondo i Green Day che rendono tutto migliore.
La casa di campagna di Luke è più piccola rispetto al super mega attico in città, ma nella sua semplicità è bellissima.
Ha 3 camere da letto, una matrimoniale e una con due letti, l'altra è una camera singola. Calum e Michael si mettono subito a scaricare la loro roba nella stanza con i due letti mentre Ash sistema la cucina. Io sono in salone e mi sto guardando intorno. Ci sono foto, tante foto di Luke e della sua famiglia. Sorrido quando vedo una foto di lui da piccolo vestito da cowboy. Poi c'è n'è una che mi colpisce. E' in una bellissima cornice argentata e ritrae Luke da ragazzino con una donna bionda e straordinariamente bella.
<< E' mia madre. >> dice la sua voce alle mie spalle.
Mi volto e lo guardo seria mentre lui si avvicina poggiando la guancia contro la mia testa. Le sue mani sui miei fianchi mi stringono a lui.
<< O meglio era. >> dice triste.
Io sospiro e mi sento in pena per lui.
<< Era bellissima. Ti assomigliava molto. >> dico toccando con le dita il vetro che protegge la foto.
<< E' stata l'ultima foto che ho fatto con lei. >> dice.
Si sta aprendo con me. Mi sta parlando di sua madre.
<< Mi manca. Lei era l'unica persona che mi capiva. Ora non c'è più. E' come se avessi perso un pezzo della mia anima. >> dice sussurrando piano le parole.
Io aggrotto la fronte e poso la foto al suo posto originario.
Mi giro verso Luke e gli prendo le mani nelle mie.
<< Io ti capisco Luke. So cosa vuol dire perdere qualcuno che si ama. >> dico guardandolo negli occhi.
Lui aggrotta la fronte.
<< Ho perso una persona importante mesi fa. Da allora tutto mi è crollato addosso. Poi sono venuta qui in Australia e ho incontrato voi ragazzi. Ho incontrato te. >> dico sorridendogli << e pian piano sto rimettendo insieme i pezzi. >>
Lui mi sorride dolce e mi abbraccia. Io sento il suo profumo. Il profumo di amore, di casa, di salvezza.
Luke mi prende per mano e mi guida su per le scale fino alla camera padronale.
La guardo e la trovo molto bella con i suoi mobili antichi in sintonia con l'ambiente che circonda la casa. Luke chiude la porta e appoggia le borse accanto all'armadio.
<< Ehm... spero non ti dia fastidio, dormire con... me. >> dice un po' imbarazzato.
Io sorrido divertita e scuoto la testa facendolo sospirare sollevato.
<< Grazie. Dormire con Ashton non è un'idea così allettante. >>
Rido e mi siedo a gambe incrociate sul letto guardando Luke che sistema la mia borsa e la sua dentro l'armadio.
Poi si avvicina al letto e si butta addosso a me facendomi ridere.
Sento il suo peso sul mio fragile corpo pelle ed ossa e penso che lui ed io siamo proprio una coppia male assortita.
Una anoressica autolesionista e un pazzo diciassettenne con una strana voglia di mettersi nei guai.
Eppure immagino che non ci sia nulla di più bello di noi due insieme. Nulla più bello del mio sorriso appena incontra il suo.
Lui mi accarezza i capelli e studia ogni dettaglio del mio viso.
<< Sei bella, Arya. >> dice piano.
<< Grazie. >> rispondo sincera.
<< Sei bella e tu questa bellezza la vuoi distruggere. Perché? >> domanda più a se stesso che a me.
<< Perchè non sono abbastanza per questo mondo. E il mondo vuole il meglio, io non posso darglielo. >> dico sottovoce.
Luke scuote serio la testa.
<< Per me sei più che abbastanza. >>
Le sue parole mi uccidono e sento che mi sto ricostruendo. Che i frammenti di una Arya distrutta dall'odio per se stessa stanno tornando al posto giusto.
Alzo il capo e faccio incontrare le nostre labbra.
Lui ricambia il mio bacio e lo intensifica senza esitare. Vuole vivermi, vuole avermi e io mi sento troppo bene con Luke per tirarmi indietro. Lascio che il miglior bacio di tutta la mia vita continui mentre insieme ci stringiamo e ci perdiamo in un contatto umano fatto per dirci quanto ognuno di noi necessiti l'altro. Ed io ho un forte bisogno di Luke Hemmings ora, che mi fa perfino paura.
Mi sveglio sola nell'immenso letto della camera patronale di casa Hemmings.
Mi tiro su a sedere. Luke non c'è in stanza. Penso sia andato di sotto così mi alzo e vado in bagno per lavarmi il volto stanco.
Mentre mi bagno il viso con l'acqua ghiacciata tengo gli occhi e ripenso a Luke, alla sua vita che non dev'essere affatto facile.
Perdere la madre a 15 anni, un padre che non ti calcola, da solo in quell'immenso attico di Sidney, Luke dev'essere terribilmente triste.
All'improvviso mi sento quasi in colpa a soffrire. In fondo soffre anche Luke, ma nessuno si preoccupare di Luke. Solo di me. Una pazza suicida. Apro gli occhi e mi guardo riflessa nello specchio e non penso affatto di essere bella come dice Luke. Io mi vedo orribile. Sia dentro che fuori. Ecco cosa non va in me. Sono con Luke e i ragazzi e sembra che il mondo giri bene, che tutto funzioni, che la macchina che sono io abbia tutti gli ingranaggi al posto giusto, poi rimango sola e mi inceppo, senza più ripartire.
In questo momento ho una gran voglia di tagliarmi ma non lo faccio perchè qualcuno dei miei amici potrebbe entrare all'improvviso e potrebbe vedermi. Nessuno degli altri a parte Luke sa dei miei problemi. Meglio mantenere il silenzio.
Mi aggiusto i folti capelli blu in una coda di cavallo e scendo al piano di sotto.
Mentre sono sulle scale, un odore forte di carne grigliata mi entra nei polmoni facendomi venire i crampi allo stomaco.
Serro gli occhi per la fitta e mi porto una mano alla bocca reprimendo l'istinto di vomitare.
Cerco di calmarmi e inizio a controllare il respiro.
Scendo gli ultimi gradini e vado fuori sul terrazzo che si affaccia all'immenso giardino dove Cal e Ash stanno cuocendo la carne.
Michael e Luke invece stanno chiacchierando a bordo di una piscina illuminata da luci colorate.
Non mi ero accorta che ci fosse una piscina quando siamo arrivati...
Mi avvicino a loro e catturo la loro attenzione. Mi salutano e mi siedo in mezzo a loro.
<< Dormito bene? >> mi chiede Luke sorridendo e sfiorandomi la schiena.
Annuisco e raccolgo le ginocchia fra le braccia.
<< Ti piace la carne grigliata? >> mi domanda Michael raggiante.
Io alzo un sopracciglio ripensando alla voglia di rovesciare che mi era venuta prima sulle scale.
<< Si, tanto. >> dico finta.
Michael esulta felice e va ad aiutare Ashton e Calum, lasciandomi sola con Luke che, ovviamente, ha capito che in realtà il mio stomaco non ha nessuna intenzione di ingerire quel cibo.
Luke mi guarda severo e preoccupato allo stesso tempo.
<< Arya, cerca di mandare giù qualcosa stasera. Ti prego. >>
<< Mandare giù è ok. Trattenere quello che mangio è il problema. >> rispondo con una punta di sarcasmo che però non diverte Luke.
<< Arya, non sto scherzando. Devi mangiare, sei uno scheletro. Hai preso qualche chilo da quando sei arrivata? >> mi domanda.
Io inizio ad agitarmi. E' come quando parlo col nutrizionista, mi blocco.
Inizio a fissare la punta delle mie Converses.
<< Si, qualcosa. >> rispondo piano.
<< Tipo quanto? >>
<< Un chilo e mezzo. >> dico seria.
<< E quanto pesi adesso? >> mi chiede più gentile, cosa che mi fa rilassare un po'.
<< 48.7 kg. >> dico passandomi una mano fra i capelli esasperata.
Lui scuote la testa e so già che inizierà il solito rimprovero che mi fanno tutti quelli che sanno della mia malattia.
Ma il rimprovero non c'è. C'è solo una lacrima che mi riga il viso e la mano di Luke che stringe la mia.
Lo guardo e capisco dopo tempo, che lui non mi giudicherà mai. Che mi sarà vicino.
Mi asciugo in fretta la lacrima sulla guancia e lo guardo attendendo sue parole.
<< Arya, ce la farai. Se vuoi ce la fai. >> mi dice stringendo più forte la presa nella mia mano.
Io annuisco e ci alziamo insieme quando Calum avvisa che la cena è pronta.
Mi siedo tra Ashton e Luke e inizio a fissare il piatto di carne terrorizzata.
Sorrido tirata e prendo tra le mani le posate tagliando un pezzetto minuscolo di carne. Deglutisco e la gettò velocemente in bocca.
Una cosa che odio da quando sono diventata bulimica e il gusto della carne. Non mi piace proprio.
Mando giù a fatica il cibo e continuo a magiare piano e a quantità veramente poco stostanziose, ma il mio stomaco già si ribelle. So bene che stanotte dovrò combattere contro i crampi dovuto alla dipendenza nel vomitare tutto quello che si era ingerito. I ragazzi invece non si fanno problemi a divorare tutto. Mi fanno invidia a volte. Anche io vorrei essere come loro a volte, ma poi ripenso a quel giorno e cado di nuovo nella depressione.
Negli ultimi tempi, mio padre mi aveva mandato da uno psicologo, affinchè potesse aiutarmi a ristabilire un certo equilibrio nella mia testa. Ma la vedo difficile.
E' vero, i miei amici e Luke mi stavano vicini, mi parlavano. Mi sentivo più leggere, con una certa voglia di vivere, stavo meglio. Decisamente meglio. Ma non qualcosa dentro me rischiava di rompersi da un momento all'altro e io avevo paura.
Ho paura. Mi rendo conto che qualcuno ha aggiunto del cibo nel mio piatto. Mi volto verso Ashton che mi sorride incitandomi a mangiare l'hot dog al formaggio.
Dopo aver finito un intero hamburger e quasi tutte le patatine fritte mi sento chiudere lo stomaco. Erano secoli che non mangiavo così tanto. E non volevo che l'ansia e la mia stupida e schifosa malattia mi costringessero a cedere. Ma quando mangio un pezzo di hot-dog mi sentii malissimo. Stringo forte la mano intorno alla forchetta, fino a farmi venire le nocche bianche. Luke si accorge del mio malessere e mi posa una mano sulla schiena accarezzandola dolcemente.
Ingoio e bevo un sorso d'acqua, poi guardo Luke che mi fissa con un'espressione dolce mischiata alla preoccupazione. Non voglio fargli pena, ma sto davvero malissimo. Non sono più abituata a mangiare così tanto da quando la malattia si è impadronita di me. Così vengo colta da un crampo che mi fa strizzare gli occhi per il dolore. Non posso, non sarei riuscita a farcela.
Guardo i ragazzi che mangiano, tranne Luke e Michael che mi hanno vista sbiancare.
<< Tutto ok, Arya? >> mi chiede Mickey.
Scuoto la testa e getto le posate nel piatto mentre mi poso le mani sulla fronte.
Adesso tutti e quattro sono concentrati su di me.
Luke mi si è avvicinato e continua a passare la sua mano su e giù sulla mia schiena cercando di farmi rilassare.
<< E' tutto ok Arya. Va tutto bene. Ora passa. >> mi sussurra fregandosi degli altri tre amici che ci guardano con aria confusa e perplessa.
Gli avrei spiegato tutto. Ormai devono sapere cos'ho, perchè sono qui, in un luogo lontano chilometri da casa mia.
Ma non adesso. Non nel pieno di una crisi. Cerco di controllare il respiro come mi hanno insegnato all'ospedale i medici che cercano di salvarmi da quel mostro che mi sta inghiottendo viva.
Ci riesco e il dolore un po' si placa. Poi scompare lasciandosi dietro qualche brontolio e alcune fitte fastidiose. Luke sorride e mi libera il viso dalle mani, chiuse strette a pugno e informicolate.
<< Vuoi andare di sopra? >> mi chiede Luke piano.
<< Se mi lasciate sola finisce che impazzisco. Non lasciarmi sola. Non farmi stare male di nuovo. >> dico.
Lui scuote la testa e mi prende la mano portandomi in salotto, mentre gli altri sparecchiano e parlano di ciò appena accaduto.
Sono raggomitolata in una calda coperta verde, una tazza di camomilla fra le mani e il petto di Luke che mi fa da cuscino. A volte vengo scossa da crampi e lui è lì, pronto a tenermi stretta e a sussurrarmi che tutto andrà bene, che non succederà niente, che starò meglio, che tutto passa. E io gli credo e tutto migliora. Ci sono volte in cui sto talmente male da piangere, ma lui non mi lascia. Non molla. Lotta.
Quanto vorrei avere la sua forza, quanto vorrei che anche io fossi come lui. Indistruttibile. Impiegabile. Sempre pronta a rialzarmi in piedi e a raccogliere le parti di me rotte e riunirle col mio corpo malandato. Ma io non sono Luke.
Una fitta mi trapassa lo stomaco e lui mi stringe forte, mi bacia i capelli e il dolore va via come è arrivato: all'improvviso.
Mi stringo nella coperta e bevo un po' del liquido caldo nella tazza che mi ha portato Calum con un dolce sorriso stampato in faccia.
Luke ha accennato ad alcuni miei problemi, giusto per non lasciarli senza uno straccio di motivo per il mio male. Ma tutta la storia sta a me raccontargliela.
Passo a Luke la tazza vuota che posa sul tavolino di vetro e poggio la testa sul suo petto chiudendomi fra le sue braccia protettive.
<< Vedi, sta andando meglio. >> mi dice giocando coi miei capelli.
<< Grazie a te. >> rispondo disegnando linee immaginarie sul suo petto.
<< Te l'ho detto che ti avrei aiutata. >> afferma.
<< Lo so, è solo che me l'hanno detto in tanti. Non ci credevo più molto. >> mi giustifico alzando di poco la testa per guardarlo negli occhi.
Lui sorride e stringe la sua mano nella mia.
<< Io non smetto di lottare, Arya. >> mi sussurra.
<< Me ne sono accorta. Sei sempre stato così determinato? >> gli domando pensando che in realtà non lo conosco molto. So poco o niente della sua vita, di cosa gli piace fare e no.
<< No, solo da quando mia madre è morta. >> risponde un po' cupo.
<< Lei com'era? >>
<< Era... possiamo parlarne un'altra volta? Non sono in vena. >> mi dice.
Annuisco e non parlo più. Meglio non sforzarlo. So come ci si sente ad affrontare il ricordo di chi non c'è più.
<< Ora dormi, devi essere stanca. Io sarò qui. Non ti mollo. Mai. >>
E con queste parole e un sorriso stampato sulle labbra, cado in un sonno profondo.
Il mattino dopo mi sveglio presto. Sono nella camera di Luke, ma lui non c'è.
Al suo posto ci sono colo coperte alzate e un cuscino con la fodera stropicciata. Mi alzo e indosso una felpa, poi esco dalla stanza e scendo al piano inferiore. Credo che gli altri stiano ancora dormendo, dalle loro camere non proviene alcun suono.
Vado in cucina per prendermi un bicchiere d'acqua. Mi avvicino alla finestra stringendomi nella felpa. Fuori inizia a schiarirsi il cielo, promette una giornata soleggiata.
Esco sul giardino dove abbiamo mangiato la sera prima e mi siedo sull'altalena in ferro rosso che si trova accanto alla piscina.
L'aria è fresca, mi piace. Mi manca il freddo gelido di casa mia. Qui fa sempre troppo caldo. Non c'è mai quel gelo che ti obbliga a indossare maglioni spessi e cappotti imbottiti. Non c'è la neve, il ghiaccio sulle strade, i cani da slitta che si allenano dietro casa mia. Mi manca l'Alaska con le sue notti in cui c'è ancora il sole. Mi manca casa. Non mi sarei mai aspettata di avere nostalgia di quel posto. Ma devo ammetterlo, mi piacerebbe essere lì adesso.
Dei passi sull'erba un po' secca richiamano la mia attenzione. Alzo la testa credendo di ritrovarmi davanti Luke, invece vedo Michael.
Gli sorrido e lui si siede a terra, davanti a me, con le ginocchia chiuse fra le braccia.
<< Spero di non averti svegliato. >> gli chiedo scusa.
Lui scuote la testa sorridendo stanco.
<< Tranquilla, ci aveva già pensato Luke a svegliarmi. >> mi risponde.
Lo guardo con le sopracciglia aggrottate, chiedendomi dove diavolo possa essere finito Hemmings.
<< Dov'è Luke? >> gli domando.
<< Si alza sempre presto la mattina. E' difficile che tu lo trova alle otto del mattino ancora nel letto. >> dice Michael aggiustandosi il ciuffo verde sulla fronte.
<< Come mai? >>
<< E' un'abitudine che ha sempre avuto. Sai, i ragazzi ed io ci conosciamo fin da piccoli. Siamo sempre andati a scuola insieme, ci siamo sempre frequentati. Venivamo spesso qui d'estate. E' da anni che non torno in questa casa. >> dice nostalgico guardandosi intorno.
<< Perchè non ci siete più venuti? >> gli chiedo cercando di carpire qualche informazione in più sul passato di Luke.
<< Quando sua madre si è ammalata, Luke è caduto in una forte depressione. Pensavamo non si riprendesse più. Così per un po' di tempo è diventato un fantasma. Lo vedevi per i corridoi della scuola, ma era come se non ci fosse. E' stata sua madre a dargli una scossa, anche se stava male e sapeva di non potercela fare, lei ha pensato prima a Luke. Un gesto ammirevole. Ma lei è sempre stata una persona buona. >> sorride ricordando la madre di Luke.
<< Si preoccupava sempre degli altri, non pensava mai a se stessa. Durante il suo ultimo anno di vita, Luke le è stato accanto come nessun medico riusciva a fare. Ricordo che le piaceva l'alba. Si alzavano presto e la guardavano insieme. In silenzio, su una panchina del parco vicino a casa di Luke a Sidney. Per un po' andava tutto bene, ma poi Miranda ha iniziato a sentirsi peggio e anche quel loro piccolo rituale veniva difficile da svolgere. Ha passato i suoi ultimi giorni in questa casa. Le è sempre piaciuto qui, questo posto le dava una pace che Sidney non riusciva a darle. >>
Lo sento. Il dolore nella voce di Michael. Il dolore di una persona che aveva voluto bene alla mamma di qualcun altro, come se fosse stata la sua. Se Michael soffre così tanto al ricordo di lei, come si sente Luke?
<< Luke non ne parla mai. Di sua madre. Credo che non abbia ancora superato la perdita. >>
<< Non si supera mai la perdita di una persona cara, si può solo andare avanti. Bisogna fare affidamento sui ricordi. Ma io non sono la persona più adatta per parlarne. >> dico sorridendo triste.
Michael mi guarda e so che vuole sapere di me. Di quello che mi è successo, del perchè sono stata male la sera prima.
<< Sai, io non amo parlare di me, ma... anche io come Luke ho perso una persona, non riesco a superarlo. >> inizio guardandolo.
<< Chi? >> mi domanda.
Eccola lì. La domanda a cui non amo rispondere, alla quale non voglio rispondere. Perchè ammettere che lui è morto mi farebbe solo stare peggio. Ma il primo passo per uscire dal mio tunnel di amarezza e depressione, è affrontare la realtà.
<< Mio fratello. >> dico piano.
Michael mi guarda e tace. Probabilmente non sa nemmeno dell'esistenza di Robert, mio padre non ne parla mai.
<< Si chiamava Robert, eravamo gemelli, ma non mi assomigliava per niente. Lui era molto più bello e intelligente di me. Era il gemello simpatico mentre io quella silenziosa, che preferisce un libro alle feste del liceo. Amava la musica. Ricordo che per il suo quattordicesimo compleanno mia madre gli comprò i biglietti per il concerto dei Green Day. Lo accompagnai. Fu l'esperienza più bella della mia vita. Eravamo legati, un legame che non si può capire. Dicono che i gemelli siano un tutt'uno, che si capiscano, che percepiscano le sensazioni dell'altro. Quando è morto è stato come perdere un pezzo di me. Non potrò mai ricostruirmi del tutto. >> parlo a raffica, senza dare a Michael un attimo di tregua.
<< Una sera mi ha convinto ad andare ad una festa con la macchina di mamma. Gli dissi di stare attento, perchè la patente ce l'aveva da poco, ma lui era in gamba. Non si distraeva mai. E infatti non fu colpa sua. Era l'una di notte, stavamo rientrando a casa, lui non aveva bevuto nulla. Ricordo che stavamo cantando "American Idiot", fermi al semaforo. Un camion è passato col rosso. Non ricordo nient'altro, se non una luce bianca accecante e poi il soffitto di un ospedale. Ero rimasta in coma per tre giorni prima di svegliarmi, i medici pensavano che non ce l'avrei fatta. Invece ero viva, un po' ammaccata, ma viva. >>
Tiro su col naso e mi asciugo una lacrima sfuggitami al ricordo di quel giorno. Mickey mi tiene gli occhi incollati addosso, respira piano e mi ascolta attento. Con lui viene facile parlare.
<< Quando ho chiesto di Robert mi hanno risposto con un cenno secco della testa. Era morto sul colpo. E' stato allora che è iniziato il mio calvario. Sono sette mesi che lui non c'è più, in tutto questo tempo ho visto una miriade di psicologi e dottori, ma nessuno è riuscito a farmi stare meglio. Quando ho realizzato la morte di mio fratello sono caduta in una depressione fatta di autolesionismo e disturbi alimentari. Mi stanno ancora tenendo d'occhio. >> dico annuendo triste e puntando gli occhi sulle punte delle mie scarpe.
<< Sono un soggetto instabile, è così che mi definiscono. Mi sono sempre attribuita una certa colpa per ciò che è successo, al punto da tentare il suicidio. >>
Guardo la sua reazione e vedo un'espressione strana. Non è sbiancato come tutti gli altri. E' confuso, arrabbiato ma in un certo senso sembra capirmi.
<< Ho passato troppo tempo in ospedali, circondata da gente che non mi capiva. Ora va un po' meglio grazie a voi quattro, ma è difficile. >> gli dico alzando le spalle.
Lui continua a guardarmi poi sorride.
<< Avevo intuito che qualcosa dentro di te non andava. Sai, io capisco le persone. E' una dote che mi aiuta a farmi amica la gente. Con me riescono a sfogarsi, a parlare. Mi piace sentire i loro problemi. Mi piace cercare di risolvere i loro conflitti interiori. Onestamente, non ho mai conosciuto una ragazza problematica come te. >> rido divertita dalla sua espressione << ma io ci sono. Per tutto. Voglio aiutarti. >>
Annuisco sollevata. Mi ha fatto bene parlare con lui. Mi sono liberata di un peso per la mia anima troppo fragile.
<< Grazie Michael. >> mi siedo a terra insieme a lui e lo abbraccio, sperando che Robert da lassù, possa vedere il tenero sorriso che un giovane ragazzo dai capelli verdi è riuscito a strapparmi dopo tanto tempo.
Alle 9.30 prendo la bici di Luke in un piccolo capanno e saluto i ragazzi che si sono appena alzati. Mi hanno detto che Luke è sicuramente al numero 18 di Penn Street. Pedalo attenta alla strada desertica di questa campagna fatta di poco verde che si estende in aride zone desertiche che percorrono l'intera Australia centrale.
Non mi sono mai soffermata a guardare lo spettacolo della natura che mi offre questo luogo. Vado avanti continuando a muovere le gambe, un po' doloranti per lo sforzo fisico a cui il mio corpo esile non è abituato. Inizio a intravedere il paesino australiano che piaceva tanto alla madre di Luke. Me la immagino mentre cammina su questi marciapiedi affiancati dalle vetrine dei negozi, me la vedo sulla panchina del parco vicino al quale sono appena passata. Sto attenta a guardare i numeri civici in cima ai palazzi e alle villette. 14... 16... 18 Penn Street.
I freni della bici fischiano e io mi fermo appoggiando un piede a terra. Guardo ciò che mi si para davanti e sento una profonda tristezza farsi strada nel mio stomaco.
Sospiro pensando a Luke, a come si debba sentire là dentro, solo, con i ricordi che lo tormentano. E io so benissimo che i ricordi, anche se bellissimi, possono far male.
Lego con una catena verde la bici ad un palo della luce, mi liscio i jeans neri e aderenti e varco il cancello di quel luogo silenzioso.
Luke's Pov:
L'erba vicino alla tomba di mamma è molto verde, di un verde acceso. Mi piace che sia così verde. Lei amava i colori accesi. Sorrido inginocchiandomi e sfiorando la foto che la ritrae sorridente, quando ancora sorrideva felice. Quando ancora era lei. Quando ancora aveva i capelli biondi che le incorniciavano un viso dolce, sereno. Quando ancora quel maledetto mostro chiamato cancro non me l'ha portata via.
Scuoto la testa e levo un po' di sabbia desertica posatasi sulla lapide.
<< Ciao mamma. >> la saluto e poi mi siedo con la spalla destra appoggiata alla pietra in marmo bianco.
Mi piace sedermi lì. E' come se lei potesse ancora abbracciarmi. Mi mancano i suoi abbracci, ecco perchè lo faccio.
Mi manca mamma e credo che mi mancherà per sempre. Ma sono convinto che un giorno la rivedrò. Deve essere così. Che senso avrebbe se no la vita?
Inizio a giocherellare coi fili d'erba.
<< Sono venuti con i ragazzi per qualche giorno alla casa in campagna. E' tanto tempo che non ci venivo. L'ultima volta ci sono stato con te, ricordi? Siamo stati bene quella settimana, senza papà, nessuna preoccupazione. Sai, ricordo che l'ultimo giorno che abbiamo passato in quella casa, avevi cucinato la torta di mele. Facevi la torta di mele più buona del mondo, mamma. Non l'ho più mangiata da quando te ne sei andata. Purtroppo Michael e i ragazzi in cucina non sono come te. >> sorrido divertito.
<< Sai mamma, c'è... c'è una ragazza. Si chiama Arya, è la figlia di Ed, il patrigno di Mickey. All'inizio ci odiavamo. Lo so, non si dovrebbe mai odiare nessuno secondo te, ma noi eravamo davvero due che non potevano proprio stare insieme. Abbiamo litigato pesante. Era insopportabile, ma poi è successo qualcosa. Insomma, ci sono stati degli avvenimenti che mi hanno fatto cambiare idea su di lei. E anche a lei su di me. Siamo diventati amici. Beh... forse un po' più che semplici amici in realtà. >>
Sorrido e guardo il mazzo di fiordalisi blu che ho in mano.
<< Sai anche a lei piace il blu come a te. Diciamo che ha i capelli blu. Si, si trova in sintonia con Michael >> rido << Ma i suoi capelli sono più belli di quelli di Michael. E' bellissima a dirla tutta. E' bella e complicata, di una complessità che nemmeno potresti immaginarti. Se pensavi che io fossi complicato a quattordici anni, beh, credimi, se avessi conosciuto lei saresti andata fuori di testa. Sai, Arya non è come le altre sedicenni che conosco. Ha un passato difficile da affrontare, ogni giorno combatte una lotta contro se stessa, soffre come ho sofferto io quando tu sei andata via dalla mia vita. E' un vulcano pronto ad esplodere da un momento all'altro. Ma sai qual'è la cosa che più mi sorprende di tutto ciò? E' che io sarei disposto ad esplodere insieme a lei. E' questa cosa mi piace e mi spaventa allo stesso tempo. Non mi sono mai sentito così, non so come affrontare la cosa, non so... credo che mi piaccia. Tanto. Forse mi piace un po' troppo. >>
Sorrido ricordando il suo viso sereno sul cuscino, i suoi occhi verdi dove potrei scomparire, ricordo il sapore delle sue labbra e mi sento morto. Morto di una morte bellissima che è Arya.
Aggrotto la fronte quando sento dei passi dietro di me e mi volto. Arya è lì in piedi di fronte a me, con i capelli blu sciolti sulle spalle coperte da un maglioncino azzurro, gli occhi lucidi.
Mi alzo di scatto e mi metto di fronte a lei.
<< Ciao. >> la saluto colto alla sprovvista.
Lei sorride asciugandosi una lacrima all'angolo di un occhio.
<< Hey, i ragazzi mi hanno detto che eri qui. Non sapevo che fosse un cimitero. >> dice quasi come se volesse scusarsi per aver interrotto qualcosa di importante. Ed è in quel momento che capisco che lei deve avere sentito la maggior parte di quello che ho detto.
Sorrido e le prendo la mano portandola davanti alla tomba di mia madre.
Ci inginocchiamo insieme. Prendo i fiori che avevo lasciato sul terreno e li poso con cautela accanto alla sua foto.
<< Sono belli. >> dice Arya.
<< Erano i suoi preferiti. >> rispondo sfiorando la foto di mia madre.
La vedo sorridere con la coda dell'occhio.
<< Lo era anche lei. >> risponde. Sento la sua mano fra i capelli e mi volto a guardarla.
Dio, i suoi occhi. Lei. Guardare lei è come guardare il mare alla fine dell'estate, bellissimo e sconvolgente. E' straziante pensare che quella bellezza un giorno se ne andrà ma non puoi farne a meno. La guardo e penso che la voglio ogni giorno di più. La voglio vedere sorridere, piangere, divertirsi e incavolarsi. Voglio vederla vivere e voglio che lei viva con me. Voglio vivere per lei.
<< Hai sentito tutto, vero? >> le domando.
<< Non volendo, ma si. >> risponde facendo spallucce.
Le sorrido e le prendo la mano. Poi ci alziamo.
<< Ciao mamma, ci vediamo presto. >> saluto mia madre che spero proprio mi stia guardando sorridendo.
Arya's Pov
Usciamo insieme, mano nella mano dal cimitero e andiamo a fare due passi nel parco lì vicino.
Per un po' nessuno dice nulla. Camminiamo con la testa bassa, le mani strette che di accarezzano, che parlano una lingua che non riusciamo a comprendere.
Poi Luke mi porta su una collinetta dove c'è un enorme salice e una panchina in legno completamente scritta.
Ci sediamo, le mie ginocchia su quelle di Luke.
Mi aggiusto i capelli su un lato del collo e poi lo guardo. Un ragazzo che non avrei mai pensato di adorare, seduto accanto a me, con due occhi azzurri nei quali potrei affogare.
<< E' vero? Quello che hai detto su di me? >> gli chiedo.
Lui mi guarda serio.
<< Si, è vero. E' tutto vero. Da quando ho detto che all'inizio eri insopportabile a quando ho detto che adesso sei indispensabile. Arya, ho qualcosa qui dentro >> dice poggiandosi la mano sul petto << che impazzisce quando mi stai accanto. Giuro, io divento matto. Ma se per stare son te devo diventare matto, allora impazzirò. >>
Sorrido un po' imbarazzata.
<< Ma tu non abbandonarmi. So che è difficile, so che quello che hai passato e che stai passando non è semplice da affrontare, ma tu non lasciarmi. Lotta. Io lo farò con te. >>
I suoi occhi mi danno una conferma di quelle parole che mi strazia, mi fa scendere le lacrime. Le sue mani sono subito pronte ad asciugarle. E anche io capisco che ho bisogno di Luke. Ho bisogno di quelle mani pronte a tenermi stretta appena inciampo in questo percorso, ho bisogno del suo cuore pronto a combattere insieme al mio.
Poso una mano sulla sua guancia e mi avvicino baciandolo sulle labbra. Il freddo del suo piercing mi crea dei brividi sulle braccia.
Mi stringe la vita, ricambia il bacio e lo sento come non ho mai sentito nessuno. Luke mi bacia ed io so che non ho bisogno di nient'altro in questo momento. Stacca dolcemente le sue labbra dalle mie e appoggia la fronte alla mia.
<< Allora lo facciamo? Lottiamo? >> dice piano.
<< Insieme? >> domando.
<< Insieme. >> risponde lui.
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