Capitolo secondo.

E' passata una settimana. Una settimana in cui i miei tagli sono aumentati e la bulimia mi sta divorando. Tutto va male. Tranne il rapporto con Michael e i ragazzi.

Mi piace stare con loro, sono simpatici, divertenti, un po' strani forse, ma è proprio questo loro particolare che mi aiuta a non farla finita. Per pochi istanti, mi fanno stare bene. Mi viene quasi voglia di vivere.

Solo una cosa non funziona nel gruppo: il mio rapporto con Luke.

Da quella sera a casa sua, non ci parliamo se non per salutarci a pranzo o quando ci vediamo fuori da scuola. Nemmeno il giorno dopo, quando è tornato a scuola con un occhio nero, abbiamo parlato.

Io, in realtà, per quel difetto sul suo viso perfetto un po' mi sono preoccupata, ma poi Ashton e gli altri mi hanno spiegato più cose di Luke che mai avrei pensato fossero vere.

Luke Hemmings, è figlio di un famoso chirurgo plastico. Ecco spiegato il motivo dei suoi soldi a palate. Michael ha detto però che lui detesta il padre e tutto ciò che a che fare con lui. Quando poi gli ho chiesto di sua madre, i ragazzi hanno esitato un attimo, finchè Ashton non mi ha rivelato che era morta circa due anni prima a causa di un cancro ai polmoni.

A quella notizia mi è salita una tristezza infinita che mi ha fatto ripensare a quel maledetto giorno in cui anche io, come Luke, ho dovuto dire addio a qualcuno di cui sento la mancanza ogni giorno.

Da allora, mi ha riferito Calum, Luke ha perso un pezzo di sé ed ha iniziato a vivere una vita fatta di eccessi. Uno dei tanti sono i combattimenti al fight club.

<< Cos'è il fight club? >> avevo chiesto a Michael.

Lui mi aveva risposto che era un postaccio. Un luogo in cui ci sfidava a suon di pugni e calci in una gabbia. Chi mette al tappeto l'altro vince. Al fight club, Luke aveva combattuto Venerdì notte battendosi con un "pezzo grosso", così mi aveva detto Michael.

Si, perchè a Sidney e soprattutto al Fight esistono i più importanti. E alcuni di loro fanno parte dei Cobra, una banda di scalmanati che semina terrore in tutta la città. Nessuno osa mettersi contro di loro se non si cercano guai. Michael mi ha poi detto che un ragazzo l'anno scorso che si era messo contro di loro, aveva sfidato il capo della banda, Robert Gonzalez, ed era finito all'obitorio.

Mi gelano ancora le vene nell'immaginarmi la scena.

Luke odia Robert e un giorno, dice sempre, lo batterà. Io però non voglio pensarci.

Oggi è una settimana esatta dal combattimento ed io sono uscita di casa per farmi un giro sul lungomare vicino a casa.

Cammino con le scarpe in mano e i piedi nudi che toccano la sabbia umida, il petto coperto dal giubbotto in pelle.

Oggi c'è il vento a Sidney. Un vento fresco, non tipico di questo paese. Un vento che mi ricorda un poco il gelo dell'Alaska. Casa.

Mi manca casa mia. Mi manca mia madre. Qui non mi dispiace stare, ma la neve dell'Alaska mi manca molto.

Poco lontano da me vedo uno scoglio non troppo alto e grosso abbastanza per poterci sedere.

Mi avvicino e mi arrampico su di esso coi piedi nell'acqua salata e tiepida del Pacifico.

Alzo lo sguardo e i miei occhi sono circondati da una distesa d'acqua lunga chilometri.

Mi piace questa spiaggia. La calma. La pace. Mi ricorda i miei boschi. Quelli dietro casa mia. Quelli dove andavo un tempo, prima che tutto il mondo mi crollasse addosso. Non me la sento ancora di parlare dell'incidente del 13 Febbraio. Un giorno, prima di morire, lo farò ma adesso non sono pronta. Non voglio parlarne, non voglio ricordare.

Apro la borsa e prendo l'mp3 e un pacchetto di Lucky Strike.

Fumare. Non ho mai fumato molto, ma da quando sono qui mi capita sempre più spesso. Mi infilo le cuffie e una canzone di cui non ricordo nemmeno il titolo fa da colonna sonora a questo istante della mia vita. Mi accendo la sigaretta e passo così qualche tempo. Un'ora, forse due, non so bene quanto tempo passa, ma fuori inizia a fare buio ed è il momento di tornare a casa.

Mi tolgo le cuffie, le ripongo nella borsa e mi allontano dalla spiaggia.

Bene. Perfetto. Mi sono persa.

Decido di puntare verso il centro città, riconoscibile solo per le miriadi di luci che si vedono in lontananza. Non so come faccio ma ad un certo punto mi ritrovo in una zona periferica che non ho mai visto.

La via in cui sto camminando è buia illuminata dai pochi lampioni funzionanti e dalle insegne dei negozi. Mi guardo intorno e non vedo altro che vetrine sporche, luride, un camioncino con un tipo che fa tatuaggi dall'igiene trascurata. Continuo a camminare stringendomi il giubbotto intorno e tenendo ben stretta fra le mani la borsa a tracolla.

Continuo a camminare finchè sento qualcuno sghignazzare e mi giro verso quelle voci, un po' spaventata.

Quattro ragazzi, due dei quali di colore, stanno fumando e bevendo. Uno di loro mi vede e sorride malizioso dicendo poi qualcosa agli altri tre.

Distolgo lo sguardo e continuo a camminare.

Stai calma, non ti faranno alcun male. Stai calma Arya, calmati...

<< Hey Tesoro! >> urla uno dei tre.

Risate. Io sospiro cercando di calmarmi mentre una forte nausea dovuta alla tensione inizia a tormentarmi lo stomaco.

<< Hey bellezza, vieni qui. Ti facciamo compagnia. >> urla uno seguito dalle risa degli altri.

Aumento il passo ma sento che loro non si fermano. Anzi. Sento che accelerano, e la camminata diventa una corsa.

Corro cercando di andarmene da lì e di seminarli. Un forte bisogno di vomitare mi sale in gola ma lo rimando giù coprendomi la bocca.

Le urla dei quattro mi fanno battere il cuore sempre più forte. Poi li sento più vicini. E' finita non posso andare oltre. Sento una pesante mano sulla mia spalla e in un secondo mi ritrovo con le spalle al muro in un vicolo buio con una sola uscita sorvegliata da due dei quattro.

Il ragazzo che mi sta trattenendo a un terribile sorriso stampato sulle labbra e puzza di alcool e fumo in una maniera allucinante.

<< Ma che carini questi capelli blu. Mi piacciono le tipe strane, sai? >> dice facendo ridere il ragazzo accanto a lui che mi sta accarezzando la guancia.

<< Non toccarmi >> dico sputandogli in faccia.

Il tipo che mi tiene ferma mi schiaccia più forte contro il muro fino a farmi male.

<< Siamo aggressive, eh? >> dice l'altro tirandomi i capelli.

Le lacrime iniziano a rigarmi le guance.

<< Te la faccio passare io l'aggressività. E vedi di stare zitta e buona, se non vuoi finire male. >> dice il pazzo schifoso.

La mia ansia sale quando mi porta la lama di un coltello di cui non mi ero accorta sulla guancia.

Sento la lama fredda sulla mia pelle accaldata. Serro gli occhi e singhiozzo quando la mano di lui mi sfiora l'interno coscia. Lo sento slacciarsi la cintura e ho quasi voglia di mettermi ad urlare e di farmi ammazzare.

Preferirei morire piuttosto che finire per essere stuprata. Ma non urlo. Dalle mie labbra non esce niente. So solo di avere gli occhi chiusi e penso che dopo che ciò succederà mi suiciderò sicuramente.

Lui mi abbassa la zip dei pantaloni e so che ormai è finita.

<< Toglile subito le mani di dosso, schifoso pezzo di merda. >>

Apro gli occhi nel riconoscere il suono di quella voce.

Vedo i due ragazzi che stavano all'inizio del vicolo allontanarsi e scappare.

Il mio aguzzino e il suo amico invece non fanno nulla. Anzi sembrano quasi volerlo sfidare.

<< Se no che fai? >> gli dice il tipo.

Luke piega la testa di lato e si avvicina con fare calmo e minaccioso allo stesso tempo.

<< Ho detto toglile. le. Mani. di. Dosso. >> risponde Luke avvicinandosi e trovandosi a pochi centimetri dei due.

Loro come se vedessero qualcuno con una faccia che temono, sbiancano e le mani del ragazzo che stava per violentarmi si allentano fino a lasciarmi.

La lama del coltello si sposta e cade a terra.

Poi i due si guardano e scappano via correndo.

Un silenzio gelido crolla nel vicolo e insieme a quel silenzio crollo anch'io in ginocchio facendo quello che mi riesce meglio per cacciare tutta l'ansia.

Luke si accovaccia accanto a me e mi mette una mano sulla schiena mentre butto fuori da me il terrore che mi era preso.

La sua mano mi accarezza e io piano piano riesco a calmarmi. Mi accorgo solo ora che sto piangendo.

Un altro conato mi sale in gola, ma da me non esce nulla e il respiro dopo alcuni minuti torna regolare.

Mi porto una mano sulla bocca e vedo una mano di Luke sotto gli occhi che mi porge un fazzoletto.

Lo prendo ringraziando talmente piano che non sono sicura riesca a sentirmi.

Mi pulisco le labbra e alzo la testa per incontrare il suo viso.

Lui mi guarda. Mi guarda in modo in cui non mi hanno mai guardata. Non gli fa nessun effetto il fatto che io sia in ginocchio accanto a lui e che davanti a me ci sia una pozza di vomito. Non fa nulla se non guardarmi e accarezzarmi la schiena con un fare protettivo.

<< Mi hai salvata. >> sussurro piano.

Sul suo viso spunta un sorriso triste e mi sfiora la guancia. Sulle sue dita vedo del rosso.

Mi porto la mano sulla guancia e mi accorgo che sto sanguinando. Il tizio mi ha tagliata. Un taglio leggero che ha lacerato la mia pelle delicata e sottile.

Lui mi prende il fazzoletto dalle mani e me lo appoggia sulle guancia facendomi serrare gli occhi un momento.

<< Cosa ci fai in questo quartiere Arya? Non vivi da queste parti. >> mi chiede lui piano.

Io lo guardo negli occhi e trovo che sia davvero bellissimo.

<< Nemmeno tu. >> gli rispondo.

Lui sorride appena.

<< E' una fortuna che io sia stato qui, non trovi? >> dice lui ridacchiando.

Io rido alla sua frase ma subito la mia risata diventa un pianto e le lacrime ricominciano a rigarmi il viso.

Lui aggrotta le sopracciglia e mi stringe in un abbraccio. Le sue mani fra i miei capelli.

<< Shh... non piangere. Ti prego Arya, non piangere. >> mi dice lui con voce struggente.

<< Non ci riesco. >> dico con la testa nella sua spalla.

<< Ci riesci Arya, ci riesci. >> mi risponde lui calmo.

Le sue parole mi fanno rilassare e per la prima volta dopo tanto tempo, mi sento protetta.

Le lacrime si fermano.

Lui mi stringe più forte e mi dà un leggero bacio sui capelli.

Le mie braccia si aggrappano al suo corpo e lo sento sospirare forte.

<< Andiamo a casa Arya, andiamo via da qui. >> sussurra lui piano.

Io annuisco.

Lui mi stringe e in un secondo sono in piedi. Le sue mani si spostano sulle mie per rompere l'abbraccio.

<< Non lasciarmi. >> dico disperata senza staccarmi da lui.

Lui sospira e mi prende il viso tra le mani asciugandomi le lacrime rimanenti.

Mi guarda negli occhi. Io guardo lui e mi sembra che i suoi occhi siano fatti apposta per essere guardati.

<< Non ti lascio. >>

E quella conferma mi dà la forza di lasciarlo libero.

Luke mi prende la mano e mi porta via, verso una macchina nera coi vetri oscurati parcheggiata poco lontano da lì.

Mi apre la portiera e io mi siedo sul morbido sedile del suo Suv. Luke si accomoda sul sedile del guidatore, accende la macchina e parte, lontano da quell'orribile luogo.

<< Stai bene? >> mi chiede.

Io annuisco anche se in realtà sono un po' scossa da ciò appena successo.

Abbasso lo specchietto sopra la mia testa e mi guardo il taglio. Si vede appena ora che il sangue si è seccato.

<< Mi dispiace Arya, questo non doveva accadere. >> dice lui tenendo gli occhi fissi sulla strada.

<< Non è stata colpa tua, mi sono persa. Tu mi hai salvata. Mi avrebbero violentata se non fossi arrivato tu. >> rispondo guardandomi le mani.

<< Si, lo so. Ma se non ci fossi stato? Arya, te ne prego, non andare più in giro da sola se non conosci le strade. >> dice lui con un'apprensione assurda nella voce.

<< Come mai ti preoccupi tanto? Tu mi odi. >> rispondo guardando fuori dal finestrino.

Lui sbuffa e all'improvviso ferma la macchina fermandosi sul ciglio della strada.

<< Cosa fai? >> gli domando guardandolo.

Lui sospira e si volta a guardarmi.

<< Arya >> scuote la testa << io non ti odio. Mi dispiace, per il mio comportamento. E' solo che io sono... sono abituato ad avere il comando su tutti e tutto. Non ho mai incontrato una come te e beh, si, mi dispiace averti fatto stare male quella sera a casa mia. >> dice.

Io mi irrigidisco.

<< Come lo sai? >> domando.

Lui aggrotta la fronte.

<< Ti ho sentita piangere in bagno. >> risponde colpevole.

Io chiudo gli occhi e sposto lo sguardo davanti a me.

<< Non avresti dovuto sentirmi, non avresti dovuto farci caso. Nessuno fa caso alle mie lacrime, Luke. >> rispondo.

Ho parlato troppo. Lo so.

Infatti lui adesso mi guarda strano, incuriosito e preoccupato ed io non ho voglia di parlare dei miei problemi.

<< Che vuoi dire? >> mi chiede lui.

Io scuoto la testa senza guardarlo.

<< Io... ho dei problemi, Luke. Per questo sono qui. Piango ogni giorno, non dovresti farci troppo caso. Non voglio annoiarti con la storia della mia vita. >> rispondo.

<< Ti prego Arya, parlami. Mi sento uno schifo da quella sera, dimmi che cosa c'è che non va. Forse posso aiutarti. >> mi supplica.

Io mi volto verso di lui. Sospiro consapevole che dovrò svelare i miei segreti.

<< Io ho ricevuto tanto aiuto in questo mesi Luke, ma non è bastato e non basterà mai. Diciamo che, in breve, ho subito un trauma e da allora ho... dei problemi. >> rispondo cercando di trovare le parole giuste.

Lui aggrotta le sopracciglia senza capire.

Respiro forte e vado avanti.

<< Soffro di anoressia, bulimia e autolesionismo. Sono venuta qui da mio padre per ordine dei medici e degli psicologi che mi seguono da quando ho tentato il suicidio la prima volta. Da allora è successo ancora e ci ero quasi riuscita ad andarmene da questo schifo di mondo e invece eccomi qui, in macchina con una ragazzo che pensavo mi odiasse e al quale sto aprendo il mio mondo, cosa che non faccio mai con nessuno. E mi sento morire per quello che è appena successo e non vorrei far altro se non tagliarmi ancora questi maledetti polsi. >> esclamo.

Sento il calore su tutto il viso e lo guardo per vedere la sua reazione.

E' sconvolto. Si, questa è la giusta reazione. Incredulità. Nessuno crederebbe che una sedicenne possa fare tutte queste cose.

Lui mi guarda e scuote la testa e scende dall'auto. Non capisco la sua reazione così scendo anche io e lo trovo poco distante, seduto su una panchina con le mani sulle labbra. Mi siedo accanto a lui e aspetto che sia lui a parlare.

Dopo un'infinità sembra riprendersi e mi guarda.

<< Volevi davvero ucciderti? >> mi sussurra.

Annuisco.

Lui scuote la testa e ride desolato.

<< Sei complicata. Sei tremendamente complicata, Arya. >> dice più a se stesso che a me.

Io annuisco e sorrido triste.

<< Per questo non ho amici. Non capiscono. Non capiranno mai. Non possono salvarmi. >> rispondo alzando le maniche della giacca e osservando i tagli sui miei polsi, quelli freschi più scuri e in rilievo degli altri.

Luke sposta lo sguardo su di essi osservandoli. Sta in silenzio ma io so che la sua testa e piena di domande.

<< Non ti fanno male? >> mi chiede.

<< Ogni volta. Ma mai quanto il male che porto dentro. >> rispondo guardandolo.

Lui incontra per un secondo il mio sguardo poi ritorna ai miei tagli.

<< Sai, sono le ferite che ci infliggiamo da soli quelle che ci uccidono, ma possiamo sopravvivere se siamo anche capaci di distruggerci. >> dice lui piano.

Io guardo i suoi profondi occhi blu e mi sento invadere da un calore mai provato.

<< Io sono un arma difettosa. Sono fatta per uccidere me stessa, non gli altri. >> gli dico.

Lui scuote la testa e sento le sue dita sfiorare le mie cicatrici.

Nessuno le ha mai toccate. Nessuno.

<< Tutti possiamo essere aggiustati. >> fa lui guardandomi.

<< Non puoi proteggermi da me stessa, Luke. >> gli faccio.

Lui mi sorride, abbassa le maniche del giubbotto sui miei polsi e poi una sua mano si poggia sulla mia guancia e mi accarezza le labbra. Vengo percorsa da un brivido e mi si smuove lo stomaco. Non è la sensazione che precede il vomito, è un'altra cosa. Qualcosa di nuovo. Oserei dire che ho le farfalle nello stomaco.

Lui mi guarda e posa gli occhi nei miei senza mai lasciarli quando dice: << Posso provarci. >>

Mi mordo un labbro e gli prendo la mano stringendola nella mia. Con un solo gesto gli ho detto tutto. Gli ho dato il permesso di provarci. Di provare a salvarmi dal mostro che vive dentro me.

Quando torno a casa, mi faccio accompagnare in casa da Luke che cerca di spiegare a mio padre il mio immenso ritardo. Infatti sono le 21.20 ed io sarei dovuta essere a casa due ore fa.

Nonostante i richiami mio padre si calma e chiede a Luke di restare a casa con noi per la cena. Lui accetta dicendo che sta morendo di fame, ma io so che lo fa soltanto per assicurarsi che io mangi abbastanza da rimanere in piedi.

Stranamente a cena riesco a mangiare un po' di più rispetto al solito: 4 fette, piccole s'intende, di pane tostato e metà hamburger con salse e verdure varie. Non riesco più di così, il mio stomaco sta già urlando per liberarsi ma io cerco di combattere l'istinto solito del dopo cena.

Luke mi sorride soddisfatto e poi insieme a Michael saliamo in camera per chiacchierare un po'.

Io mi siedo sul letto di Mickey, anche io ho preso il vizio di chiamarlo così e incrocio le gambe osservando le mie ginocchia magrissime.

Luke si accomoda vicino a me e si prende le ginocchia fra le gambe mentre Mickey è seduto a terra difronte alla tv e sceglie un film.

Noto che sulle nocche delle mani di Luke ci sono dei segni. Aggrotto la fronte e glieli sfioro facendolo sobbalzare.

<< Come te li sei fatti questi? >> domando.

Lui si guarda le mani e scuote la testa.

<< Al fight, sai cos'è? >> mi chiede. Io annuisco e lui si gela un attimo.

<< Niente guanti al fight. Ecco il motivo di questi segni. >>

Io annuisco e decido di non fare più domande. Come me, anche Luke non ama parlare di se stesso.

Michael, mi accorgo, ci sta guardando con la bocca spalancata.

<< Voi due state parlando senza uccidervi. >> dice sorpreso.

Luke ride.

<< Sorpreso eh, Clifford? >> domanda lui.

<< Beh, l'ultima volta non avete fatto altro che insultarvi. >> risponde lui ridendo divertito.

Luke abbassa la testa annuendo e poi si volta verso di me.

<< Si, ho visto le conseguenze del mio comportamento. Non mi sono piaciute. >>

Mi ha chiesto scusa. Anche se non con le parole "mi dispiace", l'ha fatto.

Sorrido timida.

<< Perdonato. >> rispondo.

I giorni passano e pian piano, io mi sento meglio. La scuola è ok. Il mio mondo è sempre cupo. A parte alcune volte. Alcune volte, alcuni giorni, mi sento quasi bene. Non mi sento triste. Non mi viene voglia di tagliarmi o controllare continuamente il mio peso. Alcune volte sento di voler vivere. Alcune volte. Ad esempio, quando sto con Luke. Mi sono affezionata a quel ragazzo. Mi sono affezionata troppo, talmente tanto che un giorno so che mi farò male. Luke non è un diciassettenne come tutti. Non ha una vita semplice, ha sofferto tanto, anche se non gli va mai di parlare della sua vita privata. Io lo comprendo, comunque. Nemmeno io sono molto aperta. Togliendo gli psicologi, lui è stata la prima persona dopo l'incidente, con la quale ho parlato veramente. A lui, io ho svelato i miei segreti, gli ho rivelato i miei problemi. Lui mi ha ascoltata. Mi ha ascoltato e a me è piaciuto.

Oggi è un giorno strano. Non mi sento bene come gli altri giorni di queste ultime settimane. Sono seduta sul letto di camera mia, con la porta chiusa e un'inaspettata pioggia che batte sui vetri della mia finestra.

In casa non c'è nessuno. Papà è partito per un convegno a Melbourne, Hanna è al lavoro all'ospedale e non tornerà prima di domani mattina. Michael non c'è. Non ho idea di dove sia andato. So solo che quando gli ho chiesto dove stava andando lui mi ha risposto che aveva da fare e che sarebbe tornato tardi.

E io, in questo cupo silenzio, in questa giornata nera, mi sento sola. E mi viene voglia di cadere senza mai rialzarmi più.

Non sto bene. Non sto affatto bene oggi. Mi sento male. Sono sola. Ed io odio stare sola. E la cosa che più mi ferisce restare da sola. Sono stata insieme con delle persone per tante settimane ma mi basta un attimo per stare di nuovo male.

Mi alzo sapendo esattamente cosa devo fare. Apro la porta del bagno e cerco nel cassetto la lametta e un asciugamano che nascondo nel cassetto coi detersivi.

Mi siedo a terra, la testa appoggiata al muro freddo. Alzo la manica della felpa e scopro il polso sinistro. Lo guardo e vedo cicatrici che rimarranno impresse sulla mia pelle per sempre. Sbiadiranno, questo lo so. Ma non se ne andranno mai via, come il mio dolore. Resteranno fin quando la mia pelle lascerà il mio corpo, lasciando di me solo ossa in una cassa in cui il mio corpo giacerà per sempre. Continuo a volere che quel giorno si avvicini sempre più. Ma non oggi. Non ancora. La mia morte non avverrà qui, in un bagno che non è nemmeno il mio vero bagno. Ma va bene per i miei attimi di sofferenza.

Chiudo gli occhi e lentamente premo la lama sulla pelle morbida. Poi inizio a muovermi e sento il solito bruciore farsi strada sul mio polso. Vorrei urlare ma non lo faccio. Lascio stare e continuo a farmi male. Continuo a soffrire e a tagliare la pelle chiara che si tinge di rosso. L'ultima cosa che sento prima di crollare in un sonno profondo, sono le mie lacrime salate che mi rigano il viso.

Mi risveglio all'improvviso spaventata da un orribile sogno.

Sono ancora seduta sul pavimento gelido del bagno e con i sangue secco sui polsi.

Mi alzo con il fondo schiena dolorante e mi avvicino al lavandino per lavare via da me il sangue scuro sulla pelle. La pelle sensibile dei tagli brucia al contatto con l'acqua ma è una sensazione alla quale ci ho fatto l'abitudine. Mi lavo il viso sporco di mascara colato e poi torno in camera. Guardo la sveglia sul comodino e mi rendo conto che è solo mezzanotte.

Esco e vado sotto in cucina per bere un bicchiere d'acqua. Mentre passo per il corridoio mi avvicino alla porta d'ingresso per vedere se sul mobiletto ci sono le chiavi di casa di Michael.

Niente. Lui non è ancora in casa. Aggrotto la fronte e mentre mi riempio il bicchiere con l'acqua del lavandino cerco di pensare a dove sia potuto andare.

Prendo allora una decisione e mi decido a chiamarlo al cellulare.

Segreteria telefonica.

<< Fantastico. >> dico alzando un sopracciglio.

Ashton. Lui saprà sicuramente dov'è Mickey.

Ma anche lui ha il cellulare staccato.

Provo con Luke ma il risultato è ugualmente deludente.

Mi siedo sul divano rattristata nel constatare che nessuno c'è. Che mancano tutti quando più ne ho bisogno. Faccio un ultimo tentativo con Calum, oramai desolata e consapevole che non risponderà nessuno.

Mi sorprendo invece quando sento squillare il telefono e dopo poco la sua voce riecheggiare nel mio orecchio.

<< Pronto? >> dice quasi urlando.

Infatti, in sottofondo si sente gente urlare, parlare forte e qualcuno che parla forte ad un microfono.

<< Calum? Sono Arya. >> dico cercando di farmi sentire sopra il frastuono.

<< Chi? >> domanda Calum.

<< Arya. >> ripeto più forte.

Dal diminuire del rumore percepisco che si sta allontando.

<< Ah ciao Arya! Come stai? >> mi chiede nervoso.

<< Ehm... più o meno. Senti, che stai facendo? Sei per caso con Michael? >> domando incuriosita.

<< Ehm... ascolta Arya, non potrei proprio parlarne. >> mi dice confondendomi.

Scuoto la testa senza capire.

<< Ma, Calum, che stai... >>

<< Arya, è per il tuo bene. Ti prego non chiedermi di spiegarti perchè Michael non è a casa. >>

<< Calum, dimmelo. Dimmi dove sei, dove siete tutti e quattro. Ho provato a chiamarvi tutti e ho la netta sensazione che mi nascondiate qualcosa. >>

Lui sospira.

<< Arya, io gliel'ho promesso. >> dice.

Io aggrotto la fronte. Sto diventando matta. Non ci capisco più nulla.

<< Ma a chi?! >> chiedo scocciata.

<< L'ho promesso a Luke. >> mi dice esasperato.

Alzo le sopracciglia e non so bene cosa dire. Luke non vuole che io sappia cosa fanno i ragazzi il venerdì sera. Si, perchè Michael e i ragazzi il venerdì sera non sono mai a casa e non vogliono che nessuno stia con loro.

<< Calum, dimmi dove siete. >> gli comando.

Lui sospira e rimane in silenzio per pochi secondi.

<< Siamo... siamo al Fight, Arya. >> mi dice.

<< Perchè non me l'avete detto? Sarei potuta venire con voi. >> dico arrabbiata.

<< Luke non voleva, voleva tenerti lontana dai suoi giri. Soprattutto questa sera... >> dice abbassando il tono di voce.

Il mio cuore inizia a battere forte. Cosa succede stasera? Cosa sta facendo Luke? Perchè non vuole che io lo sappia? Perchè mi sta tenendo lontana? Io gli ho parlato dei miei segreti, perchè lui me li nasconde?

<< Perché? >> chiedo tenendo gli occhi fissi su un vaso inanimato davanti a me.

<< Ha... Luke stasera combatte. Con Gonzalez. >>

Mi si gelano le vene. Il mio corpo viene percorso da un fremito di paura, ansia. Ansia per Luke che questa notte, forse addirittura adesso, si sta battendo con il capo dei Cobra. Con un assassino. Un flash mi fa immaginare la scena: Robert e un ragazzo si stanno battendo sul ring. Quest'ultimo riceve pugni calci. Poi arriva il fatale colpo. Mi sento rimbombare nelle orecchie il suono di ossa spezzate. Mi immagino il collo del ragazzo girarsi e torcersi in maniera innaturale e poi lo vedo crollare a terra. Un ragazzo biondo, bellissimo come un angelo. Due iridi azzurre che si fanno cupe mentre la luce della vita le abbandona. Luke.

Mi tappo la bocca per non vomitare, corro in camera cercando di riprendermi, mi infilo la giacca e prendo la borsa. Esco di casa sotto una pioggia scrosciante e me ne frego se mi sto bagnando e se domani avrò una febbre da cavallo. Devo andare al Fight. Devo andare da Luke. Ho un brutto presentimento e devo accertarmi che non accada il peggio. Mi faccio dire a forza da Calum dove si trovano e dopo alcuni e pesanti insulti, lui cede. Chiudo il telefono senza troppe smancerie e inizio a correre. Non mi sono mai sentita così viva.

Cammino veloce nelle vie buie e maleodoranti della periferia di Sidney. Vedo la strada dove alcuni giorni fa hanno cercato di violentarmi. Mi fermo e rivedo la scena. La paura, l'angoscia, l'umiliazione, il dolore provocato dalla lama del coltello sulla mia guancia, la voglia di morire. Poi vedo lui. Il mio angelo. Il ragazzo che mi ha salvata e che ogni notte appare nei miei sogni e mi libera dai mostri che cercano di insidiarsi nella mia anima. Rivedo il modo in cui ha affrontato quei due schifosi, la gentilezza e la premura con cui mi ha trattato dopo lo shock, rivedo il suo sorriso, sento le sua mano sul mio viso. Mi porto d'istinto una mano sulla guancia e sorrido al ricordo. Il ricordo di Luke, un Luke che mi ha fatto soffrire appena l'ho conosciuto, ma a cui successivamente mi sono affezionata. Un Luke che mi sta facendo battere forte il cuore anche adesso. Anche ora che lui non c'è. Ora sta per entrare in una gabbia di ferro e darsele di santa ragione con un bastardo. Sta per affrontare la morte e lui non si merita di morire. La morte non è ancora pronta a prenderselo. Non può. Io non lo permetterò.

Ricomincio a camminare e raggiungo una via che si apre in un immenso spiazzale che dà sul porto. Poco lontano, c'è un capannone industriale adibito a discoteca. E' lì che devo andare. Mi faccio strada deciso e mi ritrovo davanti all'ingresso sorvegliato da due omoni di colore. Mi guardano, mi chiedono un documento e io gli do quello falso, secondo cui ho 19 anni. Loro non ci fanno tanto caso e mi lasciano entrare. Appena entro vengo circondata da una musica assordante, da gente che balla e si muove in balia di una qualche droga sintetica mischiata ai tanti drink superalcolici ingeriti. Mi muovo tra la folla e inizio a sentirmi agitata. Mi muovo tra le mille braccia sudate e appiccicose fino a raggiungere il bar dove ho una visione migliore. Mi guardo intorno ma non c'è traccia di nessuno dei miei quattro amici. Poi vedo Calum che si guarda intorno agitato. Alza gli occhi, mi vede e poco dopo è accanto a me.

<< Non saresti dovuta venire, lui non ne sarà contento. >> mi dice stringendomi forte per un braccio e trascinandomi in un angolo buio dove possiamo parlare più tranquillamente.

Io mi divincolo e lui molla la presa.

<< Calum, io non lo lascerò combattere. Vuole farsi uccidere? >> domando arrabbiata.

Lui scuote la testa senza sapere bene cosa dire. Faccio per parlare ma le urla elettrizzate della gente nel locale sovrastano i miei pensieri. La gente sulla pista si sposta ai lati e dal soffitto scende una gabbia di ferro. Quando questa tocca il terreno tutti iniziano ad urlare. Un ragazzo biondo platino, tatuato e tutto gasato sale e prende il posto del dj alla console.

<< Hey, Hey gente! E' giunta l'ora! 00.30! Sapete che ora è questa? E' l'ora del fight! >>

Altre urla.

Io osservo la scena senza credere ai miei occhi. Questi ragazzi si divertono a vedere giovani che si menano, di brutto anche.

<< Questa sera è la serata delle serate, gente! Questa sera, il sommo re del Fight club, Robert Gonzalez, è stato sfidato a combattere contro un'altra stella! Luke Hemmings! >>

E lo vedo. Vedo Luke. Il ragazzo per cui sto rimettendo in gioco la mia folle vita fatta di delusioni e dolori, sta camminando affiancato affiancato da Ashton e Michael. Si fa strada in mezzo alla folla che lo applaude e lo fischia allo stesso tempo. Lui rimane impassibile. La dolcezza che ho visto nei suoi occhi in questi giorni è stata sostituita da rabbia, concentrazione. Voglia di vincere. Altre urla catturano la mia attenzione e vedo dall'altro lato della sala un ragazzo alto, muscoloso, con corti capelli neri e occhi verdi camminare convinto e sorridente verso la gabbia.

Luke e Gonzalez entrano accompagnati dai loro supporti.

Li vedo avvicinarsi, guardarsi dritto negli occhi. Si dicono qualcosa ma c'è troppo rumore e io sono troppo lontana per riuscire a sentirli.

Robert sorride e insieme a Luke si sfilano la maglietta rivelando al mondo i muscoli scolpiti. Si guardano un'ultima volta e poi prendono le distanze.

<< Okay signori. Ricordate, chi mette al tappeto l'altro per primo, vince. Nessuna regola al Fight, tutto è permesso. Che il combattimento abbia inizio! >>

Calum mi tiene stretta la mano nella sua e sento il fuoco bruciarmi dentro quando echeggia nell'aria il gong d'inizio.

Un pugno. Un pugno quasi invisibile talmente è veloce, raggiunge il viso di Robert. Io sobbalzo quando lo vedo girare il viso trafitto dal colpo. Poi la sua risata fa cadere il silenzio nella sala.

<< Ma che bravo il nostro Hemmings. Hai un bel destro, ma non abbastanza forte. >>

Luke si piega in due e serra gli occhi per il calcio ricevuto. Io non so che fare. Mi blocco e sento il cuore accelerare.

<< Oh, ti ho fatto male? Scusami. >> lo prende in giro l'altro.

<< Non riderai più tanto quando avrò finito con te. >> risponde Luke saltandogli addosso.

Da lì inizia una serie di calci e pugni che mi fanno tremare le ossa ogni volta. Li vedo picchiarsi, coprirsi di lividi e sgorgare sangue, li vedo ferirsi a vicende e sento le loro urla, i loro strazi, il dolore uscire a palate dalle loro labbra. Poi qualcosa mi smuove, qualcosa mi fa ansimare. Una frase che rimbomba sopra il rumore assordante dei calci e dei pugni.

<< Come sta la nostra fatina dai capelli blu? Le è piaciuto il benvenuto dei miei ragazzi? >>

Sgrano gli occhi e rimango a bocca aperta. Non ci credo. Guardo Robert e poi cerco con lo sguardo i suoi due scagnozzi che l'hanno accompagnato sul ring. Sono loro. I due ragazzi che hanno cercato di stuprarmi.

Luke alza la testa e lo guarda in un modo...

Sembra quasi ucciderlo con lo sguardo. Ed infatti è quello che fa.

Luke urla facendomi spaventare e lo scontro continua. Pugno dopo pugno, calcio dopo calcio, mi rendo conto di quanto siano forti. Si stanno uccidendo. Luke è messo male. Robert anche, ma non lo da a vedere.

Sento che la stretta di Calum si è allentata, sento il suo respiro rapido. Mi volto e ci scambiamo uno sguardo preoccupato.

Lo vedo nei suoi occhi quella terribile sensazione che mi sta mangiando l'anima.

Preoccupazione.

E come se fossi Luke. Come se sentissi ogni colpo, ogni muscolo che balza all'attacco, ogni botta ricevuta, sento l'adrenalina che corre nelle sue vene, sento il fuoco che gli brucia dentro come se fosse il mio. E mi piace. Mi piace sentire quello che prova. Mi piace e non posso farne a meno.

Lo guardo mentre rifila una sfilza di pugni all'addome di Robert. Quest'ultimo si contorce ma poi si riprende e in un secondo il suo pugno è dritto sulla guancia di Luke.

Vedo il suo viso girarsi, lui cadere a terra, gli occhi all'insù. Il silenzio viene rotto da un urlo.

Il fuoco che mi scorreva in corpo si tramuta in paura. Le mie mani si spostano sulla bocca dopo essermi resa conto di quello che ho appena fatto. Tutti si voltano verso di me, verso la fonte di quell'urlo. Le lacrime iniziano a rigarmi il viso. Luke è steso a terra ma si muove. Si appoggia sui gomiti e alza la testa. Il sangue gli cola sul viso, credo che abbia la vista annebbiata. Ma mi vide.

Mi vede e sento elettricità. Elettricità fra i nostri sguardi. I miei occhi verdi nei suoi perfetti oceani azzurri. Lo vedo rimanere senza parole. Io continuo a guardarlo sperando che si alzi ed esca da quella gabbia. Spero che la smetta di farsi del male, vorrei che lasciasse tutto da parte e che venga da me. E che mi stringa, forte, forte fino a non farmi respirare. Lo voglio. Voglio Luke, qui. Con me. Ora. Voglio sentire il suo calore, mi voglio rintanare in quelle braccia forti che negli ultimi tempi sono diventate una fortezza dalla quale non voglio scappare. Io non voglio scappare, voglio restarci.

Lui si alza, ma non viene da me. Si alza e con una forza che non so dove abbia trovato si avventa su Robert. Io non ce la faccio a guardare. Non sopporto più quello strazio. Scuoto la testa e mi faccio largo tra la folla per uscire da quel posto orribile.

Esco e piango. Un pianto distrutto, fatto di singhiozzi. Respiro in modo irregolare e mi butto a terra con la testa sulle braccia appoggiate alle ginocchia. E lascio che l'oblio mi travolga.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top