Capitolo Quarto.

Passano i giorni. I ragazzi ed io riprendiamo la nostra vita a Sidney, dove il sole brilla alto in cielo quasi tutti i giorni e ottobre è appena iniziato.

E' passato poco più di un mese da quando sono qui in Australia. La scuola va bene, gli amici vanno bene, Luke è fantastico.

Va tutto bene, tranne la mia testa.

Sono tornata in terapia quando mio padre ha scoperto delle forti crisi che avevo durante il giorno e la notte. Non mi piace. Odio le terapie riabilitative. Odio come mi fanno sentire i medici quando mi guardano. Fissano con i loro occhi critici il mio corpo, il mio viso scarno, le mie cosce secche, i polsi tagliati.

Odio i medici.

Ieri invece ho conosciuto Laura. Laura, è così che vuole che la chiami. Laura Walker, la mia nuova strizzacervelli. Anche gli psicologi li odio, ma Laura è diversa. Non ho mai incontrato una psicologa come lei. Tutti quelli da cui sono stata, credono che io stia solo passando una fase, che mi basta mandare giù un paio di pillole e tutto si aggiusterà.

Ma Laura no. Lei mi capisce, in un certo senso. Perchè lei è come me. Immersa nel dolore. Anche lei ha perso una persona importante. Suo figlio è morto sei anni fa. Malformità cardiaca. Non c'è stato nulla da fare.

Lei sa come mi sento, non mi fa domande insensate. E' simpatica. Mi ha detto di piangere, di sfogarmi senza cercare di uccidermi ovviamente, mi ha dato un compito.

Mi ha detto di scrivere un diario. Cosa strana per me, visto che sono stata paziente di decine di psicologi e psichiatri. Nessuno mi ha mai detto di fare ciò, ma non mi tiro indietro. Quindi...

2 Ottobre 2013

Caro Diario,

E' lunedì mattina. E io sto soffrendo.

E' un giorno buio, fuori piove e lui mi manca. Mi manca tanto, troppo. Mi sento mancare l'aria. E' uno di quei giorni, uno di quelli in cui vorrei chiudermi in bagno e tagliarmi. Tagliarmi ovunque, sanguinare e morire. Oggi vorrei morire.

Bussano alla porta e io sono sconvolta dagli eventi della giornata: alzarsi, vestirsi, mangiare tutta la colazione, non vomitare, andare a scuola, sorridere, mangiare di nuovo, non vomitare, frequentare ancora tre ore di lezione, mangiare ancora, cercare davvero di non vomitare, andare da Laura, tornare a casa, guardare la tv, studiare, mangiare e cercare di mantenere il cibo nello stomaco, guardare ancora la tv, dormire. Non piangere ricordando lui.

Una mattina mi sveglio, coi vestiti appiccicati al corpo sudato e forti crampi allo stomaco.

So solo che piango dal dolore, mi butto a terra con lo stomaco che si contorce. Poi sento un fischio nelle orecchie, la vista si annebbia. Ricordo Michael entrare in camera spalancando la porta, urlare il mio nome. Poi più nulla.

Quando riapro gli occhi sono in un letto d'ospedale, con un camice verde chiaro, avvolta in coperte bianchissime e con l'odore di disinfettante che mi sale al cervello.

Mi viene la nausea ma non posso vomitare nulla, perchè nulla è rimasto nel mio corpo. Quando torno abbastanza cosciente da rispondere a delle domande, scopro che mi hanno fatto una lavanda gastrica. Allora mi rendo conto di quello che ho fatto la sera prima, quando stavo male, quando ero triste e ho preso le pasticche. Le ho prese tutte perchè volevo porre fine al mio calvario. Non ci sono riuscita. Di nuovo.

Vedo mio padre parlare con un medico fuori dalla porta. Ha gli occhi gonfi. Sembra aver pianto. Capisco che per lui io ero spacciata, che non credeva di rivedermi ancora.

Hanno catalogato l'avvenuto come un terzo tentativo di suicidio. Ed è vero. Quando papà e Hanna entrano nella mia stanza, scoppiano in lacrime. Mi dicono che sono stata un'incosciente, di non farlo mai più, che la vita è una ed è preziosa. Loro non capiscono che la mia vita non è vita, che ho perso una parte di me, non possono comprendermi. Robert era la mia metà, il mio gemello. Ed ora la mia metà non c'è più. E senza una metà io non so reggermi da sola.

A mezzogiorno mi domando perchè non mi abbiano ancora portato il pranzo, ma poi mi dicono che mio padre ha firmato per la nutrizione forzata.

Ci sono passata già una volta. Non credevo che sarebbe accaduto di nuovo. E' orribile, la cosa più brutta che mio padre potesse farmi. Mi infilano un tubo in gola per nutrirmi ed io lo detesto. Mi viene ancor più voglia di vomitare ma non posso, perchè questi mostri dal camice bianco mi tengono costantemente sott'occhio.

Non mi fanno nemmeno vedere Luke e i ragazzi. So, da quello che mi ha detto Hanna, che sono fuori nella sala d'attesa da quando sono stata ricoverata.

Non li fanno entrare, credono che siano un'influenza negativa su di me, che siano una distrazione, che non mi permettano di guarire. Non li vedrò per molto, perchè mio padre mi ha dato una notizia. Una notizia tremenda.

Dopo l'ennesimo tentativo di suicidio, i medici e gli psicologi consultandosi con i miei genitori, hanno ritenuto una buona idea trasferirmi in una clinica specializzata in casi di depressione, autolesionismo e disturbi alimentari nei giovani. Già l'idea di rimanere segregata in un edificio pieno di gente malata e disturbata come me non mi mette allegria, ma la parte peggiore è che la clinica si trova a Melbourne.

Me ne dovrò andare da Sidney, lasciare Michael, Ash e Cal. Dovrò abbandonare Luke. E non ho la minima idea di quando potrò rivederlo ancora.

So solo che sto male, che vorrei sotterrarmi e sparire.

Rimango in reparto ancora per un paio di giorni, stanca e senza nessuna voglia di vivere, col volto pallido, gli occhi gonfi di lacrime. Di notte sogno Luke, il suo sorriso, i suoi abbracci, lo sogno e sto male. Lui è l'unica cosa bella che mi è capitata in questi mesi. Adesso me lo stanno portando via. Sono convinta della nostra separazione quando la mattina del terzo giorno, mi fanno vestire, Hanna mi porta le valigie e mi mettono in una macchina scura dritta a Melbourne.

Non mi hanno lasciato parlare con i miei amici. Non mi hanno lasciato parlare con Luke.

12 Ottobre 2013

Caro Diario,

Avevo promesso che avrei lottato. Ma è difficile, è dura. Soprattutto adesso che sono rinchiusa in questo centro di pazze invasate dove dottori e psichiatri mi trattano come una cretina.

"Sei gravemente malata, Arya."

Credono che io non lo sappia? Credono che io non mi renda conto che sto morendo lentamente? Gli sembro stupida forse?

Dieci giorni in questo carcere fatto di pillole antidepressive e scheletri che camminano. Dieci giorni che non so cosa accade fuori da queste mura. Mi hanno preso il cellulare, il tablet, l'mp3. Non mi è rimasto nulla che possa aiutarmi a superare ciò che sento.

Sono seduta sul divano grigio topo della sala comune. Ho appena finito di pranzare e mi è concessa un'ora di svago prima delle sedute dallo psicologo. Decido di accendere la tv a basso volume, giusto per far vedere all'infermiera burbera e dall'aspetto molto mascolino che sta al bancone del reparto, che sto facendo qualcosa.

Mi tiro su la cerniera della felpa grigia e mi rannicchio nel divano. Passano immagini di un film che non ho mai visto, ma la mia testa è altrove. Mi volto verso i tavoli vicino alla finestra. Lì seduta, con il solito libro di John Green c'è Annabelle. L'ho conosciuta il secondo giorno.

Soffre di una forte depressione e autolesionismo. So che suo padre è in carcere dopo aver abusato di lei e di sua madre. La prima volta che è successo Annabelle aveva 8 anni. La storia si è ripetuta fino all'anno scorso, quando suo padre è finito in carcere per stupro e tentato omicidio ai danni della moglie. La madre di Annabelle si trova in una casa famiglia. La figlia, a quanto pare, non ha retto il dolore e la vergogna di ciò che ha passato.

A differenza di tutte le altre ragazze che stanno qui, Annabelle è simpatica, molto aperta nel parlare con gli altri dei suoi problemi. Credo che la stia superando. Mi ha detto che non si taglia da 6 mesi. Le ho chiesto dove ha trovato la forza di smettere. Lei mi ha dato una risposta che non mi sarei mai aspettata:

<< I libri. >> mi ha detto.

Anche a me piace leggere, piaceva. Da quando Robert è passato a miglior vita non faccio più neanche quello.

Annabelle invece si sente meglio da quando ha iniziato a leggere. Ora sta leggendo per l'ennesima volta "Colpa delle stelle" di John Green, il suo autore preferito.

Io non ho letto quel libro, ma so che parla di cancro e di adolescenti. E credetemi, non è una buona idea per una che ha tentato il suicidio per tre volte leggere storie sul cancro e i problemi adolescenziali.

Giorni dopo mi trovo quel libro sul comodino. Lo guardo sorridendo divertita e lo prendo in mano. C'è una dedica:

L'amore è una malattia dalla quale non vuoi guarire. E' una frase di questo meraviglioso romanzo. Leggilo Arya, forse salverà anche te. Forse ti innamorerai di Augustus e non vorrai più lasciarlo andare. Ma ti prego, leggilo. Leggilo e comincia ad apprezzare la vita. In questo libro, due adolescenti non ne hanno avuto il tempo.

Passano due settimane, poi faccio un mese che sto qui. Ho preso due chili. Mi sento più forte fisicamente, di testa invece...

Chiudo il libro di Green con le lacrime che mi bagnano il viso. Annabelle aveva ragione: questo libro è perfetto.

La storia è perfetta, i protagonisti. Guz è perfetto. Tutte al mondo avrebbero bisogno di un Augustus Waters. Io il mio l'ho trovato. E mi manca. Mi manca davvero.

Luke's pov:

Siamo a casa mia, noi quattro, come tutti i venerdì pomeriggio. Giochiamo alla

x-box, ma abbiamo la testa da un'altra parte. Michael non sorride, il che è strano, perchè Mickey sorride sempre. E' bruttissimo vederlo lì, con gli occhi spenti e cupi a fissare un schermo luminoso con immagini digitali di automobili che si rincorrono. Ashton non dice molto, ma almeno dà dei segni di vita. Calum cerca di non pensare a quello che è successo. Io invece ci penso tutti i giorni.

Penso a come Arya sia potuta crollare quando tutto sembrava andare bene. Sembrava forte, di una forza esile, ma pur sempre una forza che lei non aveva mai avuto.

Rideva così rumorosamente che ancora mi domando come potesse cadere a pezzi in silenzio.

Mi sento male. Ho un male dentro, nel cuore, nell'anima. Non sono più andato a combattere, ma ho una voglia matta di spaccare tutto.

So che non le è permesso incontrare nessuno, nemmeno suo padre. Lo trovo ingiusto. Noi ragazzi le vogliamo bene. Non siamo causa del suo disagio. Sono i suoi mostri quelli la logorano. I mostri con le facce sorridenti che la perseguitano da tutta la vita. Noi stavamo vincendo una guerra contro quei mostri, insieme.

Chi mi garantisce che lei non stia mollando ancora? Ho bisogno di vederla, di sapere che sta bene, di sentire la sua voce, di guadarla negli occhi.

Dio, i suoi occhi. Quanto mi mancano quei profondi pozzi verde acceso che sorridono solo a me in un modo umanamente inimmaginabile.

Voglio averla qui con me, abbracciarla, stringerla, dirle che io sono qui per lei, che voglio combattere con lei, che non la lascerò mai.

Ma non posso.

Arya's Pov:

9 Novembre 2013

Caro Diario,

Il tempo scorre lento in questo posto. E quando il tempo scorre lento la mia mente è libera di pensare. E quando la mia mente è libera di pensare non è un buon segno.

L'altro giorno è morta una ragazza. Si chiamava Jessica, aveva 14 anni. Era depressa. Bullismo. E si è suicidata. Non so perfettamente come siano andati i fatti, perchè a noi ragazze di episodi come questo non ci parlano mai. Hanno paura che qualcuno possa copiare il gesto. In mensa, Post-it, in realtà si chiama Ashley, ma noi ragazze la chiamiamo Post-it perchè ha la fame di una che si appiccica a tutti i ragazzi che incontra. Le abbiamo trovato il soprannome guardando il film "LOL" con Miley Cyrus, dove c'è una ragazza identica ad Ashley che viene chiamata Post-it. Che spasso quando l'ha scoperto! Comunque, Ashley dice che durante l'ora di pranzo, Jessica si sia portata di nascosto una forchetta in camera e che l'abbia infilata nella presa della corrente. Onestamente non la trovo credibile come versione, perchè le prese della corrente sono protette da degli appositi salvavita, tipo quelli che si mettono sulle prese perchè i bambini non ci infilino la dita dentro. Ma quei cosi con un po' di pazienza potrebbero anche togliersi, quindi è abbastanza plausibile che sia morta così. Altri dicono che sia riuscita a prendere delle pasticche dall'infermeria e si sia uccisa. Qualunque sia la causa della sua morte ormai è fatta. E' successo quello che Jessica voleva che accadesse. Spero che sia contenta della sua scelta.

E' mercoledì pomeriggio. Fuori piove. Io sono seduta sulle poltrone verde chiaro nella saletta d'attesa vicino allo studio dello psicologo. Un ragazzo è lì dentro da un'ora e un quarto. Credo si chiama Nathan, o Niall non ricordo bene. Mentre ero al bancone dell'infermiera ed aspettavo che controllasse il mio appuntamento nel computer, ho sbirciato il fascicolo del ragazzo nuovo. Era aperto sul bancone. Per quel poco che sono riuscita a leggere, è schizofrenico. Brutta batosta la schizofrenia. Quando ero in Alaska, ricoverata nel reparto di psichiatria dopo il mio primo tentativo di suicidio, c'era una donna sulla ventina che soffriva di una brutta forma di schizofrenia. Faceva paura a volte, anzi, sempre. Poi l'hanno perennemente drogata di farmaci fino a farla diventare un vegetale. Era praticamente morta, non era più lei. Ma almeno così, secondo i medici, non procurava danni a nessuno. Prendo una ciocca di capelli tra le mani e inizio a togliermi le doppie punte. Il blu si sta sbiadendo, anzi posso dire che adesso i miei capelli sono azzurri con un inizio di ricrescita biondo cenere alla base. Ho chiesto di poter avere una tinta, ma mi è stata negata. Non so ancora il motivo.

Continuo a giocherellare coi miei capelli finchè la porta non si apre. Il ragazzo nuovo esce con gli occhi fissi sul pavimento in linoleum e Laura mi sorride facendomi segno di entrare.

Mi siedo sul divanetto bianco panna di fronte a quello di Laura. Lei mi sorride e io ricambio appena.

<< Arya, come stai? >> mi chiede subito.

<< Ni. >> rispondo.

<< Bene fisicamente e un po' meno psicologicamente? >> mi domanda sorridendo dolce.

L'ho detto che mi capisce subito.

<< Si, mi manca Sidney. >> ammetto senza troppo preamboli.

<< Parlamene, magari posso aiutarti. Cosa ti manca? Chi? >>

<< Mi manca camera mia, il mio letto, le mie cose, il deodorante alle rose che qui non esiste. Tutto sa troppo di ospedale e io odio gli ospedali. Mi manca mio padre, mi mancano i miei amici. >> dico facendo spallucce e sfiorandomi per noia le cicatrici sui polsi.

<< Raccontami di loro. Come sono, cosa fate quando siete insieme? >>

Sorrido ai bei ricordi di loro quattro insieme a me. Mi mancano un casino.

<< Beh, ci divertiamo e basta. Facciamo dei giri in centro, giochiamo alla x-box . Siamo anche andati a fare un week end insieme in campagna qualche giorno prima che venissi spedita qui. Mi manca tutto di loro. Non so forse perchè dopo tanto tempo sono riuscita a trovare qualcuno che mi vuole bene davvero. E io mi sono lasciata voler bene. >>

Guardo Laura e vedo che mi sorride con gli occhi dolci. Mi sto aprendo come non avevo mai fatto durante le sedute. Lei sembra soddisfatta. Lo sono anche io.

<< E dimmi, tra questi amici, potrebbe esserci anche un ragazzo? >> sorride facendomi l'occhiolino.

Luke. Penso subito a Luke e sento le labbra aprirsi in un sorriso.

<< Si. >>

<< Dimmi di lui. >>

<< Lui... lui è lui. E' Luke. E' perfetto, sotto ogni punto di vista. Quando ci siamo conosciuti l'odiavo. E lui non sopportava me. Non ci siamo parlati per un po' ma poi è successa quella cosa... >> guardo Laura, ricordando la seduta in cui le ho parlato del mio tentato stupro. Lei fa di si con la testa e io proseguo << pensavo di morire quel giorno. Ma poi è arrivato Luke e mi ha salvata. Lo conosco da poco e mi rendo conto solo ora, non avendolo qui con me, che mi ha già salvato tante volte. Siamo diventati amici e qualcosa di più. Ricordo che un giorno ero giù perchè pensavo a Robert, era uno dei miei giorni. Sai quando ti dico che vorrei morire e quelle cose lì. Ecco, io quel giorno avevo una voglia matta di tagliarmi i polsi, ma Luke me l'ha impedito. Sono scoppiata in lacrime, perchè mi mancava mio fratello ed io stavo male. Così Luke mi ha abbracciato e mi ha baciato sulla fronte. Ricordo di aver pensato: "Stavolta o mi salva o mi uccide". Ma quel giorno io volevo essere salvata. E così è stato. >>

Laura mi sorride dolce come farebbe la mia mamma e so che mi capisce. Sa quello che provo. Si rende conto di ciò che provo. Sa che sta succedendo. Che mi sto innamorando e che lei non può farci nulla.

Due giorni dopo mio padre mi chiama al telefono pubblico del reparto. Mi è stata concessa una chiamata ogni due settimane, ma solo ai parenti più stretti, il che significa mamma e papà.

Papà piange dall'altra parte del telefono. Io no, sorrido. E non sorrido così serenamente da tempo. Stare qui a volte è un incubo, altri giorni invece è bello. Ho fatto amicizia con le ragazze, sono simpatiche. E mi capiscono quando crollo

ed io capisco le quando sono loro a crollare. Ci tiriamo su a vicenda. Un vel gioco di squadra.

Papà mi fa sapere che mamma sta bene, che Hanna sta bene e che manco ai ragazzi. Gli chiedo di Michael e lui mi risponde che sente tanto la mia mancanza. Vorrei poter parlare con lui, ma il telefono è costantemente sotto torchio e non posso rischiare di perdermi anche queste poche chiamate che mi mettono in contatto col mondo esterno a questa clinica.

Dopo un quarto d'ora il tempo è scaduto e mi tocca riagganciare, felice, ma anche con un po' d'amaro in bocca per non aver parlato con Mickey.

28 Novembre 2013

Caro Diario,

come se la reclusione in questa sorta di carcere, ci tocca anche frequentare lezioni private. E' terribile, soprattutto perchè non hai scuse se non studi. Insomma, cosa puoi fare in questo posto se non studiare o leggere? Nulla. Quindi ora vado a studiare. E niente più.

30 Novembre 2013

Caro Diario,

oggi è ok. Laura, la psicologa, è riuscita a convincere la direttrice della clinica a farci uscire a cena sabato prossimo.

Sono felice perchè ormai sono quasi tre mesi che sto qui dentro. Voglio uscire, vivere come una persona normale. Non vedo l'ora che arrivi sabato.

Oggi è il 7 Dicembre, il che significa che stasera usciamo. Dopo tutti questi mesi qua dentro possiamo finalmente vedere il cielo che non sia quello che si vede dal nostro piccolo cortile dove ci è concesso di stare al mattino e al pomeriggio, a volte.

Sono in camera di Annabelle con Ashley/Post-it che ho scoperto essere davvero simpatica.

Annabelle ci sta mostrando i vestiti che ha portato e li sta indossando uno dopo l'altro per vedere quale le sta meglio. Mi accorgo che tutti i vestiti che ha, hanno le maniche lunghe per coprire i tagli sulle braccia.

Le sue cicatrici sono ridotte peggio delle mie. Ha profondi tagli che vanno dal polso, dove la pelle ormai lacerata è quasi trasparente, fino su al gomito. Certi sono marcatissimi, ancora rossastri talmente è andata a fondo. Ne riconosco alcuni che, da quello che mi ha detto, sono stati quelli che l'hanno quasi uccisa.

Ne anche qualcuno sulle cosce, ma sono pochi in confronto a quelli che avevo iniziato ad infliggermi io qualche mese fa.

<< Oh questo mi piace >> dice Ashley sorridendo ad Annabelle.

E' un vestito blu scuro con le maniche lunghe stretto in vita che poi ricade a palloncino.

Sorrido anche io. Le sta d'incanto.

<< Ok, allora metto questo. Anche se non credo ci saranno ragazzi per i quali potrei sfoggiarlo. >>

Ridiamo. Io rido. Come non facevo da tanto tempo.

Io non metto vestiti. Il mio corpo è ancora troppo magro per essere esposto a simile prova. Alle sei e mezza scendo nella sala grande con le mie superga nere, degli shorts in jeans, una camicia bianca troppo larga per il mio busto senza curve, una giacca in jeans e i capelli legati in una treccia. Non siamo tante ragazze, 6 o 7 più o meno. La direttrice ha dato il permesso solo a chi ha ritenuto pronta per affrontare una serata senza conseguenze. Fortunatamente c'è anche Laura con noi, il che rende tutto più facile.

Usciamo e prendiamo il bus riservato alla nostra clinica che ci porta nel centro del paesino in provincia di Melbourne dove si trova la clinica. Non è un granchè, ma dopo tre mesi di reclusione, tutto va bene.

Camminiamo per un po' lungo i viali alberati del paese e io mi sento come quel giorno, quando Luke ha parlato al cimitero. E poi la promessa di lottare insieme.

Ci fermiamo davanti ad un localino dove si cena e fanno intrattenimento.

Entro.

Mi trovo davanti del cibo che non è quello tipico di una mensa ospedaliera e all'improvviso ho fame. Anche per le altre sembra essere la stessa cosa. Sono seduta accanto a Laura e con Ashley di fronte che si ingurgita. Lei non è né anoressica né bulimica. Ha solo passato dei brutti momenti con la sua famiglia e con gente nella sua vecchia scuola. Una sorta di depressione. E' stata una sua scelta venire alla clinica. Io non l'avrei mai fatto.

Mando giù il primo boccone di manzo sotto gli occhi attenti di Laura. Il mio stomaco si contorce un poco ma poi passa e riesco a mangiare senza il bisogno di dover vomitare. Mi piace questa sensazione.

Parliamo mentre mangiamo, ridiamo, scherziamo, facciamo quel poco di gossip che si può fare sul nostro "carcere". Dopo aver finito, ci spostiamo in un'altra sala dove fanno della buona musica e dove qualcuna, tipo Annabelle, decide di cimentarsi in un karaoke a dir poco penoso.

Tutte mi dicono di andare, di cantare, ma io non reggo la tensione e sarei capace di vomitare in testa al pubblico se mi prendesse l'ansia. Così va Ashley e indovinate un po'? Canta SM di Rihanna. La canzone dice tutto.

Ridacchio fra me per quel pensiero poi Laura mi posa una mano sulla spalla e mi si avvicina per sussurrarmi una cosa all'orecchio.

<< Arya, vai di sotto nel cortile sul retro. Hai poco più di un dieci minuti. >>

Non capisco quello che vuole dirmi, ma faccio come mi ha detto. Scendo le scale e apro la porta del locale che dà sul cortile interno.

E poi li vedo. Tutti e 4, sorridenti e io scoppio in lacrime correndo da loro.

Salto tra le braccia di Calum e loro ridono ed io rido e ridiamo insieme, come dovrebbe essere. Mi aggrappo alla sua vita e poi tutti ci abbracciamo insieme. Sto singhiozzando come una scema, Calum mi stringe ridendo, Michael mi asciuga le lacrime mentre Luke e Ashton mi posano le mani sulla schiena.

<< Vi amo. >> dico con la voce strozzata e loro ridono, ma sento nelle risate loro lacrime la commozione. Alza la testa e do un bacio sulla guancia a Calum prima di scendere a terra. Poi mi abbraccio forte Michael, il mio fratellone acquisito e all'abbraccio si aggiunge Ashton.

Quando mi sciolgo dalla loro stretta vedo gli occhi di Luke e le lacrime mi rigano ancora il viso. Lo vedo lì in piedi, con le mani nelle tasche posteriori dei jeans stretti, il sorriso più bello del mondo.

Poi faccio un cenno con la testa e apre le braccia.

<< Vieni qui, scema. >>

In un attimo sono avvolta dal suo profumo e mi sento a casa. Lo stringo forte e sento i mugolii stupidi degli altri 3 che ci prendono per il culo. Mi fanno ridere, il che è fantastico.

Luke si scosta appena e mi posa una mano sulla guancia sorridendomi dolce.

<< Sei bella pure quando piangi. >> sussurra.

Rido e ho una gran voglia di baciarlo.

<< Mi manchi Arya. >> dice sussultando. Ed io quel sussulto lo conosco. So che è quello che arriva prima di un pianto rotto.

Gli sorrido anche io e poi lo bacio. Un bacio desiderato, aspettato da mesi. Le sue labbra hanno lo stesso dolce sapore, lui è sempre lui e io sono felice di averlo di nuovo qui con me.

Sento i passi dei ragazzi che si allontanano un poco, ci lasciano soli per quei pochi minuti che ho da passare con loro. Bacio Luke con tanta foga da non lasciargli il tempo di respirare. Abbiamo bisogno l'uno dell'altro, non c'è niente da fare. Sento le sue mani sulla mia schiena, le mie braccia intorno al suo collo che fanno leva per sollevarmi da terra. Luke mi prende sotto le cosce e mi tiene aggrappata a se mentre continua a baciarmi sempre più intensamente finchè rimaniamo senza fiato e le nostre bocche si separano.

Lui tiene la fronte contro la mia e mi da leggeri baci sul viso, il petto che si alza e si abbassa veloce contro il mio.

<< Voglio baciarti fino a non sentire più le tue labbra >> sussurra al mio orecchio. Sorrido e appoggio solo la mia bocca sulla sua. Un semplice tocco che però dice tutto.

<< Ho i minuti contati Luke, fra poco devo tornare dentro. >> rispondo.

Lui mi stringe forte.

<< Ascoltami, stasera quando torni alla clinica lascia la finestra aperta. >> mi dice.

Io lo guardo perplessa, poi guardo gli altri e loro sorridono annuendo. Che diavolo stanno combinando quei pazzi?

<< Fai come ti dico Arya, ti prego. Laura sa tutto, ma tu non dirlo a nessuno, chiaro? >> mi chiede.

Annuisco e scendo dal suo corpo.

Gli altri ragazzi tornano da me, ci abbracciamo un'ultima volta prima che io rientri.

Siamo tornate alla clinica alle 22.30. Saluto Ashley e Annabelle che stanno al piano sotto, poi guardo Laura che gira la testa a destra e sinistra prima di farmi l'occhiolino.

Le sorrido e mimo un "grazie" con le labbra. Vado in camera mia, dove mi svesto, mi infilo la tuta grigia e mi strucco. Alle 23.00 passa Cerbero a vedere se sono in stanza. Cerbero è Luzmila, una donnona con ormoni maschili al massimo che si occupa della sicurezza dei pazienti nella clinica. Donna orribile Cerbero.

Quando se ne va, chiudo la porta a chiave e sento dei rumori fuori dalla finestra della mia stanza. Mi avvicino e...

"CHE MI VENGA UN COLPO!"

Luke che si arrampica sulla scala antincendio. Due secondi dopo è sotto la mia finestra e mi sorride all'altezza degli occhi.

<< Sei tutto matto. >> gli dico e lui annuisce prima di baciarmi.

Mi sposto e lui entra in stanza richiudendo la finestra il più piano possibile. Continuo a guardarlo stupefatta e felice della sua follia.

<< Sai, la tua psicologa è geniale. E assolutamente simpatica. >> dice piano sottovoce.

Scuoto la testa e gli salto addosso facendolo ridacchiare. Lui mi stringe in vita e mi guarda in viso.

<< Mi sento molto Romeo quando va a trovare Giulietta di nascosto prima di fuggire a Mantova. >>

Soffoco una risata divertita.

<< Hai studiato. >> dico sarcastica.

Lui annuisce e mi fa ridere.

<< Riesco a fare poche cose da quando non ci sei Arya. Vederti. Tenerti stretta tra le mie braccia adesso, mi sembra irreale. >>

Gli passo una mano sul viso e sfioro il piercing al labbro che tanto mi piace.

<< Ora sono qui, tu sei qui. Non voglio perdere tempo a rimpiangere il tempo che abbiamo perso. >> dico tutto d'un fiato.

Luke mi guarda negli occhi e mi si ribalta tutto. All'improvviso sento di essere pronta a fare un passo in più, perchè la vita è una e io in questo momento voglio vivermela.

Lo bacio dolcemente sulle labbra e poi appoggio la mia fronte sulla sua, inalando il suo respiro.

<< Arya... >>

<< Shh. >>

Lo fisso negli occhi e mi mordo un labbro respirando forte. Poi le mani si spostano sulla mia felpa, abbassando la cerniera.

Luke aggrotta le sopracciglia, sospira e poi mi guarda.

<< Sei sicura? >> mi chiede.

Gli sorrido e annuisco più a me stessa che a Luke.

<< Si, voglio fare l'amore con te. >> rispondo in un sussurro.

Lui mi sorride dolce e mi prende il viso tra le mani, baciandomi. Poi mi toglie la felpa e le mie mani si spostano sulla sua camicia rossa a quadri.

Mi tremano le mani ma riesco lo stesso a sbottonargliela. Lui mi sorride e se la sfila piano scoprendo il petto nudo. Mi scioglie i capelli dalla treccia che ricadono sulle mie spalle. Luke mi prende per mano, si siede sul bordo del letto e mi fa mettere a cavalcioni su di lui. Mi bacia il collo e brividi percorrono la mia schiena un po' meno magra rispetto a qualche tempo fa. Passo le mani tra i suoi capelli mentre le sue mi sfiorano la schiena e si chiudono a pugno nei lembi della t-shirt bianca. Alzo le braccia ed è un indumento in meno a separarci. Sento il cuore battere veloce, il caldo sulle guance e il sorriso di Luke che mi fa impazzire. Lo bacio piano sulle labbra mentre lui va giù contro il materasso. In un secondo sono sotto di lui e mi bacia ancora piano, mi accarezza il viso, i capelli, le spalle, la pancia, poi si ferma e mi guarda. Io poso le mani sulle sue spalle.

<< Vuoi davvero farlo con me? >> mi domanda.

<< Si >>

Luke sorride appena, dolce e un po' preoccupato di quello che sta per succedere. Non è la sua prima volta, ma non credo che sia mai stato così nervoso con le altre. Io invece, in materia non ne so nulla. Sento solo le sue labbra sul mio collo quando mi tira giù i pantaloncini della tuta insieme agli slip. Ora sono completamente esposta, ma non sono in imbarazzo come credevo che sarei stata. Mi sento... amata.

Attiro l'attenzione di Luke quando tiro giù la zip dei suoi jeans. Lui mi guarda mentre li sfila e tira fuori il portafoglio dalla tasca posteriore.

Sto già sudando, il cuore mi rimbomba nelle orecchie e Luke se ne accorge.

<< Arya, te lo prometto, non ti farò male. >> dice piano.

Gli sorrido e gli credo subito.

Lui sorride mentre si avvicina e mi bacia sulla bocca. Lasciamo che le nostre labbra facciano quello che le parole non hanno ancora avuto il coraggio di dire. Sento sfiorarmi dalle sue mani e un po' mi sento fuori luogo, ma poi i suoi occhi azzurri mi rassicurano. Lui ansima un po' e io apro gli occhi incontrando i suoi. Gli accarezzo la guancia ed entrambi ci calmiamo. Luke mi guarda mentre prende il preservativo dal portafoglio.

<< Sempre equipaggiato. >> dico sarcastica.

Lui ride e poi mi guarda serio.

<< Arya, io... >>

Gli poso le dita sulle labbra e lui tace sospirando. Poi apre la bustina e mi guarda, i gomiti all'altezza del mio viso che mi accarezzano il viso.

Sento l'ansia, l'ansia di sapere come sarà. Lui mi sorride e mi bacia l'angolo della bocca.

Ansimo e lui mi accarezza la fronte mentre inarca i fianchi. Avviene in un attimo. Non so che dire, sento solo una strana sensazione. Lo sento spingersi in avanti e la mia schiena si inarca. Luke socchiude le labbra e sospira contro il mio viso. Mi guarda, io guardo lui. Lo fa ancora e sento di nuovo quel misto di dolore e dolcezza che mi dà Luke. Non mi accorgo della lacrima che mi riga il viso finchè Luke non me la asciuga.

<< Non piangere. >> sussurra piano.

Io scuoto la testa e lo bacio e continuiamo a fare l'amore fino a quando siamo senza forze e rimaniamo così, immobili e abbracciati. Mi piace quel mondo, quello mio e di Luke. Sussulto quando esce da me e si infila i boxer.

Io sono stanca, ho male ai muscoli, ma non mi interessa. Luke mi sorride mentre mi tira su a sedere e mi infila la t-shirt.

Rimaniamo abbracciati a guardarci per un tempo infinito. Le mie dita sfiorando il suo viso mentre i suoi occhi mi studiano.

<< Sei stata l'abbraccio più bello di sempre. >> mi dice.

Non so cosa rispondere. Lo guardo e basta.

<< Ho fatto l'amore con te e ho avuto timore di farti male. Non mi è mai successo prima. Ho fatto l'amore con te, non sono solo venuto a letto con te. Ho fatto l'amore con te ogni volta che ti ho guardata negli occhi, ogni volta che ci siamo abbracciati, ogni volta che le mie labbra hanno sfiorato le tue. Ho fatto l'amore con te perchè tu sei l'amore. Noi siamo l'amore. >> dice piano.

Mi avvicino a lui e mi stringo al suo corpo per non fargli notare le lacrime, ma lui sa che sto piangendo.

<< Oh Luke. >>

<< Ti amo, Arya. >> dice lui.

Incontro il suo viso e sorrido con gli occhi velati di lacrime.

<< Ti amo, Luke. >> rispondo.

Ci baciamo e ci accoccoliamo. Cadiamo in un sonno profondo, abbracciati, stretti, tanto uniti che solo la morte potrebbe separarci. Ma a differenza della mia solita vita, oggi voglio vivere. Voglio vivere perchè mi sono innamorata. E non poteva succedermi cosa migliore se non innamorami di Luke.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top