Chapter seventeen. • Big ass fucks a big head. •
Canzoni per il capitolo:
Little big town - Girl Crush.
* * *
Ethan ha le labbra screpolate, che si scontrano contro le mie con un desiderio represso che non riesco ad ignorare. Ha un profumo così buono, lui. Non è come Johnny o Rhett, Ethan ha un profumo che mi rilassa e mi fa sentire tranquilla. I suoi capelli mi sfiorano la fronte, il suo corpo mi tiene prigioniera contro il telo mentre l’unica cosa che riesco ad udire è il suono dolce e lento del nostro bacio. La sua bocca contro la mia, la sua lingua ruvida che scivola tra le mie labbra, bramando altro contatto. Sollevo una gamba, istintivamente, per circondargli la vita. Ho bisogno di percepirlo per intero, di sentirlo ancora più vicino. Non mi spiego perché mi fa sentire così sicura, ma ci riesce. Lo vedo staccarsi, prima di inclinare il viso dall’altra parte e riprendere il bacio con più prepotenza. Inspiro l’aria dai polmoni, cercando di regolarizzare il mio respiro. Gli afferro il viso tra le mani, spingendolo maggiormente verso di me, affondando i denti nel suo labbro inferiore. Ethan si allontana con un mugolio che definirei di piacere, mentre i suoi occhi scuri si aprono e bloccano nei miei. Le labbra umide dei nostri baci, il naso che sfiora il mio. È così vicino che riesco a malapena a guardarlo, ho la vista sfocata, le palpitazioni. Chiudo nuovamente gli occhi, ma sento che mi sta guardando. «Non sono abbastanza brillo per poter dare la colpa all’alcool» sussurra, contro la mia bocca. I miei occhi si aprono, e li perdo nei suoi. «Forse lo sono io» replico, sfiorandogli la mandibola con le dita. Lui scuote la testa, sorridendo, mostrando quella piccola fossetta sulla quale giace un piccolo neo appena visibile. «Andiamo, ti accompagno a casa.» Ethan si alza in piedi, ed improvvisamente il mio corpo si raffredda. Un po’ perché lui è andato via da me, ed un po’ perché non voglio tornare a casa. Non saprei dove stare, in questo momento. «Hazel?» Lui mi richiama, in piedi, con la borsa frigo in una mano e l’altra pronta ad aiutarmi. Io annuisco, alzandomi frettolosamente dal telo, e mi do una spolverata alle gambe. «Senti.. Ethan.. Potresti accompagnarmi alla Murder?» Lui si volta a guardarmi, corrucciandosi. «Non vuoi tornare a casa?» «Non è che non voglio.. io..» Gli do le spalle, afferrando il telo per piegarlo. «Hazel? Non puoi tornare a casa, per caso?» Sento una sua mano sulla spalla, al che mi giro per guardarlo. «Come ti ho accennato, non è il miglior posto dove stare al momento. Non mi va di vedere mia zia e il suo compagno del cazzo. Sto bene, adesso, e tornando lì rovinerei questa momentanea pace.» Lui mi guarda, incerto su cosa dire, non volendosi intromettere troppo. Un attimo dopo, lo vedo posare nuovamente la borsa frigo a terra, in modo da potermi prendere il viso tra le mani. «’Fanculo a tua zia, allora.» Lo guardo, non riuscendo a trattenere una risata, al che lui mi segue e sorride. «Quindi mi porti alla Murder House?» Lui scuote la testa, mentre ci avviamo verso la sua auto. «Sei troppo pericolosa, rischi di uccidere qualcuno. Troveremo un altro posto dove dormire.» «Troveremo?» Gli passo il telo quando lui apre il portabagagli, e, mentre sistema il tutto, non mi guarda e parla. «Sì.» Chiude lo sportello. «Nemmeno a me va di tornare a casa» confessa, allungando una mano per pizzicarmi un fianco nel tanto che si allontana verso il suo sedile. «’Fanculo anche alla famiglia Hank, dunque» aggiunge, procurandomi una strana scarica di adrenalina nell’immaginare come passeremo questa notte insieme. Qualche minuto dopo, ho provato a telefonare a Johnny, per chiedergli di recuperare la mia borsa con i vestiti dalla sua auto, ma non ho avuto risposta. Non risponde al cellulare, per mia sfortuna. Crollo con le spalle contro il sedile, sbuffando. «Non posso saltare la scuola, domani. Ho bisogno dei miei vestiti e quel coglione di Johnny sembra essersi volatilizzato nel nulla.» Ethan mi guarda, arricciando il naso. «Potrei chiedere ad Hanna di prestarti qualcosa, ma..» Scrollo le spalle, scuotendo la testa. «Lei è molto più magra di me.» Ethan si morde il labbro inferiore, mentre sposta lo sguardo da me alla strada. «Non si tratta di peso, ma di forme. E tu ne hai.» Lo sfido, lanciandogli un’occhiata. «Stai cercando un modo carino di dirmi che sono grassa?» Ethan ridacchia, scuotendo la testa. «Cercavo un modo carino per dirti che hai un bel sedere, ma..» Sgrano gli occhi, colpendogli il braccio con un pugno. «Ethan! Tu mi hai guardato il culo!» Lo vedo passarsi una mano tra i capelli, mentre continua a sorridere. «Vuoi biasimarmi? Sembra essere nato per essere guardato, sai.. con quegli shorts..» Gli do un altro pugno, ma lui ride solo più forte. «Sei proprio un maschio» lo dico come se fosse quasi un insulto, ma sono del tutto ironica. «E tu picchi ancora come una femmina.» Ruoto gli occhi al cielo, non sapendo cos’altro aggiungere. «Quindi cosa facciamo con i tuoi vestiti? Dove li possiamo recuperare?» «Non ne ho la più pallida idea, se devo essere sincera. Ho il culo troppo grosso per i vestiti di tua sorella, e picchio come una femmina per i tuoi. Altre opzioni?» Lui mi guarda con un sorriso attento. «Non è troppo grosso, è solo..» «Chiudi il becco, guardone.» Fingo di alzare gli occhi al cielo esasperata, mentre lui continua a guidare. «Come desidera, madame» sogghigna. «A questo punto passiamo a prenderli a casa tua, no? Cerchiamo di non farci scoprire da tua zia e dal suo compagno.» La vedo dura, tanto. Se Paul dovesse scoprirmi, ho paura che si arrabbierebbe tanto, troppo, fino al punto di esagerare. Quando dormiva da noi, e mi vedeva tornare ad orari assurdi, si svegliava in lui un istinto maschilista che sosteneva che una donna che resta fuori casa fino a quest’ora passa il suo tempo a fare la troia. La cosa davvero assurda, è che io tornavo sempre prima di mia zia, ma questa regola su di lei non aveva effetto. Non completamente, almeno. Anche se lei tornava sbronza, stanca, per il lavoro e non, e quasi sempre fatta. Ma agli occhi di quel malato di Paul, la sbagliata sono sempre stata io. «A quest’ora Sandy è ancora al lavoro, non è poi una così pessima come idea.» Ci penso un po’ su, mentre lui mi guarda aspettando pazientemente delle indicazioni. Gli spiego la strada per arrivare a casa mia e ci impieghiamo meno di cinque minuti. Per mia sfortuna. Più ci avviciniamo più l’ansia sale. Quando ferma la vettura, a qualche metro dalla mia abitazione, trasalisco sul sedile ed Ethan lo nota. Una sua mano si posa sulla mia gamba, al che io alzo lo sguardo per perderlo nel suo. «Vuoi che ti accompagni? Oppure troviamo un’altra soluzione.» Scuoto la testa, rassicurandolo. Dannazione, Hazel, è solo uno stupido ubriacone che sarà svenuto sul divano da ore. Hai superato cose peggiori, andiamo! «Ce la posso fare» convinco entrambi, uscendo dall’auto. «Hai con te le chiavi di casa?» Sollevo una spalla. «Passo dalla finestra. Hanno cambiato la serratura, sono rimasta chiusa fuori.» Ethan mi guarda, sgomentato, e prova a far parola. «Merda. Cosa stai..» Chiudo la portiera dell’auto prima che lui possa aggiungere altro, e cammino lentamente verso il cortile di casa, cercando di non attirate l’attenzione dei vicini. Sento una portiera sbattere alle mie spalle, quando mi volto vedo Ethan fuori dalla macchina. Quando fa un passo avanti, gli faccio cenno di non avvicinarsi. «Tranquillo» gli mimo con le labbra, al che lui si ferma ed abbassa le spalle, sempre meno convinto della cosa. Faccio il giro della casa, optando per il mio solito trucco in modo da poter salire in camera mia senza complicazioni. Ho addirittura trattenuto il respiro, per paura di far troppo rumore, e, una volta sul pavimento di camera mia, ho lasciato il più lungo sospiro della mia vita. Tutte le luci sono spente, ma sento le voci di una televendita che passa dalla televisione del salotto. Spero che Paul si sia addormentato. La porta di camera mia è socchiusa, e l’armadio è proprio accanto ad essa. A passi piccoli, mi avvicino a quest’ultimo e lo socchiudo per cacciare dal suo interno tutto il necessario per domani. Afferro una felpa, dei jeans ed un cappellino. Ho bisogno solo dello spazzolino per i denti, ma il bagno sempre così lontano. Mi guardo velocemente intorno, cercando di far agire la porta coraggiosa che c’è in me. Esco dalla mia camera, scendo lentamente i primi due gradini delle scale e noto Paul dormire di fronte alla TV accesa, russando appena. Torno velocemente sui miei passi, ma faccio un passo falso ed inciampo col ginocchio a terra. Il cuore mi sale in gola, resto immobile. Le labbra socchiude, le tempie gocciolanti mentre l’ansia mi divora. Resto così per troppo tempo, ma non succede nulla. Non sento Paul, niente. Continuo a camminare, affrettandomi ad arrivare in bagno. Con la luce del cellulare, cerco il mio spazzolino, lo afferro e ne approfitto per prendere anche la mia spazzole. Ci siamo. Mi volto verso la porta, pronta ad uscire. Ad un tratto, poi, mi rendo conto di non sentire nulla. Non sento niente, neanche il minimo rumore. Inizialmente lo trovo normale, poi mi rendo conto di non sentire nemmeno la TV. Paul ha spento la TV, Paul è sveglio. Sento il cuore battermi nelle orecchie, ma non ho tempo per farmi sopraffare dalle emozioni, devo uscire da qui e devo farlo alla svelta. Apro la porta del bagno, vedo in lontananza quella della mia camera, e mi avvio alla svelta per raggiungerla. Gelo quando sento dei passi dietro di me. Le mie gambe rischiano di tradirmi, ma non mi fermo, fino ad arrivare dentro la mia camera. «Puttana, sei tu» ringhia alle mie spalle, prima che possa chiedergli la porta in faccia. Lo sento afferrarmi la maglia, mentre provo a scappare dalla finestra, e mi spinge verso il pavimento. «Cazzo» impreco, a voce bassa. La luce si accende, e Paul torreggia su di me. «Pensavi di rubare in casa mia?» I suoi occhi sono rossi, sembra ancora più spaventoso. Indietreggio, a terra, assottigliando lo sguardo. «Questa non è casa tua, Paul. Sei tu quello che deve levarsi dai coglioni.» Quando mi rimetto in piedi, lui si stiracchia il collo e mi fissa, contrariato, guardandomi come se fossi solo un rifiuto. «Sbaglio o quella a non avere le chiavi di casa sei tu, signorina?» Serro i pugni di fronte al suo tono derisorio. «Adesso levo le tende, tranquillo.» Lui mi fissa, allungando le mani verso di me. «Non così facilmente.» Riesco a sfuggire dalla sua presa, uscendo velocemente dalla mia camera ed avviandomi verso le scale. «Dove pensi di andare? Entrare in una casa che non è la tua, e poi andare via senza nemmeno salutare» ridacchia sotto i baffi, standomi alle calcagna, fino ad afferrare i miei capelli in un pugno e spingermi verso di lui. Mi lascio andare in un grido strozzato, sentendo qualche ciocca lasciarmi per sempre. Gli afferro il polso tra le mani, imprecando a voce bassa. Non mi lascio dominare, piego il braccio e gli assesto una gomitata sul naso, al che lui è obbligato a mollare la presa e lanciarmi in avanti. Inciampo su una bottiglia di birra, sbattendo la gamba contro un comodino basso vicino al divano. Per concludere, finisco di stesa su quest’ultimo. La gamba mi fa male, ma quando vedo Paul avvicinarsi allungo una gamba verso di lui e riesco a colpirlo. Un calcio dritto nel petto, che lo fa indietreggiare, ma non per molto. Lui torna verso di me, ancora più arrabbiato e mi afferra le braccia. «Sei una lurida zoccola..» impreca a denti stretti, mentre cerca di tenermi ferma. Continuo a dimenarmi, a scalciare, proprio mentre lui è pronto per assestarmi. il primo colpo. Stringe la presa ai miei polsi, io chiudo gli occhi, pronta per il colpo. Trasalisco quando odo che un colpo secco viene preceduto dal corpo di Paul che si riversa su di me. Scorgo un’ombra alle sue spalle, mentre la puzza di quest’uomo mi fa salire la nausea. Lo getto a terra, il suo corpo è immobile. Qualcosa di liquido e caldo è sulla mia mano e sui miei vestiti, ma non capisco di cosa possa trattarsi. «Hazel? Stai bene? Ti ha fatto del male?» Ethan mi ha aiuta a rimettermi in piedi, ed io sono ancora stordita. «Questo è sangue.. non è mio..» Guardo Ethan, deglutendo. «Con cosa..» Fisso Paul a terra e, con un po’ di coraggio, lo illumino con lo schermo del cellulare. È a pancia in su, le labbra umide della sua stessa saliva mentre sul pavimento si riversa il sangue che fuoriesce da una ferita presente sulla sua testa. «Oh, cazzo!» Sobbalzo, sbattendo contro Ethan, tappandomi la bocca con entrambe le mani. «Merda! Merda!» Impreca lui, sgranando gli occhi e stringendomi in un abbraccio. Sto per vomitare, me lo sento. «È… morto…?»
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Che cosa buffa che è la vita!
Ci tengo a ringraziarvi per gli auguri, grazie a tutte, davvero! Siete state dolcissime, lo apprezzo molto. xoxo
Ho due domande! c:
1) Il vostro personaggio preferito arrivate a questo punto?
2) MAD o OVER?
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