Capitolo 31

Melvin

«Questa mattina mentre entravo in aula, uno squadrone di "anti-Melvin" mi ha squadrato dalla testa ai piedi e per la prima volta ho visto la Conway roteare gli occhi, stanca di quel teatrino creato dalle ragazze, infatti le ha sgridate, mettendole infine a tacere», raccontò compiaciuto Melvin alla sua migliore amica dopo essersi incontrati per il cambio dell'ora.

Adesso si trovavano davanti ai loro armadietti. Bailee, non appena l'aveva raggiunto, gli aveva chiesto se qualcuno gli avesse dato fastidio e poi gli aveva ricordato che poteva sempre chiamare il gruppo che lo sosteneva per aiutarlo con quelle fuori di testa.

«Ma ancora non si sono stancate?! Felix non se le filerà mai, cazzo. È frocio tanto quanto noi.»

Bailee aveva sempre una certa delicatezza nel dire le cose che quasi lo commuoveva. La sua amica era sempre stata quel tipo di persona che se non le andava a genio qualcosa o qualcuno, lo diceva in faccia e senza peli sulla lingua o lo gridava per farsi sentire dai diretti interessati e per iniziare a discutere. Se qualcuno l'infastidiva, usciva fuori lo scaricatore di porto che c'era in lei e incominciava a sbraitare a destra e a sinistra, aggiungendo più parolacce possibili. Quello era uno dei motivi per cui Bailee veniva considerata una svitata dalla maggior parte della scuola, ma semplicemente era una persona schietta che usava troppe parolacce però pur sempre sincera. E quella cosa a molti non andava bene perché se a lei faceva vomitare il vestito di una loro compagna, glielo diceva, senza star a pensare al fatto che potesse offendersi.

Melvin esplose in una risata, «Bai...».

Spalancò le mani ai lati del suo viso per enfatizzare ciò che aveva detto e lo fissò con occhi aperti, oscillando leggermente il capo, «Cosa? Ho detto la verità ed è ora che queste quattro oche incomincino ad accettarlo, cazzo».

«Lo so, ma tanto non lo capiranno mai perché sono troppo accecate e vedono solo ciò che vogliono loro. Sono convinte che se solo non fossi mai entrato nella sua vita, Felix sarebbe rimasto "etero" e loro avrebbero potuto avere una possibilità», ribatté lui, consapevole del fatto che fosse solo all'inizio di quel tormento e che non sarebbe finito tanto presto come aveva sperato.

Fin tanto che non accettavano la realtà dei fatti, avrebbero continuato a perseguitarlo per convincerlo a lasciare Felix.

Uno strazio.

«Secondo me dovreste spiattellarglielo in faccia una volta per tutte.»

«In che senso?», inarcò un sopracciglio, anche se aveva un po' intenso cosa volesse dirgli la sua migliore amica, ma sperava vivamente non fosse quello.

«Dovreste baciarvi davanti a tutte loro, magari in questo modo capiranno che la loro chance non è mai esistita.»

Come non detto! Era proprio ciò che Melvin aveva immaginato volesse consigliarli per farle smettere di tormentarlo ed era una pazzia, nonostante amasse l'idea di poter baciare Felix in libertà, fregandosene di tutto e tutti. Il problema stava nel fatto che Felix soffriva di ansia e di panico e lui non voleva metterlo in una situazione in cui i suoi attacchi sarebbero potuti tornare alla riscossa. Per non parlare del suo piano di non attirare l'attenzione... Ormai era andato a farsi fottere, ma detto in sincerità: nemmeno gli importava più perché era in grado di gestirla e di non farsi abbattere da ciò che i suoi compagni gli sputavano addosso. Chi lo preoccupava era il suo ragazzo che stava ricevendo talmente tanto odio che temeva sarebbe crollato da un momento all'altro e il baciarsi davanti a tutti, forse avrebbe contribuito a farlo precipitare ancor di più nell'oscurità dei suoi pensieri.

«Non credo sia il modo corretto, Bai... Felix non è uno da scenate in grande stile per annunciare le cose, come ben sai. Nessuno avrebbe dovuto sapere di noi eppure ora chiunque era a conoscenza dell'omosesssualità di Felix e che il suo ragazzo sono io.»

«Prima prova a parlarne con Felix, magari lui ti dice di sì.»

Melvin esalò un sospiro, «Vedremo...».

Baile alzò gli occhi azzurri al cielo, «Fate quello che volete, io devo andare in bagno a pisciare che quel pezzo di merda di Jones col cazzo che mi fa uscire durante la sua maledetta ora».

Schioccò un bacio sulla guancia sinistra di Melvin che la stava fissando tra il divertito e lo scocciato (lui ne diceva di parolacce ma come la sua amica, mai) poi corse verso i bagni femminile, sventolando per aria una mano.

Non appena Bailee girò l'angolo, Melvin vide Colton Dupont andargli incontro con andatura spavalda e un sorrisetto maligno sulle labbra, perciò sbuffò sonoramente, girando gli occhi stizzito.

Fantastico! Un altro che non poteva vedere e sopportare. Un essere a dir poco fastidioso che doveva incominciare a scendere dal suo piedistallo perché non era nessuno, se non un bulletto di provincia.

«Ehi succhiacazzi, non ti sei nemmeno un po' in colpa ad aver rovinato la vita a quell'attore?», spintonò Melvin contro gli armadietti, il cui sguardo rimase carico di disprezzo.

Non aveva alcuna paura di lui. E sapeva benissimo come metterlo a tacere.

Melvin fece spuntare un ghigno sulle sue labbra e assottigliò lo sguardo, mettendo in mostra l'odio che provava nei suoi confronti. Non aveva mai detestato qualcuno tanto quanto Colton Dupont, un bullo schifoso che a parte trattare come degli escrementi gli altri, non era in grado di fare altro.

«Volevi essere al suo posto, vero Dupont? Sai, comincio a credere che tu sia frocio tanto quanto me... Sei troppo ossessionato da me», tirò uno schiaffetto sulla guancia di Colton che gli fece aprire in modo spropositato gli occhi che iniziarono a bruciare di rabbia, anche se il leggero rossore sulle sue gote lo stava tradendo.

Cazzo, forse aveva davvero azzeccato. Il bulletto di turno aveva una cotta per lui. Divertente e patetico al contempo.

«Non ti azzardare a dire una puttanata del genere. Io non sono un succhiacazzi come te», sibilò a pochi millimetri dal viso di Melvin.

La punta dei loro nasi si sfiorarono e l'alito caldo e di fumo di Colton si schiantò contro il viso di Melvin che accartocciò il viso un'espressione di disgusto.

«Però sembri un esperto sul "succhiare cazzi"», Melvin mimò le virgolette sulle ultime due parole, fissando il quarterback con scherno che divenne ancora più rosso. Non sapeva dire per l'ira o se per la vergogna ― secondo lui per entrambe le cose.

Colton, accecato dall'odio, sferrò due pugni di seguito nello stomaco di Melvin, «Fottiti frocio schifoso!», sbraitò velenosamente.

Il suo fiato si spezzò e il suo ghigno scomparve del tutto dalla sua bocca mentre si accasciò al suolo con il respiro affannoso e poi avvolse un braccio intorno al suo stomaco, il cui dolore lancinante lo fece gemere sommessamente.

Il quarterback rise sopra di lui e Melvin desiderò fargli tanto ma tanto male in quel momento.

«Colton, ma che cazzo fai?», Melvin riconobbe quella voce. Era Cameron e sembrava volerlo difendere. Udì i suoi passi farsi sempre più veloci mentre si avvicinava a loro.

Dupont si mise a braccia conserte e fissò malamente il capitano della squadra di basket, «Evans, vuoi ancora difendere questo frocio?».

C'era sempre stato un certo astio tra le due squadre. Quelli di basket non sopportavano gli spocchiosi di football e quelli di football non digerivano i cavernicoli di basket. E ora che il capitano di basket andava contro il quarterback principale per difendere Melvin Morgan, il gay per eccellenza, era sicuro si sarebbe scatenata una guerra tra le due squadre.

Cameron digrignò i denti poi lanciò uno sguardo a Melvin per controllare se stesso bene, ma purtroppo stava ancora respirando affannosamente perciò tirò un pugno dritto sul naso di Colton che barcollò all'indietro sia per il dolore che l'essere stato colto alla sprovvista.

Colton non stette neanche a controllare la situazione del suo naso che rispose immediatamente all'attacco di Cameron, colpendolo con un energico gancio destro alla tempia. La testa del capitano di basket schizzò di lato e per un attimo barcollò, incassando malamente quel colpo mentre Melvin gridò il suo nome con ansia.

Il quarterback rise di gusto con una mano a tastarsi il naso sanguinante. Melvin, notando fosse distratto a fare il gradasso, gli conficcò le unghie in un polpaccio per evitare che Cameron venisse nuovamente percosso e gli rubò uno strillo sofferente.

Purtroppo però, Colton gli sferrò un potente sberlone contro il viso che lo fece schizzare all'indietro e sbattere con forza la testa contro il metallo degli armadietti. Gemette a gran voce e strizzò gli occhi, vedendo unicamente macchioline di vari colori mentre il dolore si espandeva in tutto il capo, facendogli venire un acuto mal di testa.

«Sei un bastardo, Dupont», sibilò Cameron, dopo aver riacquistato la lucidità.

I due capitani si azzuffarono ancora una volta e dopo pochi minuti dall'inizio di quella lite, gli amici di entrambi arrivarono in loro soccorso, facendo così scatenare una vera e propria rissa tra le due squadre.

Melvin spalancò la bocca, incredulo. Cameron Evans e Colton Dupont si stavano picchiando per lui ― be', uno lo stava difendendo e l'altro lo aveva importunato. E i loro amici, che non sapevano neanche per quale motivo fosse iniziata quella rissa, non si erano tirati indietro dal alzare le mani sull'altra squadra sportiva perché l'importante era azzuffarsi, l'odio che scorreva tra di loro era impossibile da nascondere.

Incominciò a strisciare, verso sinistra, il fondoschiena sul pavimento polveroso per evitare di finire immischiato in quella lite, anche se si era scatenata per lui, quando si sentì afferrare per un polso che riuscì a tirarlo fuori da quell'ammucchiata di atleti della Maddison Town High School sano e salvo.

Melvin si trovò davanti Felix che lo fissava con preoccupazione, «Stai bene?», gli domandò, accarezzandogli una guancia mentre alle sue spalle le grida incavolate degli atleti si fecero ancora più alte e grosse.

Madò, erano proprio impazziti.

«Ora sì», si mise in ginocchio e gettò le braccia al collo del suo ragazzo, premendogli poi un bacio sulle labbra, «Andiamocene che è meglio».

Felix annuì e lo aiutò ad alzarsi poi mano nella mano scapparono via. Corsero e corsero fino a nascondersi su al quinto piano, quello proibito. Si chiusero all'interno dell'unica aula aperta, mettendo davanti alla porta un banco per bloccarla poi si accasciarono al suolo col fiatone. Avevano rischiato di farsi beccare dalla preside che udendo le grida aggressive di alcuni suoi studenti era andata a controllare. Melvin sperava solamente che Cameron e i suoi amici fossero riusciti a scappare prima del suo arrivo.

«È tutto un casino...», mormorò con l'affanno, abbracciandosi lo stomaco che ancora doleva per i pugni ricevuti da Colton.

«Ti hanno colpito?», Felix alzò la voce e strabuzzò gli occhi, mostrando tutta la sua preoccupazione per il fidanzato.

Melvin gli diede un buffetto del naso per levargli dal viso quell'espressione allarmata, «Sì, quel coglione di Colton, ma ora sto bene, tranquillo».

«No, che non stai bene. Ti fa male lo stomaco, vero?», continuò a strillare, aggrappandosi alle spalle del suo ragazzo che in un tutta tranquillità gli stava sorridendo dolcemente, «Melvin!», sbraitò con nervosismo.

Melvin si spostò vicino a Felix, smettendo in quel modo di stargli davanti con le gambe incrociate, poi gli appoggiò la testa su una spalla e sospirò lentamente, «Passerà. Passerà come tutto questo casino. Prima o poi si dimenticheranno di questa storia e ci lasceranno in pace».

Felix gli baciò la testa, «Però tu dovrai passare molto altro tempo con quel Colton, non mi piace per niente».

Neanche a lui piaceva molto l'idea di dover avere a che fare con Colton fino alla fine della scuola, ma una volta concluso l'anno, molto probabilmente non l'avrebbe più visto perché il cretino voleva frequentare un'università sportiva.

Fece spallucce. «A quanto pare ho il capitano di basket dalla mia parte e forse l'intera squadra perciò sono protetto», ridacchiò sommessamente per smorzare l'ansia del suo ragazzo che sembrava non volerlo abbandonare.

Felix gli accarezzò una guancia e Melvin si rilassò sotto al suo tocco gentile poi gli impresse un bacio sulla fronte con un sorriso abbozzato sulle labbra, «Lo spero, sennò chiedo a mio padre di spaventarlo e fargli venire il cagotto».

«Certo, così poi tuo padre rischia una denuncia per abuso di minchio-minore.»

Il suo ragazzo scoppiò in un'energica risata poi gli abbracciò il corpo magro con un braccio, «Ti adoro», gli sussurrò in un orecchio.

Melvin lo baciò sulle labbra, sorridendo contro la sua bocca a cui aveva rubato la risata, «Ti adoro anche io».

◈◈◈

Felix

Felix, dopo aver accompagnato Melvin davanti all'aula di inglese per seguire la lezione (aveva preferito non lasciarlo solo per via di ciò che era successo pochi minuti prima, nonostante fosse un impedito a far risse), aveva ripreso a girare alcune scene nella palestra che avevano allestito come se fosse la casa di qualcuno.

Purtroppo per lui erano tutte con quel cretino di Kayden, che proprio non voleva cancellare dalle sue labbra quel sorrisetto fastidioso.

Sua madre non c'era per tormentarlo. Suo padre era riuscito a impedirle di disturbare le riprese con la complicità dei due registi che le avevano riferito che preferivano non averla tra i piedi. L'avevano detto con più gentilezza possibile, ma il concetto era esattamente quello. Alva aveva assunto un'espressione offesa quando capì che la stavano cacciando dal set. Nel frattempo Felix e Noemi non erano riusciti a trattenere il sorriso trionfante che velocemente era nato sulle loro labbra nel vederla infastidita in quel modo.

Declan diede il via e la musica alta e frastornante esplose nella palestra, rimbalzando sulle pareti mentre le varie comparse (gli studenti scelti dalla preside, vestiti e truccati dai professionisti che lavoravano alla serie tv) incominciarono a ballare, scatenandosi in quello che pareva a tutti gli effetti il salotto di una villa mega costosa.

«Oh, il Re e la Reginetta della MTH, fate tutti un applauso!!», commentò sprezzante Kayden nel suo personaggio mentre applaudiva, quando Felix e Noemi, mano nella mano, fecero la loro apparizione dalla "porta d'ingresso" della dimora di Matthew.

Felix lo scrutò di sottecchi poi schioccò la lingua contro il palato per la scocciatura, «Che cazzo ci fai qui, Hale?!», replicò con rabbia.

Kayden scoppiò in una risata esagerata e beffarda poi spalancò le braccia, «Questa è casa mia, Cage».

Il biondo non smetteva di chiedersi per quanto tempo avrebbe dovuto lavorare con quel pirla. Non sopportava più la sua faccia da schiaffi. Il suo ghigno perenne che per quanto rispettasse il suo personaggio, era esattamente così anche nella realtà.

Era sempre sul punto di tirargli un pugno, con la speranza che andasse in porto ma quelli erano piccoli dettagli. Il fatto principale era che lo detestava proprio e se sapesse picchiare come suo padre, gli avrebbe già fatto del male. Ovviamente non davanti alle cineprese, ma in solitaria.

Noemi strinse le dita intorno al bicipite di Felix e lo scosse piano, «Nick, andiamo via. Non voglio stare qui», mormorò a bassa voce, mostrando l'ansia del suo personaggio nel vedersi il suo "ragazzo" faccia a faccia con il tipo con cui aveva avuto una quasi inesistente relazione.

Kayden ghignò. «Ascolta la tua troia, Nicholas. Vatte―»

Felix gli sferrò un gancio destro sul viso con il viso dilaniato dalla collera, «Non t'azzardare a dare della puttana alla mia ragazza», sbraitò rabbioso come un cane.

Lo picchiò per davvero, ma proprio non era riuscito a fermarsi, anche perché quelle due battute nemmeno esistevano nel copione e aveva dovuto improvvisare a sua volta, cogliendo in quel modo la palla al balzo. Una battuta improvvisata e un bel pugno su quella faccia da pirla di Kayden.

«STOP!!», gridò Finn scioccato.

«Kayden, stai bene?», chiese Declan, lanciando poi un'occhiata sospettosa nei confronti di Felix che con le gote arrossate, domandò scusa.

«Pezzo di merda», sussurrò furiosamente Kayden, trucidando con lo sguardo il biondo che affiancato da Noemi si stava incamminando fuori dal set e lontano dalla cinepresa mentre si massaggiava lo zigomo colpito dal suo pugno.

«Qualcuno porti un po' di ghiaccio a questo ragazzo. Non possiamo permetterci di fargli gonfiare la faccia. Abbiamo ancora molte altre scene da girare.»

Stettero in pausa per una decina di minuti. Felix aveva chiesto nuovamente scusa a Declan e gli aveva detto di non averlo fatto di proposito, ma di aver reagito seguendo il carattere del suo personaggio. Il regista gli aveva risposto di stare tranquillo e che nonostante il gran bel pugno che aveva tirato sul viso di Kayden, la scena era uscita molto bene e di non preoccuparsi e che erano cose che poteva capitare.

Se ve lo state chiedendo: no, Felix non aveva minimamente chiesto scusa a Kayden che se ne stava seduto accanto a lui e a Noemi con del ghiaccio sulla guancia. Non gli dispiaceva per niente avergli tolto dal volto quel ghigno fastidioso e poi se l'era cercata perché era chiaro che avesse dato delle poco di buono a Noemi e non solo al suo personaggio. Gli era bastato guardarlo negli occhi per capire che lo stava sfidando e be', lui aveva semplicemente risposto alla sua provocazione, uscendone persino vincitore.

«Me la pagherai, bastardo», sibilò il moro al suo fianco.

Felix fece spallucce, «Con cosa, sentiamo?! Non hai più un cazzo contro di me per potermi minacciare mentre io con tutte le puttanate che hai fatto, potrei scriverci tranquillamente un libro».

«Non lo faresti», lo minacciò con voce bassa e i denti stretti per la rabbia.

«Sì, che lo farei, soprattutto se non la smetti di tormentare me e le persone che amo.»

«Sei solamente un ragazzino sfigato e quell'altro se ne accorgerà molto presto.»

«Continua, Kayden, continua pure. Sto già immaginando i titoli dei giornali quando sputerò il rospo sul fatto che hai obbligato una tua fan ad abortire dopo averla messa incinta, nonostante lei avesse scelto di tenerlo.»

Felix era così grato a Liam per tutte quelle informazioni. Se non ne avesse avuta neanche una, molto probabilmente avrebbe vinto Kayden la battaglia, ma in quel caso era lui a portare a casa la vittoria perché gli sarebbe veramente bastato alzare la cornetta e avvertire i giornalisti di tutto quello che lo stronzo aveva fatto per metterlo a tacere per sempre.

Kayden dilatò le narici e inspirò bruscamente, consapevole di aver perso, «Sei un piccolo bastardo».

Felix fece nuovamente spallucce, poi ignorando i suoi borbottii, tornò a ripassare le battute con la sua migliore amica che aveva ascoltato la conversazione tra lui e Kayden con un sorrisetto compiaciuto sulle labbra.

«Ragazzi, se siete pronti, torniamo a girare la scena? Partiamo da dopo il pugno, va bene?»

«Certo», replicarono in coro i due migliori amici mentre Kayden brontolò qualcosa e lanciò il ghiaccio per terra, guardando in cagnesco Felix che non aveva alcuna intenzione di ricascare nei suoi stupidi giochetti.

◈◈◈

Felix

Un rumoroso schiocco esplose nell'aria, susseguito quasi all'istante dalle grida isteriche di Alva Olander che, ancora una volta, stava picchiando suo figlio.

Felix le rispondeva a tono, fin troppo stanco del suo solito disco rotto. Sua madre aveva aspettato di restare da solo con lui (il padre era andato a farsi una corsetta serale, sua abitudine da quando era solo un bambino) per potergliene dire di tutti i colori perché per colpa sua aveva fatto una brutta figuraccia con Declan e Finn, quando in realtà l'aveva fatta lei stessa da sola con i suoi comportamenti violenti e le sue parole malevole nei confronti delle persone omosessuali.

Finn Hopkins era gay dichiarato e quel piccolo ma a tutti gli effetti un grande dettaglio, sua madre sembrava esserselo scordato e aveva continuato a borbottare insulti contro suo figlio per via delle sue preferenze sessuali. Ovviamente i due registi l'avevano sentita e per quel motivo avevano domandato a Gunnar di tenerla il più possibile lontano da loro perché c'erano rimasti tanto male, soprattutto Finn che si era sentito colpire nel profondo, in quanto era stato come se quelle parole le avesse ricevute anche lui e non solo Felix.

«E poi ti metti anche a picchiare i tuoi colleghi? Sei impazzito, per caso?!»

Alva era paonazza mentre gridava istericamente tutto ciò che le passava per la testa, senza alcun filtro, e sferrava aggressivi schiaffoni sulle braccia di Felix che aveva alzato per proteggere il suo viso. Viso già arrossato dalle precedenti percosse e dalle lacrime che per quanto cercasse di tenere duro, avevano cominciato a sgorgare impetuose dai suoi occhi e senza alcun freno.

«Ma tu che cazzo ne sai, eh? Tu non sai com'è fatto quel bastardo di Kayden, ma tanto per te chiunque è meglio di me! Peccato, madre, che anche il tuo caro Wallace va con i ragazzi oltre che con le ragazze. Sì, è frocio tanto quanto me», gridò, sbraitò, si sgolò Felix, divenendo bordeaux a sua volta, ma quello sembrava l'unico modo per poter comunciare con quella iena di sua madre.

La donna strabuzzò gli occhi e dischiuse le labbra, sconvolta da quella notizia mentre Felix sogghignò, godendo nel averla vista rimanerci di sasso.

«Menti!», strillò infine, non volendo accettare la realtà dei fatti.

«No, madre,» scosse la testa e schioccò più volte la lingua contro il palato, «voleva portarsi a letto anche me, ma l'ho rifiutato. Ecco uno dei motivi per cui ce l'ha tanto con me. Mi dispiace distruggere l'immagine del figlio perfetto che ti eri creata nella mente guardando Kayden Wallace, ma non lo è», rise perfidamente.

«Sei un mostro!»

«Io??», gridò con isteria, «Io sono il mostro?!», si appoggiò una mano sul petto, «Ma se ti ho voluta bene nonostante mi trattassi da schifo, nonostante mi odiassi per chi ero! Però, ora non ce la faccio più, no, proprio per niente. Sei tu il mostro della situazione, madre, non io e non riesco più a provare un briciolo di bene per te perché mi hai reso la vita un inferno con le tue continue restrizioni e il tuo tenermi in gabbia».

Ormai non aveva più senso tenersi dentro ogni cosa che pensava di lei. Erano giunti al punto di rottura e la cosa più triste era che la persona che aveva davanti era sua madre eppure in quel momento, ai suoi occhi, sembrava quasi un'estranea, una dei suoi tanti haters su internet che lo preferivano sotto terra piuttosto che libero di amare chi voleva.

«Non sei mai stato un bambino normale. Quando ti ho visto giocare con le mie scarpe e i miei vestiti avrei dovuto capire che quello era un campanello d'allarme, l'inizio della tua deviazione e fermarti e invece ho dato ascolto a tuo padre che mi ha convinta che non ci fosse niente di strano in tutto ciò, eppure guardati adesso, sei uno di loro. Sei sbagliato, Felix e io a un figlio sbagliato non posso volere bene.»

Rise ancora, l'isteria crebbe nella sua voce. «Però i miei soldi ti hanno sempre fatto comodo, vero? Succhiasangue.»

Felix ricordava vagamente di aver giocato con gli oggetti e i vestiti di sua madre, ma una cosa in particolare gli tornò alla mente: lui, seduto alla toeletta di sua madre, che si dipingeva le labbra con il suo rossetto rosso preferito mentre si guardava nello specchio trovandosi quasi buffo, motivo per cui poi si colorò l'intera faccia con esso, sentendosi subito dopo molto meglio.

Era gay, ma non era mai stato interessato al make-up. Ma sua madre non riusciva a comprendere che non tutte le persone omosessuali ragionavano nello stesso e che non tutti erano interessati alla parte femminile di loro stessi perché molti neanche si sentivano più donne che uomini o semplicemente non erano attirati dalle cose da "femmine".

«Come hai osato chiamarmi?!»

«Succhiasangue, ciò che sei.»

Lo sguardo di Alva bruciava dalla collera. Il suo viso era paonazzo, le narici dilatate come quelle di un toro e i suoi occhi erano talmente tanto aperti che terrorizzarono Felix, ma con una scrollata di spalle cacciò via quella brutta sensazione perché era giusto che sapesse qual era il suo reale pensiero su di lei, dato che lei non si faceva scrupoli nel ripetergli costantemente quanto provasse disgusto e disprezzo per lui.

«Se non fosse per me, non saresti un attore famoso e benvoluto da tutti. Se non fosse per me, saresti un povero sfigato che viene bullizzato da tutti.»

«Ma chi te l'ha chiesto, eh?! Ti sei mai fermata anche un solo secondo a domandarti se in realtà mi piacesse davvero fare l'attore?! All'inizio è stato molto bello perché ero solo un bambino e capivo ben poco di quel mondo, ma poi tu hai rovinato ogni cosa, costringendomi a partecipare a eventi che hanno contribuito a far crescere le mie ansie, costringendomi a nascondermi e fingere di essere qualcun altro o a mettermi mezzo nudo per attirare più ragazzine possibile. Io amo recitare, cazzo! Esatto, amo essere un attore, ma solo quello e non anche un oggetto da vendere al prezzo più alto perché sei costantemente in cerca di soldi, vipera!»

La donna boccheggiò, a corto di parole. Non era rimasta scioccata dai problemi che Felix le aveva elencato e che lo facevano stare male e di cui poco le importava, ma ancora una volta perché le aveva detto di essere un'arrampicatrice sociale che lo aveva usato per arrivare fino alla vetta, usando i suoi soldi guadagnati con i film, le serie televisive e gli sponsor.

Il che era l'unica verità, ma lei non l'avrebbe mai ammesso.

«Vattene in camera tua, ragazzino. Non ti permetterò di parlarmi ancora in questo modo.»

«Ma vaffanculo!», le mostrò il dito medio poi si chiuse in camera sua, sbattendo con violenza la porta alle sue spalle e ignorando gli insulti che gli urlò contro.

Felix sprofondò nel materasso del suo letto, domandandosi dove avesse trovato tutta quella forza di rispondere a tono a sua madre. Ancora stentava a credere di averle detto la maggior parte delle cose che pensava su di lei e di come aveva reso invivibile la sua stessa vita.

Ma non ce l'aveva più fatta. Per tutta la sua vita aveva assimilato, accumulato dentro al suo cuore ogni singola parola detta con cattiveria da parte di sua madre e solo per il gusto di ferirlo che alla fine era esploso e il suo voler dare voce ai suoi pensieri più profondi aveva avuto il sopravvento sulla sua ragione, che si era messa gentilmente da parte e gli aveva lasciato modo di sfogarsi una volta per tutte.

Soffocò un urlo nel cuscino che stava stritolando tra le dita per il nervoso.

Era proprio scoppiato, ma non ce l'aveva più fatta a reggere, diamine. Sua madre lo aveva portato al suo limite e ora non aveva più alcuna intenzione di incassare e basta, adesso avrebbe fatto valere i suoi diritti e non le avrebbe più permesso di comandarlo e di decidere lei come doveva vivere la sua vita.

«Fottiti stronza!» il suo sfogò venne ovattato dalla sua bocca appiccicata contro il cuscino mentre sferrò un pugno contro il materasso con frustrazione.

Poi la sua attenzione si spostò sul suo cellulare che aveva appena suonato e non appena vide che a scrivergli era stato Melvin, la sua rabbia, il suo nervosismo velocemente com'era arrivato, se ne andò, venendo sostituito nell'immediato da un immenso amore che gli fece tornare a battere a mille il cuore.

"Amore, ti va di fare una videochiamata? Ho voglia di vederti."

Felix fece partire la videochiamata.

Le sue labbra mostravano un enorme sorriso che sembrava aver cancellato ciò che era appena successo con sua madre, ma Melvin lo rendeva semplicemente felice e né lei né i suoi haters sarebbero riusciti a togliergli di dosso quella meravigliosa sensazione di completezza che il suo ragazzo gli faceva provare.

"Ciao piccola fatina."

"Ciao amore."

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top