Capitolo 06

Melvin

Era giunta l'ora di pranzo e la mensa si era gremita di studenti affamati. Melvin e Bailee si erano seduti al loro tavolo (sì, ogni gruppo aveva un tavolo proprio) e stavano discutendo sul fatto che Jones fosse ancora in circolo per la scuola, nonostante avesse dato delle puttane a delle studentesse.

«Io veramente non capisco. Non è così bravo come insegnante quindi perché la Simone non lo vuole licenziare?», si lamentò Bailee, mangiucchiando un po' di purea di carote.

«Guarda, non lo so... L'unica cosa che posso dirti è che mi fa venire il voltastomaco quell'uomo. Una persona spregevole — per non parlare del fatto che abusa del suo potere di professore per fare e dire ciò che vuole a noi studenti. E poi com'è possibile che alla nostra preside non interessi il fatto che ferisca noi della LGBTQ+? Non è una cosa normale...», Melvin si passò entrambe le mani nei capelli e nel farlo ricevette delle occhiate strane da alcune sue compagne.

Le fissò con un sopracciglio alzato, poi tornò a guardare la sua migliore amica masticare un pezzo di carne che sembrava fatto di marmo per quanto era duro, «Perché mi hanno guardato in quel modo?», le chiese confuso.

Bailee alzò le spalle e nel mentre staccò con i denti e con forza un pezzo di carne, il restante rimase infilzato nella forchetta. «Sei bello, Mello», la bocca sporca di burro sciolto e i denti che cozzavano a fatica tra di loro per masticare quel pezzo durissimo di bistecca.

«E quindi?»

«E quindi quelle ragazze hanno occhi per guardare e quanto pare anche per mangiarti», Bailee gli fece l'occhiolino e Melvin finse un conato di vomito.

«Sono gay e ace — non ho bisogno delle loro attenzione sessuali.»

Melvin detestava quel tipo di attenzioni perché lo rendevano nervoso. Non gli piaceva la sensazione che gli si attaccava addosso. Non sapendo cosa si provava a essere attratto sessualmente da un'altra persona perché essendo asessuale quel tipo di attrazione non esisteva nel suo essere, si sentiva a disagio in quelle situazioni. Non sapeva come reagire e come comportarsi perché non tutti erano gentili nel scusarsi con lui per averlo messo a disagio (quando lui lo faceva presente), anzi molti rincaravano la dose, aggiungendo anche che doveva andare fiero nel ricevere quei commenti peccaminosi invece di starci male. E lui puntualmente si chiudeva a riccio e ci stava male, cazzo se ci stava male perché ancora una volta la sua diversità veniva messa in risalto o peggio: minimizzata.

«Lo so, Mello, ma—». La voce di Bailee le morì in gola, venendo soffocata dalle grida acute delle ragazze che esplosero all'interno dell'enorme salone.

Melvin rilasciò un sospiro sconsolato perché aveva capito che Felix e Noemi avevano appena fatto il loro ingresso in mensa e il suo pranzo in tranquillità era appena andato a farsi benedire.

Sperava solamente che Felix non provasse ad attaccare bottone con lui proprio in quel momento e davanti a tut—

«Ehi ragazza dai capelli rosa e neri, possiamo sederci vicino a voi?», strillò Noemi, sventolando una mano verso Bailee che divenne paonazza nel giro di un secondo. Passò direttamente dal rosa pallido della sua carnagione a un rosso vivo in un attimo.

Melvin, che era ancora di schiena, incassò le spalle ed emise un altro sospiro, portandosi le mani a coprirsi il viso che mostrava tutta la sua disperazione.

L'attenzione di tutti si era appena spostata sul loro tavolo.

Il tavolo degli strambi.

«Perché?», farfugliò in preda alla frustrazione, «Perché proprio noi??», continuò, spostando poi le mani, dalle dita intrecciate, davanti alla sua bocca per nascondere la sua smorfia infastidita.

Bailee invece era elettrizzata e con un sorriso a trentadue denti, gli occhi a cuoricino, fece segno a Noemi di raggiungere lei e Melvin che non desiderava altro che venir inghiottito dal pavimento pur di non attirare nuovamente l'attenzione su di lui e la sua amica scema.

«Non potevi dirle di no?», sibilò lui.

«Ma sei cretino? Noemi Anderson vuole pranzare con me, noi e tu pretendi che le dica di no? Vai a quel paese.»

Melvin aveva lo sguardo fisso sul suo vassoio ancora pieno di cibo che non aveva osato toccare perché non gli ispirava molto. Poco dopo udì perfettamente le ragazze sedute al tavolo accanto al loro trattenere il fiato e comprese che Felix e Noemi li avevano raggiunti, per sua sfortuna.

«Grazie mille», Noemi si sedette accanto a Bailee che la stava osservando con le guance rosse e gli occhi illuminati dalla felicità.

Felix si mise a fianco a Melvin che si irrigidì nell'immediato. Non gli piaceva per niente quella situazione. Non capiva... L'ultimo anno gli sarebbe toccato passarlo sulla bocca di tutti perché Felix Olander lo aveva preso in simpatia? Doveva dire addio alla sua invisibilità? Perché...

Melvin alzò, finalmente, lo sguardo e incrociò gli occhi azzurri e brillanti di Felix scrutarlo con allegria mentre sulle sue labbra squadrate era visibile un accenno di sorriso. Per un attimo il suo cuore gli giocò un brutto scherzo e perse un battito davanti a tutta quella bellezza, ma poi tornò tutto normale, come il mare calmo dopo una tempesta.

«Ciao Mello.»

Come nei giorni precedenti, Felix si mostrò nuovamente gentile e amichevole con lui.

Perché?

Sì, era quella la domanda che continuava a ripetersi. Perché lo aveva preso in simpatia. Perché lui tra tutti. Perché e basta.

«Ciao Felix». Melvin avrebbe voluto provare a sorridergli, ma non appena sentì una ragazza (quelle vicino a loro) domandare incattivita alla sua amica perché avevano scelto di sedersi proprio con degli sfigati come lui e Bailee, le sue labbra si tesero in una linea retta e le sopracciglia si aggrottarono per la rabbia.

Melvin si voltò verso di loro, i suoi occhi erano assottigliati e mostravano un'espressione torva poi si schiarì la voce, pronto a dirgliene quattro, ma Bailee lo batté sul tempo.

La sua migliore amica, infatti, scattò in piedi, picchiò con rabbia una mano sul tavolo e fissò quelle ragazze in cagnesco, «Se foste meno stronze forse attori come Felix e Noemi vorrebbero mangiare al vostro tavolo», sbraitò infine. Le ragazze in questione divennero rosse dall'imbarazzo, presero la loro roba e uscirono con la coda tra le gambe dalla mensa.

Melvin sentì Felix e Noemi ridacchiare davanti alla sfuriata di Bailee. Be', almeno loro trovavano tutto ciò divertente...

Oh, era sicuro sarebbero andati avanti giorni a parlare di quella cosa, di come due sfigati come lui e Bailee fossero entrati nelle grazie di due bravi e famosi attori come Felix e Noemi.

Che tragedia.

«Mello, ti senti bene?», Felix non voleva demordere. Voleva a tutti i costi parlare con lui.

Melvin, però, non era della sua stessa idea ma se non gli avesse risposto, Bailee avrebbe continuato a tirargli calci sotto al tavolo, come stava facendo in quel momento per invitarlo ad aprir bocca.

Annuì un'unica volta. Il suo sguardo era incollato su Bailee che stava godendo nell'ascoltare Noemi che le stava parlando allegramente, come se fosse amiche da sempre.

Bailee sentendosi addosso lo sguardo del suo migliore amico, lo degnò finalmente di un'occhiata e gli mostrò un sorriso pieno di compiacimento. Era fin troppo felice di quella situazione. Tutto il contrario di lui.

«Ieri sera è entrato un ladro nel negozio dei genitori di Mello mentre lui era lì che lavorava», sputò fuori la ragazza, come se fosse la cosa più normale da raccontare a degli sconosciuti.

Melvin emise un versetto di disperazione, abbassando il capo e nascondendo il viso dietro le sue piccole mani.

Bailee era scema o cosa? Che diavolo andava a raccontare a Felix e a Noemi? Era quello il suo modo di iniziare una conversazione con due attori famosi? Parlare di un ladro entrato nel negozio di famiglia? Sì, era decisamente una cretina.

Il ragazzo percepì la mano di Felix appoggiarsi sulla sua spalla destra perciò spostò il suo sguardo riflettente la sua frustrazione su di lui e inarcò un sopracciglio per domandargli cosa stesse facendo.

«Stai davvero bene? Oh mio Dio, dev'essere stato tremendo.»

Alzò leggermente le spalle.

«Abbiamo l'allarme silenzioso in negozio perciò sono riuscito a chiamare subito la Polizia e allo stesso tempo avvisare mio padre in magazzino», spiegò Melvin, «L'allarme si sente forte e chiaro in magazzino, infatti mio padre è arrivato di corsa con un fucile e lo ha puntato contro il ladro che si è cagato addosso. Ah, preciso che il fucile era scarico e che lo teniamo in negozio solo per far scappare a gambe levate i ladri. In ogni caso alla fine la Polizia lo ha arrestato, ma tanto lo fanno stare dentro massimo due mesi e poi è nuovamente fuori e libero di ricominciare con le rapine», concluse con amarezza.

Felix non aveva mai spostato lo sguardo da Melvin e tantomeno sbattuto ciglio mentre gli aveva raccontato la sua brutta disavventura. Era attento a tutto ciò che gli diceva.

«Ma ora tu stai bene?»

Melvin ridacchiò, «Sì, Felix, sto bene, come puoi vedere».

Il biondo gli mostrò un sorriso e sussurrò: «Menomale».

«Che tipo di negozio possiedono i tuoi genitori?», gli chiese curiosamente Noemi, portandosi una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio.

«Frutta e verdura», rispose sbrigativo Melvin.

Bailee non ci stava nemmeno provando a nascondere la sua enorme cotta per Noemi. La fissava con adorazione e non staccava mai lo sguardo da lei mentre sulle sue labbra era presente un sorriso ebete.

«Sfigata», Melvin giudicò la sua migliore amica che, come risposta, gli tirò un fortissimo calcio che gli colpì un ginocchio. Gemette dal dolore, massaggiandosi la parte attaccata dalla furia omicida della sua amica.

«Alla fine lo hai caricato il cellulare?»

Melvin arricciò il naso e scosse il capo, ma poi si aprì in un sorriso e annuì, «Sì, grazie per il caricabatterie».

Felix sembrava proprio un bravo ragazzo e a Melvin un po' dispiaceva essere scortese con lui solo perché era una calamita per l'attenzione femminile all'interno della sua scuola.

Se Felix passava per i corridoi, Melvin sapeva già che dietro di lui ci sarebbero state una ventina di ragazzine che lo seguivano eccitate, perciò era impossibile parlare con lui senza avere delle spettatrici sempre attaccate al suo sedere che volevano ascoltare tutto ciò che aveva da dire.

«Mi fa piacere». Felix era costantemente sorridente con lui mentre quando lo aveva incrociato per puro caso in giro per la scuola nei giorni precedenti, lo aveva trovato spesso con lo sguardo triste e le labbra tese in una linea retta. Sembrava sempre che qualcosa lo affliggesse o lo mettesse in agitazione, niente a che vedere con il modo in cui si mostrava davanti a lui.

Chissà a cosa pensava in quei momenti di solitudine...

«Come stanno andando le riprese?», Melvin si stupì di se stesso — aveva appena fatto una domanda a Felix Olander per poter aprire una nuova conversazione.

Chi era e che cos'avevano fatto al vecchio Melvin?!

Gli occhi di Felix si spalancarono leggermente. Forse non si aspettava che Melvin gli rivolgesse la parola di sua spontanea volontà, il che era più che ragionevole dato che per cavargli fuori delle risposte, Bailee lo doveva minacciare con occhiate torve o manrovesci.

«Bene. Siamo ancora alle prime scene, ma a Declan piace molto come stanno uscendo le riprese.»

Le rotelline del cervello di Melvin si stavano muovendo alla velocità della luce. Stava cercando di trovare un nuovo argomento pur di non lasciare morire lì la loro conversazione, anche se una parte di lui gli stava gridando di arrendersi, che era meglio in quel modo. Meno parlava con Felix e meno attirava l'attenzione su di lui. Però... Però l'altra parte voleva parlare con Felix perché gli trasmetteva vibrazioni positive.

«E i primi giorni di scuola come sono andati per te?»

Melvin ringraziò mentalmente Felix per avergli fatto quella domanda. Non era bravo a conoscere nuove persone né tantomeno a mantenere viva una conversazione, motivo per cui non aveva amici a parte Bailee.

«Be', un certo attore mi ha rivolto la parola più di una volta e ora sono diventato il bersaglio perfetto di cretine con gli ormoni impazziti, ma grazie per avermelo chiesto», rispose sarcasticamente.

Dalle labbra squadrate di Felix sbuffò fuori una piccola risata, «Per adesso mi sembri vivo e vegeto».

«Appunto: per adesso...»

«Non farci caso. Mello è super melodrammatico», si intromise Bailee, facendo la linguaccia a Melvin quando la guardò in cagnesco.

Felix annuì con un sorriso divertito sulle labbra, «Lo aveva capito».

«Andate tutti e due a cagare!»

Bailee, Felix e Noemi scoppiarono a ridere davanti all'espressione buffa e imbronciata di Melvin. Il ragazzo incrociò le braccia al petto e si lasciò andare con la schiena contro la sedia, mormorando ancora una volta a tutti loro di andare al Diavolo.

«Sei adorabile», commentò Felix.

«Vai a cagare, Felix.»

◈◈◈

Felix

Noemi diede una leggera spallata a Felix mentre ridendo, si stavano dirigendo verso la prossima aula in cui avrebbero girato la scena.

Il ragazzo era euforico. Aveva pranzato accanto a Melvin e avevano chiacchierato e scherzato tra loro. Gli era sembrato un po' più rilassato rispetto al giorno prima, quando aveva cercato di aprire una conversazione con lui, ma alcune sue fan lo avevano seguito fino al suo armadietto e lui si era chiuso a riccio.

N'era felice.

Forse gli stava dando una possibilità per diventare qualcosa.

Forse...

«Mi spieghi come fa a piacerti Melvin? Mi sembra tanto uno stronzetto.»

Noemi non aveva ancora compreso che Melvin detestava stare sulla bocca di tutti e per quel motivo cercava di allontanare tutti i potenziali attira attenzione, come lui, Felix.

«Non lo è, Mimi. Non gli piace attirare l'attenzione, tutto qui.»

«Eppure vuoi a tutti i costi parlare con lui», Noemi alzò gli occhi al cielo dopo aver visto nascere un enorme sorriso sulle labbra del suo migliore amico.

Felix annuì voracemente, «Lo hai visto, no? Ha un viso da fatina e, la sua voce? Dio, la sua voce è dolcissima, anche quando mi risponde in malo modo».

«Ti sei proprio preso una cotta per lui, eh!»

Felix mostrò la linguaccia a Noemi. Lei in risposta gli fece una pernacchia mentre continuavano a darsi leggere spallate.

Ridevano.

Erano felici.

«Ma si può sapere dov'eravate finiti? Stiamo aspettando solo voi due!», e la loro spensieratezza venne frantumata dalla voce alterata di Alva, la madre di Felix che osservò entrambi con sguardo severo e le braccia ben premute sui fianchi.

Sembrava una professoressa, una di quelle antipatiche che dava il tormento ai suoi alunni.

«Stavamo pranzando, signora Olander», spiegò brevemente Noemi. Felix la ringraziò, accarezzandole i reni.

Lo sguardo gelido di Alva non vacillò mai, nemmeno quando Declan, vedendo entrare i due ragazzi nell'aula, esclamò con allegria che era entusiasta di girare la nuova scena.

«Avete studiato le battute?». Declan si aggiustò il baffi, arricciandoli all'insù tra l'indice e il pollice, come un poliziotto in quei vecchi film gialli mentre cercava di scoprire il colpevole con i pochi indizi che aveva.

«Sì!», risposero all'unisono.

«Bene, allora possiamo dare inizio alle danze», il suo entusiasmo riuscì a contagiare sia Felix che Noemi, ma non Alva che si mise a braccia conserte, labbra tese in una linea retta, pronta per osservare con circospezione ogni minima mossa di suo figlio — doveva pur trovare degli errori con cui poi sgridarlo una volta in hotel da soli.

I due attori incominciarono a registrare la scena e ogni volta che Felix recitava al fianco di Noemi si sentiva più sicuro di sé e delle sue capacità, cosa che poi veniva spesso e volentieri sminuita da sua madre.

Felix sfiorò una mano di Noemi mentre erano seduti vicini in classe e la ragazza si fece tutta timida. Felix, nel suo ruolo, sorrise orgoglioso poi avvicinò il suo viso a quello di Noemi e con il suo alito caldo le sfiorò l'orecchio, «Vorrei vederti più spesso arrossire per me, soprattutto a letto».

Il personaggio di Felix era il suo esatto contrario, così come Kaya lo era per Noemi. Noemi era una persona forte, una donna che se gli stavi antipatico, te lo diceva chiaramente in faccia e non si lasciava intimorire da nessuno. Felix invece era dolce, gentile, premuroso e per nulla uno sciupafemmine, come invece lo era Nicholas.

Noemi sussultò, come da copione, e gli tirò una leggera sberla sul braccio per intimarlo a smettere di infastidirla.

«Smettila Nick», gli allontanò una mano dopo che Felix gliela appoggiò su una coscia e strinse le dita intorno alla sua carne lasciata scoperta dalla gonna scozzese.

«Perchè? Mi sto divertendo», Felix si morse il labbro inferiore, sperando di essere abbastanza sensuale perché non era proprio abituato a quei comportamenti da "bad boy" poi le accarezzò una guancia arrossata.

In quel momento la professoressa, un'attrice molto brava ma poco conosciuta perché tendeva a interpretare solamente personaggi minori, sbatté una mano sulla cattedra, facendo sobbalzare tutti nell'aula (attori e comparse, ovvero alcuni studenti della scuola stessa).

«Si può sapere cosa state combinando voi due là in fondo? Sì, sto parlando di lei signorino Cage, ma anche della sua compagna di banco, la signorina Lee!»

Felix era dispiaciuto del fatto che Melvin avesse scelto di non partecipare, ma anche per Bailee che non era stata selezionata (tutto ciò perché si era convinto che se la sua amica fosse stata scelta come comparsa, Melvin si sarebbe presentato per guardarla recitare e invece niente). Ne avevano parlato quel giorno a pranzo, dopo essere entrati nel discorso sulla recitazione e sulla serie televisiva.

Noemi incassò le spalle e abbassò lo sguardo, «Mi s-scusi, prof. Non disturberò più», biascicò con imbarazzo.

«Le stavo semplicemente togliendo una ciglia dalla guancia», spiegò con nonchalance poi fece spallucce e si stravaccò sulla sedia, fissando con sguardo di sfida la professoressa che divenne rossa dalla frustrazione.

«Vada fuori, signorino Cage. Non ho intenzione di continuare la mia lezione con lei che infastidisce gli altri», Ginnifer, l'attrice, fu molto brava nell'interpretare una professoressa burbera che non accettava di venir sottomessa da uno studente scansafatiche e maleducato.

Felix alzò le braccia per aria, si mise in piedi e voltandosi verso Noemi, le fece l'occhiolino, «No, ci vediamo dopo, Kaya», mormorò maliziosamente.

«Cage fuori. Ora!»

Sbuffò, roteando gli occhi per la seccatura che quella professoressa gli stava facendo provare, «Me ne vado vecchia arpia», borbottò, raccogliendo da terra il suo zaino e raggiungendo velocemente la porta.

«Come osa! Io non sono qui a farmi insultare da un ragazzino viziato. Lei è in punizione, signorino Cage. Oggi passerà il pomeriggio in detenzione e se dovessi venir a sapere che non si è presentato, parlerò con la preside e la farò cacciare da questa scuola.»

Felix scrollò le spalle e pensò a quanto Nicholas fosse un megalomane, un cretino di prima categoria.

«Faccia come le pare. La preside poi sentirà mio padre.»

Eccolo lì, esclamò dentro di sé, il suo personaggio era un cazzo di viziato pieno di soldi. Un figlio di papà con l'ego smisurato.

Ma vedrai poi come ti cambierà Kaya, pezzo di merda.

Felix uscì di scena con una camminata baldanzosa mentre Noemi lo osservava con un leggero stupore sul viso.

«Ragazzino insolente», sbraitò furiosamente la professoressa.

«CUT», gridò Declan con un sorriso enorme sulle labbra, «Scena perfetta».

Lavorarono per un altro paio di ore. Alla fine della giornata, Declan avvisò tutti che l'indomani avrebbero girato per la cittadina, in quanto i due protagonisti della storia si sarebbero incontrati per puro caso in giro e dopo l'insistenza di Nicholas, Kaya avrebbe accettato di passare il pomeriggio insieme.

Felix si stiracchiò le ossa. Era stanco morto. A parte per quella breve pausa a pranzo, non si erano mai fermati per più di un paio di minuti per il ritocco del trucco e il cambio degli abiti.

Salutò tutta la troupe, poi insieme a sua madre, salirono sulla loro macchina e l'autista partì per riportarli finalmente in hotel.

«Felix devi stare più attento — sei sempre nei tuoi pensieri. Devi mostrare di più le emozioni sennò sembra quasi che il tuo personaggio sia monoespressivo e non va bene. Piantala di essere così rigido, ti devi rilassare e vedi di comportarti un po' meglio. Devi sempre essere educato con tutti. E—»

Il ragazzo smise quasi subito di ascoltare lo sproloquio di sua madre perché ormai era un disco rotto. Erano tutte cose che poi lui faceva già: era sempre gentile con tutti e cercava di far trasparire al meglio l'emozioni del suo personaggio. E poi se non fosse andato bene il suo modo di recitare, Declan glielo avrebbe fatto sapere, ma lui gli diceva sempre di essere molto bravo quindi sua madre doveva semplicemente trovare un pretesto per criticarlo sennò non era contenta.

«Mi stai ascoltando?»

«Felix!»

«Sì, mamma, ho capito», borbottò sbrigativo.

Una volta varcata la soglia della loro stanza d'hotel, Felix andò subito a farsi una doccia per lavarsi di dosso la stanchezza e quando tornò nella sala principale, un cameriere aveva appena servito la cena.

«Buona cena, signorino Olander», il giovane cameriere fece un mezzo inchino.

«Grazie mille», gli sorrise con cordialità poi il ragazzo lasciò la stanza e Felix si accasciò sul divano, stanco e affamato, ma doveva aspettare che sua madre finisse di prepararsi per la cena.

Lui indossava una semplice tuta grigia mentre era sicuro che Alva si stesse agghindando come se dovesse partecipare ad una sfilata, per cenare in una camera d'albergo. Nessuno l'avrebbe vista con quei abiti addosso eppure lei non poteva rinunciare al lusso e al mettersi sempre in mostra come la donna ricca che era (arricchita dai soldi del figlio, tra l'altro).

Passarono una decina di minuti e Felix stanco di aspettare sua madre, alzò una cloche e iniziò a cenare da solo, desiderando di avere una famiglia normale.

Gli mancava suo padre che era in tournée insieme ad altri wrestlers. Provò a chiamarlo e dopo pochi squilli Gunnar Olander rispose alla chiamata del figlio con il suo classico: «Ciao campione, come stai?».

"Ciao papà, mi manchi tantissimo."

Padre e figlio parlarono per quasi due ore al cellulare e di sua madre nemmeno l'ombra. Felix gli raccontò delle giornate appena passate e del fatto che avesse conosciuto un ragazzo bellissimo. Gunnar fu molto felice di sentirlo parlare della sbandata che si era preso per un ragazzino di Maddison Town.

Una volta chiusa la chiamata con suo padre, Felix capì che sua madre si era fatta portare la cena in camera pur di non mangiare in sua compagnia.

Lo stomaco gli si chiuse in una morsa e quasi nell'immediato tutto ciò che aveva appena mandato giù, tornò su con il desiderio di schizzare fuori dal suo corpo come vomito. Aveva appena realizzato che Alva non aveva proprio intenzione di comportarsi da madre con lui e che era vero, non gli voleva più bene da quando le aveva detto di essere gay.

Si sentì terribilmente solo e tanto, ma tanto triste.

Si rannicchiò su se stesso e si addormentò sul divano, stremato da tutta la negatività, il disprezzo che riceveva ogni giorno da sua madre.

Quanto vorrebbe essere normale... Così forse sua madre avrebbe smesso di odiarlo...

◈◈◈

Melvin

Melvin era sdraiato sul suo letto e la sua mente era totalmente monopolizzata da pensieri riguardanti Felix. Il suo dolce e sincero sorriso non voleva abbandonare la sua testa e i suoi modi gentili, anche quando faceva l'antipatico con lui, gli stavano facendo venir voglia di dargli una possibilità. Di provare a diventare amici segreti, ovvero non dovevano farsi vedere dagli altri a parlare insieme, ma potevano creare un legame tra loro.

«Uffa... Cosa devo fare?», nascose la testa sotto al cuscino e iniziò a scalciare l'aria per la frustrazione.

Felix era un bravo ragazzo ma era famoso e attirava troppo l'attenzione, sia perché era un attore che per la sua bellezza mozzafiato.

Gli doveva dare una possibilità oppure no?!

«A che proposito?»

Melvin riconobbe immediatamente la voce grossa di Wilmer perciò si mise di scatto seduto sul letto e lo fissò con stupore.

«Willy?!»

«Ti sei già dimenticato di me? Sono stato fuori solo alcuni giorni... Così mi ferisci! Fratellino non mi vuoi più bene?», Wilmer aveva un sorriso sghembo sulle labbra mentre stava appoggiato alla stipite della porta a braccia conserte e fissava suo fratello agitarsi sul suo letto senza motivo.

Melvin deglutì a fatica. Era arrivato il giorno del confronto con suo fratello, anche se non era pronto a sentire qualcosa di negativo uscire dalla sua bocca.

«Tu mi vuoi ancora bene?», chiese con un filo di voce.

«Certo, perché non dovrei?»

«P-per quello che ti ho detto il primo giorno di scuola». Melvin si stava mordicchiando il labbro inferiore con nervosismo e per la prima volta da quando aveva annunciato alla sua famiglia di essere gay, non riuscì a sostenere lo sguardo di suo fratello.

Wilmer emise uno sbuffo, «Melvin è la tua vita. Puoi essere chi cazzo vuoi. Sei asessuale, non provi attrazione sessuale e quindi? Cosa devo dirti? Che fai schifo e che sei malato? Non lo sei. Non siamo tutti uguali. Il mondo è bello perché diverso perciò stai tranquillo che non ti odio, anzi ti voglio ancora più bene per il modo in cui me l'hai detto».

Si sentiva molto più sollevato ora. Suo fratello gli voleva bene e lo accettava.

Allargò le braccia per chiedere a suo fratello un abbraccio, cosa che in altre circostanze non farebbe mai e Wilmer, dopo un attimo di esitazione, lo raggiunse sul letto e lo abbracciò goffamente.

Era chiaro che non lo facessero spesso e quello stupido imbarazzo che si era creato tra loro non aveva alcun senso, ma non erano abituati a scambiarsi affetto con quel tipo di contatto fisico. Il loro modo per dirsi che si volevano bene era mandarsi a cagare o prendersi in giro e non di certo baci e abbracci.

«Questa sarà l'ultima volta che ci abbracciamo», annunciò suo fratello, dandogli leggeri colpetti sulla schiena.

«Ovviamente», Melvin si staccò leggermente da Wilmer e gli mostrò un'espressione di disgusto, «Puzzi».

«Anche tu.»

Quella era la loro maniera bizzarra di dirsi che si volevano bene.

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