Capitolo 03
Melvin
Melvin stava trucidando con lo sguardo la sua migliore amica da quando aveva fatto ritorno dal reclutamento per la serie televisiva, ma lei continuava a fissare la lavagna con finto interesse. Era sicuro che non fosse attenta e con la mente stesse viaggiando in un mondo fatato in cui Noemi era la protagonista e lei era la sua fidanzata o, semplicemente stava cercando di evitarlo perché aveva scelto l'attrice a lui. Molto probabilmente un miscuglio di entrambe le cose.
Una loro compagna le aveva fregato il posto perciò alla fine era finita col sedersi accanto a quello di Melvin e non più quello davanti.
Non poteva credere che lo avesse tradito per un'attrice che non la calcolerà mai. Per colpa sua era stato notato da quel Felix e ora le loro compagne di classe lo fissavano rabbiose, quasi come se volessero ucciderlo, perché secondo loro aveva risposto in malo modo all'attore.
Non lo aveva fatto. Gli aveva semplicemente detto la verità. Non gli interessava partecipare e stare davanti alle telecamere, tutto qui.
C'era il centouno per cento di possibilità che fossero unicamente gelose del fatto che quello a essere stato notato era stato Melvin e non loro e per quello facevano le stronze con lui.
Però fingiamo che non sia così... Sì, sì...
Gli occhi di Melvin non avevano intenzione di staccarsi dalla figura di Bailee. I suoi capelli rosa sopra e neri sotto le oscillarono sulle spalle, segno che aveva provato a voltare il viso verso il ragazzo, ma poi ci aveva rinunciato perché la stava ancora fulminando con lo sguardo.
Poi finalmente riuscì a trovare il coraggio di guardarlo. Si voltò verso di lui con un'espressione di rammarico dipinta sul viso, «Scusa», mormorò a bassa voce, «Non pensavo—»
«Cosa? Che sarei diventato la preda di queste pazze che molto probabilmente stanno decidendo in quale modo farmela pagare per aver "risposto in malo modo" al loro amato attore?!», Melvin cercò di tenere un tono di voce basso mentre infieriva contro Bailee.
Lo sapeva che non lo aveva fatto con cattiveria. Infatti per quanto non sopportasse tutta quell'attenzione, l'aveva già perdonata, solo che per il momento voleva divertirsi un pochettino con lei.
«Mi dispiace», Bailee sporse il labbro inferiore in fuori. Le sue sopracciglia incurvate verso il basso per la tristezza.
Era buffa e adorabile.
Melvin le mostrò un mezzo sorriso, picchiettandole una mano sulla spalla per consolarla, «Bai, basta, ho capito. Non fa niente. Spero solo che si dimentichino presto di me perché voglio tornare ad essere invisibile».
«Non appena inizieranno le riprese si scorderanno di te», gli fece l'occhiolino —aveva capito che Melvin l'aveva perdonata.
«E quando incominceranno? Giusto per sapere...»
«Domani mattina. Oggi fanno solo il giro della scuola per mostrare a Felix e Noemi in quali posti gireranno per la maggior parte del tempo», gli spiegò Bailee dopo aver controllato qualcosa sul suo cellulare.
Si era appuntata l'itinerario di Noemi sulle note? Oh, Bai...
Melvin si spalmò una mano sulla fronte e scosse il capo, senza parole.
«Quindi mi stai dicendo che fino alle tre di oggi pomeriggio c'è la possibilità che possa lasciarci le penne in questa scuola di merda?», inveì teatralmente, tirandole poi una sberla sulla coscia, giusto per enfatizzare la sua esasperazione.
«Dio, Mello, quanto cazzo sei drammatico». Bailee roteò gli occhi indispettita, massaggiandosi la parte da lui colpita.
Melvin stava facendo il melodrammatico, sì, ma quelle pazze stavano davvero pensando ad un modo per fargliela pagare. Gli avevano lanciato certe occhiate che gli avevano fatto venire i brividi. Non era colpa sua se era stato notato da Felix. La prossima volta che volevano parlare con Felix avrebbero dovuto fare meno le cretine e aprir bocca per buttare fuori parole e non grida acute e fastidiose.
«E di chi è la colpa, eh, Bai?»
Bailee gonfiò le guance, mostrandosi offesa poi gli tirò un pugno sul braccio e ciò gli rubò un lamento di dolore, «Ti ho già chiesto scusa, brutto stronzo!».
Melvin la fissò con la bocca e gli occhi spalancati — come aveva osato chiamarlo?!
«Stronzo sì, ma brutto proprio no.»
«Oh, Mello...», Bailee alzò gli occhi al cielo poi lasciò cadere la testa sul banco ed emise un profondo e pesante sospiro.
Melvin ridacchiò. Adorava farla sclerare con le sue cazzate.
Si conoscevano da quando erano bambini perché le loro famiglie erano amiche da anni. Melvin e Bailee fecero amicizia nell'immediato e nel corso degli anni la loro affinità crebbe fino a divenire migliori amici. Glielo domandò lui in terza elementare e lei accettò volentieri, abbracciandolo e dicendogli quanto gli volesse bene. Da quel momento diventarono inseparabili. Sempre pronti a proteggersi a vicenda o a prendersi gioco l'uno dell'altro. Bailee era la spalla su cui poteva piangere e Melvin era la spalla su cui lei poteva sfogarsi. Era sempre stato così sin da bambini, da quando capì che gli piacevano i maschi e non le femmine.
All'età di dieci anni fece finalmente pace con se stesso. Quel giorno pianse disperato perché convinto fosse una cosa sbagliata. La gente per strada diceva che era sbagliato, l'essere gay era una cosa abominevole e Melvin per un periodo pensò fosse vero. Bailee notò che c'era qualcosa di strano in Melvin, non era più felice come prima e quando un maschio si avvicinava a lui, si allontanava subito perché aveva paura che le persone potessero capire che non era normale e decise di fronteggiarlo. Si chiusero in camera di Melvin e Bailee gli domandò cosa lo stesse turbando a tal punto da non essere più sorridente e spensierato. Il ragazzo scoppiò a piangere e tra un singhiozzo e l'altro confessò alla sua amica che non gli piacevano le femmine.
Sapete cosa fece Bailee? Esplose in una risata. Melvin ricorda di essere rimasto pietrificato dalla sua reazione perché era convinto lo stesse prendendo in giro, ma poi lei lo abbracciò e gli disse che non era una cosa brutta, che non doveva avere paura di amare chi voleva. E di quello gliene fu grato perché finalmente giunse alla conclusione che non era sbagliato, che non c'era niente di imperfetto in lui. Ancora tuttora era grato a Bailee per il suo essere stata così comprensiva e diretta e per averlo aiutato nel suo periodo più buio. Nemmeno due anni dopo Bailee gli confessò di essere lesbica e in quel momento, Melvin capì il motivo per cui non lo giudicò mai quando fece coming out. A quattordici anni comprese di non provare alcuna attrazione sessuale per i ragazzi e quando lo disse a Bailee, lei gli rispose che non doveva preoccuparsi e che magari non si sentiva semplicemente pronto a fare quel genere di cose, come invece lei aveva già sperimentato con una ragazza. L'anno dopo provò a verificare se fosse solo una cosa momentanea oppure no e come aveva già detto, i suoi unici pensieri mentre quel ragazzo gli toccava le parti intime furono che voleva essere da tutt'altra e che tutto ciò lo metteva a disagio. Lo raccontò a Bailee che stupita lo guardò e gli chiese se fosse assessuale. Melvin le domandò cosa volesse dire, glielo spiegò e alla fine giunse alla risoluzione dei suoi problemi. Era gay e pure asessuale.
In ogni caso, tutto questo per dirvi che Melvin non potrebbe mai vivere senza la sua migliore amica, anche se spesso e volentieri si punzecchiavano a vicenda fino a litigare per delle stronzate, ma le voleva un mondo di bene e lei provava lo stesso per lui e di questo glien'era enormemente grato.
«Secondo te saranno i professori a scegliere chi faranno da comparse? Se sì, non è giusto! È ovvio che sceglieranno i loro preferiti», sbuffò Bailee, affondando il mento nel suo astuccio con fare sconsolato.
«Non è che ti perdi chissà che cosa, Bai. Dovrai solamente aprire o chiudere un armadietto. Nient'altro.»
«Ma in questo modo posso stare vicino a Noemi.»
«Nei tuoi sogni, sicuro. Nella realtà...», Melvin inclinò leggermente la testa su un lato e arricciò il naso, pronto per infrangere le fantasticherie della sua amica, «non ti avvicinerai mai a lei perché saresti solo una comparsa sullo sfondo, Bai».
Bailee piagnucolò, fissandolo di sbieco, «Sei un guastafeste».
«Ho solo detto la verità», alzò le spalle poi si mise a fissare l'orologio appeso sopra la lavagna con la speranza che il tempo passasse più in fretta perché aveva un bisogno disperato di andare in bagno.
«Antipatico», la sentì borbottare e sulle sue labbra nacque involontariamente un sorriso compiaciuto.
Non appena suonò la campanella di fine lezione, lezione che gli sembrava essere durata più del normale, Melvin si alzò di scatto dal banco e Bailee sobbalzò spaventata per via della sua mossa improvvisa.
«Cazzo fai?», strillò indignata — si era addormentata e ora aveva gli occhi ridotti a una fessura e un'espressione da pesce lesso che lo fece sghignazzare.
«Devo andare in bagno! Prendi anche la mia roba, grazie», urlò, scappando velocemente dalla classe e beccandosi occhiatacce dalle sue compagne.
Ma che andassero al Diavolo, oh!
Corse fino ai bagni del primo piano perché quelli del quarto erano ancora fuori uso dopo un anno che continuavano a dire che li avrebbero aggiustati (sì, come no!) e una volta trovata una cabina WC con un porta che non fosse ridotta a brandelli, si fiondò dentro e svuotò la vescica.
Emise un verso di goduria.
Per colpa di Wilmer non era riuscito a pisciare quella mattina. Se quel cretino entrava per primo in bagno, poteva anche scordarsi di potersi fare una doccia, pisciare e quant'altro se non voleva arrivare in ritardo a scuola. Si era lavato i denti nel lavandino in cucina, già, perché la primadonna di casa doveva fare le cose tutte con calma.
Suo padre, purtroppo, non aveva ancora finito di costruire il bagno di servizio che gli aveva supplicato di realizzare perché Wilmer monopolizza l'altro.
«Will che tu sia maledetto...».
Nel mentre che Melvin mormorò quelle parole udì la porta dei bagni aprirsi. All'inizio non gliene importò più di tanto, ma subito dopo cambiò idea perché sentì chiaramente il click di chiusura metallico che annunciava che quella persona aveva chiuso del tutto la porta. E quella dannata porta era difettosa perciò se veniva chiusa dall'interno non si apriva più. In poche parole era appena rimasto intrappolato in un bagno maleodorante con un cretino.
Si allacciò velocemente i jeans ed uscì infuriato dalla cabina, «Per quale cazzo di motivo hai chiuso la porta? Sei per caso stu—»
Le parole gli morirono in gola quando si ritrovò davanti l'attore che lo fissava visibilmente spaesato mentre inveiva contro di lui.
«Non dovevo?», gli domandò con dispiacere Felix, grattandosi una guancia e spostando lo sguardo da destra a sinistra pur di non incontrare quello di Melvin che fumava dalla rabbia che scemò quasi all'istante perché quel povero cristo non avrebbe mai potuto saperlo.
◈◈◈
Felix
Felix si sentiva abbastanza in colpa, ma come avrebbe fatto a saperlo se era la prima volta che entrava in quel bagno?
«No, perché quella cazzo di porta di merda è difettosa!», abbaiò il ragazzo di cui non sapevano il nome verso essa, stringendo con rabbia i pugni.
Già il fatto che si fosse perso era di per sé imbarazzante e ora aveva fatto anche una figuraccia con quel ragazzo dal viso da fatina che sembrava più un camionista da quanto fosse sboccato.
Ma nonostante la sua boccaccia, Felix lo trovò dannatamente bello e adorabile allo stesso tempo. Erano quei grandi occhi da cerbiatto che gli conferivano quell'aspetto bambinesco eppure sembrava una belva in cerca di una preda da sbranare. I capelli erano ancora più arruffati di prima ma tenuti uniti da una fascia nera che gli sparava alcune ciocche per aria.
«Mi dispiace, non lo sapevo...», mormorò Felix nervosamente, giocando con le sue dita mentre lo osservava lavarsi le mani e alle sue scuse lo sentì sospirare.
«Sì, scusami per averti aggredito ma non è la prima volta che mi trovo rinchiuso in questo bagno maleodorante», esalò un altro profondo respiro, strofinandosi le mani bagnate sulla felpa nera che indossava, «L'anno è appena iniziato eppure non si sono nemmeno degnati di mettere un po' di carta per potersi asciugare le mani — che merda di scuola».
Felix aveva sempre pensato che frequentare un liceo fosse una cosa figa, che fosse tutto perfetto, senza mai mettere in conto che potevano anche esserci cose negative, (come ad esempio ciò che era appena successo) ma nonostante alcune piccolezze, gli sarebbe piaciuto lo stesso studiare in una scuola per il semplice fatto che si sarebbe potuto fare degli amici e non avrebbe passato la sua intera infanzia e adolescenza da solo. L'unica cosa positiva di studiare a casa era che aveva tutto ciò che desiderava a portata di mano, ma per il resto: solitudine.
«Non puoi avvert—»
«Ho appena scritto alla sua migliore amica. Vediamo cosa mi risponde», il ragazzo di cui ancora non conosceva il nome lo batté sul tempo e gli spiegò ciò che aveva fatto.
Quindi per il momento erano rinchiusi in quel bagno che come aveva detto lui puzzava da dare il voltastomaco, da soli? Finalmente poteva conoscere il suo nome.
«Posso sapere come ti chiami?», domandò Felix con gentilezza, appoggiandosi col sedere al lavandino, l'unica cosa che non sembrava lurida come il resto della stanza.
I bidelli non pulivano mai lì dentro? Gli veniva da rimettere. Che schifo!
Il ragazzo spostò il suo sguardo su Felix e lui arrossì come un idiota. I suoi occhi erano luminosi come pietre preziose e il loro colore gli ricordavano la cioccolata calda, paragone abbastanza stupido ma non riusciva a pensare ad altro guardandolo.
«Melvin», la sua voce era cristallina e delicata, nulla a che vedere con il suo essere uno scaricatore da porto da incazzato.
Melvin, gli piaceva.
Melvin tornò a guardare il suo cellulare e la sua fronte si aggrottò, le narici si dilatarono e gli occhi gli si ridussero a una linea sottile. Non era un buon segno. «Fanculo, Bailee mi ha scritto che sono fuori come un balcone e che ovviamente non può uscire dalla classe in quanto è solo la seconda ora e come professore c'è quel tiranno di merda di Jones. Fantastico...», si passò le mani sul viso, «Chissà quando cazzo usciremo da qui».
«Tu non ce l'hai il cellulare per avvisare qualcuno?», domandò a Felix dopo aver fatto un profondo respiro per calmare la rabbia che ribolliva in lui.
Oh, se l'avesse avuto non l'avrebbe fatto lo stesso.
No! Cosa andava a pensare? Era cretino per caso? Non poteva obbligare Melvin a stare con lui solo perché gli era bastato guardarlo mezzo secondo per prendersi una cotta per lui.
«No, è rimasto nella borsa di sua madre ed è in modalità silenziosa.»
Melvin batté i piedi per terra, come farebbe un bambino e per quello, Felix non riuscì a nascondere un piccolo sorriso che nacque spontaneo sulle sue labbra.
Era troppo carino.
«Bene, un'altra meravigliosa notizia. E in più il mio cellulare è all'uno percento, grandioso!»
«Perché non lo hai caricato ieri sera?»
Domanda molto intelligente Felix, complimenti.
Melvin sbatté le lunghe ciglia, probabilmente confuso dalla sua domanda. Be', ma anche lui gli andava a fare domande idiote, perciò non aveva tutti i torti nel fissarlo come se gli avesse appena chiesto se conoscesse come eliminare la fame nel mondo.
«Perché il mio fottuto cavo del iPhone è morto settimane fa e questo comprato in un negozio di cinesi fa cagare e carica se e quando vuole.»
«Magari la tua amica verrà ad aprirci alla fine della seconda ora.»
Felix provò ad essere speranzoso per lui. Il biondo era felice di essere in sua compagnia, anche se in un bagno liceale, sporco e maleodorante.
«Lo spero per lei sennò la uccido con le mie mani», replicò con voce tetra poi emise un ridacchio, «Scherzo, ovviamente».
La sua risata era dolce e spensierata. Udendo quel breve suono gli venne automatico sorridere.
A Felix non gli era mai capitata una cosa del genere. In passato aveva frequentato due o tre ragazzi ma le sue relazioni erano sempre durate poco perché il loro primario desiderio era costantemente quello di fare sesso mentre lui prima voleva conoscere meglio l'altra persona e poi forse passare alla fase successiva e loro ovviamente, capendo che non voleva, lo lasciavano subito.
Non aveva mai percepito quella forte attrazione di cui tutti parlavano, ma con Melvin sì. Si sentiva fortemente attratto da lui, non sessualmente, ma emotivamente. E se all'inizio gli avevano colpito immediatamente i suoi occhi, ora tutto di lui lo lasciava senza fiato. Il suo viso fiabesco, la sua voce delicata e la sua dolce risata. Era bellissimo e voleva conoscerlo, sì.
Sì, dannazione, voglio frequentare questo ragazzo.
«Sei molto bello, lo sai?»
La sua bocca parlò senza il suo consenso. Il suo cervello era rimasto scollegato e il suo impulso di fargli sapere ciò che pensava di lui aveva avuto la meglio su tutto. Le sue guance presero all'istante fuoco e i suoi denti presero a mordicchiare il labbro inferiore per l'imbarazzo.
Melvin non aveva ancora fiatato e Felix non aveva il coraggio di incrociare il suo sguardo. Forse con quella sua frase lo aveva messo a disagio?
Lo udì schiarirsi la voce, «Uhm, grazie. Sei il primo a dirmelo, be', non proprio ma, sì, ecco, sei il primo al di fuori delle persone a cui voglio bene», mormorò con quella che gli parve timidezza e leggero panico.
Annuì, continuando a torturarsi il labbro inferiore, poi si staccò dal lavandino e si diresse verso una cabina wc, percependo sulla sua schiena lo sguardo di Melvin bruciargli la pelle.
Lo stava tenendo d'occhio. E non sapeva dire se fosse o meno una cosa positiva.
Felix portò la testa all'interno della cabina e la prima cosa che i suoi occhi catturarono furono le centinaia di scritte sulla parete destra e giallastra. Ne lesse alcuni e capì essere unicamente insulti nei confronti delle ragazze o di altri ragazzi perché scrivevano chiaramente nome e cognome delle persone che volevano deridere.
«"La parete dei cazzetti"», spiegò Melvin dopo qualche minuto di silenzio e Felix sussultò nell'udirlo parlare.
«Cosa significa?», domandò, proseguendo con il leggere altre scritte.
«Io e Bai l'abbiamo chiamata così perché è chiaro che chi ha scritto quelle cose ha qualche problema di inferiorità. Dei cazzetti minuscoli, insomma.»
Sulle labbra del biondo si formò un sorriso divertito che sparì non appena trovò un insulto diretto a Melvin. Tutto ciò a cui pensò fu: «Bastardi».
«"Melvin Morgan è uno sfigato e pure succhia—"», smise di leggere perché ciò che avevano scritto era chiaramente un insulto omofobo e la cosa lo fece stare male perché chissà quante altre prese in giro aveva dovuto subire per colpa di quelle persone durante le sue giornate scolastiche.
«Cazzi. Puoi dirlo, non mi offendo. Non succhiocazzi perché mi viene il voltastomaco, ma sì, sono frocio, già.»
Fulmineo, Felix si voltò verso Melvin e lo trovò ad aggiustarsi la fascia sulla testa e a sistemarsi alcune ciocche che gli incorniciavano il viso, con noncuranza. «Non ti dà fastidio?»
Per Melvin era stato così semplice dire di essere gay mentre lui non poteva permettersi di annunciarlo appertamente e al mondo intero perché sua madre glielo aveva categoricamente impedito con la minaccia di rinchiuderlo in casa e di non farlo più uscire se non per lavorare, se ci avesse provato.
Vorrebbe tanto essere come quel ragazzo dal visetto fiabesco...
Libero di poter essere chi voleva. Libero di poter amare un ragazzo senza doversi nascondere a tutti i costi o senza doversi vergognare perché era attratto da qualcuno del suo stesso sesso.
«Possono dire quello che vogliono perché so di essere migliore di tutti loro. Io mi faccio i fatti miei invece loro per stare bene con loro stessi devono buttare merda sugli altri.»
«Fai bene», gli mostrò un sorriso che Melvin non ricambiò.
Dopo quelle ultime parole scambiate non parlarono più. Melvin non provò mai ad aprire una conversazione con Felix e Felix, troppo stupido, aveva preferito restare in silenzio per evitare di dargli ulteriore fastidio, anche se avrebbe desiderato chiacchierare un altro po' con lui.
La campanella poco dopo suonò e Felix si spaventò perché era stato preso alla sprovvista. Melvin invece balzò giù dal lavandino su cui si era seduto a gambe incrociate, esclamò un alleluia e infine si piazzò davanti alla porta in attesa della sua amica.
Felix lo raggiunse e quando lui si voltò per guardarlo, avvampò come una fiamma.
«Tutto bene?»
Annuì timidamente. «Senti, uhm, l'aula di biologia, uh, mi potresti indicare dove si trova? Gli altri sono là che mi aspettano.»
«Aula di biologia di quale anno?»
Inclinò il capo verso destra mentre provava a ricordarsi quello che aveva riferito Declan più di un'ora prima, «Credo terza...?».
«Terzo piano, subito dopo l'aula di letteratura inglese.»
Felix fece per aprir bocca e ringraziarlo quando udì una voce femminile gridare il nome di Melvin perciò serrò le labbra e capì che il suo tempo con lui era scaduto.
«Mello! Mello! Sono venuta a salvarti.»
La porta venne aperta e Melvin si tuffò su questa ragazza dai capelli rosa e neri che lo prese al volo e lo strinse tra le sue braccia esili, «Mia eroina!», strillò con contentezza.
«Uhm, grazie per averci aperto la porta. Ora è meglio se vado», Felix parlò a bassa voce mentre la ragazza lo fissava con occhi sgranati e increduli, continuando ad abbracciare il suo migliore amico.
Melvin non le aveva detto di essere rimasto chiuso in bagno con lui? Perché?
«Sì, ah, prego Felix.»
Le regalò un sorriso abbozzato poi uscì dal bagno e velocemente raggiunse il terzo piano e l'aula di biologia. Entrò nella classe con un enorme sorriso sulle labbra, contento di aver scoperto il nome del ragazzo che lo aveva stregato con il suo sguardo e di aver parlato con lui per qualche minuto, e una miriade di occhi si puntarono su di lui, mettendolo in soggezione.
«Ma si può sapere dove diavolo eri finito, Felix?!», tuonò aggressivamente sua madre.
Il sorriso scomparve immediatamente dalle sue labbra. Sua madre riusciva sempre a rovinare ogni cosa. Ogni suo attimo di felicità con la sua aggressività e il suo odio per lui, che era tanto brava a nascondere agli occhi degli altri ma non ai suoi, che sapevano. Oh, sì che sapevano quanto lo disprezzasse per via della sua omosessualità.
Ah, quanto vorrei essere ancora in bagno con Melvin...
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