Capitolo 01
Melvin
L'inizio della scuola, per Melvin Morgan, era un giorno come l'altro. Avrebbe passato anche l'ultimo anno senza attirare l'attenzione delle persone perché odiava sentirsi gli occhi di tutti puntati addosso e a lui andava bene così. E poi una volta volta fuori da quel posto, avrebbe fatto "ciao ciao" ai suoi compagni, con la speranza di vederli il meno possibile in giro per Maddison Town o per l'università, nonostante non fosse sicuro di volerci andare. Doveva ancora decidere.
«Vinny, sei arrivato all'ultimo anno—»
Alzò al massimo il volume della radio, impedendo in quel modo a suo fratello di finire quella stupida frase che ogni dannato anno gli diceva, come a volerlo incoraggiare a farsi "nuovi" amici.
Wilmer la spense e si voltò di tre quarti verso Melvin, fissandolo con serietà.
Sbuffò.
Perché non capiva che non aveva alcuna intenzione di fare amicizia ora e soprattutto con quella gente? Non erano persone cattive, almeno non tutte, ma era sicuro di non avere niente in comune con tutti loro perciò preferiva starsene solamente con la sua adorata Bailee e basta.
«Io proprio non ti capisco... Sei un bel ragazzo, sei simpatico quindi perché non ti dai una chance e ti trovi un fidanzato, eh? Hai diciassette anni e l'anno prossimo ne farai diciotto eppure non ti sei mai fidanzato e per di più sei ancora verg—»
«Wilmer», mormorò a denti stretti per metterlo a tacere.
Non aveva mai avuto un fidanzato perché non c'era nessuno di interessante nella sua scuola e per quanto riguardava la sua verginità, be', non aveva alcun interesse nel sesso, anzi al solo pensierio di mettere se stesso in una situazione in cui c'era di mezzo qualcosa di sessuale si agitava e terrorizzava.
Era asessuale.
Ecco perché.
Non era sbagliato, ma per molto tempo aveva creduto di esserlo perché era chiaramente diverso da tutti gli altri. Perché non sentiva, ogni tre per due, quel bisogno di saltare addosso ad un'altra persona per farci roba insieme.
Purtroppo per Melvin e per molte altre persone, la società girava intorno al sesso. In ogni dannata cosa dovevano metterci di mezzo qualcosa di sessuale. Persino nelle pubblicità in televisione mettevano donne mezze nude per vendere cerotti o altre stronzate.
Per non parlare dei film!
Erano davvero necessarie tutte quelle scene di sesso? A cosa servivano esattamente? Ad arrapare?
A lui mettevano solo a disagio.
«Prima o poi mi dovrai dire perché ti dà così tanto fastidio parlare di sesso», Wilmer gli picchiettò un dito sulla fronte e Melvin avrebbe tanto voluto staccarglielo a morsi.
«Sono asessuale, Will — cerca la definizione su google. Ciao».
Prese il suo zaino e schizzò fuori dalla macchina di suo fratello, impedendogli in quel modo di replicare o fargli altre domande. Poi corse da Bailee che lo stava aspettando davanti al portabiciclette in cemento della scuola con il cuore in gola.
Aveva appena detto a suo fratello di essere asessuale e lo aveva fatto senza pensarci, troppo stanco dei suoi continui discorsi su verginità e sesso che ogni volta che poteva tirava fuori per ricordagli quanto fosse sfigato.
«Ho appena fatto coming out con Will», le esclamò in faccia, stringendole le mani intorno alle spalle e scuotendola leggermente.
«Ma i tuoi non sapevano già che sei gay?», domandò lei, inarcando un sopracciglio.
Be', la sua domanda era più che lecita in quanto non aveva specificato il suo coming out fin troppo spontaneo di oggi.
Scosse il capo. «Gli ho detto che sono asessuale, Bai», strabuzzò gli occhi, fissandola stralunato.
Che cazzata aveva appena fatto?
E se Wilmer, una volta tornato a casa, gli dovesse dire che era solo una fase o che si sentiva così solamente perché non aveva trovato quello giusto?
Gli avrebbe spezzato il cuore perché non era così. Non sentiva la necessità di avere rapporti sessuali o qualsiasi cosa richiedesse il sesso. E si sentiva a disagio anche solamente a parlarne.
C'era stata una volta in cui aveva provato a fare sesso con un ragazzo perché voleva a tutti i costi sentirsi normale, ma quando era giunto il momento, il rapporto, il suo cervello aveva iniziato a elaborare pensieri come: "vorrei essere a casa a guardarmi un film con la sua famiglia" o "ho proprio voglia di cucinare dei biscotti per mia nonna" e allora aveva capito che no, non voleva niente di tutto ciò.
Era scappato, lo ammette, ma si era sentito talmente tanto a disagio con quel ragazzo sopra di lui che cercava di farlo eccitare mentre non faceva altro che pensare a quanto volesse essere da tutt'altra parte perché fare sesso lo disgustava e non ne sentiva quel enorme bisogno di cui tutti si vantavano tanto, che non aveva potuto fare altro che darsela a gambe.
Il giorno dopo si era persino scusato con quel ragazzo, ma lui lo aveva liquidato con il fatto che non aveva tempo da perdere con verginelli insicuri.
Be', si era salvato.
«Tu hai fatto cosa? Sei scemo? Non avevi detto di volerlo dire alla tua famiglia con calma?», gli sbraitò Bailee in faccia, facendolo sentire, pure lei perché non bastava lui stesso, un idiota.
Battè i piedi per terra, «Lo so, ma Will continuava a parlarmi di sesso e blah, blah che non ce l'ho più fatta. Quando se ne esce con la mia verginità mi sento quasi in dovere di farlo anche se mi crea repulsione perciò glielo detto».
«Cazzo, Mello...», la sua amica sospirò poi fece per aprir bocca per potergli parlare nuovamente, ma le grida euforiche e acute di molte ragazze della loro scuola la misero a tacere.
Melvin si voltò verso di loro e le fissò in cagnesco. Che diavolo urlavano a fare? Erano impazzite? Dannazione erano solo le otto del mattino e quelle strillavano già come oche.
Riportò lo sguardo su Bailee e la prima cosa che lo colpì fu l'espressione di imbarazzo dipinta sul suo viso roseo, perciò gli venne spontaneo chiedersi cosa diavolo stesse succedendo e perché la sua amica sembrava sapere il motivo di tutto quello starnazzare fastidioso.
«Mello...»
«Sì, mia dolce e cara amica?», sbatté fulmineo le ciglia e le mostrò un sorriso da psicopatico.
«La nostra scuola è stata scelta come set per una serie televisiva e l'attore protagonista, Felix Olander, è amato un po' da tutti e ora le ragazze non stanno più nella pelle di incontrarlo. Io sono innamorata di Noemi Anderson, la protagonista femminile, ovviamente.»
Mentre Bailee gli raccontava del perché tutto quello schiamazzare, entrarono nella scuola e raggiunsero velocemente i loro armadietti, schivando come proiettili le loro compagne che entravano e uscivano dalle aule di corsa.
«Quindi andranno avanti così per molto?», indicò una loro compagna correre impazzita verso una sua amica che stava saltellando euforicamente in mezzo al corridoio.
«Resteranno a girare per quasi tre mesi perciò sì, per molto tempo.»
Melvin aprì il suo armadietto e ci ficcò dentro lo zaino (dopo aver preso astuccio e quaderno) poi sospirò nel udire nuovamente le ragazze strillare, «Che merda», commentò stizzito.
Raggiunsero la loro classe in silenzio. Non erano riusciti a scambiarci più di poche parole perché le grida delle loro compagne avevano soffocato ogni loro iniziativa di aprire una conversazione.
«Quest'anno mi metto io vicino alla finestra», annunciò, correndo verso l'ultimo banco in fondo alla classe e perfettamente allineato con la finestra e lanciò la sua roba su di esso, proclamandone il suo dominio.
Udì Bailee sbuffare alle sue spalle poi la vide passargli accanto e mettere il suo astuccio sul banco davanti al suo, «Non è solo quest'anno — pure l'anno scorso e quello ancora prima ti sei preso il posto vicino alla finestra».
«Soffro di claustrofobia e la finestra mi dà un senso di ampiezza.»
«Ma vai a cagare che è meglio!»
Rise.
Aprì la finestra e si sporse fuori con il viso. Il suo sguardo venne catturato dall'arrivo di cinque macchine nere perciò lo disse a Bailee che in meno di un secondo gli fu accanto e strillò felicemente.
Nella classe si scatenò il panico. Tutte le ragazze iniziarono a gridare e spingersi per poter guardare fuori dalla finestra l'arrivo dell'attore.
Non avrebbe dovuto annunciare l'arrivo di quelle macchine. Dannazione.
Strillarono il suo nome. Più e più volte. Come se lui da dentro la sua macchina blindata potesse sentire il loro schiamazzare.
Che fastidio.
«Mamma mia che schiamazzo», commentò acidamente, ruotando poi gli occhi, indispettito da tutto quel rumore.
Bailee gli sferrò una gomitata in un fianco, cosa che lo fece gemere dal dolore e Melvin le rifilò un'occhiata torva, «Avresti fatto lo stesso se al posto di Felix ci fossero stati i Tomorrow x Together».
«Zitta scema». Molto probabilmente avrebbe fatto come loro, ma non doveva umiliarlo in quel modo, eh!
Bailee ridacchiò accanto a lui poi gli si lanciò addosso e l'abbracciò, facendolo strillare per il suo gesto improvviso.
«Non vedo l'ora di vedere Noemi!!» annunciò euforica, urlando direttamente nel timpano di Melvin.
«Bailee non urlare, cazzo.»
◈◈◈
Felix
Felix era molto emozionato nel filmare una serie tv in un vero liceo. Era la sua prima volta in una scuola. Già. Aveva sempre studiato a casa, in una piccola stanza con un banco, una lavagna e un insegnante antipatico che aveva l'abitudine di picchiettargli sulle dita una riga di ferro, soprattutto se sbagliava qualcosa.
Sua madre lo fece debuttare nel mondo del cinema all'età di sei anni e da quel giorno la sua vita non fu mai più normale, la stessa. Non aveva mai frequentato le scuole e i suoi unici amici erano sempre stati le cameriere e i maggiordomi di casa sua, che gli avevano tenuto compagnia durante la sua infanzia solitaria. Ogni tanto vedeva i suoi cugini, ma non li sopportava molto perché erano interessati più alla sua fama che a lui.
Poi crescendo aveva finalmente trovato una vera amica, anche lei attrice e conosciuta sul set di un film di serie B a cui avevano partecipato entrambi. Era Noemi, la sua co-star, motivo per cui era felicissimo di questo progetto. Avrebbe passato le sue giornate con la sua migliora amica perciò era molto contento.
La sua unica preoccupazione erano le sue fan. Non appena avrebbe messo piede in quella scuola sarebbe stato circondato da tutte loro e al solo pensiero di sentirsi accerchiato e senza vie di uscite, gli faceva salire l'ansia.
Non gli piaceva venire pressato dalle persone. Liam, la sua guardia del corpo, ogni volta doveva spingere a destra e a sinistra per farlo passare.
Era un incubo.
Era una delle cose che detestava di più dell'essere famoso, oltre al fatto che la tua intera vita finiva su internet senza il tuo permesso e le persone credevano di avere il diritto di giudicare ogni sua mossa.
Amava recitare, ma se potesse tornare indietro a quando era bambino, cambierebbe quel dannato "sì" in un "no" alla domanda di sua madre sul voler entrare nel mondo del cinema perché nessuno lo aveva preparato alla pressione che tutto ciò richiedeva e a quanto la sua privacy non valesse niente.
«Felix, tutto bene?»
Eccola qui sua madre, Alva Olander, colei che si preoccupava di più di farlo apparire su giornali scandalistici che proteggerlo da tutto quello schifo.
Annuì. «Declan è già arrivato al liceo o è ancora in viaggio?», domandò per cambiare discorso. Non gli andava di parlare di come si sentisse perché tanto non le importava tanto quanto voleva far credere.
Declan Hopkins era il regista delle serie tv e con lui aveva già lavorato ad altri progetti perciò erano in buona confidenza ed era un brav'uomo, un po' fuori di testa ma pur sempre gentile e disponibile.
Sua madre si aggiustò la voluminosa chioma bionda che si era fatta acconciare quella mattina alle cinque dalla sua parrucchiera personale poi si voltò verso il lunotto e guardò fuori, «Ci sono due macchine dietro la nostra — credo si trovi nell'ultima».
«In ogni caso siamo arrivati», gli annunciò una volta tornata a sedersi composta, indicando l'enorme edificio grigio che si stava palesando davanti a loro.
Non appena oltrepassarono il cortile della scuola, Felix udì perfettamente le forti e acute grida delle ragazze, eccitate nell'incontrarlo e nell'immediato il suo stomaco si chiuse per l'ansia.
Serrò per un attimo gli occhi e inspirò a pieni polmoni, pregando affinché nessuna ragazza gli saltasse addosso mentre entrava nel liceo.
«Calmati Felix, non ti mangiano mica.»
Si morse l'interno guancia per evitare di digrignare i denti e mandarla al diavolo. Lei la faceva sempre facile perché aveva sempre amato essere al centro dell'attenzione mentre a Felix, dopo essere andato in terapia grazie all'insistenza e aiuto di suo padre, gli era stata diagnosticata l'ansia e la sociofobia (che stava curando con farmaci che riuscivano a tenere a bada un pochettino anche i suoi attacchi di panico).
Riusciva a parlare con le persone, ma si sentiva spesso in agitazione. Aveva sempre la sensazione che tutti non facessero altro che giudicarlo e che non aspettassero altro se non un suo sbaglio per poterlo criticare.
Purtroppo per lui era così.
E questo aspetto per un attore sempre sotto i riflettori non era una gran bella cosa, motivo per cui finiva spesso col rinchiudersi in camera sua per giorni, evitando come la peste i social media e sua madre stessa. Perché? Perché lo avrebbe obbligato a uscire e a farsi vedere in giro così da finire sui giornali ancora una volta.
«La fai facile tu», mormorò a bassa voce.
«Cosa Felix?»
«Niente mamma, niente.»
La macchina si fermò all'interno del cortile e le grida si amplificarono ancor di più. Erano altissime e troppe. C'erano troppe persone che non vedevano l'ora di incontrarlo e parlare con lui.
Fece un profondo respiro mentre le mani cominciavano a sudargli per il nervoso.
La portiera si aprì dalla sua parte e le urla gli si schiantarono addosso, come un forte sberlone, e gli fracassarono i timpani.
Tremò dall'ansia, deglutendo a fatica. Tutto quello che avrebbe voluto fare in quel momento era restarsene in macchina e sperare che le grida cessassero in fretta.
Si voltò verso sua madre in cerca di un po' di sostegno, ma lei lo fissò con serietà, facendogli capire che non gliene avrebbe dato mezzo.
«Esci dalla macchina, Felix e per favore sorridi che con quello sguardo spaventato farai preoccupare tutti.»
Felix percepì gli angoli della sua bocca tremolare mentre si sforzava di incurvarli verso l'alto in cerca di un sorriso che non trasmettesse tutto ciò che si stava scatenando dentro al suo corpo e nella sua mente.
Era sicuro che sulle sue labbra fosse nato un sorriso forzato e per niente rassicurante eppure a sua madre non importò perché ancora una volta gli ordinò di uscire e di comportarsi bene.
Lo fece.
Uscì e le vide. Vide tutte le ragazze strillare il suo nome e mostrargli striscioni con su scritto quanto lo amassero.
E il suo primo pensiero fu quello di tornarsene in auto.
Ma non poteva.
Sua madre non gliel'avrebbe permesso.
Salutò tutti con una sventolata di una mano, sforzandosi di mantenere sulle labbra il suo sorriso mentre Liam, appoggiandogli una mano sulla schiena, gli fece capire che doveva muoversi da lì.
Le ragazze continuavano a salutarlo allegramente. Fece scorrere il suo sguardo su tutte loro fino a quando i suoi occhi non catturarono la figura di un ragazzo dall'espressione annoiata che osservava le sue compagne strillare.
Il ragazzo si voltò verso Felix e quando i loro sguardi si incrociarono, il suo cuore cominciò a pulsare impazzito nel petto.
I suoi occhi brillavano alla luce del sole e a Felix parvero stupendi.
Lo incantarono.
Il cuore sembrava essere sul punto di espolodergli dalla gabbia toracica. Non capiva per quale motivo si stesse sentendo così, ma quel ragazzo lo aveva stregato con un semplice scambio di sguardi.
Felix percepì le sue labbra stendersi in un sorriso sincero. Sventolò una mano verso di lui, ma le sue compagne di classe tornarono a urlare più forte di prima, sicuramente perché credevano avesse salutato loro e per quel motivo lo vide borbottare qualcosa alla ragazza al suo fianco e poi sparire all'interno dell'aula.
No! pensò. Perché te ne vai? Ho bisogno di osservare nuovamente i tuoi meravigliosi occhi.
Voleva incontrarlo. Voleva conoscere il suo nome. Voleva parlare con lui.
Dannazione, si era preso una "cotta" per un ragazzo mai visto e a cui non sembrava interessare il fatto che fosse nella sua scuola.
Ma nonostante ciò, il suo desiderio di conoscerlo restava e ci avrebbe provato a tutti i costi, mettendo persino da parte le sue ansie o almeno si sarebbe sforzato di farlo.
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