2. I'll be right there to remind you again, you know me
ricordatevi di mettere la stellina e di commentare se la storia vi piace. È IMPORTANTE PER ME 💋❤️
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M a n c h e s t e r
Kayko è una persona che preferisce la verità alla bugia, ma la vera domanda è, esiste veramente qualcuno così?
Spesso siamo bravi a dire di volere la verità ma quando ci arriva davanti al viso ci rendiamo conto di quanto, in realtà, avremmo preferito qualsiasi cosa, anche un'eterna menzogna, pur di non sentire la cruda sincerità. "Sai cosa? Voglio proprio ammazzarmi oggi" si gettò a peso morto Charlotte sulla panca del tavolino della mensa, facendo girare me e mio fratello nella sua direzione.
"Mi piace la tua voglia di vivere" sorrise dolcemente Thomas accanto a me. Mio fratello piccolo si era deciso di entrare alla seconda ora e, ad essere onesta, sembrava un fantasma con quelle profonde occhiaie e quello sguardo spento.
Difatti Charlotte sobbalzò spaventata. "Dio mio, da dove vieni? Dalle tenebre?" Domandò sarcasticamente, ricevendo una risatina da parte del castano di fronte a me, che si gustava un panino fatto a casa. Da tempo ci eravamo accorti che il cibo della mensa potesse essere velenoso, anche per via di tutta quella carne fuori frigo, perciò decidemmo di prepararci il pranzo a casa.
"Perché ti vuoi ammazzare?" Domandai ridendo. Ignorando l'apparizione improvvisa di mio fratello.
"Il professor Baker ha deciso di farci un test ogni inizio lezione per testare se studiamo volta per volta" spiegò, a mò di tragedia, sgranando gli occhi per trasmetterci tutto il dolore che provava. "Lo capite cosa vuol dire questo?" Domandò.
"Che dovrai studiare volta per volta?" Domandò ridendo Thomas e Char gli puntò il dito contro, facendoci capire che ci aveva beccato.
"Si! Ragazzi è una tragedia" si mise la testa fra le mani e iniziò a squadrarci, quando iniziammo a ridere. "Voi due siete degli stronzi" continuò, assottigliando lo sguardo in due fessure. Come potete facilmente notare Charlotte era leggermente drammatica.
A noi si aggiunsero Riley e Payton che, ridacchiando, proseguendo il loro discorso finché non si avvicinarono abbastanza per farci sentire, lì si zittirono e si sederono accanto a noi. Io lo dicevo che quei due erano strani. "Che si dice?" Domandò Riley, posando lo zaino tra sé e Payton, come barriera morale. "Aaron si è fatto sentire?" Domandò in seguito e, a tale affermazione, Thomas sgranò gli occhi.
"Quel cazzone è tornato?" Domandò squadrandomi con espressione curiosa. Riuscii a scrutare la sua mascella serrarsi istintivamente prima di fulminarmi con i suoi occhi marrone scuro.
Dinanzi quest'affermazione, non potei mentire. "Mh" finsi perciò indifferenza, ma percepivo l'intensità del suo sguardo sul mio corpo. Odiavo il fatto di aver raccontato tutto a mio fratello perché, nonostante fosse più piccolo, era anche molto protettivo, perciò ogni qualvolta avessi bisogno di parlare con Aaron adesso, e spero che le volte siano poche, avrei dovuto nascondermi da lui.
"Pensavo l'avessero espulso" ammise Payton, infiltrandosi nel discorso probabilmente per aiutarmi, ma Thomas sbuffò. Aaron era un punto debole per lui, lo odiava con tutto sé stesso.
"Avrà pagato la scuola per tornare a tormentarci, le persone come lui non scompaiono mai dalla circolazione" affermò con rancore ed, onestamente, sotto questo punto di vista, ero d'accordo con lui. Perché aveva deciso di tornare in questa scuola dopo tutto quel che mi aveva fatto?
"Probabile." Fece spallucce Riley, sgranocchiando una carotina tagliata a strisce.
"Però se osa anche rivolgerti la parola non esitare a chiamarmi, io e quello abbiamo dei conti in sospeso. Nessuno fa soffrire la mia sorellona senza ricevere un pugno, o due, dipende da come mi passa"
"Sisi, sono persino più forte io di te" lo sfidai ridendo e Char confermò.
Però una cosa è certa, se mai Aaron dovesse rivolgermi la parola, cosa incerta in seguito a ciò che feci alla sua macchina il giorno prima che venisse espulso, sarò io a prendermi la mia rivincita. Un bel pugno su quel bellissimo faccino.
"Sapete? Forse Xav ha ragione, c'è bisogno di un po' di divertimento, il primo giorno di scuola ed abbiamo già tutti il muso" espresse onestamente Charlotte, facendoci confermare. Lei era la più sincera ed anche quella che, più di tutti, rifletteva sul bene degli altri prima delle parole fatte.
Avevano ragione, festeggiare avrebbe fatto bene a tutti, in fondo, anche perché era l'unico modo per farci pensare ad altro, in una giornata dove chiunque avrebbe voluto scaraventarsi giù dal terzo piano.
Suonò la campanella pochi minuti dopo, facendoci alzare ed entrare nelle rispettive classi e, come da copione, pregammo tutti i santi per far sì che i professori non avessero la luna storta.
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Raggiunta casa, io e Charlotte iniziammo a prepararci in fretta e furia, scartando la maggior parte del mio guardaroba come se non fosse roba mai messa in tutta la mia vita.
Perché sì, avere Charlotte a casa era ormai sana abitudine, le avevo offerto la camera di mia mamma da quando le era impossibile vivere nella sua.
Ora come ora usufruiva di quella stanza da un paio di settimane, l'aveva arredata come sua ed ero felice che si trovasse finalmente bene. Non avrei mai permesso che un animo allegro come il suo si spegnesse per colpa di un tragico evento come quello che accadde nella sua vita.
Sua madre morì qualche mese prima per via di un incidente stradale in un mezzo guidato dal padre di Charlotte che, per miracolo, sopravvivette.
Dal comportamento della mia migliore amica non si scovava granché di dolore, se non per il fatto che da quel giorno casa sua era diventata invivibile. Suo padre si era addossato tutta la colpa dell'incidente e aveva iniziato a bere in una maniera incontrollata, diventando un pericolo per sua figlia.
Io sapevo che lei ci soffriva parecchio, ma avere qualcuno al suo fianco le permetteva di non pensarci, per questo non sarebbe scoppiata.
"Ti piace questo outfit?" Domandò la bionda, fissandosi allo specchio davanti al mio lettone mentre poggiava il vestito vicino al suo corpo tenendolo per la gruccia. Io mi misi dietro di lei e la guardai altrettanto.
"Secondo me ti starebbe da Dio" confermai la sua scelta. Il blu era il suo colore, soprattutto perché metteva a risalto i suoi stupendi capelli biondi, che le contornavano il viso angelico.
Così lei saltellò di gioia e, con un sorrisone dolce sul viso, si portò via il vestito in camera sua, lasciandomi sola a riflettere sul mio abbigliamento.
Osservai attentamente i miei capi, passandoli tutti in rassegna, scegliendo infine un semplice tubino nero senza maniche.
Mi spogliai dei miei vestiti, cambiando il reggiseno e mettendone uno senza spalline, per poi indossare il vestitino.
Osservai con attenzione il capo che avrei indossato, disdegnando la mia forma fisica per qualche istante allo specchio. Non era la prima volta che odiavo ciò che vedevo, ma non era neanche la prima in cui mi sarei convinta del contrario.
Abbiamo troppi problemi nella vita per poter considerare noi stessi uno di loro.
Forse questa frase mi motivava ogni giorno a sentirmi una persona migliore perché non si arriverà mai ad un punto di svolta se non ci si riesce nemmeno a vedere allo specchio.
L'errore più grande mai fatto in vita mia è stato quello di credere che l'autostima non servisse ma, fidatevi, nonostante io ci stia ancora lavorando, amate voi stessi come amate gli altri ma, soprattutto come vorreste essere amati.
Perché, se ci pensate, perché dovreste piacere ad una persona se non piacete nemmeno a voi stessi?
"Ester muoviti, Xav ci sta aspettando sotto casa!" Mi rimproverò la mia migliore amica dal bagno, risvegliandomi dal mio stato di trans. Mi accigliai alla svelta, riprendendo schematicamente la velocità di preparazione assunta precedentemente, che avevo ricusato per dar spazio ai miei pensieri.
In fretta e furia disegnai una linea di eyeliner abbastanza sottile e feci almeno tre passate di mascara, per poi passare il correttore sulle occhiaie e fissarlo con della cipria.
Il trucco era pronto e, assieme ad esso, lo ero anche io. Mi misi una collana assieme a quella che già indossavo e, attentamente, indossai i tacchi, scendendo per le scale accompagnata da Char e Thomas, che mi aiutò a non sbilanciarmi per non rischiare di cadere a capofitto per due rampate di scale.
Facemmo un corto percorso di cinque minuti in macchina, dove Xavier guidava alla velocità di un matto ed io continuavo a cambiare la musica della radio, facendo sbuffare i presenti che, presto, mi avrebbero staccato la mano. Ma, nonostante questo strazio, raggiungemmo il Calipso sani e salvi.
Quel locale era davvero forte, era in un viale circondato da vicoli ciechi che assumevano apparenze quasi horror di notte. Fuori era illuminato di viola malva ed appartato come un locale di lusso, nonostante l'entrata fosse gratuita.
La parte lussuosa, però, del posto, era senz'altro tutto ciò che riguardava le bevande, ciò nonostante ci imbattemmo in una fila chilometrica che, solo ad occhio appariva ferma da almeno mezz'ora. Non che fossi un'ansiosa sociale, ma la moltitudine di respiri, tutti sovrapposti l'uno all'altro mi davano un senso di nausea non indifferente, che avrei preferito evitare. "Scusatemi ma io questa fila non la faccio, piuttosto cambiamo locale" affermai fermamente, iniziando a tremare da freddo. La mia pelle si accattonò, non compresi nemmeno io se per la temperatura o per l'idea di dovermi ammassare a tutta quella gente.
Un classico cliché delle ragazze era non portare la giacca nonostante le temperature improponibili, difatti nessuna di noi l'aveva fatto, per paura di rovinare l'outfit, ed ora pativamo il freddo con un senso di pentimento che si faceva spazio in noi assieme alla pelle d'oca. "Faccio io" ci avvisò Xavier, schioccando un occhiolino svelto nella mia direzione ed afferrando la mia mano gelata fra le dita, trascinandomi con lui verso il culmine della fila, dove tutti gli altri ci seguirono senza proferire parola.
Raggiunto l'apice dell'iglù, dove giacevano i buttafuori armati delle loro espressioni fredde e dure e del loro abbigliamento prestabilito, iniziò a borbottare qualche parola, che sembrò sciogliere le loro maschere di ghiaccio. "Si, sono Xavier Westwood, esatto quello." affermò, così l'omone enorme di colore davanti a lui aprì la porta, facendoci passare per primi, senza storie.
Dio mio, Xavier sei un mito. "Batti qua!" Lo sollecitai mostrandogli il palmo della mano spalancato in un cinque, che lui fece sbattere contro il suo, stringendo, in seguito, la mia mano aperta fra le nocche approfittando di quel gesto per incrociare le nostre dita e tirarmi in pista con sé.
Raggiunto il centro della pista, riuscii a percepire il calore umano dei corpi assembrati attorno a noi che mi davano finalmente il tepore giusto per affrontare la serata, ma allo stesso tempo mi richiudevano in una disgustosa bolla di alito misto a fumo e alcool, che si era bloccato alla nostra altezza, dividendosi dall'ossigeno come l'olio dall'acqua. "Questo vestito ti sta divinamente" si prese tempo di sussurrare al mio orecchio, prima di riprendere a ballare in mezzo alla pista come se niente fosse. Quasi pensai di essermelo immaginato per la sveltezza e il tono sommesso utilizzato da lui per esprimere quell'apprezzamento.
Senza idugi sorrisi dolcemente, iniziando a famigliarizzare con il ritmo della musica solamente in seguito al primo shot di tequila, offerto gentilmente da Charlotte, che si avvicinò sveltamente a me passandomelo tra le dita mentre, con l'altra mano, teneva il suo bicchierino.
Ingoiammo in contemporanea il liquido, beandoci dell'istantaneo ardore che donava ai nostri corpi, prendendo a cantare a squarciagola tutte le canzoni remixate dal DJ, mentre i nostri fianchi si scuotevano ad un ritmo costante e coordinato.
LoveGame di Lady Gaga si era impadronita dei autoparlanti, dandoci la perfetta base da ballare con tutto l'entusiasmo raccimolato nelle vene, mentre le nostre labbra borbottavano le parole della canzone.
Accanto a noi c'era Xavier, ma la sua presenza fu istantaneamente dimenticata, dando spazio solo al divertimento. Nella pista da ballo c'eravamo solo io e Char, anche se ero consapevole che non fosse così. "Guess he wants to play, wants to play a LoveGame, a LoveGame" canticchiai stonata, lasciando a Charlotte la seconda strofa.
"Hold me and love me, just wanna touch you for a minute"
"Maybe three seconds is enough for my heart to quit it" proseguimmo assieme, continuando ad ondeggiare come delle anguille fuor d'acqua all'arrivo del ritornello.
Charlotte era l'unica che mi svuotava di tutto, probabilmente se a fine giornata mi trovassi a terra, la sola a potermi dare una mano sarebbe lei.
Aspettammo la fine della canzone per separarci, lei andò a prendere due drink, mentre io rimasi in pista al fianco di Xav.
Divertente come tra tutti, l'unico ad essere qui sia lui. Xavier non era un brutto ragazzo, aveva un fisico tonico, un viso appuntito e due occhi azzurri e perforanti, un azzurro paragonabile ad un cielo in completa quiete. Tra tutti era quello con cui avevo legato di più dopo la rottura con Aaron, era l'unico a comprendere il mio stato d'animo a pieno perché lui stesso lo stava provando sulla sua pelle.
Insomma, ci siamo dati forza a vicenda in un periodo terribile, finendo irrimediabilmente ad avere questo speciale rapporto. Tuttavia è da qualche mese che ci siamo persi, probabilmente è così che funziona, ci sono persone che entrano nella tua vita solo per aiutarti andare avanti e queste poi ti ricordano irrimediabilmente il periodo buio che hai dovuto affrontare. Ma non me la sento di dire di aver completamente superato la rottura, credo solamente di star ancora cercando di andare avanti.
La musica rimbombava ancora potente nelle casse, facendomi vibrare la pancia in maniera piacevole, fu in quel momento che lo sguardo smarrito di Xavier incontrò il mio. Le sue labbra si incurvarono in un sorriso, che istantaneamente ricambiai.
Non ci fu abbastanza tempo per contemplare il suo sguardo di ghiaccio che sentii una presenza alle mie spalle. Il calore di un petto sfiorò lentamente la mia schiena, dandomi un assaggio del calore corporeo della persona alle mie spalle, un calore che io riconoscevo bene.
Il suo petto prese a fare su e giù, quando mi diedi coraggio di pronunciare il suo nome. "Aaron" pronunciai in un sussurro, che pensai non avesse nemmeno udito, ma lui lo fece.
"Esatto, puffetta." Bisbigliò al mio orecchio, soffiando sull'incavo del mio collo, dando via ad una scarica di brividi che mi percorse tutta la spina dorsale.
La musica iniziò a risuonare ovattata, fino a percepire solo la vibrazione che provocava nel mio stomaco e l'unica cosa che ora udivo era il suo respiro, pesante sulla mia pelle.
Fece scontrare ed aderire la mia schiena al suo petto, facendo attenzione a farlo con cautela, poi poggiò il mento sulla mia spalla, che morse, facendomi sobbalzare. "Mollala" ebbe il coraggio di respingerlo Xavier, dandogli una leggera spinta che anch'io riuscii a percepire.
Gli occhi assenti di Aaron si posarono sulla figura dinanzi a sé, facendo una radiografia che lo portò a ridacchiare. "E tu chi sei?" Domandò con una nota aspra di disgusto nel tono. Il suo sguardo divenne furioso e, Dio, se non pensassi a quanto fosse bello in quel momento, avrei di sicuro percepito la gravità della situazione.
"Dai Ester, andiamocene" mi richiamò il biondo, prendendomi la mano e tirandomi nella sua direzione, come un oggetto che lui voleva portar via, forse era l'alcool a farmi pensare in quella maniera, dentro sapevo che lo faceva solo per non vedermi sofferente il giorno dopo. Ma prima che riuscissi a svolgere anche solo un movimento, un pugno sonoro si schiantò contro il viso di Xavier. Inutile specificare che il pugno era da parte di Aaron, che ora sorrideva soddisfatto alla visione di Xavier a terra con il naso sanguinante.
In seguito si allontanò dal mio campo visivo, probabilmente contento di essere riuscito a ricordarmi della sua esistenza, come se ne avessi bisogno.
Mi catapultai senz'indugio sul corpo di Xavier, aiutandolo a sollevarsi in piedi. "Va tutto bene, tranquilla" mi sorrise con rassicurazione, mentre si tastava il naso che sanguinava copiosamente. Xavier non perdeva mai il controllo, mai.
Lui era una di quelle persone che non si abbassava ai loro livelli e forse era proprio questa caratteristica che lo rendeva il più maturo di tutti noi. Ma anche il più folle.
Quando abbandonò la pista, lasciandomi sola con i miei pensieri più profondi, ricominciai ad udire la musica. Si era accantato a Charlotte, che iniziò a pulire il sangue dal suo volto con qualche fazzoletto del bar.
L'unica cosa che riuscii a fare era rimanere paralizzata in pista, a fissare il punto dove Aaron scomparì, fu lì che le mie gambe mi portarono pochi istanti dopo però.
"Ora mi segui?" Sentii la sua voce rauca alla mia destra, quando varcai le porte del piccolo balconetto sul retro, che serviva ai fumatori per non accendere la sigaretta all'interno e per arieggiare il locale dal sudore, dall'alito e da tutti i gas causati dai fumogeni della festa.
In lui tutto era imprevedibile, si poggiava al cornicione del balcone, dandomi una perfetta visione delle sue spalle muscolose, che fissai attentamente. "Non ti seguo." Affermai fermamente, ma nemmeno io ci credevo onestamente.
"Però sei qui" fece notare. Così mi girai per andarmene, ma lui mi fermò sussurrando due parole, dodici lettere: "non andartene." Così m'immobilizzai sul posto, girandomi verso la sua direzione. Avrei dovuto scappare, ma forse era la consapevolezza a fermarmi. Ero consapevole che non vi avrebbe più permesso di parlargli in seguito a questa sera, perciò ne approfittai. O forse ero semplicemente stupida.
"Perché l'hai fatto?" Riuscii a domandare, non staccando lo sguardo dalla sua schiena, che era l'unica cosa che mi concedeva di vedere.
Lui ridacchiò e percepii persino il tipo di sorriso che aveva stampato sul viso, uno di quelli strafottenti. "Mi andava" fece spallucce.
Lo odiavo più di tutta me stessa. Ma questa volta non mi abbandonai a quella spiegazione superficiale, facendo uscire una risata disperata dalla mia bocca. "È certo! Quando mai Aaron fa qualcosa con un intento preciso, no? Fa solo quello che gli va" parlai, non sapevo nemmeno quel che dicevo, nella mia testa il tutto suonava più concreto, ma il concetto era quello e lui lo capiva. Lui mi capiva sempre. "Mi hai anche tradita perché ti andava, ed ora cosa farai? Perché sei tornato? Vuoi ricordarmi costantemente che esisti? Vuoi farmi sapere che ti vendicherai? Di cosa poi? Sei stato tu a sbagliare!" Cominciai a gridare, con la voce di qualcuno che tratteneva questo pensiero da mesi e quella ero io.
Lui mi aveva ignorato per settimane, smettendo di rispondere ai messaggi, evitando una seria conversazione ogni volta che mi incrociava per caso quando non riusciva a nascondersi da me e, il momento in cui divenne inevitabile, rivelò il suo tradimento, spezzando l'ultimissima parte del mio cuore rimasta ancora intatta. "Vendicati!" Gridai, dandogli una pacca violenta sulla schiena, ma per lui sembrò una carezza.
Solo in quel momento si girò nella mia direzione, incrociando il suo sguardo con il mio, addolorato. Il suo era freddo, non trapelava alcuna emozione. L'impulso di scoppiare in lacrime s'insinuò in me come un fulmine, ma lo trattenni, non avrei versato altre lacrime per lui, non più. "Non devi sapere le ragioni per la quale faccio determinate azioni. Quelle devo conoscerle solo io. Ma una cosa che ti posso dire è che dietro ad ogni gesto c'è un pensiero premeditato" sussurrò, avvicinandosi ad un passo da me, spostando una ciocca di capelli dal mio viso mentre mi fissava negli occhi.
"Tu sei un bugiardo, Aaron" pronunciai con tutto l'odio che riuscivo a raccimolare e, comunque, apparve una frase detta per dire. "Mi hai detto che mi amavi, ma è una bugia, una persona che ama non smette di lottare così in fretta. Una persona che ama non mente e non tradisce." Sussurrai freddamente, con lo sguardo puntato sul suo, mentre una smorfia di dolore si faceva spazio sul mio viso. Il dolore di dover esprimere ciò che ho sempre pensato e non vedere una reazione sufficiente.
"Allora siamo due bugiardi." Sussurrò staccandosi da me e, solo quando mi lasciò lì sul balcone, mi abbandonai a qualche lacrima, chiudendo gli occhi ed assaporando la loro amarezza sulla pelle.
Mi poggiai al cornicione dove vi era Aaron in precedenza, godendomi il vento che seccava le lacrime sulla mia pelle, scostando indietro tutte le ciocche di capelli marroni che volavano sul mio viso e, per la prima volta, promisi a me stessa di non ricascarci mai più.
SPAZIO AUTRICE
Alloraa eccomi❤️❤️😍 vi dico subito che questi primi capitoli saranno un po' così, cortini e privi di movimento se non qualche azione qua e là, servono per farvi conoscere i personaggi per poi farsì che comprendiate il perché delle loro azioni.
Detto questo, parlando del capitolo, cosa avrà fatto Manchester a Aaron per cui si deve vendicare? E perché lui crede che lei non l'abbia mai amato? Lo scoprirete in seguito 🫶🏼💋💋
Deduco che non serva che io dica che il sport romance inizierà con il POV di Aaron, fino a quel momento ci sarà poco poco football, per poi diventare un vero e proprio argomento principale. 👺😻
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