Sesto Capitolo

Non so come immaginarmi l'ispettore Dorney.

Nei pochi film polizieschi che ho seguito, gli ispettori sono sempre uomini tutti corpulenti, magari con dei folti baffi all'insù e un enorme cappello che copre la loro fronte.

Sono seduta all'interno di una volante della polizia, sui sedili posteriori.

L'agente Shepherd, così ho letto dal distintivo, non ha intenzione di spiaccicare una parola, ed è da una buona mezz'ora che viaggiamo.

Incrocio le mani al petto, appoggiando la testa al finestrino chiuso della vettura: grazie al cielo non mi ha ammanettato, la situazione è già alquanto surreale.

"Agente, posso sapere perché sono stata richiamata dall'ispettore?"

Sono stranamente calma nel dirlo, probabilmente perché so di avere la fedina penale intonsa, né di aver fatto qualcosa di male.

Conoscere dei vampiri è illegale?

L'uomo non sembra nemmeno avermi sentito, accendendo anzi la radio e alzandone il volume ad un livello piuttosto alto.

Alzo gli occhi al cielo di fronte alla sua disponibilità, cercando il mio cellulare nei jeans e decisa a distrarmi con qualche giochino stupido.

La mia attenzione però si rivolge ad un messaggio appena arrivato, che lampeggia sullo schermo.

'Nemmeno cinque minuti da sola e già infrangi la legge?'

Mi acciglio, riflettendo sul numero che non ho salvato in memoria.

Alzo lo sguardo rapidamente sull'agente al volante e, notando che non è minimamente interessato a quello che sto facendo, mi stringo nelle spalle.

'Chi sei?'

Rispondo senza pensarci troppo, anche se probabilmente so che l'utente è Harry.

Il telefono mi vibra istantaneamente tra le mani: un nuovo messaggio.

'Edward Cullen'

Scoppio a ridere, cercando in tutti i modi di coprirmi la bocca con la mano libera.

Il poliziotto lancia un veloce sguardo allo specchietto retrovisore, scuotendo la testa ma continuando a stare in silenzio; la radio è sintonizzata su qualche stazione d'informazione generale.

Noioso.

Torno al mio telefono, salvando il numero di Harry. Chissà come ha fatto ad avere il mio numero?

'Io comunque sono team Jacob'

Sorrido leggermente, rivedendo nella mia mente i muscoli scolpiti di Taylor Lautner.

'Beh, questo spiega perché ti piaccia Louis.'

Il mio divertimento si spegne appena leggo quelle parole.

Louis.

Come sta? Sa dove mi trovo?

Quasi si potesse leggere nella mente, ricevo una chiamata: per fortuna ho il telefono in silenzioso, mi imbarazzerebbe far sentire la mia suoneria all'agente.

Rispondo dopo pochi secondi, lo sguardo perso fuori dal finestrino.

'Bliss'

Il mio cuore si riscalda alla voce di Louis; mi era mancata e sento gli occhi inumidirsi.

"Louis"

La mia voce è roca e tremolante; sento l'ansia e l'agitazione accumulata nelle ultime ore sfogarsi tutta in quel preciso momento.

Sento Louis allontanarsi dalla voce di Harry, che si lamenta circa i costi di una chiamata. Mi immagino i due che bisticciano strappandosi il telefono di mano.

"Santo Dio Bliss, dimmi che stai bene e che non ti hanno torto un capello"

Lo sento sospirare e parlare velocemente; mi porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

"Sto bene. Sono nella macchina di un agente di polizia, credo vogliano interrogarmi, forse per Robert, non lo so"

Passano dei secondi interminabili.

"Ti devo delle scuse."

Mi mordo il labbro inferiore con forza.

"Per cosa?"

Posso vederlo mentre si passa una mano sul ciuffo scomposto.

"Per averti coinvolta in tutto questo. Per averti lasciata sola in ospedale, per.. Per averti deluso"

Scuoto il capo ripetutamente.

"Louis, non è colpa tua se sono una sfigata cronica. Voglio dire, non credo tu abbia ucciso Robert, o chiamato qualcuno a indagare sul mio conto. Ci sono solo rimasta per il fatto che.. te ne sei andato"

La mia voce si incrina nel pronunciare le ultime parole: ho il cuore che quasi scoppia.

"Bliss, credimi se ti dico che ho dovuto farlo. Coinvolgerti in tutto quello che io e Harry sappiamo è.. Troppo rischioso."

Deglutisco a fatica la poca saliva rimasta, portando una mano davanti le labbra e tenendo la voce a un volume molto basso.

"Sapete quindi chi c'entra con la morte di Robert? Perchè io ho chiaramente visto una ferita sul collo e.." Chiudo gli occhi al ricordo, i brividi che pervadono la pelle ".. Blaterava sul fatto di volere del sangue."

Sento Louis dall'altro lato agitarsi.

"Cazzo. Bliss, devi ascoltarmi attentamente. Credo ci sia qualcosa di più di semplici morte casuali, io e Harry.."

Il cellulare che tengo premuto contro l'orecchio disperatamente, mi viene strappato di mano senza mezzi termini.

Ammutolisco, nel notare la portiera dell'auto aperta e l'agente Shepherd che stringe il mio telefono in una mano.

"Ma cosa..?!"

"Questo per il momento lo tengo io. In centrale non ti servirà di certo per chiamare la polizia."

Lo sento ridere di gusto alla sua pessima battuta, mentre io sono rassegnata all'idea che non rivedrò molto presto il mio telefono. Dannato uomo, proprio ora che Louis mi stava rivelando qualcosa in più!

Sbatto la portiera alle mie spalle con noncuranza, iniziando a camminare alle spalle del poliziotto.

Non mi ero nemmeno resa conto che fossimo arrivati a destinazione.

Superato il parcheggio, ovviamente in rigoroso silenzio, entriamo nella centrale di polizia di Greencastle.

L'edificio è una vecchia e ingrigita struttura, con pochi uomini in completo e armati che camminano per l'ambiente e un forte odore di caffè e sigaretta.

Storto il naso, stringendomi le braccia al petto: non mi sento a mio agio in questo posto, chissà quali persone hanno varcato questa soglia, blaterando di essere innocenti con magari le mani ancora macchiate di sangue.

"Stammi dietro, Dorney ti aspetta qui nel suo ufficio, dietro l'angolo."

L'agente mi rivolge appena l'attenzione; accelero il passo dietro di lui, svoltando l'angolo dentro ad un angusto e stretto corridoio.

Una porta scura davanti a me si apre e, con impazienza, vengo spinta all'interno della stanza.

La puzza di caffè si è intensificata; trattengo una smorfia. L'ambiente è quadrato, una piccola finestra con la tapparella abbassata, due scrivanie: una occupata da pile di fogli e una fotocopiatrice e un'altra, centrale, occupata da una donna.

Sgrano gli occhi, intuendo realmente chi sia l'ispettore Dorney: una rossa sulla trentina con due occhi di ghiaccio, che mi fulminano subito appena entro.

"Via Shepherd, non mi sembra il caso di rispettare il protocollo con una minorenne"

Mi acciglio, sentendo le mani dell'agente che mi tenevano ferma allentarsi; sospiro.

"Veramente ho 19 anni"

"Veramente non mi interessa"

Mi irrigidisco di fronte alla sua freddezza, venendo poi invitata a sedermi di fronte alla scrivania.

L'agente alle mie spalle ridacchia silenziosamente di fronte al mio disagio: già lo detesto.

L'ispettrice rovista in una cartelletta verde scuro che tiene di fronte a sé, poi, tirandone fuori due o tre fogli pinzati tra loro, torna a fissarmi impassibile.

Tossisco leggermente.

"Quindi.. Leggendo il tuo fascicolo, pochi giorni fa hai perso tua madre."

Annuisco, rimanendo in silenzio.

Lei torna a maneggiare i fogli che ha davanti.

"Le mie condoglianze"

Shepherd sospira dietro di me; non mi volto solo per non fare un bagno di sangue.

"E qui c'è anche scritto che ieri mattina hai rinvenuto il corpo di Robert Ryan, il direttore principale dell'ospedale."

Annuisco nuovamente, trattenendo il fiato per la strada che sta andando a parare.

"Come mai eri nell'ufficio di Robert?"

Ha un tono neutrale; mi stringo nelle spalle, abbassando lo sguardo.

"Robert mi aveva chiesto un incontro per le sistemare le pratiche sul.. Decesso di mia madre. Ho trovato io stessa il suo corpo in quello stato."

La donna stringe le labbra in una linea sottile, scuotendo il capo.

"Shepherd, riporta la ragazza dove desidera, non c'entra nulla con tutto quello che è successo."

Sono sorpresa quanto l'agente alle mie spalle, che borbotta qualcosa di incomprensibile.

"L'ho appena scortata in centrale, non pensi di doverle chiedere altro..?"

La rossa si agita vistosamente, quasi alzandosi in piedi.

"Guardala per piacere. Sembra un cucciolo abbandonato, è già tanto se non è scoppiata a piangere quando è entrata qui dentro. Quindi ora.."

Torna a sedersi composta, spostando la sua attenzione su un'altra pila di fogli.

"..portala in centro o a casa sua. La possiamo sempre richiamare se avremo ulteriori dubbi."

L'uomo annuisce imbarazzato, facendomi alzare e camminare fuori dalla stanza; chiude la porta dell'ufficio alle sue spalle e lo guardo confusa.

"Quindi tutto qua?"

Lui sembra più destabilizzato di me; alza gli occhi al cielo.

"Ti dico solo questo ragazzina, il soprannome dell'ispettrice che usiamo tra noi è Dorney Hot Dogney."












Shepherd mi lascia davanti a casa, circa un'ora dopo la chiacchierata con l'ispettrice, restituendomi il cellulare e senza prendersi il disturbo di saluti o condoglianze.

Sposto lo sguardo dalla strada alla mia casa: è un edificio che non sento più mio, ha perso quella poca luce o senso di accoglienza che possedeva quando ancora c'era mamma.

Sospiro a lungo, infilandomi il telefono nella tasca posteriore dei jeans e attraversando velocemente la strada.

Sapendo questa volta fin da subito dove abita Louis, con Harry, mi dirigo verso il citofono.

Devo parlare ancora con loro, o almeno vedere Louis; raccontargli dell'interrogatorio più breve della storia.

Sto per suonare alla porta, quando sento un rombo di motori alle mie spalle.

Mi volto all'istante, sentendo una portiera sbattere: davanti a me Harry, che con espressione preoccupata abbandona l'auto di Louis vicino al marciapiede e si avvicina all'altra parte della vettura.

Mi acciglio, dandomi mentalmente della stupida. Avevo dato per scontato che fossero entrambi in casa, ma ora ricordo di Harry e le sue 'faccende importanti da sbrigare'.

Faccio per avvicinarmi alla Mustang quando noto che il riccio tira fuori con forza il corpo di Louis dalla macchina, portando un suo braccio attorno alla spalla e sostenendolo nel camminare.

Porto le mani alla bocca, completamente paralizzata.

Harry si guarda intorno con circospezione, come un animale in gabbia; poi mi vede davanti al pianerottolo e scuote la testa più volte.

"Apri la porta, muoviti"

Mi lancia un mazzo di chiavi che prendo con sorpresa; non faccio domande e armeggio con la serratura dell'abitazione sotto il suo sguardo teso.

Lascio entrare Harry e mi chiudo la porta alle spalle.

Vedo il riccio stendere il corpo debole di Louis sul divano e avviarsi verso la cucina.

Lo seguo, completamente in confusione.

"Non aprire la bocca, non è il momento."

Harry mi punta un dito contro, mentre con l'altra mano rovista in un cassetto in legno.

Io rimango interdetta, incrociando le braccia al petto per non stritolarmi le dita dall'agitazione.

Harry emerge dal mobile con una forbice e dei panni stropicciati.

Mi fissa per qualche secondo.

"Sai fare delle bende emostatiche? Qualcosa che fermi il sangue insomma"

Io annuisco, deglutendo.

"Bene, prendi queste. Io devo cercare qualcosa per chiudere le ferite"

Rabbrividisco all'ultima parola e corro letteralmente verso il salotto, raggelando alla vista di Louis.

È molto pallido, quasi cadaverico. Le labbra sono di un viola chiaro e gli occhi sono chiusi. Abbasso poi lo sguardo sul busto e quasi svengo: tiene le mani premute su un fianco, una chiazza scura che gli bagna il tessuto della maglia.

Mi avvicino a lui, inginocchiandomi di fronte al divano, incerta sul dove iniziare.

Apre gli occhi, sorpreso di vedermi.

"Cosa.."

Mi mordo il labbro, scuotendo la testa per non farlo parlare.

Ricordando tutti gli insegnamenti ricevuti negli anni di tirocinio nello studio medico di mio zio, inizio ad allontanare lentamente le mani di Louis dalla ferita sul fianco; noto che ha ora un'espressione di puro dolore.

Dolore che sento anche io nel vederlo in questo stato.

La mano fredda del moro mi prende il braccio; lo guardo.

"Permettimi di medicarti"

Sussurro a denti stretti.

"No.. Tu..." Sospira "sai cosa fare?"

Annuisco ancora, una nuova sicurezza mi pervade.

Gli sollevo la maglia sopra il busto e cerco di non concentrarmi troppo sui dettagli del buco che ha sul fianco.

È un danno molto profondo, a giudicare dalla quantità di sangue che sta fuoriuscendo.

Mi affretto ad avvolgergli il panno attorno al busto, dopo averlo tagliato in più pezzi.

Cerco di lavorare il più in fretta possibile, non sapendo se un vampiro può ricevere ferite mortali come gli umani.

Dopo aver finito la medicazione, faccio un lungo sospiro di sollievo, portandomi un braccio sulla fronte ed osservando il lavoro svolto.

Louis mi fissa con interesse.

"Mio zio aveva un piccolo studio medico, ci ho fatto due anni di tirocinio; a quanto pare a qualcosa è servito"

Sento di dover spiegare.

Provo poi a sorridergli, anche se ho ancora la preoccupazione per la sua salute negli occhi.

"Grazie"

Il suo tono di voce è flebile; mi avvicino al suo viso per capire meglio le sue parole.

"Non ringraziarmi, piuttosto riposa un po' adesso, hai perso davvero molto sangue e.."

Sento la sua mano sfiorarmi una guancia; arrossisco, il mio cuore a mille.

Il suo tocco è sempre delicato, ma più freddo.

Lo osservo in viso per un po'.

"Louis, si può sapere come.. Come hai fatto a ridurti così?"

Lui fa una piccola smorfia, abbassando lo sguardo.

"Stavamo.. Indagando sui responsabili della morte di Robert e.. Uno di loro ci ha attaccato. Harry è riuscito ad allontanarsi in tempo, io sono stato più lento e.. Beh il resto lo hai constatato da te"

Mi prendo qualche secondo per capire realmente quello che mi sta dicendo.

I responsabili della morte di Robert, dunque..

"Mi stai dicendo che ci sono altri vampiri in giro?"

"Non puoi sapere quanti, biondina"

Harry è sulla soglia del salotto, tra le mani stringe un piccolo kit di pronto soccorso e una bottiglietta di colore rosso scuro.

Louis respira pesantemente dietro di me, quasi ridendo per la disperazione.

"Harry, non farle vedere la bottiglietta, ti prego"

Il riccio lascia gli oggetti sul pavimento accanto al divano, poi solleva lo sguardo su di me, sorridendo maliziosamente.

"Deve capire con cosa ha a che fare Lou, ci ha dipinto come i personaggi di Twilight. Twilight okay?"

Io trattengo il fiato, fissando insistentemente la bottiglietta.

È sangue, ditemi che non è una bottiglietta di sangue.

Di chi poi?

Harry si siede a gambe incrociate accanto a me, torturandosi il labbro inferiore coi denti.

"Lo hai medicato decentemente? Il divano è nuovo e preferivo il panna al colore rosso sangue"

Io lo sguardo storto mentre Louis ridacchia; il riccio allunga una mano verso la maglietta del moro, sollevandogliela con delicatezza e sbirciando la mia medicazione.

"Fai schifo come infermiera"

"E tu fai schifo come osservatore: se noti non ha più perdite di sangue."

Vedo con la coda dell'occhio che Louis fa fatica a rimanere sveglio, così mi alzo dal pavimento.

Harry mi segue con lo sguardo e, vedendo anche lui Louis piuttosto stanco, mi segue fuori dal salotto.

Andiamo in cucina; lui si chiude silenziosamente la porta alle spalle.

Mi guardo intorno rapidamente e decido di accomodarmi su una sedia in plastica abbandonata in un angolo.

Harry si passa le dita tra i ricci in disordine, poi si appoggia al ripiano di un mobile con la schiena.

"Si riprenderà vero?"

Rompo il silenzio timidamente, giocherellando con le mie dita in grembo.

"Certo che si, ha subìto ferite molto più gravi di questa"

Storto il naso, scacciando dalla mente l'immagine del buco sul fianco del moro.

Passano i secondi.

"Perchè sei venuta qua prima che arrivassi con la Mustang?"

Mi stringo nelle spalle.

"Non ho più nessuno, Louis è la cosa più vicina ad un amico che ho al momento"

Dirlo a voce alta non fa così male come pensavo.

Harry sbuffa una risata.

"Io e te non siamo amici, eh?"

A quelle parole lo fisso stralunata.

"Sei un rompipalle assurdo, e la prima volta che ti ho incontrato volevi mangiarmi il collo"

"Se fossi un vampiro saresti più comprensiva: non sai quanto stare anche in questo momento in una stanza con te possa essere difficile. Malgrado gli anni che ho. Se mi concentro posso sentire il tuo cuore pompare attraverso l'aorta, le vene piccole, le arterie, tutto il tuo sangue. E se non mi fossi già nutrito prima, sentirei una sete paragonabile a un uomo disperso nel deserto per mesi, e ti attaccherei ancora."

"Lo dici come se fosse una tortura essere un vampiro"

Lui si infila le mani nelle tasche dei jeans, lo sguardo rivolto verso il basso.

"A volte lo è biondina, credimi"

Sbuffo al soprannome, ma vengo interrotta dal mio stomaco che fa strani rumori; arrossisco disperatamente mentre Harry mi guarda divertito.

"Da quanto non mangi? Sembra un rave quello che hai nello stomaco"

Rido al paragone, stringendo le mani sull'addome.

"Non ne ho idea, ho fatto colazione.. Ieri."

Sgrano gli occhi realizzando quanto stia badando poco a me stessa; vedo subito il riccio voltarsi verso il frigorifero.

"Dai aiutami, voglio farmi perdonare con una cena"

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