-Allora? Com'è andata?- chiese mio zio appena varcai la soglia di casa.
-'Di merda' ti può bastare come descrizione?- risposi buttando lo zaino per terra.
-Come? E perché?- chiese confuso lasciando il giornale che aveva tra le mani.
-Appena sono entrata tutti mi hanno guardato storto, nessuno mi ha rivolto la parola, tranne il professore per chiedermi le solite cazzate. È sempre così, cos'ho di strano?- domandai esasperata.
-Brooklyn, tu sei una ragazza come le altre, non capisco questo rifiuto dai tuoi coetanei ogni volta.-
-Mhm, forse sarà per la mia fedina penale sporca?- domandai retoricamente -Le voci girano come il vento.- continuai.
-Quelle cose sono accadute mesi e mesi fa, è acqua passata ormai.-
-Ma sono accadute.-
-Brook,- sospirò. -cerca di dimenticare.-
-Zio è come se io ti dicessi di farti crescere i capelli, ma non puoi, perché sei calvo. Io non posso dimenticare, ci ho provato, ci abbiamo provato, ma è così. Non ci posso fare nulla.-
-Brook, io-io non so che dire.- rispose massaggiandosi il ponte del naso.
-A volte il silenzio è la risposta giusta.-
***
-Bene, allora, um...- l'insegnante parlò, cercando di ricordarsi il mio nome.
-Brooklyn?-
-Sì ecco, ti andrebbe di parlare un po' di te alla classe?- alzai lo sguardo, osservando gli altri alunni. Alcuni erano annoiati e molto probabilmente non ascoltavano neppure. Altri mi stavano osservando, attendendo una mia risposta. Spostai lo sguardo verso l'uomo a qualche metro da me, che mi guardava con un sorriso finto e timido sul volto. -Preferirei di no.- risposi limitatamente.
-Credo che parlare di te possa aiutare i tuoi compagni a conoscerti meglio, cosicché potrai fare amicizia più facilmente.- mi spronò.
-Probabilmente loro già sanno qualcosa di me.-
Il professor Carter sospirò, mettendosi gli occhiali e scorrendo l'indice destro sul registro.
-Perfetto, quindi.. Signorina Evans?- chiese attirando l'attenzione di una ragazza rossa. -In piedi per favore.- comandò. La ragazza si alzò dalla sedia, la quale scricchiolò rumorosamente, attirando l'attenzione degli altri ragazzi presenti nella stanza. -Mi dica quello che sa della signorina Brooklyn Stones.-
La rossa lo guardò confusa, prima di cominciare a parlare. -Brooklyn Stones si è trasferita dall'Australia alla Scozia, il motivo non lo so. Ha diciassette anni, capelli lunghi e biondi, e occhi verdi. Da quello che ho visto nei giorni precedenti, Brooklyn mi sembra tutt'altro che estroversa, anzi. Da quello che mi hanno raccontato non ha un buon passato, poiché..-
-Basta così.- la fermai. -Sa fin troppo.- dissi al signor Evans.
Lui aprì la bocca per rispondere, ma la campanella lo precedette, suonando assordantemente. La classe si svuotò in un attimo.
-Quindi, arrivederci signor Carter.- lo salutai uscendo dalla classe.
Il corridoio era colmo di gente e dopo qualche spintone e qualche 'levati dai coglioni.' riuscii ad arrivare al mio armadietto. Notai che qualche armadietto più in là del mio, vi era quello della ragazza che mi "presentò" in classe.
-Hey rossa.- la chiamai avvicinandomi a lei. -Come sai il mio passato? Chi te l'ha detto?- domandai cercando di non sembrare incazzata nera, ma con scarsi risultati.
-Io, ehm-ehm devo andare in classe.- balbettò, prendendo un libro a caso dall'armadietto e girandosi per andarsene. Le afferrai il gomito, bloccandola. La campanella suonò, ricordando agli alunni che la seconda ora di lezione stava cominciando, quindi i corridoi si svuotarono nel giro di qualche secondo. E rimanemmo solo io e lei. Le lasciai il gomito. -Parla. Chi te l'ha detto?-
-Un ragazzo..-
-Chi?- la interruppi.
-Si chiama Michael. Michael Clifford.- parlò con un filo di voce.
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