Capitolo XIV

Nina non aveva idea di dove se ne fosse andato Hans dopo aver lasciato le sue stanze.
Probabilmente, rifletté, era occupato ad ammirare il palazzo che presto sarebbe divenuto casa sua, o forse a godersi la comodità delle sue stanze—gli aveva infatti concesso gli appartamenti che tradizionalmente spettavano alla regina consorte, in quanto suo futuro sposo.

A lui non era piaciuta l'idea di dormire nella camera che era stata di una donna morta, ma comprendeva il significato simbolico di quel gesto.

Non era stato l'unico—in fondo, la stanza del consorte sarebbe dovuta andare al marito della regina—ma la situazione attuale aveva lasciato l'intera corte abbastanza diffidente di Victoria da permettere a Nina di convincerli che si trattava soltanto di una cortesia estesa nei confronti del suo futuro marito, che pure era uno dei nobili più influenti del regno.

Con quei pensieri in testa, la principessa raggiunse lo studio reale, e il suo sguardo immediatamente cadde sulla pila di missive che ricopriva la scrivania di mogano
Vi erano decine di carte, messaggi da nobili preoccupati per l'improvviso arrivo dell'inverno e la mancanza di provviste, richieste di aiuto da parte dei sindaci delle città...

Woderlein era un regno ricco, che per decenni aveva prosperato grazie al commercio e all'agricoltura. Eppure, Nina non avrebbe scartato la possibilità che le casse dello Stato sarebbero state svuotate per far fronte a quella situazione. E una volta che si fossero ridotti all'ultima moneta, la povertà sarebbe crollata sul popolo.

Non tutto il denaro poteva essere speso, era l'unica conclusione logica. Rimaneva soltanto da decidere come impiegare i fondi.

Qualcun altro avrebbe potuto svolgere quell'ingrato mestiere, ma Nina rifiutò di affidare il compito ad un membro del Consiglio, anche al Lord della Moneta stesso. Quegli uomini, sapeva per certo, avrebbero approfittato di qualsiasi pretesto per sminuire il suo potere.

Si mise a sedere alla scrivania, rompendo il primo sigillo—dal ducato di Holtvis, a giudicare dallo stemma che adornava la ceralacca. Il loro signore—ma anche sua moglie Mathilde, la cugina di Nina stessa, che aveva inviato una missiva personale accanto a quella formale del duca—parlava di un ghiaccio perenne, che neppure il sole pareva sciogliere. Era come se il Permafrost si fosse espanso a tutto il regno, scriveva, e la popolazione non poteva vivere in simili condizioni. Il loro raccolto era congelato, le bestie deboli e malnutrite, persino i fiumi e il mare erano coperti da uno strato di ghiaccio tanto spesso da non poterlo perforare, lasciando le nazi incagliate e incapaci di proseguire sulle normali rotte commerciali.

Nina aveva visto lo stato del Lago Silnrglas, divenuto uno specchio di ghiaccio. Così era in tutto il reame, i resoconti provenienti da ogni parte erano stati chiari al riguardo.
Queste erano le entità del potere che Victoria aveva tenuto nascosto dentro di sé.
Una parte di lei rimase affascinata da quel pensiero. Tutto quel potere... e sua sorella lo aveva celato sino ad allora.
Perché fare una cosa del genere? si sarebbe chiesta, se non avesse già saputo la risposta: perché il mondo non avrebbe accettato la sua diversità. Perché le persone l'avrebbero chiamata mostro, avrebbero usato la sua magia come una ragione per diffondere le voci, i dubbi, l'incertezza. Le persone come lei, che era insieme vittima e artefice della spietatezza che la circondava, cresciuta fra quegli intrighi che erano diventati la sua via per la libertà, a scapito di quella di Victoria.

Nina scosse la testa, scacciando quei ricordi oscuri.
Si è scavata la fossa da sola, pensò della sorella. Lei ha scelto di maledire questa terra. E non sarò io a difenderla. Lei non ha mai difeso me.

Non dalla crudeltà velata della corte, né da quella più trasparente dei loro stessi genitori.
E ora, Nina si sarebbe presa quel rispetto che né lei né nessun altro aveva voluto accordarle.
Nessuno l'aveva protetta dal disprezzo di quell'ambiente che l'aveva costretta in un ruolo che non le apparteneva.
Lei non lo avrebbe fatto per Victoria.

Lesse altre lettere. Ognuna di esse riportava le stesse preoccupazioni di quella dei duchi di Holtvis. Preoccupazioni che, Nina comprese, neppure il denaro avrebbe potuto placare completamente. Senza cibo e senza i mezzi di comprarlo, il popolo si sarebbe presto fatto scontento.

Prese una pergamena bianca. Con la penna intinta nell'inchiostro nero, scrisse i suoi ordini: Fate in modo di distribuire le razioni di cibo rimanenti al popolo, in base al numero di persone per famiglia. Inoltre, implementate il commercio via terra. Immediatamente.
Lo firmò con il suo nome per intero: Nivette Von Holstein-Elsing, principessa reggente di Woderlein.

Era un lungo viaggio, via terra fino a Fleurduy, ma non vi era altra scelta... sempre che la maledizione di Victoria non si fosse estesa oltre i monti, sino a nord.
Tuttavia, non si erano ricevute notizie dall'estero, e Nina era certa che gli ambasciatori presenti all'incoronazione avessero informato i propri sovrani dell'accaduto.
Forse, la natura insulare di Woderlein aveva impedito la diffusione del ghiaccio oltre il mare. Ma esso era arrivato a Holtvis, sulla penisola che secoli orsono avevano strappato a Fleurduy. Era forse una questione di tempo prima che la terraferma sperimentasse l'inverno perenne.

No. Nina scosse la testa. Prima di alloratroveremo il modo di spezzare l'incantesimo. Doveva soltanto trovare Victoria...

Facendo capolino dalla porta dello studio, chiamò una serva e le consegnò la pergamena.
"Fatela recapitare al Lord della Moneta," ordinò.
Finché Kerver e i suoi compari non le avessero portato sua sorella in catene, tentare di procurare del cibo alla sua gente era tutto ciò che poteva fare.

"Sì, Vostra Altezza." La donna si piegò in una riverenza.
Ma prima di andare, estrasse un foglietto dalla tasca del vestito. "Sono stata incaricata di consegnarvi questo, principessa."

"Vi ringrazio." Lo guardò. Era un biglietto anonimo, ripiegato su se stesso e spiegazzato. "Chi è il mittente, me lo sapreste dire?"

La ragazza scosse la testa. "Un servitore a me sconosciuto mi ha informata che il suo padrone voleva lo riceveste."

Nina annuì, e congedò la serva.
Soltanto dopo essersi chiusa la porta alle spalle lesse il contenuto di quel foglietto di carta, tre parole tracciate con una grafia piccola ed elegante: Raggiungetemi nei giardini.
Nina non trattenne il sorrisetto incuriosito che andò a curvarle l'angolo della bocca.
Non era una scrittura a lei familiare, non c'era firma, eppure sapeva da chi proveniva.

Dopo aver sistemato le lettere che aveva appena letto in una pila ordinata, così, si avvolse un mantello di pelliccia attorno alle spalle e si diresse verso l'esterno.

ஓ๑♛๑ஓ

Una lieve nevicata cadde sopra di lei non appena uscì nei giardini. I fiocchi delicati si poggiarono sui suoi abiti e sulla sua pelle. Era una sensazione quasi piacevole, ma il freddo quasi immediatamente le congelò le orecchie, costringendola a sollevare il cappuccio del mantello.

Non fu difficile localizzare i capelli ramati del duca di Veimar in mezzo a quella distesa di bianco.
Guardava all'orizzonte, verso nord, dove il profilo innevato dei Monti di Ferro si stagliava contro il cielo azzurro-grigio di quella giornata.

Nina gli si avvicinò, i passi attutiti dal profondo manto di neve che le bagnò gli orli del vestito.
Quando gli fu alle spalle, esordì: "Non sapevo di aver ordinato una statua da giardino."

Hans fece un giro su se stesso, e finalmente lo vide in viso—arrossato, come se fosse lì fuori da qualche tempo. "Molto divertente, Nina," la canzonò, pur con le labbra piegate in un accenno di sorriso. "Se questa cosa dell'essere regina non dovesse funzionare, potreste sempre fare la buffona di corte."

"Perché voi siete proprio il re della comicità, certo."
Nina sbuffò dal naso e alzò gli occhi al cielo, stringendo le labbra per non lasciar uscire la risata che premeva contro di esse. "Suvvia, ditemi perché mi avete fatta chiamare, o avete forse intenzione di farci congelare a morte entrambi?"

"Siamo impazienti oggi," la punzecchiò lui, ottenendo soltanto una gomitata sul braccio da parte di lei.
Hans rise. "D'accordo, d'accordo, non alteratevi."
Si mise una mano nella tasca della giacca e ne estrasse una piccola scatoletta coperta di velluto rosso. "Per voi," annunciò, porgendogliela tra le mani.

Nina sollevò un sopracciglio. "Perché?"
Non aveva mai ricevuto regali se non per le celebrazioni dei suoi compleanni, e anche allora, era certa, non era stata che semplice etichetta a imporre alla sua famiglia di farglieli.

"Non posso fare un dono ad un'amica, nonché futura sposa?" ribatté lui con un sorrisetto saccente.
Fece un cenno verso la scatola. "Apritelo."

"Voi avete preso troppo alla leggera la parola amici, Hans," Nina lo prese in giro.
Eppure, non resistette a lungo alla curiosità, così fece come le aveva detto.
E quando ne vide il contenuto, non fu in grado di nascondere la propria meraviglia.

All'interno della scatoletta, incastonato in un cuscinetto purpureo, stava un elaborato anello d'oro intarsiato da due diamanti quadrati e con al centro, sostenuto da quattro griffe fini che terminavano in spirali, uno zaffiro ovale di un blu tanto brillante da essere quasi ipnotico.

"Un anello di fidanzamento," esalò, talmente stupita che la voce le uscì a malapena.

Il duca dovette averlo notato, perché il suo sorriso si fece giusto un po' più compiaciuto.
"Non farò certo credere alla gente che la duchessa di Veimar non sia trattata col riguardo che merita, principessa."

E immediatamente dopo Nina si sentì una stupida per come aveva reagito, come se fosse di nuovo una ragazzina alla ricerca di qualcuno che l'amasse per com'era.
Si sentì una stupida ad aver immaginato, anche solo per una frazione di secondo, che quell'anello potesse significare più delle apparenze.
Oramai, i tempi in cui aveva creduto all'amore erano da lungo tempo svaniti.

Chiuse la scatolina dell'anello, infilandola in una tasca interna del mantello.
Rivolse un sorrisetto all'uomo di fronte a lei, non intenzionata a rivelargli il pensiero ridicolo che aveva appena attraversato la sua mente.
"Ma certo. Dovete dimostrare di saper ancora come si seducono le donne, non è vero?"

Hans alzò le spalle, quel suo sorriso arrogante dipinto in volto. "Essere affascinante non può certo essere un difetto, dopotutto," constatò. "E," aggiunse, osservandola con particolare attenzione, "credo di non aver ancora perso il mio lustro. Oserei dire, Nina, che abbiate le guance arrossate."

"Sapete, è quel che accade quando si è costretti a passare una quantità notevole di tempo al gelo e sotto la neve," ribatté lei, stringendosi il mantello attorno alle spalle.
Soltanto che non sentiva freddo. Al contrario, il viso era piacevolmente tiepido, e neppure lei aveva idea del perché il suo corpo si fosse ribellato in tal modo alla sua volontà, all'improvviso, per un gesto che doveva soltanto essere utile a rendere la loro finzione più credibile.

Sospirò, infastidita, e il fiato si condensò sotto forma di una nuvoletta di vapore.
"Me ne vado dentro," borbottò, dando le spalle al duca, "prima di morire assiderata. Voi divertitevi a congelarvi le parti basse."

"Oh, avete una bella vista da qui, ma penso che mi unirò a voi," replicò Hans, raggiungendola. "Ci tengo a non perdere nessuna parte del corpo."

"Di certo non vi farebbe alcun favore con le signore." Nina rise. "Anche se potreste diventare famoso. I bardi comporrebbero ottime ballate da taverna su di voi e sulla vostra... condizione."

Hans storse il naso. "Preferirei essere ricordato per imprese più gloriose."

Nina fece spallucce.

"E, per la cronaca," continuò lui, un sorrisetto sulle labbra, "voi siete l'ultima che dovrebbe ridere di certe cose, principessa."

"Oh, vi prego di non ricordarmelo. Credo di aver già fatto abbastanza sacrifici accettandovi come consorte."

Hans non rispose, e Nina non rimase a guardare la sua reazione.

Oramai erano giunti all'interno del palazzo, i mantelli coperti di neve che iniziavano a gocciolare sul legno del pavimento.
Percorsero un ampio corridoio che li avrebbe portati in una sala più intima e provvista di un caminetto.
I ritratti appesi alle pareti—raffiguranti membri passati della casata reale, perlopiù—sembravano seguirli con i loro sguardi austeri e penetranti.

A Nina avevano sempre dato i brividi, quegli occhi senza vita di persone morte secoli prima che la spiavano, gli unici a sapere davvero dove se ne andava quando svaniva nel nulla.
Da bambina aveva persino maturato la convinzione che gli spiriti dei suoi antenati avrebbero potuto abbandonare le cornici dorate che li trattenevano per andare a raccontare tutto ai suoi genitori.
Stupide credenze da ragazzini, ora lo sapeva.
Eppure, mentre passava fra i ritratti al fianco di Hans, la prova vivente del complotto che aveva architettato, non poté fare a meno di sentirsi osservata.
Complice il freddo penetratole nelle ossa e negli abiti, un brivido percorse il suo corpo.

"Non scherzavate, vedo. Avete freddo?"

Nina non ebbe altra scelta se non annuire.
Non si aspettava che il duca le poggiasse il suo mantello sulle spalle, né tantomeno la gentilezza con cui le disse: "Forse è un po' bagnato, ma è meglio di niente, sino a che non potremo riscaldarci vicino ad un fuoco."

"E voi non avete freddo?" chiese, voltando il capo a guardarlo.
Era stato all'esterno anche più a lungo di quanto non avesse fatto lei.

Egli alzò le spalle e le sorrise, riprendendo la sua solita aria arrogante come se niente fosse stato.
"Per essere la sorella di una regina di ghiaccio, avete una bassa tolleranza del freddo," la punzecchiò.

A Nina non dispiacque.
Questo era il duca che conosceva, l'uomo che poteva insultare e prendere in giro, sapendo che le avrebbe risposto a tono, senza sorprese e senza incertezze.
In risposta alle sue parole, gli lanciò un'occhiataccia e lo spinse. "Spero vi congeliate."

Hans ridacchiò sotto i baffi. "Io vi dono un anello e mi assicuro che non andiate in ipotermia, e voi in cambio mi augurate la morte. Bel ringraziamento che si ottiene ad essere un gentiluomo, con voi."

"Oh, che scortese da parte mia!" Nina finse di essere dispiaciuta. "Lasciate che rimedi."
Gli rivolse un sorriso smagliante. "Vi ringrazio per l'anello e il mantello."

"Vedete che sapete com-"

Lo interruppe prima che potesse terminare: "E spero che cadiate in un fosso colmo d'acqua e vi congeliate il vostro nobile deretano. In tal modo, magari il vostro ego raggiungerà una misura quantomeno tollerabile."

Hans non fece altro che sollevare le sopracciglia ed osservarla, le labbra piegate in un ghigno divertito. "Ho parlato troppo presto."

"Vi converrà farci l'abitudine."

"Attenta a quello che chiedete, Nina. Potrebbe iniziare a divertirmi sin troppo."

"Oh, davvero?" lo provocò. "Chi l'avrebbe mai detto... Avrei scommesso che ad un uomo del vostro rango non piacesse essere preso in giro. Non da una ragazza, soprattutto."

"Voi insultate me, e io voi. Lo trovo uno scambio equo."

Nina ci rifletté su un attimo prima di lasciare che un piccolo sorriso facesse capolino sulle sue labbra. "Sì," ammise, "suppongo che lo sia."

Fecero qualche altro passo in silenzio prima che Hans la chiamasse: "Nina?"

Lei alzò il capo, e i suoi occhi incontrarono quelli di lui, aspettandosi di continuare il loro scambio di battute.
Ma non vi era traccia di malizia nello sguardo del duca quando egli allungò la mano.
Offrendola a lei.

"Se mi permettete," le disse, "vorrei infilarvi l'anello al dito."

Nina sollevò un sopracciglio. "Tradizionalista, hm?"

"Soltanto in certi ambiti."

Lei alzò gli occhi al cielo. "È una cosa piuttosto insulsa, non trovate?"
Ciononostante, gli porse la mano, e la scatola dove l'anello che le aveva donato era ancora contenuto.

"Potreste avermi fatto la proposta ufficiale in pubblico, per lo meno, sapete?" gli suggerì mentre lui le infilava il gioiello all'anulare. "Avrebbe dato più spettacolo."

"Certo, ma in tal caso non avrei mai saputo se vi era piaciuto per davvero."

"Per quanto ne sapete, ho finto per tutto questo tempo."

"No."
Nina vide la sicurezza della sua espressione nel pronunciare quelle parole.
"Gli altri potranno anche non conoscervi abbastanza da notarlo," proseguì il duca, "ma io credo di aver imparato a distinguere la vostra felicità reale da quella fasulla."

"Presumete di conoscermi dopo poche settimane, Hans?" replicò Nina. "Potreste restare deluso."

"Forse non del tutto," ammise lui, "ma vi conosco più di qualsiasi idiota in questo palazzo, di questo sono piuttosto certo. So, ad esempio, che quando siete felice—veramente felice—ridete con una spensieratezza che non vedo mai in presenza della vostra corte."

E in fondo, nonostante non avesse voluto altro che esserne in grado, Nina non poté negare questa verità.
Non per quanto riguardava i cortigiani, anche se davvero non poteva tollerare la maggior parte di loro, perché quello in fondo era ormai risaputo.
Ma quando aveva detto di conoscerla come nessun altro...
Nessun altro era stato in grado di leggerle dentro con un semplice sguardo come aveva fatto lui.
Nessuno—che fosse per disprezzo o per paura—era mai entrato così in confidenza con lei prima di Hans. Neppure Lili, che era sempre stata la sua unica vera amica.
Ma questo non lo avrebbe ammesso a lui.
Così, priva di una risposta che la soddisfacesse, Nina finì per n0n dire niente. E forse il suo silenzio fu una risposta più esaustiva di qualsiasi parola, ma non si fermò a pensarci su.

Il destino stesso parve volere così, d'altronde, perché di li a poco apparve un servo all'inizio del corridoio, il quale annunciò con voce solenne: "Vostra Altezza, Vostra Grazia, è giunta una carrozza. Porta lo stemma del ducato di Veimar."

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