Capitolo XII
Nell'arco di pochi giorni, l'intero regno era stato informato dell'incidente avvenuto durante il ballo.
Tutti, dai nobili signori nei loro castelli ai più poveri fra i contadini, avevano ormai capito la ragione per cui l'estate sembrava magicamente essersi tramutata in inverno.
Qualcuno temeva che l'intero Woderlein sarebbe diventato un grande deserto di ghiaccio, come il Permafrost che ricopriva le terre ad ovest del ducato di Holtvis, inabitate da tanto a lungo quanto la storia potesse ricordare.
Nina non avrebbe potuto dire se avessero ragione o meno. Non aveva neppure molta importanza, poiché era fuori dal suo controllo. Tutto ciò che sapeva per certo era che poteva usarlo a suo vantaggio, e così fece.
Aveva voluto che tutti sapessero che era stata Victoria la causa del disastro, e non aveva dovuto fare altro che lasciare che le voci corressero.
E poi, poi aveva fatto distribuire vivande, legna, mantelli e abiti pesanti...
Nella città di Elsing, aveva fatto in modo che il popolo la vedesse, al fianco di Hans, mentre passavano per le case a consegnare il cibo e consolare i bambini.
Infine, che Victoria avesse spezzato il sortilegio volontariamente o meno, non sarebbe stato importante.
La gente di Woderlein avrebbe ricordato chi li aveva nutriti e protetti e chi li aveva abbandonati alla loro sorte.
Ma un giorno, non fu soltanto per far visita ai cittadini che i due lasciarono le mura del castello.
"Siete certa di potervi fidare?" le chiese Hans mentre si addentravano in un malfamato vicolo di Elsing, costellato su ambo i lati da baracche di legno, bordelli a poco prezzo e taverne dall'aspetto trascurato.
La principessa e il duca portavano indosso pesanti mantelli scuri, coi cappucci sollevati sulla testa, cosicché nessuno potesse riconoscerli.
Non sarebbe stato bene che le persone per bene vedessero i propri regnanti prendere accordi con i malviventi che frequentavano quei luoghi.
"Nina, non voglio mettere il dubbio che sappiate ciò che state facendo, tuttavia..."
"Lo so, lo so." La giovane sospirò. "Questo posto cade a pezzi."
"Le condizioni di vita dei vostri amici farabutti è l'ultima delle mie preoccupazioni, al momento," replicò seccamente Hans. "Ciò che mi chiedo è qual è la probabilità che usciamo vivi da qui. Sapete, quando mi è capitato di pensare alla mia morte, mai avrei immaginato che sarebbe avvenuta nei pressi di un luogo chiamato Il frutto proibito-ogni dieci boccali, in omaggio una notte con la locandiera."
Nina dovette trattenersi per non sfasciarsi dalle risate. "Non siate drammatico, Hans. Non moriremo," lo rassicurò. "Fate soltanto attenzione ai vostri possedimenti. La gente qui ha fama di riuscire a sfilare anche le mutande di dosso a un uomo. "
Si arrestarono di fronte ad una taverna la cui insegna, a forma di maialino arrosto con una mela in bocca, diceva Il Porcello allegro.
Il duca aggrottò la fronte. "Come sapete che saranno qui?"
"Non è la prima volta che faccio affari con loro." Nina gli rivolse un sorrisetto. "E no, non è necessario che sappiate," precedette la sua inevitabile domanda. "Tuttavia, è meglio che vi prepariate. Non sarà il tipo di ambiente a cui siete avvezzo, presumo."
Aprì la porta, e un piacevole tepore li investì, accompagnato dalle risa e dai fischi degli avventori della taverna.
In fondo alla sala, un bardo intonava alcune canzoni sconce, facendo danzare uomini mezzi ubriachi e donne mezze svestite.
Il loro ingresso passò per la maggior parte inosservato, salvo per qualche ragazza che tentò di accaparrarsi qualche moneta, sfiorando languidamente il braccio dell'una, la spalla dell'altro...
Nina si districò dalla presa di una prostituta bionda particolarmente insistente.
"Non siamo qui per questo," la liquidò più bruscamente possibile—l'unico modo in cui l'avrebbe convinta a desistere—senza distogliere per un attimo lo sguardo dai clienti, uomini e donne di tutte le età, uniti soltanto dalla passione comune per la birra e il gioco d'azzardo o dalla ricerca di impieghi lucrativi, non necessariamente legali, come l'uomo che lei cercava.
Passò in rassegna i tavoli, sino a che non scorse un familiare cappello grigio in un angolo della taverna.
Afferrando la mano di Hans, così da non perderlo fra la folla, puntò dritta al suo tavolo.
Scivolò nella panca accanto alla figura col cappello.
"Alvar Kerver, immaginavo di trovarti qui."
Di risposta, un giovane alzò lo sguardo dal giornale che stava leggendo e un paio di freddi occhi di ghiaccio incontrò quelli della principessa.
"Lady Nina," constatò con apparente indifferenza, inalando un soffio dalla sua pipa. "Quale buon vento vi porta?"
Lei sorrise. "Ho un'offerta da farti."
"Che cos'è? Cercate altre piante di contrabbando?"
Alvar si mise un braccio dietro la nuca a mo' di supporto, tenendo l'altro libero per continuare a fumare.
"Dipende da che cosa volete, ma si può fare, per il dovuto compenso ovviamente."
Nina scosse appena la testa. "Non stavolta, Kerver. Mi serve qualcuno che scali i Monti di Ferro e mi riporti indietro qualcosa di prezioso."
Gli occhi gelidi del giovane criminale si adombrarono. "I Monti di Ferro, eh? Lassù la gente muore come mosche, vecchia amica. Vi costerà."
"Quanto?"
"Quanto mi offrite?"
Furbo.
Indubbiamente sperava in una cifra maggiore di quella che effettivamente valeva il lavoro.
Poco importa, decise Nina.
Aveva da tempo sperato di liberarsi del denaro che recava l'effige del vecchio re Eckbert.
"Due milioni di meirken d'oro."
L'espressione di Alvar si illumino appena percettibilmente, ma abbastanza da farle capire di aver fatto centro.
Poggiò un borsellino in pelle sul tavolo e lo spinse di fronte a lui.
"E un boccale di birra per te e gli altri, come segno della nostra buona fede," aggiunse, tanto per rabbonirlo. "Che ne dici, Kerver? Abbiamo un accordo?"
Il farabutto parve considerare la proposta.
Ma, quando Nina fu convinta che avrebbe accettato, egli accennò col capo in direzione di Hans, rimasto in piedi al fianco della principessa.
"E il principino? Possiamo fidarci che tenga la bocca cucita?"
Hans, visibilmente indispettito dalle parole dell'altro, fece come per rispondere, ma Nina lo precedette.
"Lui è con me," spiegò. "Non racconterà a nessuno che siamo stati qui, o che abbiamo parlato con te. Ne va anche dei suoi piani."
Per un momento, Alvar parve studiare il duca, ma egli mantenne il contato visivo. Doveva averla presa come una specie di sfida.
Tipico dei ragazzi.
Infine, il primo tornò a guardare lei.
Fece un secco cenno della testa.
"Di che cosa si tratta il bottino che volete sia recuperato?"
"Ebbene, avrai sentito di ciò che è successo al ballo dell'incoronazione della regina, la questione dell'inverno perenne..."
Il giovane annuì.
Allora, Nina si inclinò verso di lui sino a che le sue labbra furono a pochi millimetri dal suo orecchio. "Portatemi Victoria," sussurrò. "Portatemi la regina in catene, e in cambio sarete ricchi oltre ogni vostra immaginazione."
Alvar sollevò un sopracciglio bruno. Il suo volto assunse un'espressione interessata. "Oh, davvero?"
Nina sapeva a che cosa stava pensando.
Che cosa potrebbe mai volere tanto per essere disposta a pagare milioni per la cattura della sorella?
Anche se glielo avesse domandato, lei non avrebbe risposto.
Meno persone avessero saputo, meno avrebbe rischiato che la voce si diffondesse.
"Dunque?" la principessa esortò il criminale. "Lo volete quel denaro, o devo trovare qualcun altro che abbia il coraggio per guadagnarselo?"
Fece come per alzarsi dalla panca ma, come aveva previsto, Alvar sollevò una mano.
"Aspettate."
Nina si lasciò cadere sul posto. "Ti ascolto."
"Voglio metà del denaro prima della partenza, e voglio l'equipaggiamento con cui scalare la montagna," disse lui. "Inoltre, quando otterrete il vostro scopo, rammentate chi vi ha porto la chiave del potere."
Un modo carino per dire che si aspettava di non essere arrestato se lei fosse divenuta regina.
Nina poteva convivere con simili condizioni.
Gli porse una mano, coperta da un guanto nero che la proteggeva dal gelo di quell'inverno innaturale.
"Affare fatto."
Kerver la strinse. "Affare fatto."
Così si conclusero le loro trattative.
Nina si alzò, facendo cenno a Hans di dirigersi verso la porta, ma prima di andarsene si voltò.
"Portate i miei saluti a Gerd e Isfried," raccomandò al giovane, che era tornato a fumare la sua pipa e osservare la folla.
Alvar, semplicemente, si sollevò il cappello in segno di saluto.
La principessa gli voltò le spalle e si allontanò, seguita da un diffidente—ma in parte incuriosito, se il suo sguardo era un valido indizio—duca di Veimar.
Fuori dalla taverna, furono accolti da un gelido vento che sbatacchiò i loro mantelli, come se tentasse di strapparglieli di dosso.
Nina se lo strinse forte attorno alle spalle.
Hans le si avvicinò e, a voce bassa—anche se era improbabile che qualcuno li udisse, dato che le strade erano praticamente deserte sotto quella bora—le domandò "Piante illegali... Veleni, principessa? Dunque sono vere, le storie che circolano sul vostro conto?"
Lei continuò per la sua strada, senza voltare i capo a guadarlo. "Vi farebbe cambiare idea sulla nostra alleanza?"
"Non ho detto questo. È... affascinante."
Nina non lo mostrò, ma si stupì che lo pensasse.
Solitamente, le persone tendevano a non vedere di buon occhio simili studi. E tutto ciò che ne sapevano veniva da voci, più o meno veritiere, ma mai confermate.
Non si illudeva che la corte e il reame avrebbero reagito bene se avessero saputo.
"Mi chiedo che uso ne facciate..." Hans rifletté ad alta voce. "E quali vantaggi potremmo ricavarne."
"Oh, davvero?" chiese Nina.
Interessante, pensò. Forse, la vostra indole è affine alla mia più di quanto non immaginassi, duca.
"Che cosa fareste, se foste al mio posto?"
"Perché non mi dite prima che cosa fate voi delle vostre piante?" replicò lui. "Non sono una scelta usuale per il giardinaggio."
"Così che possiate denunciarmi al Consiglio?" Nina scosse la testa, facendo schioccare la lingua sul palato. "Non mi fido di voi a questo punto."
"Io preparerei un intruglio da servire a quei vecchi bacucchi che lo compongono, il Consiglio, al posto del vino."
La principessa serrò le labbra, ma si lasciò sfuggire comunque una risatina.
"Quale mente contorta, Vostra Grazia," constatò, l'angolo della bocca ancora piegato in un sorriso.
Se voleva giocare, decise, che giocassero.
Si fermò tutto ad un tratto, e lo tirò con sé dietro un angolo, appoggiandosi contro il muro di pietra grigia di un negozio chiuso per il troppo freddo.
"Vi siete mai chiesto come sia morto il mio caro padre?" gli sussurrò, tanto vicino da poter vedere le pagliuzze dorate nei suoi occhi.
Poté sentire il suo petto gonfiarsi d'aria prima che lui le chiedesse, la voce poco più di un sibilo nel vento, "Perché non mi raccontate, principessa?"
Nina fece spallucce, rivolgendogli un sorrisetto vago.
"In fondo, le storie circolano, Vostra Grazia, ma chi può saperlo? Il medico disse che Sua Maestà decedette a causa di una febbre, dopotutto."
Detto questo, si voltò e riprese a camminare senza dargli il tempo di processare le sue parole.
Udì i suoi passi, attutiti dalla neve che ricopriva il paesaggio in ogni suo angolo, venirle dietro.
Fu quasi certa di averlo sentito imprecare sotto i baffi.
Lanciandosi un'occhiata alle spalle, Nina vide che i suoi capelli ramati erano costellati di fiocchi candidi.
La neve doveva essere caduta da un tetto, dritta sulla sua testa.
Distolse lo sguardo prima di lasciarsi andare ad una silenziosa risata.
Non era così male, il duca, finché stava dalla sua parte.
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Fu mentre rientravano a palazzo che una guardia li raggiunse.
"Vostra Altezza! Vostra Grazia!" Chinò il capo, e porse loro una lettera. "È giunta questa dal ducato di Veimar, non più di due ore fa. È indirizzata a voi, Vostra Grazia."
Hans la prese dalle sue mani, ringraziando il ragazzo.
Egli si inchinò nuovamente prima di ritirarsi, lasciandoli soli.
I due ripresero a camminare, ma Nina non poté trattenere la curiosità. "Avete idea di che cosa si tratti?" gli domandò, indicando la lettera.
"Ho mandato una scorta dei miei uomini a prendere mia figlia Isolde la sera stessa dell'incidente, dopo che voi vi siete addormentata. Presumo portino notizie del loro arrivo."
"Avreste potuto dirmelo. Sapete, anche io voglio che la bambina sia al sicuro. In fondo, oramai sta per diventare parte della famiglia."
"Ve lo sto dicendo, infatti." Egli accennò un sorrisetto. "Soltanto, non ho ritenuto necessario svegliarvi quella sera. Sembrava che aveste bisogno di riposare."
"Che non si dica che non siete un gentiluomo." La principessa alzò gli occhi al cielo, sghignazzando.
Hans le diede una lieve spinta sul fianco. "Per vostra informazione, più di una fanciulla mi ha fatto la stessa osservazione. Soltanto che detto da loro non pareva una presa in giro."
Nina inclinò la testa, mettendo su un finto broncio. "Offeso, caro?" cinguettò con tono canzonatorio.
Il duca alzò le spalle. "Forse dovreste avere un po' più di riguardo verso il vostro futuro marito, principessa. Vi serve il mio supporto, no?"
Lei rispose con un sorrisetto. "E a voi serve il mio nome, Hans."
Egli non ebbe modo di ribattere.
In fondo, era la verità.
Una volta che furono nello studio della regina—che oramai Nina aveva reclamato come proprio—il duca spezzò il sigillo scarlatto che serrava la lettera.
La lesse in silenzio, mentre lei tentava di carpire qualche informazione dalle sue espressioni.
Vedendo il modo in cui il suo viso si distese quando alzò gli occhi dal foglio, azzardò: "Buone notizie?"
"Sarà necessario preparare delle stanze, principessa," la informò lui per risposta. "Isolde e le sue balie sono in arrivo."
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