Capitolo X

Era freddo.

Non avrebbe dovuto essere così freddo in piena estate.

"Guardate!" esclamò qualcuno.

Nina si voltò immediatamente in direzione della voce. Proveniva da una donna vicina alle finestre. E quando vide che cosa stava indicando...

"Neve..." esalò, incapace di nascondere la sua incredulità.

"Ad agosto?" Era stata sua cugina Aline a parlare.

Accanto a lei, Lord Sven—il quale, sino a poco prima, era stato felicemente coinvolto in una piacevole conversazione con Victoria—scosse la testa. "Impossibile..."

"È colpa della regina..." mormorò qualcuno fra la folla.

"Ha lanciato una maledizione sul regno!"

"Ci ucciderà tutti!"

Le voci si fecero sempre più allarmate e si moltiplicarono sino a che non si fusero in un brusio indistinto, e tutto ciò a cui Nina riusciva a pensare era che faceva freddo e, tutto ad un tratto, ciò che aveva sempre desiderato era a portata di mano, attendendo soltanto di essere preso.

E lei lo avrebbe preso.

Prima che qualcun altro dei suoi parenti potesse derubarla di quell'occasione, corse verso il trono, spintonando quelli che, presi dall'agitazione, le bloccarono la strada. 

Una volta in cima alla pedana, Nina chiamò a raccolta tutto il fiato che aveva in corpo e gridò: "Silenzio!"

Che fosse stato il suo tono di voce o la sorpresa che li colse nell'udire il suo ordine, gli ospiti si acquietarono e si volsero tutti a guardarla.

Fra i volti, Nina scorse quelli dei suoi zii e cugini, tanto spiazzati come quelli degli altri presenti.

Li squadrò uno per uno. Nessuno ebbe il coraggio di contestare il suo diritto ad essere lì.

Lasciò che passasse qualche secondo di silenzio per accertarsi di avere l'attenzione del pubblico, prima di parlare.

Non aveva idea di che cosa avrebbe detto sino a che non cominciò: "Lo so, siamo tutti sconvolti per ciò a cui abbiamo appena assistito. Ma non possiamo lasciarci prendere dal panico, altrimenti non faremo altro che metterci in pericolo l'un l'altro."

"E che cosa facciamo?" domandò qualcuno dal basso.

"Io ho una domanda migliore!" ribatté un uomo.

Il marchese di Willmer.

Senza attendere il permesso per continuare, egli guardò dritto verso il trono, verso di lei, e le domandò: "Come possiamo fidarci di voi, principessa? Come possiamo sapere che non siete pericolosa, come vostra sorella?"

"Se lo fossi, marchese, sareste morto non appena avete aperto bocca per sfidarmi."

Qualcuno tra gli ospiti sussultò.

Nina sospirò e chiuse gli occhi, lasciando cadere la testa. "L'avete vista." Sospirò, lasciando che un po' della paura che aveva provato in quel momento permeasse la sua voce. "Avete visto come ha cercato di liberarsi di me..."

Era davvero stata quella la sua intenzione?
Non poteva saperlo. Contava soltanto che lo credessero tutti gli altri.

Scosse lievemente la testa, fingendo di riprendersi. "Grazie alla prontezza del duca di Veimar, fortunatamente non ho ricevuto neppure un graffio," disse, tornando a guardare la folla—incrociando, in particolare, lo sguardo di Hans, che le fece un piccolo inchino e un sorrisetto che pareva dire 'mi devi un favore'—, "ma ora è tempo di pensare al futuro del regno. Faremo accendere i fuochi, distribuiremo mantelli e coperte più pesanti, e attenderemo che gli uomini tornino con mia sorella. Troveremo il modo di spezzare la maledizione."

E poi, quando nessuno si fiderà più di lei, quando avrete visto che io posso regnare in modo giusto, siederò su questo trono una volta per tutte

Vi era ancora irrequietezza fra i nobili.
Nina udiva i loro mormorii preoccupati, e non poteva fare altro che promesse futili per calmarli.

Non lasciò che i suoi dubbi trapelassero nella sua espressione o nella sua voce.

Woderlein non era pronto all'inverno.

In un periodo così delicato, qualsiasi errore avrebbe potuto portare alla rivolta.

Nina non poteva permettersi instabilità.

Tutto doveva andare secondo i piani.

"Vi prometto che avrete tutto ciò di cui avrete bisogno," giurò ai presenti, "per voi e per la nostra gente. Riposatevi. Dio sa che ne abbiamo tutti bisogno."

ஓ๑♛๑ஓ

"Nina, voi ed io dobbiamo parlare."

Erano appena giunti nella sala del tè, dove il camino era stato prontamente acceso per riscaldare l'ambiente, quando Hans pronunciò quelle parole.

Nina si strinse il mantello attorno alle spalle, sedendo su un divanetto di fronte al fuoco. "Non siamo ancora sposati e venite già a dirmi una cosa simile?" chiese, imitando le sue parole di poco prima. "Dovrei preoccuparmi?"

"Al contrario, principessa." Hans si chiuse la porta alle spalle. "Se prima mi avevate convinto ad un'alleanza attraverso l'inganno, ora sono più che certo di preferire voi a Victoria sul trono."

Nina sollevò un sopracciglio, inclinando la testa di lato.

"Vostra sorella è pericolosa," le disse Hans. "Non si tratta più soltanto di semplici ambizioni, non per me. Si tratta di proteggere la nostra gente... Le nostre famiglie."

"Vostra figlia?"

Hans annuì. "Nessuno ha mai visto una cosa simile prima di oggi... Non sappiamo che cosa possa fare, di che cosa lei sia capace. Se volesse vendicarsi di noi, colpirebbe mia figlia per arrivare a me."

"Victoria non è..."

"Un mostro?" le chiese Hans. "Chi può sapere che cosa si nasconde dietro un'apparente perfezione? Lo avete detto voi stessa, lei aveva paura di mostrare chi era realmente."

Sì, l'ho detto.

Neppure lei sapeva perché fosse stata portata a difendere sua sorella. Istinto, forse, perché lei non odiava Victoria. Semplicemente, amava la sua libertà di più.

"Avevate ragione," continuò l'uomo, ignaro dei pensieri della giovane, "e questo era il motivo. Ma se voi non sapevate che cosa nascondeva, come potete sapere che cosa farà ora che il suo segreto è stato svelato? Potrete non capire, ma io non permetterò che venga fatto del male a Isolde per causa mia."

Nina sapeva della bambina che il duca aveva avuto dalla sua prima moglie. Aveva immaginato che non la volesse in pericolo, in quanto sua unica erede, ma udendo il modo in cui ne parlava... "Voi le volete bene veramente."

"Certamente," rispose lui, senza un'ombra di dubbio negli occhi. "È mia figlia, sangue del mio sangue."

Non tutti gli uomini la pensano allo stesso modo, avrebbe voluto replicare. Per suo padre, lei era stata alla stregua di una merce di scambio.
Eppure... Nina sapeva che cosa voler dire amare qualcuno e perderlo.

E forse fu perché lui le aveva rivelato una sua debolezza che si trovò a rispondere: "Non sarà esattamente la stessa cosa, ma... Avevo un gatto, da ragazzina. Un bel gatto soffice, dal manto candido come la neve. E gli volevo bene, era il mio unico amico... finché non scomparve. Non seppi più niente di lui per mesi. Mio padre affermò che fosse quello che meritavo, che neppure le bestie potevano sopportarmi, che sarei rimasta sola e odiata se avessi continuato a fare la difficile."

Il pensiero di ciò che veniva dopo le provocava ancora un nodo alla gola. Rabbia, dolore... Neppure lei sapeva più che cosa provava quando ci ripensava. 

Hans la guardò. Sembrava non sapesse se parlare o meno. 

Nina gli risparmiò la fatica.
"Era una bugia, ovviamente" gli rivelò, fissando le fiamme. "Qualche tempo dopo, stavo passando accanto all'ufficio di mio padre quando lo udii discutere con mio zio. Stava gridando contro a mio padre, gli stava dicendo che non era così che si educavano i figli... Io ascoltai di nascosto. Volevo sentirne di più, capire di che cosa stessero parlando...e poi capii. Mio zio aveva trovato delle ossa... Ossa di gatto, sepolte in giardino."
Chiuse gli occhi e sospirò, scuotendo la testa.

"Nina..."
La voce di Hans aveva assunto una sfumatura nuova, una morbidezza che lei non era del tutto certa di avergli mai sentito usare nei giorni in cui lo aveva conosciuto.

Non gli diede il tempo di finire.
Indurì la sua espressione, cancellando qualsiasi traccia di quegli antichi dolori dal suo volto.
"Quello che voglio dire è... Nessuno merita di perdere qualcuno a cui tiene prima del tempo, per una punizione decisa da qualcun altro. Fatela venire a palazzo, vostra figlia. Sarà al sicuro, qui. Farò in modo che lo sia."

Per un attimo, l'uomo esitò, come se volesse aggiungere qualcosa. Infine, invece, si limitò ad annuire. "Vi ringrazio."

"Siamo alleati. Ci aiutiamo a vicenda."

E lei è solo una bambina.

Il silenzio cadde nella stanza.

Fuori dalla finestra, oramai la neve aveva ricoperto di bianco l'intero paesaggio, e l'ampia distesa d'acqua del Lago Silnrglas era ghiacciata.

Magia, senza alcun dubbio. La neve naturale non cadeva in quantità tanto massicce in così poco tempo.

Nina si chiese se la maledizione si fosse estesa anche al resto di Woderlein. Ma, sino a che le guardie non avessero preso Victoria, non vi era modo per loro di risolvere le cose.

Aveva già dato ordine alle guardie di distribuire indumenti caldi e legna per il fuoco ai cittadini e mandato messaggeri alle contee più distanti, chiedendo loro della situazione e offrendo loro di inviare qualsiasi bene di prima necessità fosse mancato.
Era tutto ciò che poteva essere fatto.

Alzò lo sguardo verso il duca, che si riscaldava le mani accanto al fuoco. Si era messo davanti al focolare, in modo che lei lo vedeva soltanto di spalle.

Dato che stavano per unirsi in matrimonio e che, ormai, sapeva più di lei di quanto non ne sapesse la sua intera famiglia, dubitava che avesse senso che se ne stesse lì impalato come un estraneo.

"Hans?" lo chiamò.

Quando egli si voltò, Nina diede un colpetto al posto accanto a lei sul divano. "Sedetevi," lo invitò.

"Che vi prende, principessa? Vi state comportando come una persona decente," la punzecchiò lui.
Ma... Le sorrise, e quel sorriso parve diverso da tutti gli altri che le aveva rivolto. Parve sincero.

A Nina sfuggì una lieve risata. "Molto bene," replicò, mettendosi sdraiata sul divano, le braccia piegate dietro la nuca come supporto. "Vorrà dire che sarà tutto per me."

La sua risata si mischiò a un gridolino stupito quando si sentì sollevare le gambe in aria e la gonna le scivolò fino alle cosce, lasciando alla vista i mutandoni color crema bordati di pizzo all'altezza del ginocchio.

"Ehi!" esclamò, tra uno scoppio di risa e l'altro, tendando di divincolarsi. "Che cosa fate?"

"Non tanto in fretta." Vide Hans sorriderle dall'alto in basso, tenendola per le caviglie. "Non ho detto di no, Nina."

Si lasciò cadere sul cuscino, e poggiò i piedi di lei sul suo grembo.

E, quando lei fece per spostarsi, egli la trattenne.

"Suvvia, siamo amici, no?" le disse, ammiccando.

"Chi ha detto che siamo amici?"
Nina non trattenne un lieve sorrisetto.

Hans le sorrise di rimando, con l'aria di chi sapeva di aver vinto. "Voi, se non erro, quando mi avete chiesto di chiamarvi per nome."

Nina alzò gli occhi al cielo. "Vedo che qualcuno non conosce il significato dei modi di dire."

"Ritiro quello che ho detto, Altezza," replicò lui, alzando le mani. Il luccichio nei suoi occhi le rese chiaro che stesse scherzando, come se il suo tono di voce non fosse stato abbastanza. "Siete ancora indubbiamente intrattabile."

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