Capitolo VII
Le trombe suonarono fuori dal portone del castello, aprendo la Marcia Reale, anche nota come l'inno nazionale di Woderlein.
"Sua Maestà!" annunciarono gli araldi, strillando sopra il brusio della folla. "Fate largo a Sua Maestà, Victoria, regina di Woderlein!"
Dal suo posto al fianco della sorella all'inizio del corteo, proprio sull'inizio del ponte di pietra che collegava il castello alla città vera e propria, Nina aveva una visuale perfetta delle strade, decorate a festa, e delle persone accalcate ai lati, a esultare e salutare con le mani.
Un trionfo di trombe e tamburi risuonò per le vie al loro passaggio. Petali di giglio e coriandoli erano sparsi sul lastricato dagli spettatori.
In tutta la città regnava un'aria di festa.
Passarono fra stendardi raffiguranti lo stemma della casata di Holstein-Elsing, un lupo bianco rampante con un giglio dorato sullo sfondo porpora e verde muschio, bandierine più piccole legate ai lampioni, e folle di cittadini di tutte le età che acclamavano ogni loro passo.
No, si corresse Nina, ogni passo di Victoria, la loro beneamata regina.
Era per lei che era stata organizzata l'intera processione, in fondo, per celebrare il raggiungimento della sua maggiore età e l'ascesa ufficiale al trono.
Nina non era nessuno, per loro, se non l'erede presunta di sua sorella.
Non ancora.
Procedette un passo dietro Victoria, un lieve sorrisetto sulle labbra, rivolgendo cenni di saluto alla folla.
Poteva essere soltanto una dei molti principi della casata, poteva essere la disgrazia della sua famiglia, ma il popolo non conosceva le storie, e lei intendeva fare in modo che rimanesse così.
Un giorno, queste persone mi conosceranno davvero, si ripromise, e non sarà perché ho offeso qualche signorotto di provincia.
Aveva un piano, ma i tempi non erano ancora maturi per metterlo in atto.
Fino a che il momento giusto non fosse giunto, poteva permettersi di divertirsi.
La marcia prevedeva di percorrere l'intero Viale Aleksander—così chiamato in onore del primo sovrano di Woderlein—, attraversando piazze e piazzette dove alcune bande improvvisate suonavano melodie allegre su cui gli abitanti danzavano in cerchio.
Attorno a loro, bancarelle e negozi vendevano dolci e altre leccornie, bandierine e stelle filanti, flautini per unirsi ai musici che vagavano per le strade...
Ovunque Nina volgesse lo sguardo, di fronte a lei si presentava un allegro andirivieni di persone con indosso i loro migliori abiti. Tutti chiacchieravano e mangiavano e danzavano senza apparentemente una preoccupazione al mondo.
E come loro, anche Nina poteva mettere da parte i suoi problemi e le sue trame, anche se solo per qualche attimo.
Mentre passavano per un'area particolarmente affollata, la principessa adocchiò la sua occasione: quando la guardia che le stava affianco fu distratta dalla vistosa scollatura di una ragazza del popolo, lei sgusciò fuori dal corteo e si gettò nella mischia, venendo immediatamente presa per mano e trascinata in una danza da una giovane donna che le piroettò accanto.
Nessuno avrebbe sentito la sua mancanza.
Nessuno l'avrebbe mai notata in tempo.
E Nina danzò fra i giovani e le donzelle della città, diede una moneta d'oro ad una vecchia commerciante in cambio di un'intera sacca di fragole coperte di cioccolato su uno stecco, giocò una partita a scacchi contro un ragazzino lentigginoso e vinse, ma gli donò comunque un pasticcino ripieno di dolce crema bianca.
Scoppiò a ridere quando la fetta di torta alle mele che lanciò in direzione della sua famiglia colpì sua zia in pieno viso, e si defilò prima che qualcuno potesse rendersi conto che era stata lei a tirarla, sparendo tra la calca.
Nessuno sembrò prestare troppa attenzione al suo bel vestito di seta color zaffiro o ai piccoli diamanti che ne intarsiavano gli orli della gonna, disegnando motivi floreali a vortice. Nessuno parve curarsi del prezioso pettinino d'argento che le teneva una parte dei capelli raccolta in una crocchia di trecce.
In fondo, i cittadini di Elsing non erano spie.
Nina conosceva alcuni di loro—era sgattaiolata fuori molte volte nel corso degli anni—e sapeva che a nessuno interessava in che cosa si dilettasse nel suo tempo libero, finché non li danneggiava personalmente.
Quando ne ebbe avuto abbastanza di esplorare la città, le guance lievemente arrossate dopo l'ultimo ballo e i baci che aveva dato a un ragazzo e a una ragazza dietro l'angolo di una strada, nell'impeto del momento, il sole era alto in cielo.
Mezzogiorno, si rese conto Nina. È meglio che io vada, prima che terminino i festeggiamenti e qualcuno inizi a chiedersi dove sono.
Non fu difficile ritrovare il corteo reale.
Le bastò seguire gli spostamenti della massa, da cui era semplice lasciarsi trascinare.
Non ci mise molto neppure a reinserirsi nel gruppo.
Tutto ciò che dovette fare fu distrarre una delle guardie che lo affiancavano, facendolo voltare dall'altra parte mentre lei riprendeva il proprio posto.
Scoprì che lanciargli contro una mela caramellata era un buon modo di portare altrove l'attenzione di un uomo.
Ed eccola lì, nella sua posizione un passo dietro a sua sorella, come se non si fosse mai mossa di lì.
Nina saltellò in avanti, mettendosi a lato di Victoria. Notò subito, tuttavia, il modo in cui la maggiore si rigirava le mani, il suo volto teso e forzato in un sorriso cordiale.
"Oserei immaginare che tu non ti stia divertendo, sorella."
Victoria sobbalzò quando la udì parlare. Voltò di scatto il capo, ogni suo muscolo teso, ma esalò un respiro quando i suoi occhi incrociarono quelli di lei.
"Nina!" esclamò, con aria quasi... sollevata? "Non... Non ti ho sentita arrivare, perdonami. Temo sia tutto questo caos a confondermi la mente..."
La principessa non rispose.
"Sono curiosa," le disse invece. "Vuoi dirmi perchéstai tormentando quel povero guanto? Pare che ti abbia ucciso il cane, per come lo stai stritolando."
Victoria si guardò le mani, celate da quel tessuto candido che si ostinava a portare ogni giorno—Nina si chiedeva, a volte, se li indossasse anche per dormire.
"Oh, io... Non amo le grandi folle, sorella," le confessò, fissando ancora in basso. "Tutto questo... È la tradizione, ed è mio dovere mantenerla, ma... Attendo con impazienza che il mio compleanno passi. Si potrebbe dire che io sia semplicemente nervosa."
"E i guanti ti fanno sentire protetta dai pericoli del mondo esterno?"
Victoria raramente lasciava il palazzo, tanto che Nina non sarebbe stata stupita se fosse stato così.
"Sì, in parte..." ammise lei. Non menzionò per che cos'altro servissero, neppure dopo che Nina insistette.
Infine, la processione raggiunse di nuovo le porte del castello e lei lasciò perdere. Non valeva la pena perdere tempo in cose triviali come quella.
Il giorno dopo ci sarebbero stati l'incoronazione e il ballo.
E ora che il matrimonio di Victoria non era più nelle carte, era finalmente arrivato il momento di mettere in atto la seconda fase del suo nuovo piano.
Non era un'idea che le piaceva particolarmente. Era molto rischiosa e, una volta messa in atto, ciò che sarebbe seguito sarebbe stato fuori dal suo controllo.
Ma lei non aveva il lusso di essere nata erede al trono. Aveva bisogno di alleati.
Per sua fortuna, non era l'unica ad ambire a qualcosa che non poteva avere.
ஓ๑♛๑ஓ
"Principessa, siete sicura di voler fare una cosa simile? È piuttosto... subdolo."
"Oh, Lili, tu davvero non capisci, vero? Quello che ho iniziato è un gioco pericoloso. Subdola è tutto ciò che posso essere, se voglio avere una possibilità di vincere."
"A volte, voi mi spaventate."
"Lo so."
Nina finì di infilarsi i pendenti di diamante alle orecchie e si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
L'acconciatura era la stessa di quel mattino, ma aveva scambiato l'abito blu con un vestito dorato dalla gonna ampia e le maniche a sbuffo in tulle che si chiudevano sul polso e le lasciavano le spalle scoperte. L'intero abito era coperto da ricami di un color oro più scuro.
Sotto di esso, le serve avevano aiutato Nina a indossare una sottogonna che desse un effetto più vaporoso all'abito e un corsetto che le accentuasse il seno.
Quando erano rimaste sole, la principessa aveva spiegato a Lilibet che cosa intendeva fare esattamente quella sera. Non le aveva parlato di ciò che sarebbe seguito se tutto fosse andato a buon fine. Prima, doveva funzionare. E Lili era già talmente nervosa che non le avrebbe fatto alcun bene sapere ciò che veniva dopo.
Nina sospirò, spolverandosi la gonna dopo essersi alzata dalla toeletta. "Credimi, non amo scommettere alla cieca, ma non ho molta scelta."
"Perdonatemi, Altezza, ma... potreste semplicemente lasciar perdere. Il potere non è l'unica cosa che conta..."
"Invece lo è, Lili." Nina ebbe la cautela di non alzare la voce, nonostante le parole della sua amica le dessero sui nervi. "Chi ha potere comanda e fa ciò che vuole. Chi non lo ha deve accontentarsi di chinare la testa e fare ciò che gli viene detto, che gli piaccia o meno, che sia un servo o un principe. Ci inchiniamo tutti a qualcuno. Eccetto i re e le regine, e lo sai perché? Perché sono loro a dettare legge, perché non c'è nessuno sopra di loro. Se c'è qualcuno che è libero a questo mondo, sono loro."
"E voi volete essere fra loro..."
"Voglio essere più della pedina di mia sorella," rispose Nina, facendo volteggiare un pettine sul tavolino. Con la coda dell'occhio vide la sua espressione vagamente annoiata riflessa sullo specchio. "Ma non lo sarò mai... a meno che io non prenda il suo posto."
"Principessa!" Lilibet si lasciò sfuggire un sussulto.
"Shh," sibilò Nina, portandosi il dito indice al labbro. Le fece un sorrisetto. "Sai che cosa succede a parlare ad alta voce di queste cose."
"Ma Vostra Altezza..." Ora la ragazza stava praticamente sussurrando, ma il terrore era ancora percepibile nella sua voce come nei suoi occhi. "Si tratta di tradimento... State parlando di regicidio..."
Nina scoppiò a ridere.
"Oh, tu pensavi che—" L'espressione sconvolta della sua amica non fece che alimentare la sua risata.
"Via, via, Lili..." Scosse la testa, sorridendo ancora, facendo il gesto di scacciare un insetto. "Non intendo ucciderla. Voglio soltanto... deporla."
La dama si passò una mano tra i capelli. "Principessa, onestamente..." Si morse il labbro. "Non so se considerarlo un bene o un male."
"Non è né bene né male," replicò Nina, facendo spallucce, "Semplicemente, è ciò che è meglio per me."
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