Capitolo III
"Vostra Altezza?"
Nina grugnì, il suono attutito dai cuscini e dalle coperte in cui era avvolta, ma si costrinse ad alzare la testa per chiedere "Che cosa c'è, Gertrud?"
"Si tratta degli ospiti, principessa..." rispose la serva.
Nina immaginò che cosa questo comportasse ancor prima che i suoi sospetti venissero confermati.
"Sua Maestà dice che le carrozze si stanno avvicinando," spiegò infatti Gertrud. "Vuole che siate pronta ad accoglierli, quando arriveranno."
Ma certo, pensò, gli ospiti. Ospiti che avrebbe preferito non essere costretta a incontrare, ma c'era poco che potesse fare al riguardo oltre a tentare di evitarli il più possibile.
Sperava, per lo meno, che Victoria fosse troppo impegnata nell'organizzazione dei festeggiamenti e nella propria ricerca di uno sposo da non pensare a lei.
"Va bene," bofonchiò in risposta alla serva. "Se te lo chiede, di' a mia sorella che mi sto preparando per scendere." Sorrise fra sé e sé. "A meno che non voglia che mi presenti di fronte ai nobili dell'intero regno in camicia da notte."
Nina udì i passi della serva allontanarsi, e seppe che stava andando a riferire le sue parole alla regina.
Con un sospiro, si avvicinò all'armadio e passò in rassegna i vari vestiti appesi in esso, a formare una nuvola di colori e materiali.
Non aveva alcuna voglia di chiamare le ancelle e aspettare che arrivassero per vestirsi, né desiderava particolarmente doversi sorbire i loro discorsi sull'importanza di apparire perfette per catturare l'occhio di qualche signore importante—le gemelle erano particolarmente ferrate in quel campo di conversazione, il che avrebbe voluto dire una discussione senza fine che Nina non desiderava minimamente affrontare a quell'ora del mattino.
Infine, si decise dunque per un semplice abito bianco a maniche lunghe, la gonna abbastanza morbida da non risultare ingombrante nei movimenti.
Una serie di spille di zaffiro e argento dalla forma allungata adornavano il corpetto, arrivando fin sotto al colletto, che saliva a circondarle l'esile collo.
Gli orli della gonna e delle maniche erano ricamati con un disegno floreale, perle candide intrecciate tra i fili argentati. Lo stesso motivo si ripeteva sulle maniche a campana e sui bordi della gonna del soprabito blu che andava posto sopra il vestito.
Nina si chiuse una cinta d'argento attorno alla vita e si raccolse i capelli in una crocchia di trecce ramate.
Dalle sue orecchie pendevano orecchini di zaffiro dalla forma di gocce.
"Ebbene," disse, sorridendo al suo riflesso nello specchio, quando ebbe finito, "quale miglior giorno per rovinare i prospetti nuziali di mia sorella?"
ஓ๑♛๑ஓ
Nina aprì le porte in mogano della sala da ballo, ma si arrestò sull'ingresso quando si rese conto della piccola delegazione proprio di fronte al trono.
"Oh," esalò, intrecciando le mani sul grembo, il mento leggermente sollevato. "Pare che io sia stata preceduta."
Immediatamente, tutti gli sguardi si volsero verso di lei.
La principessa fece una riverenza, sollevando appena la gonna, tenendola tra i pollici e gli indici.
Fece scorrere gli occhi sui nuovi arrivati, passandoli in rassegna uno per uno.
Erano cinque, in tutto. A giudicare dalla livrea che portava uno di loro, contrassegnata dallo stemma di tre pini verdi su campo azzurro, dovevano provenire dal marchesato di Willmer, ad ovest della foresta di Nolf su cui si affacciava anche la città di Elsing.
Il ragazzo, in piedi leggermente indietro rispetto al resto del gruppo, doveva essere un membro della loro servitù, mentre gli altri...
Victoria non le diete il tempo di indovinare chi fossero, poiché, con un movimento della mano verso di loro, disse "Nina, ti presento il marchese e la marchesa di Willmer."
L'uomo più anziano, dai capelli biondi striati di grigio, e la donna che teneva a braccetto chinarono il capo in segno di saluto. "Vostra Altezza, è un piacere."
"E i loro figli," proseguì Victoria, lo sguardo che le rivolse tutto ad un tratto più severo. "Lord Ernst e Lord Otto Heivar, marchesini di Willmer."
"Salve," li salutò Nina, accigliandosi visibilmente in risposta all'occhiata sin troppo interessata di Lord Ernst, il quale si passò una mano tra i capelli biondo miele e le rivolse un sorriso brillante non appena lei gli concesse un cenno di saluto, le guance innegabilmente arrossate.
In seguito a quello, la principessa si convinse a non rivolgere più la parola agli Heivar a meno che non fosse stata costretta a farlo ed evitò ostinatamente di incrociare lo sguardo del loro figlio primogenito.
Fortunatamente, non era lei a doverli intrattenere. Quel compito spettava a sua sorella.
Sfortunatamente, quest'ultima decise che anche lei dovesse prendere parte a quella riunione. "Stavamo proprio per ritirarci nel salotto per un tè," le riferì. "Nina, dovresti unirti a noi."
E lo sguardo che le rivolse rese chiaro che non avrebbe accettato un no come risposta.
Nina avrebbe rifiutato comunque, ma la prospettiva di doversi possibilmente sorbire una giornata in compagnia delle sue noiose cugine—avrebbe dovuto incontrarle per ricamare—la spinse ad accettare l'invito di Victoria.
Preferiva passare il suo tempo a rifiutare le avances di Lord Ernst piuttosto che a conversare di gioielli e ragazzi con le figlie dei suoi zii, la maggior parte delle quali erano insopportabili quasi quanto Helena.
Così seguì il gruppo fino al salottino, dove spesso venivano accolti gli ospiti in maniera più intima rispetto a quanto non fosse possibile nella sala da ballo.
Victoria diede l'ordine ad una serva di far preparare del tè e di portarlo lì una volta pronto.
Nel mentre, Nina si appollaiò sul bracciolo di un divanetto, accavallando le gambe e guardando ovunque tranne che di fronte a lei, dove i due figli del marchese si erano accomodati.
Ernst non smise un attimo di fissarla, tranne per quando non sussurrò qualcosa a suo fratello e i due si scambiarono un sorrisetto complice che non sembrava promettere niente di buono.
Pur di non guardarlo ancora e rischiare di incitarlo in qualche modo, la principessa fissò gli occhi sul vecchio pianoforte a coda posizionato al centro della sala da tè, proprio a lato di una libreria colma di volumi.
Era solita venire qui, quando non c'era nessuno, e far pratica della musica che i suoi precettori le avevano insegnato. Ogni tanto, aveva persino tentato di comporre i propri pezzi, quelli che non avrebbe mai fatto sentire a nessuno.
Quando Victoria si mise a sedere al suo fianco, Nina distolse immediatamente lo sguardo, ma fu troppo lenta.
Sua sorella le sorrise lievemente, inclinando la testa in direzione del pianoforte, e le disse "Suona per noi, ti va? È da così tanto tempo che non ti sento suonare..."
Forse perché non t'interessa davvero, Nina pensò, amareggiata. Sei brava a fingere, forse, ma lo fai soltanto per mettermi in mostra di fronte ai nobili ancora scapoli e avere un'occasione per liberarti di me.
Tuttavia, le sue gambe si mossero da sole verso lo strumento, e Nina si trovò a sedersi sullo sgabello senza che neanche si fosse resa conto di essersi avvicinata ad esso.
Doveva ammettere che ci fosse bellezza nella musica, un qualcosa che l'aveva sempre affascinata, nonostante fosse stata costretta a prendere lezioni.
Immergersi nella melodia le aveva dato un modo di sfuggire ai suoi pensieri, un mezzo per esprimersi in un ambiente nel quale piangere in pubblico era precluso e alzare la voce era punito.
"Non sapevo foste una pianista, Altezza," commentò Lord Ernst, piegandosi in avanti col busto e poggiando il mento sul palmo della mano.
Nina aveva parole ben poco cortesi sulla punta della lingua, ma sua sorella doveva aver indovinato che non sarebbe andata a finire bene per il ragazzo e la interruppe prima che potesse aprir bocca.
"Oh, è molto brava, vostra Grazia!" esclamò immediatamente la regina, tanto entusiasta da farla parere una disperata, un grande sorriso sulle labbra. "Fategli udire, Nina," le chiese—ma era più un ordine, il suo, seppur mascherato sotto toni cortesi—, indicandole di iniziare con un cenno della mano. Riportò poi la propria attenzione sull'erede di Willmer. "Sono certa che rimarrete positivamente colpito."
La principessa sarebbe stata quasi tentata di sbagliare le note di proposito, soltanto per farla sfigurare, ma non appena le sue dita sfiorarono i tasti, la musica sorse spontanea.
Aveva imparato quel pezzo a memoria molto tempo prima, tanto da non doverci più pensare mentre le dita saltavano agili da una nota all'altra lungo la tastiera d'avorio.
Allora, si lasciò prendere dal l'impeto della musica, dimenticando gli occhi osservanti della sorella e degli ospiti su di lei e il fatto che probabilmente, in quell'esatto momento, sua sorella stava pensando a come convincerla a diventare la moglie di quel patetico spilungone di Lord Ernst.
Per un po' ci furono solo lei e il crescendo di note che portavano al culmine della sonata, evocando immagini di gloria e potere, di un'ascesa che Nina anelava disperatamente. Desiderio che, non potendo essere soddisfatto, riversava in ogni toccata.
Nina tenne gli occhi fissi sulla tastiera per tutto il tempo, il volto corrugato da una smorfia di concentrazione.
E quando alzò lo sguardo, la melodia al suo apice con l'ultima nota, i suoi occhi incontrarono quelli dell'uomo più bello che avesse mai visto all'interno di quelle mura, e il suo cuore perse un battito.
"Nina." Victoria non perse un attimo a prendere la parola. Aprì una mano verso l'uomo misterioso. "Ti presento Hans Volmark, duca di Veimar."
Lui le rivolse un sorriso felino. "Salve, principessa. È un piacere conoscervi."
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