9 - L'abito non fa il Conte
"Ottime notizie, Andrea: tuo padre è sulla strada giusta per farti tornare a casa. Ha solo bisogno di accumulare più energia per—"
Patrick irruppe senza preavviso nella stanza di Annabelle, dove Andrea era intenta a osservare dalla finestra il Conte DeMagnius impegnato in un tè con il padre di Annabelle in giardino, e si bloccò di colpo.
Dai gesti che il conte riservava alla sua servitù si poteva benissimo dire che non ammetteva errori nel loro servizio. Tutti lo servivano con apprensione, correndo appena impartiva un ordine, senza dimenticare prima di inchinarsi. Il sentimento che Andrea provò per lui divenne un vero e proprio odio.
Certo, anche il padre di Annabelle aveva dei servitori che obbedivano a ogni sua richiesta, ma tra i due c'era una netta differenza. Il padrone di Heaventree manifestava rispetto verso la sua servitù. Lo aveva osservato durante la sera precedente, mentre cenavano, e non esigeva l'inchino come il loro ospite; era magnanimo con i camerieri, e se per puro caso avevano una qualche mancanza, non reagiva in modo irato come il Conte anzi, se la cosa era di poco conto cercava di lasciar perdere.
Andrea sospirò di disappunto all'ennesimo ordine dato con superiorità.
"Che pallone gonfiato!" Borbottò schifata. "Tratta quella povera gente come se fosse immondizia."
"Stai ancora cercando un modo per far saltare il matrimonio?" Patrick si avvicinò a lei e guardò anch'egli dalla finestra.
Osservarono in silenzio le continue richieste di quell'individuo pomposo, mentre la rabbia di Andrea cresceva a vista d'occhio.
"Sono sicura che avrà qualche scheletro nell'armadio che attende solo di essere scoperto. Se il padre di Annabelle crede che sia una brava persona si ricrederà!"
"Ti ho già detto che far saltare questo matrimonio è molto pericoloso per te, Andrea. Sai bene che—"
"Un uomo così non può avere in sposa una ragazzina dolce e ingenua come Annabelle, la rovinerebbe in brevissimo tempo!" Lo interruppe, senza nemmeno dar l'impressione di aver sentito quello che le aveva detto.
"Andrea, che cosa hai intenzione di fare?" Sospirò spazientito.
Lei non distolse minimamente lo sguardo dalla scena che si svolgeva in giardino per rispondere.
"Semplice: sicuramente qualcuno dei suoi camerieri avrà qualche aneddoto da raccontare alla futura sposa. Una curiosità del tutto legittima per una ragazza di appena diciotto anni alle prese con un uomo più grande di lei."
Patrick era sempre più preoccupato. "Capisco perché hai preso a cuore questa situazione, ma se Annabelle non sposerà il conte di Devonshire, tu potresti—"
Andrea si voltò verso di lui e lo guardò con aria seria. "Quell'uomo è solo un pedofilo, e sono sicura che ha a che fare con la morte della sua prima moglie. Non posso permettere che sposi una ragazzina, per giunta innamorata di un altro."
Patrick rimase pietrificato dallo sguardo di Andrea. Conosceva bene la risolutezza del suo carattere, lo aveva visto molto spesso nei suoi occhi, e ora, anche se avevano un colore e un taglio diversi, non poteva non riconoscere quella stessa risolutezza. Niente e nessuno avrebbe potuto distoglierla dal suo intento.
☣☣☣
"Non credete anche voi, signor Tavern, che la servitù va sempre tenuta in esercizio e con il guinzaglio corto. Appena ti distrai un attimo li vedi bighellonare come quei lavativi che non sono altro."
Il conte DeMagnus pregustò il suo tè, allungando le gambe scheletriche e appoggiando i piedi sull'apposito sostegno di fronte a lui, godendo del sofà da giardino che il padrone di casa gli aveva messo a disposizione. L'altro lo guardò cercando di non trasmettere nessuna emozione negativa dalla sua espressione.
"Dopo una settimana nella mia dimora non hanno ancora imparato a servirla secondo i vostri gusti?"
"Macchè! Sono un branco di lavativi senza midollo! Si trascinano con pesantezza e quando li rimproveri di qualcosa si comportano come se non riuscissero a capire ciò che gli dite. Altro che essere inferiori!"
Il signor Tavern stava iniziando a manifestare insofferenza verso la persona del Conte. Queste continue allusioni sulla servitù e sulla sua superiorità iniziarono a mettere il seme del dubbio che non fosse poi tanto nobile come sosteneva di essere. Ma la parola di un uomo d'onore come lui valeva molto di più dell'insofferenza del suo carattere, quindi non metteva bocca sui suoi modi di fare bruschi, soprattutto verso la servitù da lui pagata. Il signor Tavern era convinto che non si sarebbe mai e poi mai comportato così con una moglie. In fondo era pur sempre un Conte.
☣☣☣
Philippe Gavoir sbirciò furtivo all'interno dell'armadio. Si trovava nelle stanze del Conte Gavoir, intento a trovare un qualche indizio che sostenesse la sua tesi. Esattamente come pensava Andrea, anche lui credeva che il suddetto Conte nascondesse scheletri nell'armadio, e che fosse coinvolto nella prematura morte della prima moglie. Chiuse l'armadio, non vendo al suo interno altro che vestì e camicie. Si guardò attorno, alla ricerca di un luogo dove lui avrebbe nascosto delle cose che nessun altro doveva vedere e l'occhio gli cadde su un grande baule posto ai piedi del letto. Si precipitò su di esso e tirò il grande coperchio, accorgendosi che era bloccati da un massiccio lucchetto.
Nel prevedere che si fosse ritrovato di fronte a una situazione simile, Annabelle gli aveva fatto dono di una forcina per capelli, con la quale avrebbe potuto forzare il meccanismo di qualche serratura che qualora lo ostacolasse nella ricerca. Se ne ricordò e la estrasse dalla propria tasca, iniziando a trafficare sulla serratura.
Iniziò a sudare, le finestre erano state chiuse per non permettere ai raggi del sole di riscaldare ulteriormente le stanze durante le ore più calde del pomeriggio, provocandogli mani sudate dalle quali il fermaglio della ragazza scivolava in continuazione.
Riuscì finalmente a fare scattare la serratura, ma proprio in quel momento la porta si spalancò e il proprietario di quelle stanze fece il suo ingresso, beccandolo con le mani nel sacco.
"Cosa stata facendo qua dentro?"
I preparato, Philippe si alzò in piedi fronteggiandolo.
"Voi non potete fregiarvi del titolo di Conte! I vostri modi sono rozzi come un marinaio delle più rozze bettole, e la vostra persona racconta ciò che possedete nel vostro cuore: solo aridità!"
Il conte fece una smorfia derisoria. "E cosa credete di trovare nei miei cassetti, una dichiarazione di colpevolezza?"
"Siete un uomo spregevole, DeMagnius! Vi ho osservato in questi giorni, non meritate una moglie come Annabelle!"
Si tradì, ma se ne accorse troppo tardi e si morse la lingua. La reazione di DeMagnius non manifestò alcuna emozione al di fuori della derisione nei confronti del couturiére. Si poteva dire che si aspettava da lui un'azione simile.
"Ed ecco svelato ciò che avete invece voi nel cuore. Ma permettete di considerarvi piuttosto soltanto un ladruncolo ignobile."
Si voltò e, rivolgendosi a uno dei suoi lacchè, fece chiamare il padrone di casa, che accorse trafelato, abbandonando i suoi resoconti e i suoi studi. Tale trambusto avvertì la stessa Andrea che il povero Gavoir fosse stato scoperto e accorse a sua volta.
Manifestando un'improvvisa irritazione, DeMagnius puntò il dito contro il povero Gavoir.
"Ho beccato questo ladro a frugare nelle mie cose alla ricerca di gioielli e denaro. Esigo che venga arrestato e paghi,secondo le leggi di questo stato."
Sentendosi ormai dalla parte del torto, Philippe rimase in silenzio, sotto gli occhi esterrefatti del padrone di casa e quelli preoccupati di Annabelle.
Il signor Tavern, come padrone di casa e responsabile di ciò che succede sotto il proprio tetto, fece momentaneamente rinchiudere Philippe Gavoir nel proprio studio, sotto gli occhi vigili di un uomo di fiducia, e fece chiamare un uomo di legge affinché lo arrestasse.
Andrea non poteva permettere che Gavoir venisse arrestato, assistendo impotente mentre veniva scaraventato in quello studio si voltò verso i due uomini alle sue spalle:
"Sono convinta che non ha rubato niente!"
"Non siate sciocca!" DeMagnius avanzò di un passo, alzando una mano per posarlo sul braccio di lei. "L'ho visto con i miei occhi mentre rovistava nei miei bauli alla ricerca di chissà cosa."
Andrea fece un passo indietro, liberandosi dal peso della sua mano e gratificandola con un'occhiata gelida. Si voltò verso il signor Tavern, immobile al fianco del Conte ma non pienamente convinto della situazione.
"Avete cercato nelle sue tasche oggetti che non gli appartenessero?" Tornò a guardare DeMagnius. "Qual è l'oggetto che manca dalle vostre stanze?"
"Devo ancora controllare. Ma sono sicuro che si sarà impossessato di qualcosa di valore."
"Non sarà necessario," si intromise il signor Tavern. "Controllerò di persona che non abbia con sé alcun oggetto di valore. Qualora ne fosse sprovvisto lo farò allontanare dalle mie terre, ma non sarà il caso di denunciare un uomo di straordinaria bravura nel cucire abiti."
Entrò con passo sicuro all'interno dello studio dove il povero Philippe attendeva la sua sorte. Andrea rivolse al Conte uno sguardo derisorio e si allontanò, non dandogli modo di aggiungere altro. Sentì su di sé quegli occhi perfidi che le perforarono la schiena, ma non poté essere più felice di averlo messo in cattiva luce di fronte al padre di Annabelle. Anche se ciò significava privarla della compagnia del giovane couturiére.
Alla fine, Philippe Gavoir venne solamente allontanato da Heaventree, ma almeno non venne arrestato dagli organi di legge.
Rimasta sola a Heaventree, Andrea si incaponì nel trovare da sola un modo per screditare il Conte DeMagnius agli occhi del signor Tavern. Cercò di ingraziarsi la servitù del Conte. Provò a fare amicizia con la sua cameriera personale, una donna schiva e riservata, ma sembrò da subito molto devota al Conte. Lo chauffeur era un tipo molto più alla mano e chiacchierone, ma come la cameriera personale, sembrava avere un forte timore del suo padrone; era difficile riuscire a scucire qualche informazione preziosa da loro.
Si accorse quindi di una piccola inserviente che aveva più o meno l'età di Annabelle. La vedeva spesso in un angolo appartato, intenta a lucidare con estrema concentrazione le scarpe del suo padrone o profondamente assorta in qualche altra incombenza. Era sempre vestita di nero e cercava di passare sempre inosservata. Decise di avvicinarla in una di queste occasioni. Le si sedette accanto e la ragazza la gratificò con una riverenza e un lieve sorriso.
"Il Conte ti fa lavorare sodo a quanto vedo."
"Oh, buona sera signorina." Sobbalzò, non aspettandosi che le rivolgesse la parola. "Sì, ha proprio ragione, sono molto impegnata."
Aveva una voce estremamente dolce e piccola.
"Ma tu sei molto giovane, non ti piacerebbe poter avere un po' di tempo da dedicare a te soltanto?"
La giovane arrossì lievemente e la guardò con timidezza. "Avete ragione, signorina Tavern, sono molto giovane, ma questo è quello che ho sempre fatto in vita mia, non avrei altro modo per impiegare il mio tempo."
Andrea non si diede per vinta. "Sembra che il Conte non sia molto magnanimo con voi della servitù. Quando non siete in compagnia di altre persone come vi tratta?"
Le guance della giovane si colorarono ulteriormente. "Oh... bene, credo. Cioè, sì... voglio dire, io sono felice di lavorare per lui." Farfugliò imbarazzata.
Andrea era tutt'altro che convinta. "Sai, purtroppo io non lo conosco moltissimo, ma avrei bisogno di saperne un po' di più prima di sposarlo. Credo che tu possa capire la mia curiosità."
Il viso della giovane divenne talmente rosso che sembrava stesse prendendo fuoco per autocombustione. "Io... beh, non saprei. Non sono mai stata fidanzata... non vorrei..."
Andrea stava iniziando a spazientirsi, si rese conto che la ragazza era troppo timida per potersi aprire con lei. Decise quindi di cambiare strategia.
"Hai ragione, perdonami, sono stata davvero impudente. Ti prego, dimentica la mia richiesta inopportuna."
Il viso della ragazza tornò gradatamente ad un colorito normale. "Va bene, signorina."
"Come ti chiami?"
"Sono Elizabeth, signorina."
"Ti va di diventare amiche?"
Le guance di Elizabeth tornarono a colorarsi di rosso. "Amiche?!"
"Sì, amiche. Anzi, mi farebbe piacere se mi dessi del tu."
"Oh, no no no! Non potrei mai prendermi certe libertà, anche se siete così gentile con me e me lo chiedete apertamente. Sarebbe come mancare di rispetto sia a voi che al mio padrone." Sbottò con enfasi.
Andrea storse la bocca un po' delusa. "Ok... forse ti sto chiedendo troppo, ma non credo di pretendere troppo se chiedessi al mio promesso sposo di prestarmi una dama di compagnia più vicina alla mia età. Tu che dici?"
Elizabeth la guardò sbalordita, con gli occhi lucidi e il viso paonazzo. Non riusciva a credere alle proprie orecchie.
Mantenendo la parola data, Andrea andò risoluta dal Conte DeMagnius a fare la sua richiesta sulla giovane Elizabeth. Lo trovò nello studio del padre di Annabelle, intento con quest'ultimo in un'intensa discussione di affari, o di chissà cos'altro. Quale opportunità migliore di poter fare una richiesta del genere se non di fronte al padre della donna che presto sarebbe diventata sua moglie? Se si fosse dimostrato ben che meno magnanimo con lei, avrebbe potuto creare dei dubbi nel signor Tavern, specialmente per una richiesta tanto semplice.
Bussò alla porta e fu invitata a entrare, li trovò in una fitta nuvola di fumo di sigaro, intrattenimento al quale i due uomini amavano lasciarsi andare spesso insieme, almeno da quello che aveva potuto costatare Andrea. Si avvicinò sventolando una mano davanti al naso e subito il Conte chiamò il suo tuttofare affinché aprisse la finestra.
"Questo non è il luogo per una dolce ragazza, lasciate che l'aria viziata se ne vada e lasci il posto a quella più pulita prima di respirare in questa stanza."
Il Conte sembrava molto premuroso nei suoi confronti, ma Andrea non si lasciò persuadere da tanta magnanimità.
"Farò presto, se permettete. Volevo chiedervi un favore di poco conto, ma al quale serve la vostra parola. Ultimamente avrei bisogno di una nuova dama di compagnia, e—"
"Cos'ha Nicole che non ti va bene da venire sostituita?" La interruppe il signor Tavern.
"Niente, padre. Sento solo il bisogno di avere accanto a me una ragazza più vicina alla mia età, con la quale possa confidarmi sicura che possa capire i miei sentimenti di giovane ragazza di diciotto anni."
Il signor Tavern rimase un po' sorpreso dalla richiesta della figlia, ma non disse niente al riguardo. Sospettava che avesse altre mire e non vedeva l'ora di sentire quello che avrebbe risposto il suo futuro marito. Quest'ultimo rimase un attimo perplesso, poi si accese l'ennesimo sigaro e finalmente decise di rispondere.
"Mia cara, posso sapere a chi state pensando per venire a fare questa richiesta a me anziché al vostro buon padre?"
"Certamente. Ho avuto la possibilità e il piacere di conoscere la vostra piccola serva, la dolce Elizabeth. Ha esattamente la mia età e da quanto ho potuto constatare parlando con lei, è una giovane dolce e di carattere mite, proprio quello che serve a me. Una ragazza molto vicina alla mia età e che mi comprenda senza bisogno di giudicarmi."
Il Conte DeMagnius non sembrava molto persuaso da questa scelta.
"Siete sicura che tra la vostra gente non possa esserci una ragazza più adatta alle vostre esigenze, mia cara? In fondo Elizabeth è poco più di una ragazzina, e sinceramente non è molto brava con i lavori domestici."
"Appunto per questo voglio lei! Non ho bisogno che sappia fare i lavori domestici, per quello mi basta la mia Nicole, io ho bisogno principalmente che mi faccia compagnia."
La compostezza del Conte cominciò a vacillare e Andrea si accorse che era visibilmente in difficoltà.
"Non credo che vi possa servire una ragazzina come quella—"
"Andiamo, non volete esaudire una semplicissima richiesta della vostra promessa sposa?" Lo interruppe il signor Tavern. "Ma se parlavamo proprio adesso di come avete intenzione di farla sentire una regina una volta che sarete sposati!"
Le sue parole ebbero un retrogusto amaro per Andrea, ma ebbero l'effetto desiderato nella persona del Conte.
"E va bene, come volete, mia cara." Si arrese con un sospiro. "Da questo momento Elizabeth è a vostra completa disposizione." Disse a malincuore. "Ve la cedo come regalo di nozze. Ma poi non venite a lamentarvi se non dovesse andare più bene a farvi compagnia." Concluse per avere l'ultima parola.
Andrea sorrise, civetta, e con il dovuto rispetto, salutò i due uomini e uscì dallo studio. Felice come non mai tornò nella sua camera. Adesso non le serviva altro che coltivare la dolce Elizabeth affinché si aprisse con lei e iniziasse a parlare di tutti gli scheletri nell'armadio che conosceva del suo padrone. Sperò soltanto che la ragazza non fosse troppo leale nei confronti del Conte e non ci volesse troppo tempo prima di farla sbottonare su di lui.
Entrò nella sua camera e vi trovò Patrick, o meglio, il suo ologramma, al centro della stanza che la stava aspettando.
"Non riesco a capire il motivo per cui hai chiesto quella ragazzina alle tue dipendenze, Andrea. Che cosa hai in mente di fare?" Esclamò con un cipiglio sospettoso.
"Come se tu non lo sapessi, Patrick! Lei è l'unica che può aiutarmi a far luce su quel conte da strapazzo. Gli altri non si sbottonano e io ho bisogno di sapere." Rispose andando a sedersi al suo tavolo da toeletta.
Patrick sospirò rumorosamente scuotendo il capo. "Andrea, ti ho già detto che cambiare il futuro della giovane Annabelle potrebbe comportare dei gravissimi rischi per la tua stessa realtà, non puoi permettere che..."
"E secondo te dovrei permettere che quell'uomo squallido sposi una ragazza come Annabelle? Assolutamente no!"
"Ma Andrea, per favore, ragiona. Non ne vale la pena! Non puoi cambiare il passato senza pretendere che non cambi niente nemmeno nel presente."
Ma Andrea quella tiritera non voleva più sentirla. "Farò fronte ai cambiamenti che succederanno nella mia vita, non ho paura di ritrovarmi in una situazione differente a quella in cui sono cresciuta."
"Andrea, ma cosa stai dicendo? Non ti rendi conto del rischio che stai correndo!" Patrick era davvero preoccupato, cercò di persuaderla con vigore, ma era evidente che Andrea non era interessata alle sue parole. "Spero che tu abbia ragione, Andrea..." concluse rassegnato, e subito sparì di colpo dalla stanza di Annabelle. Andrea rimase un attimo confusa da quel comportamento. Essere rimasta da sola a combattere quella guerra non la intimoriva, anche se a volte le sembrava una guerra contro dei mulini a vento.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top