31 - Epilogo
Il caldo sole estivo filtrò attraverso le tapparelle tirate e le tende bianche, arrivando ad accarezzare le palpebre di Andrea, assopita tra morbide lenzuola di seta, spingendole ad aprirsi. Andrea le sbattè febbrilmente prima di aprire gli occhi, mettendo piano piano a fuoco il viso di Patrick, ancora addormentato sul cuscino vicino al suo. Sorrise felicemente, si avvicinò al corpo caldo di lui e osservò i suoi lineamenti rilassati nel sonno, proprio nel momento in cui si stava svegliando.
L'avventura appena vissuta l'aveva resa consapevole di quello che realmente voleva dalla vita, di quello che effettivamente era importante. Sì, il lavoro e la carriera lo erano, ma non avevano alcun senso se non avevi qualcuno con cui condividere i frutti di tale lavoro, e quel qualcuno per Andrea non poteva essere che Patrick.
Da quando si erano lasciati, due anni prima, non avevano più avuto modo di parlare o di chiarirsi, e nessuno dei due aveva cercato di forzare l'altro a farlo, un po' per la paura di un eventuale rifiuto e un po' per l'insicurezza dei propri sentimenti. Era stata soprattutto Andrea ad allontanarsi da lui; non poteva sopportare gli sguardi colpevoli che le rivolgeva ogni volta che la vedeva, anche se in fondo se li meritava.
Era colpa sua la fine della loro relazione, era stata lei ad abortire del loro bambino, solo perché voleva pensare esclusivamente alla carriera. Aveva fatto tutto da sola, senza nemmeno parlarne prima con lui... Ripensandoci adesso sembrava una vita fa.
Ma l'esperienza appena vissuta le aveva fatto capire che l'amore e la famiglia sono la cosa più importante nella vita. Anche rivedere finalmente i suoi genitori di nuovo insieme, di nuovo felici come un tempo, aveva contribuito a farle rendere conto del valore della famiglia, e che le persone non vanno mai date per scontate.
Riflettendo sull'avventura appena vissuta, solo di una cosa si rammaricava... di non essere riuscita a salvare sua sorella.
Uscendo da quel frigorifero gigantesco non ci fece caso, era così frastornata che l'amore della sua famiglia l'aveva travolta come una coperta calda, facendola sentire amata e protetta. Ma esaurito l'iniziale entusiasmo si era chiesta come mai non ci fosse anche sua sorella ad accoglierla. Si era aspettata di vederla spuntare da qualche parte in tutta la sua bellezza, resa ancora più vivida nella sua mente grazie all'ultimo salto che aveva fatto.
Non seppe come affrontare l'argomento con suo padre e, dato che lui sembrava non volerne parlare, pensò che potesse essere un tasto troppo dolente da toccare, preferì tacere. Vedere di nuovo i genitori felici e insieme le fece decidere di evitare quell'argomento per paura che potessero nuovamente dividersi.
La vita era tornata alla sua normalità e, di nuovo nei suoi panni, decise di vivere la vita con più passione, non solo in ambito lavorativo. Una volta tornata a casa con Patrick non potè fare a meno di parlarne con lui. La risposta che le diede la colpì come non avrebbe mai potuto immaginare, rendendola ancora più consapevole del profondo amore che li legava.
"Per tutto il tempo in cui non riuscivi a comprendere di non essere Andrea McLeap la quattordicenne io ero all'oscuro del motivo principale che aveva spinto tuo padre ad inventare quell'aggeggio infernale."
Erano accoccolati sul divano, come se questi ultimi due anni separati non fossero mai esistiti.
"Ma poi mi parlò meglio di tua sorella... e mi raccontò nei dettagli come era morta..." Mentre Patrick parlava gli occhi di Andrea si inumidirono ricordando la gemella scomparsa.
Come tale, fra loro c'era un legame talmente forte che la sua morte aveva lasciato una profonda ferita nell'animo di Andrea, che l'aveva trasformata in una donna fredda e distaccata. Solo l'amore per Patrick era riuscita ad ammorbidirla un po', ma dopo la loro rottura era diventata ancora più determinata nel conseguire i suoi obbiettivi senza badare a nient'altro.
"...e fu allora che mi confessò che la sua speranza era quella di riportarla in vita."
"E come aveva programmato di fare?" Sperò che Patrick lo sapesse.
Lui prese un profondo respiro prima di risponderle. "Tuo padre si era sempre sentito colpevole per la morte di tua sorella, perché aveva permesso che andasse con te e quel ragazzo in un luogo che non conosceva, dove non poteva essere raggiunta facilmente. Si era sempre sentito come la causa della morte di sua figlia e aveva intenzione di rientrare nei panni di sé stesso da giovane per impedirvi di fare quella maledetta gita. Ma poi... il resto lo sai."
Ricordando gli ultimi istanti di vita della sorella, adesso ancora più vividi di prima, una lacrima silenziosa le rigò la guancia. Patrick la prese fra le braccia e la strinse, ma questo non impedì ad Andrea di singhiozzare.
"E adesso per causa mia tutto il suo lavoro non è valso a niente."
"Shh," la tranquillizzò lui stringendola a sé. "Non è vero, tu hai fatto tutto quello che hai potuto. Mi dispiace solo che quello che ho fatto io non sia stato abbastanza, ma tu non potevi fare di più."
Andrea deglutì e lo guardò negli occhi. "Cosa c'entri tu?"
Patrick si pentì delle parole appena pronunciate, ma ormai non poteva rimangiarsele.
"Mi dispiace, Andrea, in realtà avresti potuto fare il salto molto prima di quella dannata gita... ma dopo che tuo padre mi aveva raccontato come era andata a finire la storia ho pensato che se c'era una persona che avrebbe potuto salvare tua sorella eri solo tu."
Le lanciò uno sguardo colmo di rammarico e abbassò gli occhi sulle sue mani.
"Così l'ho convinto a lasciarti vivere nei panni di te stessa quattordicenne ancora per un po', cercando di darti l'opportunità di fare quello che solo tu avresti potuto fare. Invece l'unica cosa che ho guadagnato è quella di farti rivivere la sua morte e la pena per non averla potuta aiutare." Tornò a guardarla negli occhi. "Mi dispiace tanto..."
A questo punto lei lo strinse nuovamente a sé. "Non dirlo nemmeno per scherzo! Hai fatto esattamente quello che avrei fatto anch'io. Anzi, se non mi avessi dato questa opportunità sarebbe stato molto peggio. Almeno ci abbiamo provato, anche se..." Non finì la frase, ma ormai tutto quello che dovevano dirsi era stato detto.
Quella sera si coricarono insieme, abbracciandosi sotto le lenzuola, rammaricati per la possibilità mancata ma felici di essersi ritrovati. Si addormentarono così, l'uno nelle braccia dell'altra, di nuovo insieme molto più uniti di prima.
E adesso, mentre il nuovo giorno si faceva strada nelle loro vite, Andrea non potè che ringraziare il cielo per la felicità ritrovata. Patrick aprì gli occhi e uno smagliante sorriso stirò le sue labbra, le avvicinò a quelle di lei, imprimendole un bacio dolce e affettuoso. La sera prima erano talmente stanchi da non aver dato peso a quell'aspetto del loro rapporto, l'avventura appena trascorsa li aveva spossati e il fatto di essersi ritrovati aveva colmato i loro cuori. Ma ora, riposati e rigenerati, la voglia di consumare il loro amore dopo tutto quel tempo di astinenza divenne una necessità impellente, e quel bacio dato senza malizia fu la causa scatenante della loro passione, che esplose dirompente e impetuosa.
Si avvinghiarono stretti sotto quelle lenzuola, come se avessero paura che quello fosse solo un sogno e potessero risvegliarsi da un momento all'altro, scoprendo la triste e dura realtà. Iniziarono ad accarezzare i loro corpi, famelici, esplorando quei luoghi mai dimenticati. Ma proprio quando lui stava iniziando a spogliarla degli ultimi residui di indumenti intimi qualcuno iniziò a suonare alla porta, accompagnando il campanello con un insistente bussare. Si bloccarono e si guardarono negli occhi, entrambi col fiatone e il cuore a mille, sperando che chiunque fosse se ne andasse e li lasciasse fare. Ma l'incauto visitatore sembrava avesse deciso di bussare finché non gli avessero aperto o finché non avesse buttato giù la porta.
Sbuffando irritata, Andrea si alzò dal letto e indossò una lunga veste da camera, stringendola sotto al seno.
"Chi diavolo è a suonare in questo modo a casa della gente?"
Si infilò velocemente le pantofole e si affrettò per andare ad aprire. Iniziò a temere che chiunque fosse avesse realmente deciso di buttare giù la porta. Ma davanti alla porta nell'ingresso una voce femminile stranamente familiare le arrivò alle orecchie, facendole accelerare il battito cardiaco in modo anomalo.
"Allora, ti vuoi sbrigare ad aprire questa porta oppure no? Tanto lo so che ci sei!"
Si bloccò a guardare la porta non riuscendo a credere alle sue orecchie... Quella voce, così simile alla sua, così musicale e dolce, era così simile a quella di sua sorella... Iniziò a respirare affannosamente, sconvolta dalla situazione. Un misto di gioia e incredulità si impadronì di lei, lasciandola pietrificata a fissare quella barriera.
Patrick, chiedendosi cosa stesse succedendo, si portò nell'ingresso, dietro di lei.
"Andrea, chi è alla porta?"
Lei lo guardò a bocca aperta, incapace di rispondergli, quella che sembrava a tutti gli effetti sua sorella tornò a suonare e a bussare.
"Dai, forza, muovetevi a rendervi presentabili! Quanto avete intenzione di farmi restare ancora qua?"
A questo punto Andrea si affrettò ad aprire, ritrovandosi a fissare negli occhi una donna con un viso del tutto simile al suo. I capelli erano dello stesso identico colore dei suoi, un fantastico biondo come i campi di grano pronti per la mietitura, le labbra erano fini e delicate, come le sue, anche se perfettamente truccate, la carnagione era chiara e rosata come la sua, solo gli occhi erano leggermente differenti, quelli che stava guardando erano grigi come una tempesta estiva. Non riusciva a crederci!
"Annabelle..."
"Certo che sei strana. Sei appena diventata primario di cardiochirurgia e, invece di essere in ospedale a goderti i frutti del tuo duro lavoro, decidi di restare a casa per amoreggiare col tuo fidanzato. Roba da matti!"
Annabelle fece un passo nell'ingresso, con uno sguardo di rimprovero, ma di colpo sorrise e le gettò le braccia al collo, stringendola stretta contro il suo petto.
"Tanti auguri, sorellina, sono così fiera di te!"
Sconvolta, Andrea rimase immobile mentre la sorella la stringeva in quell'abbraccio, iniziò a credere che quella donna fosse realmente la sorella e, titubante, la avvolse tra le braccia. Aveva un profumo talmente buono, così simile a quello della sua pelle... sì, quella era senz'altro sua sorella!
"Grazie..." Balbettò, commossa.
Annabelle si accorse di Patrick, ancora in piedi dietro ad Andrea con addosso soltanto i boxer, e si staccò da lei.
"D'accordo che voi siete entrambi medici, ma noi no... potresti..." Gli fece un cenno col dito alle sue spalle, facendogli capire di tornare in camera.
Patrick, confuso al pari di Andrea, non si era minimamente reso conto di non essere presentabile; era rimasto a fissare la scena incredulo, cercando di convincersi che quella donna molto simile ad Andrea fosse veramente la sorella perduta. Ma quando questa gli fece presente di come si fosse presentato, arrossì e si voltò per tornare in camera da letto, rivestendosi velocemente.
Solo in quel momento Andrea si accorse di un uomo in piedi alle spalle della sorella, rimasto fuori dall'appartamento. "Ciao..." Sussurrò, confusa.
Aveva un che di familiare, ma non riusciva a ricordare dove lo avesse visto. Era un uomo di circa trentacinque anni, molto piacente con una barba lunga ma ben curata e vestito in modo impeccabile. Era poco più alto di lei, ma aveva comunque un'aria distinta.
"Scusa, Andrea, sai com'è fatta tua sorella. Le avevo detto che molto probabilmente stavi riposando, ma lei doveva vederti per forza..."
Annabelle si voltò verso di lui con una strana luce negli occhi. "Ma perché hai quella lingua così lunga, si vede che sei un avvocato!" Scosse la testa e tornò a guardare sua sorella. "Non gli badare, Kevin ha la mania di parlare sempre troppo."
Kevin? Andrea guardò per un attimo l'uomo fuori dal suo appartamento a bocca aperta... sì, era proprio lui! Senza essere invitato ad entrare, Kevin varcò la porta di casa con un sorriso e la baciò sulle guance.
"Auguri per la tua promozione, Andrea. Te la sei meritata tutta!"
Si posizionarono in salotto e vennero raggiunti da Patrick, ancora incredulo per la situazione. Mentre i quattro parlavano dei rispettivi lavori, Patrick e Andrea si scambiarono un'occhiata incredula ma felice. Tutto quello che avevano fatto era servito allo scopo: salvare la vita alla dolce Annabelle. Nessuno dei due avrebbe potuto descrivere il sentimento di gioia e gratitudine che provavano in quel momento.
Con una scusa, Andrea chiamò i suoi genitori, invitandoli a raggiungerli a casa sua.
Adam e Regina arrivarono al suo appartamento nel giro di pochi minuti e rimasero stupiti... essendo stati testimoni del viaggio di Andrea, tutti e tre avevano subìto i cambiamenti in atto; la storia si era evoluta intorno a loro, lasciandoli indietro, per così dire. Ma per Annabelle, ovviamente, tutto era normale. Lei era diventata un bravissimo ingegnere, il famoso Kevin aveva conseguito la laurea in giurisprudenza, diventando un avvocato molto affermato... sempre con la passione per i cavalli. Convivevano ormai da un paio d'anni, e avevano in mente di sposarsi non appena Annabelle fosse stata assunta da quell'ufficio che mirava da tanto un bel po'.
☣☣☣
Con il passare del tempo, per un fenomeno particolare chiamato dallo stesso Adam effetto ondulatorio, la realtà che vedeva Annabelle ancora in vita dovette concretizzarsi facendo trascorrere il tempo necessario affinché si sintonizzasse con la realtà ancora vigente, e per lo stesso fenomeno, la memoria di Andrea e dei suoi familiari si uniformò alla nuova realtà, divenendo la normalità anche per loro. O almeno, così doveva essere per tutti, ma non lo fu per Adam.
A distanza di alcuni mesi da quell'avventura, tornò nel suo laboratorio senza averci più messo piede da quella volta, accarezzando con un misto di orgoglio e nostalgia la sua creatura. Tornò con la memoria a quella formidabile avventura, che, se pur spaventosa, aveva riportato serenità nella sua vita e riunito la sua famiglia.
Restò in contemplazione della sua opera finché non decise di ripristinare la corrente e riaccenderla.
La prima volta la storia si era conclusa nel migliore dei modi, cosa poteva succedere se avesse deciso di partire personalmente?
Spazio Autrice:
Ed eccoci arrivati finalmente alla degna conclusione di quest'opera. Che ve ne pare? Spero che sia stata di vostro gradimento, è la mia opera più sudata... nel senso che è da tanto che ci lavoro, e anche se sicuramente non è perfetta, spero che sia stata comunque capace di trasmettervi delle bellissime sensazioni.
Tra tutte le mie storie, almeno finora (6 giugno 2018) che ho finito di scrivere è quella che ha avuto minor seguito, ma proprio per questo voglio ringraziare la mia Suzette, JeSuisToutEtRien che mi ha seguito dall'inizio e mi ha incoraggiato quando sembrava non dovesse piacere a nessuno. Grazie mille! Sei meravigliosa.
Ovviamente ringrazio anche chiunque sia arrivato a leggere fino alla fine. Spero di avervi trasmesso emozioni o almeno di avervi fatto una buona compagnia.
-Laura-
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