30 - Ritorno e risveglio sono sinonimi

Andrea aveva il fiatone nel momento in cui raggiunse la sorella. Tremava dalla testa ai piedi, la paura era davvero notevole.

Vide Annabelle distesa a terra priva di sensi e iniziò a tremare convulsamente, si accasciò accanto a lei, atterrando sulle ginocchia.

"Annabelle.... Annabelle... rispondimi, ti prego!" 

Lacrime amare iniziarono a sgorgarle dagli occhi, non sapeva più cosa fare. Completamente in preda al panico si guardò attorno nella disperata ricerca di qualcuno a cui chiedere aiuto, ma dato che nella radura non c'era anima viva, istintivamente iniziò a urlare.

"Aiuto! Aiutatemi!" sbraitò tra le lacrime, ma nessuno le rispose.

Anche Patrick era sparito nel nulla. Continuò a urlare a più non posso, finché non sentì dolerle la gola, mentre continuava a piangere senza fine. Era disperata!

Dopo diversi momenti concitati, Annabelle riprese lentamente conoscenza. Andrea si sentì il cuore in gola vedendo la sorella aprire gli occhi verso di lei con uno sguardo annebbiato.

"Cos'è successo?" Chiese roca, in evidente stato confusionale.

"Stai bene! Non ti preoccupare, è tutto a posto! Andrà tutto bene."

Annabelle tentò di mettersi a sedere ma istintivamente Andrea la spinse a restare sdraiata.

"No, non ti alzare, non ti preoccupare. Resta sdraiata."

Improvvisamente priva di forze, Annabelle la guardò confusa ma non riuscì a ribattere. Si guardò intorno, senza capire dove si trovassero.

"Dov'è il mio cavallo?"

"È scappato."

Annabelle la fissò per un attimo con lo sguardo vacuo, tentò nuovamente di tirarsi su, ma un lamento di dolore la costrinse a bloccarsi. Strizzò gli occhi e si tocco una gamba.

"Ah... mi fa male il ginocchio!"

Spaventata Andrea le controllò meglio la gamba e si accorse che la posizione in cui la teneva era innaturale.

"Ti sei rotta una gamba!" Strillò disorientata.

Annabelle strizzò gli occhi e sibilò tra i denti per cercare di resistere al dolore, sembrava che finché non si fosse resa conto di essersi rotta la gamba non lo sentisse. Adesso invece avvertiva un dolore opprimente, e sentiva come un migliaio di spilli che le pungevano la carne. "Mi sta facendo sempre più male il ginocchio." Disse iniziando a respirare col fiato corto.

Vedendola sempre più assente, Andrea ricominciò a piangere disperata. La paura di non potercela fare la stava divorando.

Restarono in silenzio per diversi minuti, pensando a un modo per poter avvertire qualcuno. Andrea ricordò che anche Kevin la stava cercando insieme ad Annabelle, non vedendola più tornare indietro si sarebbe messo a cercarla anche lì e alla fine le avrebbe trovate. In fondo aveva detto di conoscere questo bosco come le sue tasche! Tentò di pensare positivo, non voleva affliggersi più di quello che era. Sì... sicuramente Kevin le avrebbe trovate e avrebbe potuto andare ad avvertire i loro padri, così che avrebbero chiamato un'ambulanza e ben presto avrebbero portato Annabelle all'ospedale. Lei sarebbe sicuramente salita in ambulanza con sua sorella, non l'avrebbe lasciata sola un attimo, e fino a che non sarebbe stata fuori pericolo, l'avrebbe tranquillizzata, senza allontanarsi mai. Poteva anche litigare con lei ogni minuto della sua vita, tanto da volerla vedere morta e tirarle i coltelli, ma il bene che le univa non si poteva misurare. Erano diverse, pur essendo uguali, ma il bene esisteva a prescindere dalle cose che avevano in comune.

Il sole arrivò allo zenit, iniziò la sua lenta discesa e ancora nessuno le aveva trovate.

"Tranquilla... prima o poi qualcuno ci troverà," ripetè Andrea per la milionesima volta.

Le prime volte Annabelle le rispondeva con dei brevi versi di assenso, ma questa volta non le rispose.

"Lo so che l'ho ripetuto fino alla nausea, ma so che è vero..." Affermò guardandola con esasperazione.

Ma invece di incontrare gli occhi vispi della sorella su di lei, vide soltanto una smorfia sofferente sul suo volto.

"Annabelle, che succede?"

Si alzò dalla sua posizione accucciata ai suoi piedi e si avvicinò al suo viso.

"Mi fa..." cercò di rispondere Annabelle, "mi fa male il petto..." annaspò in cerca d'aria.

Incuriosita e preoccupata Andrea le aprì la camicetta e le alzò la maglietta rivelando il seno appena sbocciato coperto da un grazioso reggiseno rosa, ma soprattutto, lo sterno della ragazza rosso e violaceo. Il colpo subito contro l'albero durante la caduta sembrava essere molto più grave di quanto le era sembrato in un primo momento.

"Annabelle... come... cosa ti senti?" Andrea era sempre più spaventata.

Annabelle la guardò con gli occhi velati e il respiro corto. "Mi gira la testa, non riesco a respirare... ho sonno..."

Andrea le posò due dita all'altezza della giugulare per sentirne il battito cardiaco, avvertì le vene della giugulare pericolosamente distese e i toni cardiaci ovattati. Senza chiedersi come fosse possibile, seppe che la situazione era molto più grave di quello che poteva sembrare. Rimase pietrificata a osservare il corpo della sorella, spaventata e confusa. Non si chiese come potesse essere, ma sapeva precisamente cosa stava succedendo al cuore di Annabelle... solo che qualcosa le impediva di pronunciare quelle parole.

Fissò il petto martoriato di fronte a sé con le lacrime agli occhi, stava facendosi prendere dalla paura. Diverse lacrime cominciarono a rigarle le guance quando un movimento attrasse la sua attenzione. Alzò la testa e si ritrovò a fissare il viso annebbiato di Patrick, in piedi di fronte a lei. Si asciugò gli occhi e lo mise a fuoco, anche se nuove lacrime le resero nuovamente la vista annebbiata. Riuscì comunque a capire che Patrick la fissava in modo strano, aveva uno sguardo dispiaciuto ma severo, che colpirono la sua coscienza.

"Andrea, tu sai cos'ha tua sorella..."

"No!" Urlò lei, disperata.

Ammetterlo significava che doveva ammettere di non essere più la Andrea felice e spensierata dei suoi quattordici anni, e non era ancora pronta a farlo.

"Sì, invece, lo sai! E solo tu puoi aiutarla."

"No, io non posso fare niente!" Sbraitò ancora lei. "Io non sono niente! Ho solo quattordici anni, come faccio a sapere che Annabelle..." Si bloccò, facendo scemare la voce.

"Ha un tamponamento cardiaco!" Concluse lui per lei.

Tornò a fissarlo sotto choc, incapace di reagire. Era arrivato il momento della resa dei conti. Mille immagini a una velocità impressionante vorticarono nella mente di Andrea. Riuscì a intravederne solo alcune dove vide sua sorella in un letto di ospedale bianca e immobile come una statua... e suo padre e sua madre... in una smorfia di dolore.

Di colpo una voce lontana di Kevin la riscosse da quelle miriadi di frammenti di ricordi impazziti, chiamandola con un senso di angoscia.

"Kevin! Sono qui!" Urlò rivolta verso la direzione da cui proveniva la sua voce. Il ragazzo chiamò un'altra volta e allora lei urlò più forte. "KEVIN! SIAMO QUI! AIUTO!"

Finalmente sembrò sentirla e il tono della sua voce cambiò: "Andrea! Continua a urlare! Guidami!"

Andrea cominciò ad urlare a squarciagola, finché non lo vide apparire al limitare della radura, vicino all'albero dove aveva assicurato la sua Jessy. Appena lo vide iniziò a sbracciarsi per farlo accorrere. Velocemente il ragazzo fu da lei e scese da cavallo mentre questi non si era ancora del tutto fermato.

"Cos'è successo? Sta male?" Sì inginocchiò vicino ad Annabelle.

"Io... io ho paura di sì." Andrea aveva la voce tremante.

Kevin osservò impaurito il petto nudo della ragazza che amava, e se pur con una punta di vergogna, indicò il colore violaceo della sua pelle.

"Che ha fatto?"

La situazione era tesa e concitata, Andrea non riusciva più a smettere di piangere e tornando a guardare la sorella non sapeva decidersi cosa fare.

"Non lo so..."

"Sì che lo sai!"

A queste parole alzò la testa di scatto, e in piedi dietro a Kevin c'era di nuovo Patrick, che la fissava stavolta con un lieve cipiglio severo.

Kevin tentò di chiamare il padre con il suo cellulare, ma da quel punto in mezzo al bosco non c'era campo. Allora si alzò in piedi.

"Vado a chiamare i nostri padri... dobbiamo fare qualcosa."

Prese immediatamente la strada di ritorno ma Andrea non lo stette nemmeno a sentire, gli occhi di Patrick avevano catturato il suo sguardo e cercava un modo per convincerla a prendere coscienza di quello che veramente era.

"Svegliati, Andrea... devi fare qualcosa. Se non fai niente sai come andrà a finire. Il povero Kevin non farà in tempo a chiamare vostro padre... l'ambulanza arriverà troppo tardi e all'ospedale non potranno fare più niente per lei. Devi agire ora!"

"Ma... io non so cosa fare..." Piagnucolò.

"Sì che lo sai! Io so che lo sai! Mi fido di te, devi solo farlo tu stessa!"

La guardò fisso negli occhi, doveva mostrarsi risoluto per convincerla a ricordare.

La paura fece spazio alla determinazione negli occhi di Andrea e di colpò fermò il ragazzo prima che girasse il cavallo e si allontanasse.

"Kevin, fermati!"

Lui si bloccò e la guardò sconvolto. "Cos'è successo?"

Andrea lo guardò con una nuova luce negli occhi. "Hai un coltello?" Nel mentre si tolse lo zainetto dalle spalle e rovesciò il contenuto sul prato vicino a lei.

"A cosa ti serve un coltello?"

"Tu dammelo e basta!"

La perentorietà di quell'ordine non permise al povero Kevin di disobbedire. Scese nuovamente da cavallo e allungò alla piccola Andrea un serramanico dall'impugnatura arancione.

"Adesso me lo dici cosa devi farci?"

Ma Andrea non gli badò, continuando a trafficare tra le sue cose, scegliendo una penna e tutto quello che poteva fare al caso suo. Con gentilezza tolse lo zainetto uguale al suo dalle spalle della sorella e ne estrasse la boccetta del disinfettante per mani, sapeva che sua sorella se ne portava sempre una dietro. Con quella iniziò a disinfettare tutti gli oggetti che aveva scelto. Aprì la penna e la liberò dell'inchiostro che conteneva, soffiando nel piccolo tubicino per svuotarlo e sciacquandolo con una boccetta d'acqua. Tutto sotto gli occhi ammutoliti di Kevin che la fissava inorridito.

Anche Patrick la stava fissando, ma con uno sguardo colmo di orgoglio per quella donna meravigliosa. La osservò praticare un foro al di sotto del mediastino della sorella. A quel punto, spaventato, Kevin iniziò ad urlare.

"Ma che stai facendo! La stai uccidendo!"

"Zitto, non la sto uccidendo!" Andrea, ormai lanciata nella sua attività, non si fermò. "Annabelle ha un tamponamento cardiaco. Bisogna allentare la pressione del pericardio per permettere al suo cuore di riprendere a battere in modo corretto."

"No... tu sei pazza!" Sbraitò il ragazzo in preda al panico. "Tu stai giocando a fare il medico... io non voglio assistere... non voglio essere partecipe."

"E allora vattene!" gli urlò lei, con uno sguardo feroce.

Tornò subito al suo compito, escludendolo dal suo mondo. Poco dopo sentì gli zoccoli del cavallo di Kevin allontanarsi lungo il sentiero che aveva percorso, finché non sentì più alcun rumore. A quel punto infilò la cartuccia della penna nel foro praticato sullo sterno della sorella, arrivando fino a quel sottile strato che circondava il cuore. Perforò il cosidetto pericardio e uno spruzzo di sangue fuoriuscì dal tubicino dell'inchiostro, aiutando così ad allentare la pressione che esercitava su di esso. Adesso non doveva fare altro che aspettare i soccorsi.

Tirò un grosso sospiro di sollievo e, una volta tranquillizzata per la sorte della sorella, tornò a guardare Patrick, ancora in piedi di fronte a lei. Le sorrideva, con uno sguardo caldo.

"Sono fiero di te, amore mio."

E subito scomparve.

Andrea rimase a fissare il punto in cui Patrick era sparito, consapevole, adesso, della sua vera natura. Lei non era Andrea la quattordicenne dolce e spensierata. Lei era la dottoressa McLeap, la più giovane cardiochirurgo dell'ospedale di Seattle, prossima a diventare primario di reparto. A quel punto nuove immagini iniziarono ad affollarle la mente. Di colpo ricordò tutto in modo chiaro, tra cui anche l'amore che provava per Patrick e il motivo per cui avevano deciso di lasciarsi. Si sentì fortemente in colpa per questa scelta, non avrebbe più voluto che tra loro finisse così.

Ma, senza accorgersene, di colpo venne avvolta da una fortissima luce azzurra, che le regalò un forte calore, riscaldandola dall'interno. Un forte tepore che, se pur dolce, le fece perdere i sensi.

"Non posso credere che hai preso una decisione del genere senza consultarmi."

"Patrick... lo sai che io non l'ho mai voluto, io adesso devo pensare solo alla mia carriera."

"E a me non ci pensi? Non ci pensi che io lo volevo, invece?"

"Mi dispiace..."

"No, non è vero! Se ti dispiaceva me lo avresti detto... era anche figlio mio!"

"...Credo che non vogliamo le stesse cose, io e te."

"Cosa vorresti dire?"

"Che forse dovresti cercare una donna che possa darti quello che vuoi..."

"No, Andrea, aspetta! Ripensaci..."

"Addio, Patrick!"

"Andrea..."

Andrea riaprì gli occhi lentamente, la prima cosa che vide fu una lastra di metallo grigio, che assomigliava molto ad un intricato cervello elettronico, come la scheda madre di un computer. Sbattè le palpebre e si guardò attorno, si trovava all'interno di un piccolo spazio, circondata da quattro pareti completamente piene di queste intricate schede madre, soltanto sul soffitto di questo angusto spazio vi erano posizionato una luce... Appena realizzò dove si trovasse il cuore prese a batterle furiosamente nel petto. Spinse con tutte le sue forze la lastra di metallo davanti a sé, e questa, senza un minimo rumore, si aprì, rivelando finalmente l'interno dello studio di suo padre.

Riconobbe subito il lampadario antiquato e pieno di ragnatele, e anche il tavolo carico di cianfrusaglie, proprio come se lo ricordava. Con le gambe tremanti si alzò in piedi da quella minuscola sedia ed uscì dal frigorifero, guardandosi intorno, spaesata. Non riusciva a crederci, era a casa! Subito lo sguardo si posò su quei tre che le davano le spalle, intenti a osservare con attenzione qualcosa davanti a loro che lei non riusciva a vedere... Ma certo! Era quella specie di schermo collegato al frigorifero da dove era uscita! Si soffermò ad osservarli in silenzio, erano talmente concentrati che non potevano nemmeno sentirla.

"E adesso quanto dovremo aspettare prima di rivederla?" Chiese sua madre.

"Chi lo sa? Può volerci dieci minuti come un giorno o anche di più." Rispose suo padre.

"È sicuro che l'ha mandata verso il nostro tempo?"

Patrick sembrava preoccupato da quella domanda... Ad Andrea si riempì il cuore. Dopo questa esperienza ritrovarselo davanti era il più bel regalo di Natale mai ricevuto. Ma alla domanda di Patrick suo padre non rispose.

"Adam?" Lo spronò, accigliandosi.

Vide che si guardarono negli occhi estremamente preoccupati. "Spero solo che non sia andata troppo in là."

Al ché anche sua madre lo guardò, sconcertata. "Vuoi dire che potrebbe essere andata nel futuro?"

"Io..."

Adam non seppe cosa rispondere. A quel punto Andrea decise di rivelarsi.

"Non sono andata nel futuro... sono qui."

Alle sue parole, si voltarono tutti e tre contemporaneamente. Vide tre paia di occhi osservarla increduli e scioccati, tre bocche spalancarsi dallo stupore. Tre respiri interrompersi all'unisono.

"Figlia mia... sei qui!" Sua madre, con voce tremante, le corse incontro.

Fece appena in tempo a vedere i suoi occhi pieni di lacrime che venne stritolata dalle sue braccia, neanche lei riuscì più a trattenersi e scoppiò in un pianto liberatorio. Si lasciò stringere tra le braccia di sua madre, trovando il calore e il conforto di cui aveva bisogno. Dolce solo come l'abbraccio di una madre potrebbe essere.

Si allontanarono e alzò lo sguardo su suo padre, anch'egli con le lacrime agli occhi. Aveva un aspetto decisamente diverso da quell'uomo giovane che aveva visto non molto tempo prima... ma era così che se lo ricordava. Lo abbracciò stretto, sentendosi nuovamente al sicuro nel suo abbraccio, solo come un padre può fare con una figlia. Era come se lo ricordava, sì, eppure una cosa diversa c'era rispetto a prima di questa avventura: Una nuova luce brillava nei suoi occhi, e questo la rese estremamente felice.

Sciolta dall'abbraccio del padre fu la volta di Patrick. Era rimasto indietro con la paura di essere invadente, ma con la voglia di stringerla di nuovo tra le braccia. Inutile dire che anche lui aveva gli occhi lucidi, e il suo cuore era un tamburo fortissimo nel suo petto. La osservò immobile per diversi minuti, incapace di credere ai suoi occhi; lei era finalmente lì, di fronte a lui...

Neanche Andrea poteva essere più felice. Gli era mancato talmente tanto... in un solo istante ricordò tutto quello che avevano vissuto insieme e il motivo del loro allontanamento. Come le sembrava stupido il suo punto di vista in quel momento! Avrebbe dato tutto l'oro del mondo per tenersi stretto quell'uomo al suo fianco. Si gettò di colpo tra le sue braccia, singhiozzando senza vergogna mentre lui la stringeva al suo petto con possessività e passione.

Entrambi erano increduli di potersi finalmente riabbracciare dopo tutto quello che avevano passato, dopo tutto il tempo trascorso da che si erano divisi... dopo l'avventura che avevano appena vissuto e che li aveva scoperti ancora innamorati come quando si erano conosciuti. 

Spazio Autrice:  

Ed eccoci arrivati alla fine... ve lo aspettavate che finisse così? Andrea è riuscita a tornare a casa sana e salva, riabbracciando i suoi cari, soprattutto Patrick, e...

Che state scherzando? E questa vi sembra una fine? A me no. Ecco perché manca ancora un solo capitolo, che purtroppo pubblicherò tra alcuni giorni. Abbiate pazienza, e la vostra curiosità verrà soddisfatta. Certo, a meno che non abbiate iniziato a leggere che era già concluso e allora vi basterà girare pagina.

A dopo...

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