26 - Che bello avere quattordici anni
Adam e Bruce trovarono la piccola Andrea rannicchiata in un angolo della stalla, in lacrime, senza sapere cosa l'avesse tanto impaurita.
"Ehi, tesoro, che ti succede?"
Adam le si accucciò accanto, provando a calmarla, ma Andrea continuò a piangere senza riuscire a rispondere. L'unica cosa da fare era riportarla a casa per farla aiutare da sua madre.
Appena la vide, Regina abbandonò le poche clienti che aveva radunato a casa per una dimostrazione di alcuni suoi prodotti di bellezza e si precipitò verso di lei.
"Cosa ti è successo, amore mio? Perché piangi così?" La avvolse tra le braccia e le asciugò le lacrime.
Lasciò che le sue ospiti aspettassero in salotto e portò la figlia in camera sua, dove potè aiutarla a spogliarsi e a mettersi dei vestiti più comodi.
"Dai, amore mio, calmati. Lo sai che sei molto più bella quando ridi. Sono sicura che non è successo niente che tu non possa affrontare. Sei mia figlia, so che sei coraggiosa."
L'amore di sua madre e la sua capacità di calmarla furono proprio quello che le ci volle.
Andrea si asciugò finalmente il viso con le maniche della maglia e smise definitivamente di piangere. Il conforto che sua madre le stava dando la fece sentire nuovamente amata, come se fosse stata in debito di affetto da parecchio tempo. Il ché era assurdo, sua madre e suo padre non avevano mai fatto mancare niente né a lei né a sua sorella, ma la sensazione che provò fu proprio quella.
Una volta riuscita a calmarla, sua madre si sedette accanto a lei sul letto e le massaggiò la schiena.
"Allora, lo vuoi dire alla tua mamma cosa ti è successo?"
E adesso cosa avrebbe potuto dirle? Prima di tutto sentiva che non le avrebbe creduto, cavolo, faticava lei stessa a crederci; e poi seppe istintivamente che dirle la verità sarebbe stata la cosa più sbagliata da fare.
"Non lo so, io... "
"Il cavallo ti ha fatto per caso qualcosa? Ti ha buttato giù dalla sella o ha fatto un gesto che ti ha spaventato?" Regina cercò di invogliarla a parlare.
Andrea non seppe cosa rispondere. Se le avesse detto che il cavallo l'aveva spaventata poteva decidere di non mandarla più al maneggio, e lei voleva continuare a cavalcare. All'improvviso le venne una sorta di illuminazione.
"Ho visto un serpente."
"Un serpente?" Regina sgranò gli occhi, incredula.
Andrea annuì. "Era entrato nella stalla e tirava fuori quella lingua biforcuta continuamente, ho avuto una paura terribile. Ma il cavallo lo ha mandato via..." Balbettò, annuendo.
"E la cavalla lo ha fatto scappare?" Regina non era del tutto convinta.
Andrea annuì ancora, più nervosamente. "È riuscita a spaventarlo, e mi ha protetto. È una cavalla molto dolce, sai? Hanno detto che faceva parte di una stalla per ragazzi ciechi."
Regina le accarezzò i capelli e la guardò con occhi dolci. "E va bene, sono contenta che alla fine non sia successo niente. Se il cavallo si comportasse in modo sbagliato me lo faresti sapere, vero?" Andrea annuì di nuovo e sua madre si alzò dal letto. "Va bene. Perché non ti fai una doccia mentre io preparo la cena? Fra poco tornerà anche tua sorella così poi mangeremo tutti insieme."
Andrea annuì nuovamente e sua madre uscì dalla sua stanza, lasciandola sola. Sapeva che non le aveva creduto, conosceva sua madre e non era tipo da lasciarsi imbambolare così facilmente, ma era sempre stata una che ti lasciava i tuoi tempi, e non le avrebbe mai fatto troppa pressione. Era una fortuna avere una madre come lei.
Passò diverso tempo da quella volta e Patrick aveva preso l'abitudine di apparire ad Andrea sempre più spesso, ma senza però cercare di parlarle o di farle capire la situazione. Si faceva soltanto vedere.
La cosa che più scombussolava Andrea era il fatto che solo lei sembrava vederlo. Nessun altro riusciva a farlo. Fu anche per questo che cercava di ignorarlo, ma andando avanti la cosa risultava sempre più difficile. E non perché ne avesse paura, ma perché aveva iniziato a sognarlo sempre più di frequente. Tanto che era addirittura arrivata a farlo ad occhi aperti.
C'era sempre qualcosa che sembrava le facesse ricordare un aneddoto o un particolare che riguardava lui... e lei. Ma come faceva a ricordare un qualcosa che non aveva mai vissuto? Considerando anche che in queste immagini oniriche, lei dimostrava di essere molto più grande, solo che erano talmente sfuggevoli da non riuscire ad afferrarle.
Normalmente sapeva che una cosa del genere avrebbe dovuto disorientarla e farla impazzire, ma stranamente non era così. Una sorta di forza interiore la aiutava a non smarrirsi. Anche perché, quella stessa forza interiore, le suggeriva che quell'uomo non era frutto della sua immaginazione, ma anzi, lei lo conosceva veramente. Non riusciva a spiegarselo ma sentiva che quell'uomo era molto importante per lei. Ogni volta che lo vedeva sentiva dei sentimenti nei suoi confronti, strani forse, ma li sapeva distinguere bene.
A questo punto prese una decisione: La prossima volta che lo avesse visto lo avrebbe affrontato. Non poteva andare avanti così, lui doveva dirle chi era e cosa voleva da lei... e perché le sembrava di conoscerlo. Se non lo avesse fatto allora sì che avrebbe finito per impazzire.
Con questo pensiero che le frullava vorticosamente nella testa, scese per cena insieme a tutta la sua famiglia. Aiutò la madre e la sorella ad apparecchiare con la testa completamente assorta nelle sue riflessioni, nemmeno le sentì quando cercarono di parlarle. Cosa per cui dovette trovare una giustificazione plausibile.
Alle parole: "Scusate, sono solo sovrappensiero." Regina e Annabelle si guardarono divertite e scettiche, nessuna delle due le credette. Ma tale scambio di sguardi sfuggì alla povera Andrea, che si mise a mettere le posate a tutti e quattro i coperti della tavola.
"E questo sovrappensiero come si chiama?" Le chiese maliziosamente sua sorella.
A queste parole Andrea sobbalzò, guardandola confusa. "Cosa?"
Il sorrisetto di Annabelle non poteva suggerire altro che pensasse che la testa della sorella fosse invasa da un ragazzo conosciuto chissà dove. Beh... non è che fosse troppo lontana dalla realtà.
"Cara sorellina, io ti conosco bene, ma ultimamente sei diversa. Chi hai conosciuto da occupare tutti i tuoi pensieri?"
Andrea deglutì nervosamente. "Io... niente, cioè, nessuno, che vai dicendo?"
"Avanti, tesoro, questo spiegherebbe anche quella crisi di pianto che hai avuto la scorsa settimana. A noi puoi dirlo." Sua madre, con dolcezza, assecondò la figlia.
"No, state sbagliando, non ho conosciuto proprio nessuno, né al maneggio né da nessun'altra parte." Sbottò Andrea in difficoltà.
Era strano, perché pensando a Patrick era proprio come se sentisse di essere innamorata di lui. La consapevolezza che il sentimento che sentiva era molto simile all'amore la sconvolse più di qualsiasi altra cosa. Era tutto così assurdo, lei aveva quattordici anni, e lui...
"Guarda che noi non ci caschiamo," le rise in faccia Annabelle. "Hai costantemente la testa da un'altra parte, sei assente e cammini sulle nuvole. Le cose sono due: o hai conosciuto qualcuno o sei scema di natura."
L'indole combattiva e ribelle di Andrea venne a galla con prepotenza alle parole della sorella.
"Guarda che non sono come te che continui a imboscarti per vederti con il tuo Kevin ogni volta che andiamo al maneggio, sai!"
"Ti imboschi col figlio di Bruce?" Tuonò suo padre all'improvviso.
Adam era appena entrato in cucina per unirsi alla famiglia e aveva assistito allo scambio di battute tra le sue due figlie.
Annabelle si voltò verso suo padre impaurita dal suo tono di voce. "Papà... non è come pensi."
"Io dico proprio di sì!" Tuonò Adam irritato.
Guardò per un attimo la moglie, che gli restituì uno sguardo comprensivo. Con un sospiro tornò a guardare la figlia tentando di controllarsi.
"Tesoro, tu hai solo quattordici anni, e lui è prossimo ai diciannove—"
"Ne ho quasi quindici, non sono una bambina!" Lo interruppe lei con fervore, impaurita che il padre potesse proibirle di vedere il ragazzo.
"Annabelle, sei sempre troppo piccola per lui. E poi fra poco inizierà l'università, tu che farai?"
Annabelle rimase in silenzio e abbassò la testa. Non voleva che le impedissero di vedersi con Kevin, ma non sapeva come fare per impedirlo. Tutta colpa di Andrea! Se le avessero detto che non avrebbe più potuto vederlo la colpa sarebbe stata tutta di sua sorella. Le lanciò uno sguardo accusatore e Andrea non seppe ribattere. Per una volta riuscì a lasciarla senza parole.
Adam non voleva vietare in modo categorico qualcosa alle sue figlie, anche se credeva veramente che tra i due ci fosse troppo differenza d'età e non vedeva di buon occhio una relazione di questo tipo, anche se il ragazzo era il figlio di un suo carissimo amico.
"Ascoltami, Annabelle. Direi che d'ora in avanti, ogni volta che andremo al maneggio, tu starai con me, e quando prenderai il cavallo, esigo che non ti allontani troppo dalla mia vista. Se dovesse arrivare Kevin non dovrai più nasconderti con lui. Credo di averti lasciato troppa libertà, finora."
Annabelle gli restituì uno sguardo indifeso, non voleva credere che suo padre le stesse impedendo di vedere il ragazzo che amava.
Guardò con rabbia sua sorella. "Sei contenta, adesso?" Sibilò, prima di scappare in camera sua.
E adesso come avrebbe fatto, Andrea, a farsi perdonare da sua sorella?
☣☣☣
Andrea stava passeggiando lungo un vialetto che costeggiava la stalla del maneggio in groppa a Jessy. Stava ripensando alla discussione avvenuta con la sorella il giorno prima e al fatto che da quel momento Annabelle ce l'avesse con lei. Non le aveva più rivolto la parola, comportandosi come se nemmeno esistesse. Anche quel giorno, appena arrivarono al maneggio, videro subito Kevin da lontano che la guardava sorridendo, ma per non disubbidire al padre, Annabelle lo salutò appena e si allontanò da sola verso la stalla di King, il suo cavallo bianco, lasciando la sorella in compagnia del vento. Il padre, come tutti i giorni, si era fermato a parlare col suo amico nel suo ufficio, avrebbe tenuto sott'occhio sua figlia da lontano.
Di colpo, poco lontano da lei lungo il sentiero che stava percorrendo, vide quel tale, Patrick, che la stava fissando con aria tranquilla ma seria. Si fermò di scatto fissandolo intimorita; si guardò attorno per vedere che non ci fosse nessun altro nelle vicinanze, fece un grosso respiro e spronò la cavalla per avvicinarsi al passo.
"Ok, mi hai convinto, se avessi voluto farmi del male me lo avresti già fatto. Cosa vuoi?"
Patrick la guardò con una strana luce negli occhi che Andrea non seppe decifrare, sembrava speranza, mista a qualcos'altro.
"Anche se avessi voluto farti del male non avrei potuto, perché, vedi, io non sono esattamente qui dove sei tu."
Nel mentre si avvicinò al collo della cavalla, allungando una mano verso il suo manto vellutato, ma anziché accarezzarlo come Andrea si aspettava, la mano attraversò il collo dell'animale, come se lui non fosse vero ma solo un'immagine proiettata, fino a che la mano non sbucò dalla parte opposta del collo dell'animale.
Andrea rimase a bocca aperta, incredula e un po' impaurita. Adesso sì che il cuore le balzò nel petto. Come diavolo era possibile?
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