24 - Chiamalo sesto senso
Il maneggio risultò essere enorme e ben strutturato. Appena scesero dall'auto, Andrea e Annabelle si riempirono la vista di tutto ciò che scorgevano: Cavalli intenti a correre e saltare ostacoli, gente che li sellava, li puliva spazzolandoli, faceva fare loro allenamento... e poi stalle con puledrini intenti a succhiare il latte dalla madre, o a trotterellarle vicino mentre si sgranchivano le zampe in uno dei recinti. Il sorriso delle gemelle non diminuì un solo istante.
I tre vennero raggiunti da un signore sulla quarantina vestito con dei semplici jeans e una maglietta, ma con un paio di stivali texani e un cappello da cowboy.
"Adam, benvenuto!" Li accolse stringendo la mano al padre delle ragazze. "Ce l'avete fatta, finalmente, Regina come l'ha presa?"
"Lasciamo perdere..." Adam roteò gli occhi.
Era evidente che tra i due ci fosse un certo rapporto di amicizia.
"Intanto volevo ringraziarti per accogliere le mie due figliolette, Bruce. Non vedono l'ora di poter cavalcare."
Bruce le guardò con un sorriso divertito. "Sono davvero due bellissime ragazze. Ne sarai orgoglioso."
"Sono orgoglioso soprattutto del fatto che sono delle brave ragazze, studiose e giudiziose." Adam si vantò in tono pomposo.
Bruce sorrise e guidò il gruppetto all'interno di una stalla dove uno splendido cavallo era lì in attesa di essere montato. Aveva uno splendido manto bianco come il latte e due occhi azzurri, grandi ed espressivi, trasmetteva estrema tranquillità e dolcezza. Un ragazzo di circa diciotto anni lo stava sellando, aggiustando le cinghie sottopancia per poi prendere una per volta le zampe davanti e tirarle in modo che la cinghia sotto pancia non gli desse fastidio.
"Questo è King. È un albino castrato molto docile. Una di voi due vorrebbe montarlo?"
Come ci si poteva aspettare, entrambe alzarono la mano, smaniose, non si poteva calcolare quale delle due fosse più elettrizzata nel trovarsi lì. La cosa veramente particolare fu che, osservando la sorella avvicinarsi al muso dell'animale per poter accarezzare le froge setose, ad Andrea sembrò di vivere per la seconda volta quella stessa scena.
Non era un normale déjà-vu, la situazione creatasi nella sua testa era talmente chiara e identica alla realtà da riuscire a sconvolgerla senza capire minimamente perché. In fondo la sensazione di aver già vissuto alcuni momenti sfuggevoli della propria vita li hanno tutti, chi più chi meno, ma erano frammenti di vita talmente labili che quasi nessuno se ne ricordava a lungo termine. Ma in quel momento, dentro quella stalla, mentre sua sorella Annabelle accarezzava il muso del cavallo con uno sguardo felice, ad Andrea sembrò di guardare un film che conosceva a memoria. Un film che le mise addosso una bruttissima sensazione. Un po' come l'immagine che aveva avuto quella stessa mattina di sua sorella cadere da quello stesso cavallo...
"No! Fermati, non ti avvicinare!"
Urlò di colpo, facendo sobbalzare tutti i presenti, perfino il cavallo si spaventò, scartando di lato per allontanarsi dalla ragazza.
"Andrea, ma che ti prende? Ti senti bene?" Adam la guardò apprensivo, mentre gli altri due continuavano a fissarla sbalorditi.
Finalmente Andrea si rese conto di aver urlato quella frase e di colpo si sentì mortificata.
"Mi dispiace, io... non volevo urlare."
"Sei ancora sicura di voler cavalcare, oggi?" Dolcemente, Bruce volle sincerarsi della sua volontà. "Scusa tesoro, ma i cavalli lo sentono quando chi li monta è tranquillo oppure no, e anche se sono docili e ammaestrati, sono sempre delle bestie."
Andrea lo guardò a bocca aperta. "No, mi scusi. Sto benissimo... ero solo... ero talmente assorta nei miei pensieri da non essermi resa conto di aver parlato ad alta voce."
Bruce annuì con gentilezza, ma dalla sua espressione la stessa Andrea capì che non era affatto convinto. Cosa avrebbe potuto fare per far capire loro che andava tutto bene?
"Parlato ad alta voce? Si è spaventato pure il cavallo da quanto hai urlato!" Si intromise Annabelle con le mani ancora sul muso dell'animale. "Te l'ho detto che stamattina sei strana."
Andrea accettò il velato insulto della sorella senza ribattere, e la cosa non passò inosservata, nemmeno a suo padre.
"Possiamo andare a trovare anche l'altro cavallo che hai tenuto in serbo per le mie bambine, Bruce?" Adam tentò di stemperare quella strana situazione che si era creata.
Non era da Andrea restare in silenzio ad una punzecchiatura della sorella.
"Ma certo, è proprio qui, al box accanto." Bruce fece cenno di seguirli.
Il gruppetto uscì e rientrò subito dopo, dove, nel box adiacente a quello di King, un bellissimo cavallo di una forte tonalità marrone li osservava con due piccoli occhi neri e dolci, a giudicare da come sembrarono ad Andrea a un primo impatto. La coda e la criniera nere, con il pelo marrone che aveva sfumature rossastre, faceva un impatto molto elegante. Prima ancora che qualcuno potesse aprire bocca e apprezzare con le parole la bellezza di quell'animale, il cavallo si avvicinò senza indugio ad Andrea. La ragazza, presa in contropiede dal comportamento del cavallo, se ne stette immobile, impaurita ma senza darlo a vedere. Il tutto inutilmente perché la bestia si limitò ad appoggiare il muso affusolato sopra la sua spalla, in un gesto d'affetto.
Stranito dall'insolito comportamento del cavallo, Bruce cercò di commentare l'episodio: "Si direbbe che questa volta sia stata lei a scegliere te, signorina."
"Lei?" chiese Andrea, stupefatta.
"Questa deliziosa cavalla si chiama Jessy. È originaria della Svizzera, ma viene dall'Italia. Come potete vedere è molto docile e tranquilla, e poi sembra avere una simpatia per te."
Vennero raggiunti dal ragazzo di prima che si apprestò velocemente a sellare anche la cavalla, con la solita identica procedura che aveva adoperato con King.
"Scusate, lasciate che vi presenti mio figlio Kevin." Intervenì Bruce posandogli una mano sulla spalla. "È appena stato ammesso alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Seattle, e per ora mi viene a dare una mano con i cavalli."
Kevin fece un sorriso di saluto ai tre visitatori, che ricambiarono velocemente. Mantenne un po' più del normale lo sguardo negli occhi di Annabelle. Ci fu un labile scambio di sguardi timidi e inceppati che sfuggirono al resto della combriccola.
E così fu che la dolce Jessy venne assegnata ad Andrea, e King, il bellissimo castrato bianco, ad Annabelle.
Il primo giorno di lezione le gemelle ricevettero le basi dell'equitazione; come la postura da mantenere, il movimento del cavallo da accompagnare con tutto il corpo, la resistenza delle ginocchia, e soprattutto venne insegnato loro a instaurare un certo legame col cavallo. In quanto essere vivente, aveva delle esigenze e non doveva venire trattato come un giocattolo.
Inutile dire che le due ragazze si divertirono un mondo, e alla sera tornarono a casa sfinite. Da quel giorno iniziò un periodo frenetico. Era appena finita la scuola e anche lo stesso professor McLeap, docente di scienza dell'università della città, era a casa in ferie, perciò presero ben presto l'abitudine di recarsi al maneggio del signor Bruce un giorno sì e uno no.
A poco a poco, tra la dolce e disciplinata Annabelle e il bel Kevin, nacque una simpatia particolare, fatta di sguardi rubati e cuori accelerati in segreto.
Dal comportamento delle due gemelle, se non si teneva conto della loro incredibile somiglianza, non si sarebbe detto che fossero gemelle, ma che Annabelle fosse decisamente più grande di Andrea, in quanto più pacata e riflessiva nelle sue azioni, Andrea aveva in modo più marcato il temperamento infantile proprio dell'infanzia. Infatti, al contrario della sorella, prendeva la vita tutta come un gioco e ancora non pensava assolutamente ai ragazzi. Fu per questo che non si accorgeva del dolce e tenero sentimento che stava sbocciando tra la sorella e il giovane ragazzo.
In realtà, nel suo subconscio, Andrea se ne era accorta eccome, lei non era la Andrea ancora quattordicenne con la testa perennemente tra le nuvole e votata esclusivamente al divertimento, lei era la Andrea chirurgo, ormai trentenne, seria e rigorosa che aveva ben saldo nell'animo il valore del lavoro e dell'abnegazione. Ma in quel momento era come se stesse recitando un ruolo.
Era in parte come un comportamento di autodifesa; la sua psiche, così come la sua anima, ultimamente avevano sopportato cose che normalmente nessuna persona sana di mente avrebbe sopportato, e il ritrovarsi non proprio nei propri panni ma in quelli di una ragazzina spensierata e felice fu come poter tirare un grandissimo sospiro di sollievo. Rivivere una seconda giovinezza era una sorta di elisir per la mente di Andrea, un modo per curare quelle ferite psicologiche che, pur non ricordandole, aveva voglia di far guarire. C'erano solo questi continui déjà-vu, che erano più simili a dei flash mentali di un passato già vissuto ma che doveva ancora essere, a turbare la sua verve frizzante e la sua gioia di vivere.
Ovviamente, consciamente o no, evitava di soffermarcisi troppo ogni qualvolta ne viveva una, ma si sforzava di comportarsi proprio come la dolce e ingenua Andrea di quattordici anni.
Era bello poter vivere senza pensieri, al riparo dai soliti problemi che accompagnavano la vita delle persone adulte. Forse si rendeva conto che quella non era propriamente la sua vita, ma non voleva prenderlo in considerazione.
E, da brava quattordicenne ingenua e smaliziata, seguiva la sorella in ogni dove, anche quando questa tentava di incontrarsi segretamente con il ragazzino che sellava i cavalli e aiutava il padre nel maneggio. Kevin era un giovanotto di bell'aspetto, non era molto alto per avere quasi diciannove anni, ma con un padre proprietario di un maneggio, i cavalli erano uno dei suoi grandi amori e sapeva cavalcare benissimo, dimostrandolo così un fisico allenato e armonioso. Il tutto, contornato da un viso dolce e un sorriso gentile, occhi nocciola e capelli castani e folti che gli sfioravano le spalle.
Seguendo di soppiatto la sorella in uno di questi incontri clandestini, Andrea si ritrovò a percorrere lentamente e in silenzio il corridoio della stalla che divideva i vari box dei cavalli più belli. Aveva visto la sorella scendere dal suo cavallo bianco e legarlo con gesti furtivi alla staccionata del recinto per i tondini, per poi guardarsi attorno attentamente ed entrare nella stalla. Incuriosita, uscì da dietro il cespuglio in cui si era rifugiata trotterellando in groppa alla sua Jessy, e una volta scesa dalla sella, la legò vicino al cavallo della sorella, per seguirla all'interno della stalla.
Dapprima si affacciò nel lungo corridoio, ma non vedendo anima viva, prese coraggio e iniziò a percorrerlo in silenzio, guardandosi attorno per controllare all'interno dei box che oltrepassava. Tanti occhioni dolci la osservarono incuriositi mentre passava davanti ai vari cavalli dentro i loro box. Molti di questi erano vuoti e della sorella ancora nessuna traccia, ma alla fine del lungo corridoio un rumore insolito le fece rizzare le antenne.
Rallentò ulteriormente il passo e percorse gli ultimi metri in totale silenzio, attenta a scorgere altri eventuali suoni strani. Alla fine del lungo corridoio svoltò l'angolo e trovò la sorella e il giovane Kevin, che aveva visto sellare i cavalli, intenti a baciarsi appassionatamente appoggiati alla parete dell'ultimo box. Restò a fissarli per alcuni istanti come inebetita. In realtà non le era una scena nuova, ma questa volta non ebbe nemmeno il tempo di considerare la situazione che sua sorella aprì gli occhi e si accorse di lei. Immediatamente si staccò dal giovane e si voltò verso Andrea con aria truce.
"Si può sapere cosa stai facendo?"
Andrea rimase per un attimo interdetta. "Tu cosa stai facendo!"
"Non sono affari tuoi, vattene!"
"Non parlarmi così!"
"Invece lo faccio, sei solo un'impicciona!"
Sbraitò stizzita Annabelle, avvicinandosi alla sorella per darle una lieve spinta sulle spalle, per farle capire che non la voleva lì.
"Aspetta che lo dica a papà e poi lo vedi cosa ti farà."
Ribattè Andrea, convinta di avere il coltello dalla parte del manico, ma per la sorella non era affatto così.
"Provaci e dirò ad entrambi i nostri genitori cosa hai fatto il Natale scorso col regalo che ti fece Alice."
"Non è vero, io non ho fatto niente!"
Annabelle sospirò. "Se non te ne vai giuro che chiamerò papà e glielo dirò subito."
Vinta dal ricatto della sorella, Andrea scappò decisa correndo a ritroso lungo il corridoio che aveva percorso prima. Arrabbiata perché la sorella preferiva la compagnia di quel ragazzo alla sua, slegò velocemente la sua cavalla e vi montò con impeto, facendola spaventare per quei modi bruschi. Prese subito il galoppo verso l'esterno del maneggio; non riusciva a capire perché la sorella l'avesse cacciata in quel modo, in fondo non aveva fatto niente di male. Ancora non era bravissima a cavalcare, ma per quei pochi giorni di allenamento aveva acquisito molta sicurezza da riuscire a cavalcare senza l'aiuto di nessuno. Le risultò particolarmente facile imparare.
Continuò a cavalcare senza badare troppo a dove stesse andando, con la mente ripensava alla spinta della sorella e al suo ricatto per cacciarla. A volte Annabelle si comportava davvero male con lei. Al limitare del maneggio, la figura di un uomo vestito in maniera particolare che la fissava appena fuori dal recinto attrasse la sua attenzione. Da subito le sembrò strano in quanto era vestito come un ragazzino della sua età, con jeans e una felpa col cappuccio, e ai piedi delle semplicissime scarpe da ginnastica, ma dal suo viso sembrava molto più grande di lei. A occhio e croce gli avrebbe dato più o meno l'età di suo padre. Era la prima volta che vedeva un adulto vestito a quel modo, come un cantante rapper in incognito. Lo fissò talmente assorta dalle sue riflessioni che non notò che la cavalla stava cavalcando diritto verso lo steccato.
Da parte sua, lo sconosciuto la stava fissando a bocca aperta, come se avesse visto un fantasma, o un angelo per quel che ne sapeva. Andrea tornò a guardare davanti a sé e si accorse che lo steccato si stava avvicinando pericolosamente a lei. D'istinto, tirò le redini della cavalla, facendola scartare bruscamente di lato e scivolare sull'erba fresca di tosatura. Con un sospiro di sollievo la cavalla si fermò poco più in là, spaventata dai modi bruschi della ragazza ma fortunatamente senza cadere o disarcionare la sua cavalcatrice.
Ancora in preda ad una forte agitazione, Andrea si voltò verso lo sconosciuto che l'aveva dapprima spaventata e poi incuriosita a quel modo.
"Si può sapere che ti prende? Non lo sai che è maleducazione fissare le persone a quel modo?"
Lo sconosciuto era ancora immobile a fissarla a bocca aperta. Si avvicinò a lei di qualche passo e finalmente parlò:
"Andrea... sei davvero tu?"
In confronto allo stupore che le procurarono queste parole, la paura di prima era un'inezia. Come faceva quello sconosciuto a sapere il suo nome?
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