21 - Ricordati chi sono
Andrea, sempre nei panni di sua nonna Cristie, rideva felice alla sorpresa che sua madre e Matt le avevano fatto. Dopo pranzo, senza uscire dalla loro casa, Jane e Matt avevano organizzato una piccola festicciola per festeggiare il suo diciottesimo compleanno.
Matt aveva cercato di coinvolgere anche le vecchie amiche di Cristie e altri compagni di scuola, ma nessuno voleva più avere a che fare con una malata di mente... come se fosse una malattia contagiosa. Non volendosi lasciare scoraggiare aveva cercato di rendere questo compleanno ugualmente speciale per la sua ragazza. Lei era tutto il suo mondo e lui la conosceva bene: tutte quelle voci che continuavano a girare sul suo conto tra i corridoi della scuola non lo avevano minimamente toccato. Lui sarebbe rimasto al suo fianco come e più forte di prima. Per l'occasione era riuscito a comprarle un bellissimo ciondolo portafortuna, che era sicuro Cristie avrebbe adorato.
Vedendola arrossire mentre lui e sua madre intonavano la classica canzone di compleanno per lei, non poteva smettere di sorridere. Dopo quello che aveva passato era bello vederla felice.
"Buon compleanno, tesoro mio!" Janet portò in salotto una torta rotonda con la panna e le ciliegine sopra, adornata con diciotto candeline. "Esprimi un desiderio." Depositò con cautela la torta di fronte alla figlia.
☣
Andrea, emozionata, ci pensò su ma di colpo non seppe quale desiderio esprimere. Per un attimo rimase spiazzata da questa situazione, e non perché sentiva di possedere già tutto quello di cui aveva bisogno, ma perché le sembrò che all'improvviso ci fosse qualcosa di terribilmente sbagliato in tutta quella faccenda. Restò in silenzio cercando di capire cosa fosse, finché non si avvide degli sguardi di sua madre e Matt che la fissavano attoniti. "Scusate... non so cosa chiedere. Non mi manca niente, in realtà." Balbettò.
Guardò le uniche due persone di fronte a lei, pronte a festeggiare questo traguardo importante della sua vita, e la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato divenne sempre più pressante, come un tarlo pronto a rovinare quel momento bellissimo.
"Forse c'è qualcosa che vorresti e che non hai mai avuto... pensaci." La esortò Matt.
Andrea li osservo attentamente: "Forse la presenza di mio padre?"
Di colpo vide il sorriso sul viso di Janet congelarsi. Effettivamente non sapeva come mai non avesse un padre, ma finora non si era mai posta il problema... almeno non negli ultimi tempi. Solo una volta se lo era chiesto in maniera del tutto superficiale e distrattamente si era risposta che fosse morto... O forse che era impossibilitato a vivere con loro per qualche motivo che le sfuggiva. Era un'informazione che aveva la sensazione di conoscere ma continuava a sfuggirle, un po' come quando si ha una parola sulla punta della lingua ma non si riesce a pronunciare.
"Come ti viene in mente tuo padre in un momento simile?" Janet, con una certa inflessione nella voce, assunse un'espressione tesa. Sembrava offesa dalla richiesta di sua figlia.
"Perdonami... ero sovrappensiero." Andrea, d'istinto, abbassò lo sguardo.
In realtà non sapeva minimamente perché aveva risposto così, ma sentiva, in una parte remota della sua mente, che quella era la risposta giusta da dare in quel momento.
Vide l'espressione di sua madre distendersi nuovamente e un lieve sorriso riaffiorare per illuminarle di nuovo lo sguardo. "Hai ragione... scusa. Capita di dimenticarsene, a volte."
Janet sorrise forzatamente e porse a sua figlia il suo regalo. Andrea lo accettò mostrandosi felice, incapace di comprendere la reazione di quella donna. Questo la spinse a chiedersi nuovamente dove fosse quel padre che non conosceva e perché Janet avesse l'esatta espressione di una che non ne vuole assolutamente parlare. Ma si rese conto che non era il momento di porre quelle domande e rivolse la sua attenzione al pacco che le aveva dato. Non era una scatola, sembrava un indumento avvolto con cura in una carta rossa e scintillante, con un fiocco rosa... un accostamento di colore che le strappò un sorriso. Guardò un'ultima volta Janet in viso, sorridendole emozionata e si decise a strappare quella carta rossa. Si ritrovò ad ammirare un vestitino estivo di un bellissimo rosso cupo con gli orli bianchi. Per un attimo ad Andrea parve antiquato, ma fu una sensazione sfuggevole... non voleva deludere le aspettative di sua madre. Se lo appoggiò addosso e alla fine constatò che le donava. Con la sua pelle chiara e i capelli biondi, il rosso esaltava la sua figura. La gonna le arrivava sopra il ginocchio e la scollatura era coprente ma ugualmente molto femminile.
"L'ho pensato per fartelo indossare insieme a quegli stivali rossi che ami tanto. A proposito, ultimamente è un po' che non li indossi, come mai?"
Andrea piegò il vestito e lo ripose nella busta. "Adesso avrò una buona scusa per indossarli di nuovo." Abbracciò la donna e la baciò, ringraziandola per il regalo.
Scartò il ciondolo che le regalò Matt e rimase particolarmente colpita da quell'oggetto. Non tanto perché il ciondolo fosse di suo gradimento, ma perché le sembrò di averlo già visto. In modo confuso l'immagine di una donna con addosso quel ciondolo le apparve nella mente. Un'immagine flebile e velocissima, e altrettanto velocemente si dissolse, lasciandola ancora più confusa.
"Cristie, tutto bene?" Le si avvicinò Matt.
Alzò di colpo lo sguardo su di lui e notò la sua espressione preoccupata. Non si stava rendendo conto che si potessero accorgere del suo smarrimento. Cercando di coprire il suo piccolo malessere gli sorrise, facendo finta di niente.
"Sì, sto bene, grazie."
Matt non le sembrò molto convinto della sua risposta. Lo vide scambiarsi un'occhiata strana con la madre e poi tornare a guardarla. "Vuoi che ti aiuti a metterla?" Chiese indicando il ciondolo.
Andrea si riscosse nuovamente e fissò per un attimo la catenina che aveva in mano. Decisamente, quella non era la prima volta che la vedeva... ma come era possibile?
"Sì..." riuscì comunque a rispondere.
Gli passò il regalo e gli diede le spalle, scostando i capelli dalla schiena. Lui passò le mani davanti a lei, facendo passare la catenina attorno al suo collo per poi chiuderlo col fermaglio. Appena sentì che lo ebbe chiuso, Andrea lasciò liberi i suoi capelli e si voltò verso di lui, afferrando il ciondolo in mano per guardarlo meglio.
"Ti piace?"
"Sì... grazie, è molto bello!" Gli diede un bacio sulle labbra.
Matt sembrò sorpreso da questa manifestazione d'affetto davanti a Janet. In effetti era sconveniente che i due si baciassero mentre erano davanti alla madre di lei, ma Janet sorrise, imbarazzata ma comprensiva.
"Vabbè... per il suo compleanno farò finta di non aver visto niente."
Chiusa questa parentesi imbarazzante continuarono a festeggiare i diciotto anni di Cristie mangiando insieme la torta, vennero raggiunti anche da alcuni parenti della madre di Cristie, che si fermarono a festeggiare con loro fino a una certa ora. Almeno poterono condividere questa giornata anche con altre persone. Una volta che tutti se ne furono andati, venne l'ora di tornare a casa anche per Matt.
Cristie lo accompagnò fuori dalla porta, addirittura fino alla sua macchina, ma per timore che qualche vicino potesse vederli, non si scambiarono nessun bacio, soltanto un saluto con la mano mentre lui si allontanava lungo la strada.
Aiutò sua madre a pulire e rimettere in ordine il salotto e finalmente potè ritirarsi nella sua stanza. Sfinita, si chiuse la porta alle spalle e soffregò i suoi occhi pesanti dal sonno. Ma alzando di nuovo lo sguardo verso il centro della sua stanza uno spavento improvviso la fece urlare di colpo...
"No... non urlare, Andrea, sono io..."
Preoccupato, Patrick alzò una mano per non farla urlare, ma Andrea era in preda al panico e Janet piombò nella sua stanza, allarmata.
"Cos'è successo, perché urli?"
Trovò sua figlia rannicchiata contro il muro, seduta a terra. Al suo ingresso la vide alzare un braccio e indicare qualcosa dall'altra parte della stanza, continuando a singhiozzare impaurita senza riuscire a spiccicar parola. Janet si avvicinò al muro opposto senza trovare alcun motivo che giustificasse il comportamento della figlia. All'iniziò pensò che avesse visto uno scarafaggio o qualche altro insetto da cui anche lei era particolarmente spaventata, ma non essendoci niente la sua preoccupazione aumentò.
Patrick uscì dalla stanza bianca correndo istintivamente verso lo schermo, dove i genitori di Andrea stavano già osservando la scena con un sentimento di pena.
"Era ancora troppo presto... non è nemmeno riuscita ad ascoltarmi..." Si giustificò, sconvolto.
Nello schermo vide Andrea accucciata a terra in preda alle lacrime, mentre Janet si chinava accanto a lei e la abbracciava tentando di calmarla. Era penoso vederla in quello stato.
"No... hai fatto bene, invece." Aggiunse Adam. I due lo guardarono esterrefatti. "Ci riproverai domani, e se dovesse urlare di nuovo ci riproveremo fino a che non si ricorderà nuovamente chi è e quello che deve fare."
"Ma è troppo pericoloso per lei! La rinchiuderanno nuovamente." Regina si accigliò, guardando l'ex marito. "Già è additata come malata... non può..."
"No... suo marito ha ragione." Patrick si intromise senza alzare lo sguardo dallo schermo. "È l'unico modo che abbiamo per farle tornare la memoria."
Regina si voltò di colpo verso di lui, profondamente sconvolta. "E se non dovesse ricordare in tempo?"
Adam riportò l'attenzione sulla figlia. I suoi occhi chiari erano incredibilmente sofferenti... La scena a cui avevano appena assistito era stata davvero penosa per loro.
"Dovrò farle fare il salto ugualmente, sperando che vada tutto bene."
Regina spalancò gli occhi, impotente di fronte agli eventi. Cosa sarebbe successo se sua figlia fosse tornata senza memoria? O anzi, credendo di essere sua nonna Cristie? Lei sapeva benissimo che sua madre era stata rinchiusa in un manicomio poco prima di darla alla luce, anche se non le era ben chiaro come avesse potuto concepirla in quel posto orrendo, ma nessuno le aveva rivelato altro su di lei. Tutto quello che sapeva lo aveva appreso da un vecchio libro di sua nonna, dove era stata riposta, ripiegata su stessa, una lettera che la donna aveva scritto da inviare a dei parenti perché la aiutassero nel periodo in cui sua madre venne rinchiusa. Basta, non sapeva altro. Non sapeva chi era suo padre, non aveva mai conosciuto sua madre, per questo quella situazione per lei era particolarmente sconvolgente.
"Regina, ma come fai a sapere che era già stata rinchiusa?" Ragionando a sangue freddo sulle parole della ex moglie, Adam la fissò accigliato. "Tu non eri qui ad assistere insieme a noi al suo internato." Borbottò, pentendosi subito di quelle parole. E menomale, avrebbe voluto aggiungere.
Regina deglutì e si avvicinò a lui. "Scusa. L'unica cosa che ti dissi su mia madre era che in gioventù aveva sofferto di schizofrenia ed era stata messa in cura in una clinica, ma in realtà sapevo benissimo quando e come." Abbassò lo sguardo, senza più il coraggio di guardarlo. "Mia madre è stata rinchiusa in manicomio a diciassette anni per poi venire tirata fuori da mio padre con l'aiuto di mio nonno paterno. Ecco perché so che è già stata rinchiusa."
"E dopo?" Adam era convinto che sua moglie sapesse più di quello che gli aveva rivelato.
"Venne ricoverata di nuovo, se questo è il termine giusto," aggiunse con tono remissivo. "Io so solo che sono stata concepita dopo quel periodo. Ma poi non ho più saputo niente."
Nella testa di Adam tanti scenari si aprirono alle parole di Regina. Cosa aveva detto Patrick quando dovettero assistere impotenti al ricovero di Andrea in quella struttura? Ricordandolo, un groppo in gola gli impedì di respirare... anche chi fosse stato ricoverato per sbaglio si sarebbe ammalato in poco tempo. In pochi ne uscivano vivi.
☣☣☣
Passarono due giorni dall'ultima visione di quell'uomo al centro della sua stanza, e per Andrea, o meglio, per Cristie, era solo un avvenimento da dover dimenticare.
Non era lo stesso per sua madre, invece. Conosceva benissimo la malattia del suo ex marito, e le parole dei medici quando lo internarono per non farlo più uscire da quella specie di lager le rimbombavano nel cervello come un brutto incubo. Purtroppo, tra tutte le cose che le avevano detto, quella che le veniva maggiormente alla coscienza era che il gene della follia poteva essere ereditato anche dai figli... fu allora che seppe di essere incinta di Cristie.
Costretta a crescere una figlia da sola, con il solo aiuto di due suoi fratelli mentre il resto della famiglia le aveva voltato le spalle, aveva sperato per diciotto anni che sua figlia non avesse ereditato lo stesso gene del padre. Speranza che sembrò risultare vana.
Vedeva sua figlia passare da momenti di tranquillità a episodi di schizofrenia, come quando, appena due giorni prima, aveva assicurato di aver visto un uomo nella sua stanza, che le parlava...
No, non poteva essere! Sua figlia era solo stanca, non era pazza. Quell'episodio era dovuto solo alla stanchezza, sicuramente. Forse il trattamento che le riservarono in quella struttura le aveva logorato i nervi più di quello che poteva sembrare in un primo momento e anche a distanza di tempo se ne vedevano i risultati.
Sì... doveva essere quello il motivo.
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Andrea, intanto, continuava a vivere tranquillamente la vita nei panni di sua nonna diciottenne, convinta ormai di essere veramente la vera Cristie. In fondo sentiva del sincero affetto nei confronti di Matt, il ragazzo bello e gentile che diceva di amarla, e anche il sentimento nei confronti di quella madre bella e comprensiva era assolutamente autentico. E poi aveva appena compiuto diciotto anni e non voleva che qualcosa potesse rovinarle la felicità che si acquisiva con il raggiungimento di quella importante età. Certo, c'era sempre il vago sentore che ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato in tutto ciò, come il retrogusto amaro di una dolcissima torta, ma non voleva prestare attenzione a questo sentore. Ogni volta che qualcosa le faceva rammentare questo fastidioso sentimento faceva finta di niente. In fondo era giovane, e si sa, i giovani hanno spesso una fervida fantasia...
Solo che nessun ragionamento, per quanto logico e sensato potesse sembrare, avrebbe potuto metterla in guardia contro l'ennesimo incontro che stava per avere con l'uomo visto appena due giorni prima.
Con un permesso di recarsi in bagno durante la lezione, Andrea percorse il corridoio della scuola fino ai bagni per le ragazze dietro l'entrata della palestra. Era intenta a lavarsi le mani nel lavandino, alzò la testa per guardarsi allo specchio e fu allora che lo vide riflesso dietro di sé. Quella volta era vestito in modo diverso da quella precedente, anche se indossava sempre vesti che le parevano strane e inconsuete.
Chi diavolo era... e da dove veniva?
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