17 - Le cose si fanno serie

Appena uscì dalla camera bianca, Patrick corse deciso verso il signor McLeap.

"Adam, dobbiamo fare qualcosa, Andrea è in pericolo, se non si interviene—"

"Non hai bisogno di spiegarmi niente, ho già visto tutto," lo interruppe Adam.

Non era stupito di quella dichiarazione da parte dell'amico, si aspettava una reazione simile da lui.

"E cosa vorresti fare? Impedire che le cose vadano come sono andate?"

Patrick si bloccò a guardarlo negli occhi, la sua domanda gli aveva fatto ricordare che cambiare il passato era molto pericoloso. Andrea lo aveva già in parte cambiato, evitando che la sua antenata Annabelle Tavern sposasse il Conte DeMagnius, e fortunatamente si rivelò un cambiamento che non aveva avuto ripercussioni nel futuro, in quanto il figlio che credevano essere di Annabelle e del Conte era in realtà del vero amore di Annabelle, del bel Philippe Gavoir.

"Casomai sono io a doverti spiegare qualcosa." Aggiunse Adam con aria contrita.

Patrick avanzò verso di lui con la fronte corrugata, confuso dalle sue parole. "Di cosa sta parlando?"

Adam McLeap deglutì e abbassò lo sguardo. "La nostra Andrea non è entrata nella vita di una sua antenata a caso. In realtà, in questo ultimo salto, Andrea ha preso il posto di una donna a lei molto vicina. Sta vivendo la vita di sua nonna."

Lo sguardo di Patrick si tramutò da preoccupato a incredulo. Aveva spesso sentito Andrea parlare di sua nonna materna, senza mai conoscerla minimamente. Anche se aveva sempre cercato di saperne di più, nessuno dei familiari di sua madre le aveva mai rivelato niente, aumentando inconsapevolmente la sua curiosità. L'unica cosa che Andrea sapeva era che sua madre era stata cresciuta dalla nonna materna, dalla quale aveva ereditato il carattere e la grazia. Nemmeno del nonno si sapeva alcunché, se non che morì in una rapina in un tragico incidente e che i familiari di lui non vollero mai conoscere la figlia del loro ragazzo, senza alcun motivo apparente. Forse per Patrick era appena giunto il momento di conoscere quel motivo.

Prese una sedia e si sedette composto di fronte al signor McLeap, in attesa di ciò che aveva da dirgli.

"Non ne so moltissimo nemmeno io, a essere sinceri," confessò Adam, "quello che so me lo disse mia moglie prima di sposarci. Lei è stata cresciuta da sua nonna materna, non ha mai conosciuto sua madre, perché, subito dopo la sua nascita, venne ricoverata in un ospedale psichiatrico."

Patrick sentì come un pugno nello stomaco, era esattamente quello che aveva sospettato.

"Ma se non facciamo qualcosa sarà Andrea a venire ricoverata, sua madre l'ha sentita parlare con me e ha creduto che parlasse da sola!"

"No, non sarà lei se riesco a farle fare il salto prima."

Patrick non sembrò persuaso. "E se non dovesse riuscirci? Adam, lei stesso ha visto che la sua macchina ci mette un po' di tempo per caricare l'energia necessaria per farle fare il salto, l'ultima volta c'è riuscito per miracolo!"

"Patrick, devi fidarti di me..."

Adam non poteva farsi vedere insicuro davanti al suo ospite. La riuscita del salto dipendeva anche da quanto Andrea riponesse fiducia in ciò che Patrick le diceva, e se il primo a non crederci fosse stato Patrick, sarebbe stato difficile che ci credesse lei.

Quest'ultimo si rammaricò delle sue parole, sospirò e con aria contrita si mise più composto sulla sedia.

"Ha ragione, mi scusi. Io mi fido di lei, è solo che..."

"Sì, ti capisco," lo precedette Adam mettendogli una mano sulla spalla, "anche tu tieni a lei, quanto ci tengo io. Lo so, l'ho sempre saputo, altrimenti non sarei mai venuto da te a chiederti aiuto."

Patrick si sentì lusingato da quelle parole, e di nuovo si chiese se anche Andrea provasse ancora dei sentimenti nei suoi confronti o per lei era ormai acqua passata come aveva voluto fargli credere in tutto questo tempo. Anche se dentro di sé non riusciva a credere che Andrea lo avesse dimenticato, non dopo tutto quello che c'era stato tra loro, il suo comportamento non lasciava molti dubbi.

"Tornando a noi," Adam sospirò stringendo le labbra. "Devi sapere che la madre di mia moglie venne ricoverata in seguito a degli episodi di schizofrenia. Nemmeno lei è mai venuta a conoscenza dei particolari, ma sua nonna le disse che sua madre si era avvicinata al mondo dell'occulto prima che iniziasse a manifestare comportamenti strani."

Patrick sgranò gli occhi, come se avesse avuto una rivelazione. "E se noi impedissimo ad Andrea di avvicinarsi a quel mondo e dimostrassimo che non deve venire ricoverata?"

"Potremmo compromettere seriamente la nascita della madre di Andrea, e di conseguenza..."

"...la nascita della stessa Andrea." Sospirò Patrick terminando il discorso di Adam. Deglutì nervoso. "Capisco."

"Finché Andrea vestirà i panni di sua nonna dovrà seguire la sua strada. Dovrà subire le scelte che altri hanno deciso per lei, e non potremo fare niente per toglierla da certi guai."

Sarebbe stata dura per Patrick in quella situazione, non sapeva come avrebbe reagito nel vedere la donna che amava venire rinchiusa in un istituto e giudicata come insana di mente, quando in realtà lui sapeva essere considerata una luminare della medicina, dimostrando un'intelligenza fuori dal comune e una caparbietà degna di nota.

Come la storia recitava, e come il signor McLeap aveva predetto, Andrea, nei panni della giovane Cristie, si ritrovò a tornare diverse volte in quella casa, attratta inesorabilmente da quella presenza sconosciuta, e ogni volta il giovane Matt riusciva a precederla prima che potesse salire al piano superiore per seguire le indicazioni di quell'anima passeggera. Fortunatamente, ogni volta riusciva a tirarla via appena in tempo, ma il giovane iniziava a temere che non avrebbe avuto sempre la solita fortuna. Per lui Cristie risultava come impossessata da un'altra identità, anche se per ilnresto della giornata sembrava sempre la solita Cristie. Più o meno.

Per Andrea, invece, il richiamo di quella ragazza era come il canto di una sirena. La avvertiva a distanza e non poteva tirarsi indietro, soprattutto da quando l'aveva chiamata con il suo vero nome. La chiamava come se stesse cercando il suo aiuto e, come attirata da una forza sovrumana, Andrea non poteva sottrarsi a quel richiamo.

Come era stato predetto, la situazione precipitò bruscamente quando, nel cuore della notte, la madre di Cristie si accorse che sua figlia non era a dormire nel suo letto. Allarmata, telefonò alla polizia e, per senso del dovere, chiamò anche Matt che si precipitò di corsa a casa della sua ragazza. La polizia arrivò istantaneamente. Dopo le domande di rito, si misero subito all'opera e partirono alla sua ricerca. Ma Matt conosceva il posto dove la sua ragazza si era rifugiata e indirizzò la polizia proprio verso quella maledetta villa.

Quella volta Patrick decise di non proiettarsi nel tempo e nel luogo in cui Andrea era prigioniera. Sapendo che non avrebbe potuto fare alcunché per lei decise di seguire le vicende assieme al dottor McLeap direttamente dal suo laboratorio, attraverso lo schermo che seguiva costantemente la posizione di Andrea.

Un senso di impotenza investì prepotentemente entrambi gli uomini quando videro la donna che amavano, ognuno di un amore diverso, venire presa di forza e trasportata in un centro psichiatrico dopo che avevano cercato di farla ragionare con le parole. Il problema si pose quando, innervosita dall'insistenza di Matt e dei poliziotti, prese a urlare e a strapparsi i capelli e graffiarsi la pelle del viso. Dopo averla vista dare di matto in quel modo pericoloso fu l'unica cosa da fare.

Assistettero senza aver alcuna possibilità di intervenire in alcun modo. L'unica cosa che potevano fare era cercare di affrettare i tempi per far sì che Andrea saltasse verso il suo vero tempo.

☣☣☣

Andrea venne sedata prima di venire trasportata nell'ospedale psichiatrico. Si risvegliò in una stanza spoglia e asettica. Solo una brandina era presente, dove stava giacendo, e vicino a essa, solo una sedia di legno. Confusa più che mai si tirò a sedere, impaurita da quella situazione.

"Dove mi trovo?" Urlò, ma non ricevette risposta.

Un luccichio dietro di lei attrasse la sua attenzione e si accorse che dalla finestra, assicurata con delle robuste sbarre di ferro, si poteva vedere un ampio giardino curato, adornato con stupende aiuole floreali e attraversato da molti viottoli piastrellati. L'intero giardino era rischiarato dalla pallida luce del primo mattino e visitato soltanto da una donna che trainava un'altra donna su una sedia a rotelle.

La confusione crebbe e corse alla porta, ma la maniglia era come bloccata, non scendeva e non saliva. Iniziò allora a bussare insistentemente contro quel pannello bianco, lasciandosi prendere dal panico.

"C'è nessuno?! Aiuto! Aiutatemi!" Gridò, nella vana speranza che qualcuno venisse in suo soccorso, ma non successe niente.

Sempre più disperata continuò a bussare e a implorare aiuto mentre lacrime amare iniziarono a bagnarle il volto, si lasciò scivolare a terra e rimase appoggiata alla porta con le spalle, continuando a singhiozzare disperata. Lei non doveva trovarsi lì, quello non era il suo posto.

Fu svegliata alcune ore dopo da un rumore proveniente dalla parte opposta della porta, non si era accorta di essersi appisolata. Si alzò in piedi mentre qualcuno faceva scattare varie serrature; eppure non sembrava affatto una porta blindata. Dinanzi a lei apparve una donna con dei lunghi capelli biondi e gli occhi scuri, addosso aveva un lungo camice bianco che le ricopriva l'intera figura in tutta la sua statura, al taschino sul petto la targhetta col nome.

Uno sguardo dall'alto al basso la trafisse. "Cristie, sono la dottoressa Borgard, sai dove ti trovi?"

"No..." Andrea scosse la testa.

La dottoressa assunse un'espressione seria e dura. "Ieri notte eri da sola a vagare dentro una villa abbandonata in un chiaro stato di confusione mentale. La polizia e il tuo ragazzo hanno cercato di convincerti a venire via, ma non riuscendoci hanno dovuto chiamare l'ospedale e—"

"Il mio ragazzo?" La interruppe, come se si stesse rendendo conto solo in quel momento della sua situazione.

"Sì, Matt Wesley. Sai di chi sto parlando, vero?"

Andrea era talmente sconvolta che al momento non seppe rispondere a quella domanda. Rimase in silenzio guardandosi attorno come un animale in gabbia.

"Ma perché sono qui, cosa ci faccio?"

La donna si fece dare un bicchiere d'acqua da qualcuno dietro di sé e glielo porse, dopo che lo ebbe bevuto tutto le tolse il bicchiere dalle mani.

"Dopo ieri sera, è emerso che ci sono stati diversi episodi in cui hai manifestato delle turbe psichiche, qui possiamo aiutarti."

Andrea iniziò a scuotere la testa in modo convulso. "No. Non ho bisogno del vostro aiuto, devo solo tornare a casa."

"Hai bisogno di curarti, e solo qui puoi ricevere le cure di cui hai bisogno."

"Io non ho bisogno delle vostre cure!" Ribadì sconvolta, tornando a piangere.

Aveva capito in che tipo di struttura si trovasse e istintivamente ne ebbe paura.

"Non hai nessun motivo per aver paura di stare qui." La dottoressa la fissò con fare piuttosto borioso. "Devi capire che il tipo di cure di cui hai bisogno non puoi riceverle da tua madre o dal tuo ragazzo. Solo qui possiamo curarti come si deve, Cristie."

"No!" sbraitò con rabbia. "Lo ripeto, non ho bisogno del vostro aiuto, non sono matta!"

Andrea si rese immediatamente conto che la sua reazione era strana, parve esagerata persino ai suoi occhi, ma non ebbe altra scelta che agire a quel modo, come se dei fili invisibili la costringessero a reagire con quell'impeto. Iniziò a sospettare che le avessero iniettato qualche farmaco.

"Che cosa mi avete fatto?" Si guardò le mani e le parvero strane, come allungate.

"Questa notte abbiamo dovuto iniettarti un tranquillante, non riuscivi a calmarti." Rispose la dottoressa, algida.

"No... anche qualcos'altro..." borbottò iniziando ad avere l'affanno.

"Cristie, ti conviene calmarti, hai bisogno di aiuto, ma devi collaborare."

"No!" strillò ancora più forte. "Io non sono Cristie, io sono Andrea!"

A queste parole la dottoressa la guardò sbalordita, aprì la porta e fece cenno a qualcuno di entrare nella stanza. Andrea vide entrare due uomini nerboruti, entrambi vestiti di bianco, uno dei quali aveva in mano una siringa.

"Cosa volete farmi?" spaventata, sgranò gli occhi e si accostò addosso al muro.

I due ignorarono le sue parole e si avvicinarono, loschi. La ragazza tentò di allontanarli ma uno dei due riuscì a immobilizzarla prendendole le braccia e portandogliele dietro la schiena.

"Non potete! non avete alcun diritto!" Urlò ancora Andrea, ma senza risultato. L'altro uomo si avvicinò e le iniettò la siringa nel braccio.

"No..." Sospirò esausta e vinta.

Il colosso che la teneva ferma la alzò da terra con una facilità sovrumana, come se pesasse una piuma, e la depositò sul letto. Andrea si sentì girare la testa, le figure degli uomini che si allontanarono le parvero sfuocate e distorte, il viso della dottoressa le apparve proprio di fronte agli occhi, allungato come in uno specchio che distorce le figure.

"Vedremo se quando ti risveglierai sarai più ragionevole."

Era china davanti al suo viso. Si rialzò di scatto, osservando dall'alto la figura rannicchiata sulla branda con occhi di superiorità. La squadrò lentamente, con un lungo esame visivo.

"Se non fai quello che ti diremo non rimarrà molto di te quando uscirai di qui." Sentenziò con arroganza e uscì dalla stanza.

La dottoressa sorrise chiudendo la porta di quella stanza, con Cristie aveva finalmente la possibilità di dimostrare che la cura da lei trovata per curare le malattie mentali fosse utile. Era stata buttata fuori con disonore dallo studio in cui aveva messo a punto la sua cura, anella provata sulle cavie da laboratorio che erano impazzite ancora di più, ma adesso aveva finalmente la possibilità di riscattarsi; aveva tra le mani la cavia adatta e avrebbe fatto di tutto per non farsela portare via.

Ad Andrea parve che le pareti girassero vorticosamente intorno a sé, si sentiva le palpebre sempre più pesanti, finché non riuscì più a tenerle aperte. Si sentì risucchiare dall'oscurità più profonda e, nel suo subconscio, solo un nome le affiorò alla mente. Solo una persona riuscì a darle un piccolo senso di sollievo.

"Patrick..."

L'intera scena fu osservata con nausea e impotenza dal padre di Andrea e dallo stesso Patrick. Immobili e profondamente irritati mentre, inermi, vedevano tutto quello che stava succedendo ad Andrea.

"È risaputo che a quei tempi erano questi i modi con cui trattavano chi veniva ritenuto insano di mente." Borbottò Adam con i nervi a fior di pelle.

"È una vergogna, una follia!" Patrick sbraitò con fervore. "Non possono trattare così una ragazzina! È disumano!"

Per lui era molto più difficile cercare di rimanere calmo di fronte a quelle ingiustizie.

"Purtroppo è questo il modus operandi che avevano a quei tempi." Adam si allontanò dallo schermo, incapace di guardare otre. "Sai meglio di me che la medicina psichiatrica prevedeva trattamenti urto contro i malati mentali."

Aveva ragione, Patrick, da medico laureato, sapeva benissimo come venivano curati i malati mentali negli anni 60, ma vedere la donna che amava, sana come un pesce, venire trattata a quel modo per lui era davvero troppo da sopportare.

"Se una persona è sana sarà esattamente questo sistema a farla ammalare." Dichiarò con voce tremante, colma di rabbia.

Adam sospirò. "Adesso lo sappiamo... come sappiamo che molte donne vennero rinchiuse pur non avendo nessuna malattia nemmeno in forma lieve, ma solo perché furono donne maltrattate e avevano ricevuto violenze fisiche e psicologiche dai loro mariti."

Deglutì e tornò a guardare lo schermo, dove poteva vedere sua figlia svenuta su una brandina in uno stato pietoso.

"E dove poi ricevevano il colpo di grazia con altri maltrattamenti fisici e psicologici."

A queste parole Patrick non seppe più trattenersi. "Devo andare là, ad aiutarla." Si voltò verso la stanza bianca, ma Adam lo bloccò.

"E cosa intendi fare?"

"Le parlerò, le farò capire che non deve fare resistenza. Molto probabilmente è confusa e spaventata, forse se mi vedrà quando si sveglierà riuscirò a tranquillizzarla."

"Non sono sicuro che possa funzionare—"

"Ma devo!" Lo interruppe Patrick guardandolo negli occhi, le vene del collo ben visibili. "Non posso continuare a stare qui immobile, a guardare senza fare niente mentre la trattano come una pazza!"

Adam McLeap non seppe rispondere, condivideva con il suo ospite la voglia e la necessità di fare qualcosa per la salute della sua unica figlia. Ristette a guardare Patrick combattendo una guerra interiore, non sapendo quale fosse la cosa più giusta da fare in quella circostanza. Alla fine si arrese e il bisogno di proteggere sua figlia ebbe la meglio sul pericolo di cambiare gli avvenimenti passati.

Sospirò abbassando lo sguardo: "D'accordo."

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